Keep calm and watch Champ Car!

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    Trattasi in realtà di Airton Daré, brasiliano, per altro rookie of the year nel 2000

    Allora quel paragrafo è da ribattezzare "nomi pronunciati alla cazzum".
    E tra parentesi, mi hai appena smontato un mito, credevo fosse messicano.

    CITAZIONE
    Il fatto è che negli States i piloti sono scritturati per contratto a fare siparietti e questo crea empatia. In F1 stanno cominciando solo ora a rendersene conto, mentre in MotoGP le fanno da tempo ma senza esagerare.

    Questi siparietti sono E-P-I-C-I.
    Li voglio anche in Formula 1.
    Non per altro, ma perché i piloti di indycar, a livello generale, iniziano a starmi più simpatici di quelli di Formula 1! :aah:
     
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    E tra parentesi, mi hai appena smontato un mito, credevo fosse messicano.

    Cos'hanno i messicani che non hanno i brasiliani?! OLTRAGGIO! :feli:
     
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    Cos'hanno i messicani che non hanno i brasiliani?!

    Il sombrero.
     
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    CITAZIONE (Milly Sunshine @ 5/11/2015, 22:36) 
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    Cos'hanno i messicani che non hanno i brasiliani?!

    Il sombrero.

    Beh, loro si mettono a Carnevale le piume di pavone in testa! Come la mettiamo? U.U

    EVVAI, 400 MI PIACE!!!!!! :stap:
     
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    I brasiliani e i messicani sono entrambi epici, per ragioni diverse. u.u
     
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    2004, 2005, 2006 e 2007

    > TORA TORA TORAAAAAAAAAHHHHHH!
    A parte la brillante presenza di Tora Takagi limitata al 2004, è da segnalare successivamente la presenza di un certo Kosuke (pronuncia: Kozki, a quanto pare... o almeno così lo pronunciavano i telecronisti americani) Matsuura, a cui Takagi aveva precedentemente fatto da coach.
    Matsuura aveva una notevole attrazione gravitazionale con un certo Jeff Simmons: il numero di volte in cui si sono messi fuori a vicenda e il numero di volte in cui si sono mandati a quel paese subito dopo non si contano. In realtà Matsuura, in qualità di giapponese, l'attrazione gravitazionale ce l'aveva un po' con tutto quello che gli capitava a tiro...

    > Le superstizioni di Tony Kanaan
    Dettagli di un certo livello, che meritano di essere forniti nel bel mezzo di una gara: Tony mette prima la scarpa destra e poi la sinistra, sale sulla vettura dal lato sinistro e sopratutto usa(va?) mutande portafortuna.

    > I sabotatori di armadi
    Cosa c'è di più bello dei siparietti che non c'entrano un tubo con la gara messi così, a caso, nel bel mezzo della cronaca?
    Ce n'è stato uno estremamente pittoresco di un'intervista a Dan Wheldon, in cui mostrava il proprio armadio perfettamente organizzato... armadio che i suoi compagni di squadra (Tony Kanaan, Dario Franchitti e Bryan Herta) gli sabotavano mettendogli tutto in disordine.
    L'armadio è sempre lo stesso che era stato mostrato nel 2003, forse anche parte del servizio era la stessa.
    Dal servizio precedente avevo appreso che quell'armadio era a casa di Wheldon, ciò significa che Wheldon invitava a casa sua Kanaan, Franchitti e Herta e questi, così come se niente fosse, gli mettevano l'armadio in disordine. Sarò sincera: la cosa mi preoccupa profondamente.

    > Festeggiamenti in stile festino brasiliano... in pista!
    Alla fine del 2004 Kanaan ha vinto il titolo, in una gara vinta da Adrian Fernandez, la penultima della stagione, in cui il finale è stato quasi al fotofinish.
    Mentre nessuno prendeva minimamente in considerazione Fernandez, Kanaan si è messo a fare burnout, subito imitato dai suoi tre compagni di squadra!I telecronisti, in un primo momento, hanno visto soltanto del fumo...
    Insomma, una cosa del tipo:
    Telecronista: "Ehi, che cosa sta succedendo? C'è del fumo... c'è un incidente! però ci sono delle vetture che girano in tondo."
    Tony: "Samba partyyyyyyyyyyyyyyyyyy!"
    Telecronista: "Wait, wait, wait, cosa si sono fumati questi qua?"
    Tony: "Non saprei. Ora però lasciaci ballare per i fatti nostri, che quando abbiamo finito dobbiamo andare a mettere disordine nell'armadio di Dan!"
    Dan: "YAAAAAYYYYYYYY, tutti a mettere in disordine il mio armadio! Samba partyyyyyyyy!"
    Voce fuori campo: "A proposito, toglimi una curiosità. Il tuo compagno di squadra ha vinto il titolo battendoti. Perché stai festeggiando?"
    Dan: "Mhm... perché ho assimilato a pieno la filosofia brasiliana dei festini, diventando un brasiliano onorario. Eu quero dançar o samba!"
    BONUS: anche nel 2005, quando Wheldon ha vinto il titolo, hanno fatto burnout tutti e quattro, stavolta in quattro punti diversi della pista, facendo in modo che nessuno si filasse minimamente Dixon, vincitore della gara.

    > Festeggiamenti in stile festino brasiliano, atto secondo
    Tornando al 2004 Kanaan ha vinto il titolo alla penultima gara (già abbondantemente citata nel corso del paragrafo precedente) e, in occasione di quella successiva, voleva fare un nuovo festeggiamento in grande stile mettendosi a fare burnout nonostante si fosse classificato in seconda posizione. Non ha potuto perché nel tratto da lui adocchiato per fare i burnout Castroneves aveva parcheggiato prima di andare a festeggiare la propria vittoria arrampicandosi su per una rete (sempre a proposito di festeggiamenti sobri da parte dei brasiliani).

    > 2004/2005, l'epoca degli occhiali da intellettuale
    Mentre in Champ Car Sebastien Bourdais iniziava a spopolare come grande guru dei piloti con gli occhiali, è documentato dalle immagini video che Adrian Fernandez portasse gli occhiali sotto al casco (in realtà non credo che lo si sia mai visto con gli occhiali mentre non stava guidando), mentre sussistono prove soltanto fotografiche che anche Roger Yasukawa e Paul Dana abbiano portato gli occhiali sotto al casco nella stessa epoca almeno in certe occasioni.
    Ormai passata da quasi dieci anni l'epoca in cui andavano di moda gli occhiali da Harry Potter, tutti portavano occhiali da intellettuale.

    > Danica Who?
    Non deve essere piacevole vincere la Indy 500 e non essere minimamente considerato perché l'intero mondo sta parlando di colei che è arrivata solo quarta ma ha rubato la scena, per due motivi, il primo quello di essere la donna di maggiore successo della storia della Indy 500, il secondo quello di essere dotata di un aspetto che passava meno inosservato rispetto a quelle che l'avevano preceduta.
    E' quanto accaduto nel 2005 a Dan Wheldon, che in un'occasione successiva ha indossato una maglia che recava la scritta "Danica Who?" e ha dichiarato (prendendo tra parentesi una cantonata clamorosa) che di lì a dieci anni nessuno si sarebbe più ricordato del quarto posto della Patrick.
    Era il 2005 ed evidentemente qualcuno alla Renault deve essere piaciuta l'idea: ricordate le magliette con scritto "Schumacher who?" indossate dall'intero team dopo la vittoria del titolo di Alonso qualche mese più tardi?
    In ogni caso tra Dan e Danica non correva buon sangue... o forse sì, tra loro c'era quel genere di relazione che, se non fossero stati entrambi già fidanzati o sposati con altra gente, avrebbero presumibilmente portato i due a mettersi insieme... e che, se le fangirl che scrivono fan fiction non fossero fissare con lo slash, avrebbero portato i due ad essere shippati in tutte le salse.
    La loro reazione avrebbe potuto essere qualcosa del genere:
    Danica: "Cosa, cosa, cosa?! o.O Io dovrei essere shippata con Dan? Okay, ora fuggo a gambe levate, andando a nascondermi nel primo box che trovo."
    Dan: "Questo è il mio box. Cosa ci fai qui?"
    Danica: "Cosa ci fai tu? Il mondo è mio e qui comando io."
    Dan: "Quando avrai vinto una gara ne riparliamo."
    Danica: "Intendi dire che mi darai il bacio della vincitrice? Comunque io vinco sempre. Ti sei dimenticato dei risultati del torneo di briscola?"
    Dan: "Sì, non sono mai sobrio quando gioco a briscola."
    Danica: "Me ne sono accorta. Comunque sei un brocco, non peschi mai le carte giuste."
    Dan: "Però ho stile, specie nel sorridere, dato che avendo i denti storti ho capito subito che devo sorridere senza mostrarli."
    Danica: "Ora però sbrigati, mescola le carte prima che Matsuura passi per caso e le rovesci per terra. C'è tempo per fare una partita prima del via!"

    > Quelli che non si chiamano Junior, ma che si sa benissimo di chi sono figli e che rischiano di essere diseredati
    Dimentichiamoci della Indy 500 2005 e passiamo a quella dell'anno successivo: è stata molto pittoresca, soprattutto nel finale.
    Michael Andretti, che ormai ultraquarantenne prendeva parte più o meno a una gara ogni anno (la Indy 500 appunto), collezionando sfighe di vario genere, verso la fine dell'edizione del 2006 si è ritrovato in testa.
    E' durato poco a lungo, dato che è stato immediatamente superato da nientemeno che suo figlio Marco, che si è salvato dall'essere diseredato solo quando Sam Hornish Jr ha superato entrambi conquistando la vittoria.
    Altre cose interessanti accadute a Marco nel corso del tempo: ha litigato via stampa con Eddie Cheever e in un paio di occasioni ha cercato di farsi notare per le sue doti nel volo, venendo però messo in ombra da Franchitti.

    > Quelli che si chiamano Junior senza che si sappia esattamente di chi sono figli e quando lo si scopre era meglio non saperlo
    Tutto è iniziato quando, nei giri inaugurali di una gara del 2007, Sam Hornish Junior ha rifilato una sportellata a Tony Kanaan. Dopo avere tagliato il traguardo, Kanaan gli ha restituito la sportellata (WTF?!?!?!?!?!?! Cosa sono queste manovre in stile NASCAR??) e, una volta scesi dalle vetture, i due si sono messi a discutere più o meno civilmente dell'accaduto (in realtà è molto probabile che si stessero insultando, ma va beh)... almeno fino al momento in cui è intervenuto Sam Hornish Senior, che ha spinto via Kanaan dando il via a una rissa tra tutti i presenti, esclusi Sam Jr. e Kanaan, che se n'erano andati ciascuno per i fatti suoi, ed escluso Michael Andretti, ma solo perché suo figlio l’ha letteralmente trascinato via.
    I telecronisti hanno osservato come la cosa fosse simile a un evento già accaduto in quella stagione, in cui Danica Patrick si era messa a sbraitare contro Dan Wheldon, dopo averlo trattenuto per un braccio mentre se ne stava andando. L'unica differenza tra un fatto e l'altro è che nel caso di Danica e Dan non è scoppiata nessuna rissa tra una dozzina di persone intorno a loro, ma non perdiamoci in questo genere di sottigliezze.
    Che cosa hanno dichiarato i piloti coinvolti nelle interviste post-gara? Mhm... Kanaan ha dichiarato che i genitori dei piloti dovrebbero seguire la gara in tribuna anziché nel paddock, senza accennare minimamente al fatto che a gara già finita lui stesso era andato addosso al proprio avversario. Hornish invece ha dichiarato che Kanaan è un tipo sempre sorridente e solare anche quando viene asfaltato, a condizione che ad asfaltarlo siano piloti che gli stanno simpatici, il tutto senza accennare minimamente al comportamento di Sam Senior. Grazie al cielo nessuno ha intervistato Sam Senior, cosa che non mi avrebbe sorpresa particolarmente se fosse accaduta.
    La cosa più normale di tutto ciò è che, finito quel giorno, nelle gare successive non se ne è nemmeno parlato più di tanto.

    > Cos'è questo, il campionato di Indycar o una puntata di "Beautiful"?
    Ho già parlato della famiglia Foyt, del nonno A.J. e del nipote A.J. IV. In Indycar, però, militava sporadicamente anche un altro Foyt, Larry.
    Questo Larry ha una storia molto interessante: è figlio di una figlia di A.J. Foyt, ma è stato successivamente adottato da A.J. Foyt (non sono riuscita a scoprire che fine abbiano fatto i suoi genitori) e in quanto tale risulta essere suo figlio.
    Quindi, di conseguenza, A.J. Foyt è al contempo sia il padre (legalmente) sia il nonno (biologicamente) di Larry Foyt, che a sua volte è al contempo sia zio (legalmente) che cugino (biologicamente) di A.J. IV.

    > Dan Wheldon e Kosuke Matsura AKA rampe di lancio
    Dario Franchitti merita una standing ovation (una flying ovation, forse...), per essere riuscito, nel corso del 2007, a cappottare due volte a distanza di sette giorni l'una dall'altra usando altre vetture come trampolini.
    Il suo commento nel primo caso è che non sapeva cosa fosse accaduto. Nel secondo caso, invece, essendo cappottato dopo l'esposizione della bandiera a scacchi, ha detto di non essersi reso conto che la gara fosse già terminata e che il pilota che aveva davanti stesse rallentando per quella ragione.
    Perfino i suoi colleghi, dopo essersi accertati che fosse ancora vivo, lo prendevano per i fondelli nelle interviste post-gara.

    > L'infanzia dei Brazilian Bros
    Non tutti i piloti brasiliani hanno trascorso l'infanzia ad arrampicarsi per muretti sul circuito dietro casa della nonna, ma questo non li dispensa dall'essere protagonisti indiscussi di storielle strappalacrime in telecronaca: è il caso di Tony Kanaan e Helio Castroneves, il cui fatto che erano amici d'infanzia, già citato di tanto in tanto negli anni precedenti specie quando uno dei due faceva il videobomber nelle interviste dell'altro, è diventato un tormentone nel 2007, dopo che i due avevano litigato via stampa per via di una manovra da "you have to leave the space" commessa da Kanaan al termine della stagione precedente nei confronti di Castroneves che, anche a causa di quella manovra da "you have to leave the space" aveva perso un altro titolo.
    Una tipica conversazione della loro infanzia deve essere stata più o meno così:
    Tony: "Il mio sogno è ottenere più successo in Indycar di quanto ne otterrà Rubinho in Formula 1."
    Helio: "Il mio sogno è vincere Dancing With The Stars, oltre che avere ancora una chioma fluente il giorno in cui tu sarai calvo e prenderti per i fondelli per questa ragione."
    Tony: "Vuoi dire che quando sarò calvo ti avrò ancora intorno?"
    Helio: "Certo, nella nostra vita passeremo più tempo insieme io e te che insieme alle nostre future consorti... il che sarà un bene, così i telecronisti anziché fare del gossip sulla nostra vita privata faranno soltanto del gossip sulla nostra infanzia...
    Tony: "Comunque dovremmo cercare di assumere il controllo della indycar, in modo da organizzare festini brasiliani a ogni soffio di vento."
    Helio: "Non è professionale mostrarsi troppo festaioli, così come non è professionale il fatto che tu mi abbia rubato il pettine e il gel! Restituiscimeli subito!"

    > Milka Duno for the win!
    Nel 2007 ha debuttato lei, la reginetta incontrastata dell'ultima fila, colei che nel corso della carriera è stata criticata più o meno da chiunque... perché... mhm... perché? Credo essenzialmente per due motivi: 1) i risultati scarsi, 2) il fatto di non passare inosservata, diversamente dai suoi colleghi uomini dai risultati scarsi.
    Diversamente da Danica, preferiva l'ombretto grigio-nero a quello bianco perlato. Diversamente da Danica, che generalmente dava l'impressione di essersi truccata al volo per rendersi leggermente più presentabile nelle interviste post-gara, Milka era già truccata prima della gara. Non sto scherzando: le inquadrature pre-gara con visiera sollevata non mentono. Il trucco non le si sbavava mai nel corso della gara, quindi con tutta probabilità comprava fondotinta e ombretti nello stesso negozio in cui Castroneves comprava il gel per i capelli.
    Tornando allo scontro Milka vs. Danica per il controllo degli ormoni dei fan, le due donzelle in questione in pista non è che abbiano avuto molto spesso a che fare l'una con l'altra (almeno nell'epoca in questione): una stava nella top-ten, l'altra nelle retrovie.
    Nel tempo libero, una loro conversazione doveva essere strutturata più o meno a questa maniera:
    Danica: "Scusa se te lo chiedo, ma hai le labbra rifatte?"
    Milka: "No, sono gonfie perché alcuni dei nostri colleghi mi azzannano ogni volta che mi baciano."
    Danica: "Non credo che tu abbia mai baciato nessuno di loro. Sei troppo vecchia."
    Milka: "Sono una milf, pur non avendo figli. Però forse un giorno adotterò Marco Andretti."
    Danica: "Ma quale adottarlo. Dì la verità, vuoi adescarlo..."
    Milka: "Nemmeno per sogno, non voglio passare le mie giornate a cambiare pannolini. Ora devo andare. Vado in bagno a truccarmi per la sfilata. E se incontro Sarah, vado a consolarla perché nessuno se la sta filando."
    Danica: "Okay. Mentre tu ti trucchi, io vado ad adescare Marco!"
    Milka: "È troppo tardi. Si è appena chiuso in bagno con Sarah..."



    [To be continued... non abbandono CART e IRL proprio quando stavano per riunirsi...]

     
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    Avevo promesso che non avrei abbandonato CART e IRL proprio quando stavano per tornare insieme e mantengo e mie promesse. ^^


    Keep calm and watch the Real & Only Indycar!

    Curiosità e osservazioni random sulla Indycar post-riunificazione



    2008, 2009, 2010 e 2011

    Sono passati già diversi anni da quando iniziai a seguire la Indycar. A quell’epoca decisi di vedermi le stagioni post-riunificazione, di scrivere le cronache e di pubblicarle retrodatate sul mio blog. Mi affacciavo alla Indycar senza saperne quasi nulla e ho avuto dalla mia parte la fortuna di conoscere l’inglese bene abbastanza da capire le telecronache, se no non nego che in certi momenti avrei potuto sentirmi persa. Con questa premessa voglio dire che queste gare le ho viste anni fa, ma sul mio blog è tutto documentato. E poi comunque rivedersi qualcosa di tanto in tanto non fa mai male, quindi certe cose pittoresche che sono capitate sono scolpite nella mia mente. Ripercorriamo dunque i momenti migliori(?) degli anni peggiori(?)... decretati come peggiori da chi? Ovviamente dai tanti detrattori che, ricordando selettivamente i momenti migliori degli anni passati, si lamentano a ogni soffio di vento che “la Indycar non è più quella di una volta”.

    Osservazioni random: hanno gareggiato molto sporadicamente alcuni soggettoni epici tipo Franck Montagny (autore tra l’altro di un secondo posto) e Giorgio Pantano, un po’ meno sporadicamente siamo stati allietati dalla presenza di Paul Tracy (che si è fatto notare poco non avendo partecipato a nessuna rissa) e infine nel 2011 si segnala la presenza di Bertrand Baguette, che con un nome così non poteva non essere citato!

    > Sììììììì! Facciamo due gare lo stesso giorno in due parti opposte del mondo solo perché siamo più cool!
    Se la separazione aveva causato due campionati della IRL tutt’altro che organizzati, il 1996 e il 1996/97, si poteva ipotizzare che almeno, tornando insieme, si organizzassero un po’ meglio... e invece no! Alla prima gara stagionale tutto regolare, alla seconda ancora tutto okay, alla terza... no, alla terza no! Tutti a parte un paio di team sono andati in Giappone, mentre un paio di team sono andati a Long Beach, portandosi dietro anche team e piloti che nel 2007 facevano parte della Champ Car, giusto perché gareggiare in quattro gatti non avrebbe avuto tutto questo fascino. Giusto per non farsi mancare niente anche Jimmy Vasser che non si sedeva su una monoposto da anni ha gareggiato a Long Beach.
    La gara di Motegi era destinata ad essere ricordata per la vittoria di Danica Patrick tra le urla da stadio della madre. In victory lane piangeva come una fontana. Anch’io, se avessi una madre così imbarazzante, avrei avuto la stessa reazione. Deve essere stata quella la ragione, unita al fatto che andando direttamente in victory lane non aveva tempo per truccarsi al volo e assumere un aspetto più presentabile, per cui la Patrick si è astenuta da successive vittorie.
    La gara di Long Beach era destinata ad essere ricordata come la gara che ha scombinato tutte le statistiche sulla carriera di Will Power: a Long Beach si gareggiava con il regolamento della Champ Car 2007 e gli appassionati di statistiche da bar si chiedono se quella vittoria debba essere considerata una vittoria nella IRL oppure no. Roba del tipo:
    Sostenitore della CART: “Quella gara è nostra, voi della IRL ci avete rovinati e quella gara non può valere per le vostre statistiche insieme alle vostre gare che fanno schifo!!!111!!!111!! la Indycar è morta per colpa vostra!!!111!!!11!!”
    Sostenitore della IRL: “Quella gara è stata disputata con regole vostre e in quanto tale costituisce ciarpame, quindi no, non è stata una gara di Indycar!!!11111!!!11!!”
    Sostenitore della CART: “CART the best and fuck the rest!!!!111!!!!1!!”
    Sostenitore della IRL: “IRL the best and fuck the rest!!!!111!!!11!”
    Sostenitore della CART: “E comunque voi della IRL siete dei truffatori! La gara è stata vinta da una donna e in quanto tale è un complotto per far distogliere l’attenzione dall’ultima gara dell’ormai defunta Champ Car!!!11!!!!11!”
    Sostenitore della IRL: “Invece è Long Beach che è un complotto, e non siete nemmeno stati capaci di far vincere Bernoldi giusto per portare un po’ di brio festaiolo!!!!111!!!!11!! a maggior ragione la vostra gara non esiste.”

    La Indycar Series, comunque, riconosce quella gara come esistente e credo che sia questo l’importante, anche se c’è gente in giro per il web che non la pensa così.
    Bonus: Danica Patrick, appena “sbarcata” da un aereo proveniente dal Giappone, si è unita ai telecronisti, a un certo punto. Forse si era rifugiata in cabina di commento per trovare un posto in cui la madre non potesse entrare e mettersi a fare l’ultrà.
    Doppio bonus: seppure non ci sia stato altro caos in stile Motegi vs Long Beach, c’è comunque stato ulteriore caos in finale di stagione. La IRL aveva deciso: il campionato doveva finire a Chicagoland... che però cadeva giusto un mese e mezzo prima di Surfer Paradise. Quindi hanno gareggiato a Chicagoland e il campionato è finito lì, però hanno gareggiato ancora, senza punti e senza classifica, così, tanto per essere i più cool di tutti, anche a Surfer Paradise, dopodiché a partire dal 2009 sono rinsaviti facendo cose molto più normali (non sempre, in realtà: nel 2011 hanno fatto due gare di 275 miglia sull’ovale texano anziché una di 550 e nella seconda gara la griglia di partenza era stata estratta a sorte).

    > AI SIIIII IU, AI SIIIIIII IU!
    L’avevo anticipato: di solito Danica Patrick e Milka Duno non avevano molto a che fare l’una con l’altra... e forse era anche un bene...
    Poi è giunto il momento in cui hanno avuto a che fare: un bel giorno è capitato che in una sessione di prove libere(?) Danica ha accusato Milka di ostruzione... ma non perché Milka avesse qualcosa da guadagnarci, sia chiaro, semplicemente perché Milka era lenta e spesso non si rendeva nemmeno conto di esserlo.
    Tutto sarebbe passato inosservato, se quelle accuse Danica non le avesse fatte presentandosi nel box della collega e mettendosi a sbraitare e accusandola di non averla vista perché non guardava negli specchietti (al che Milka ha risposto con un acutissimo “I see you” pronunciato con il suo accento cantilenoso).
    Non è ben chiaro che cosa si siano dette le due, forse qualcosa del genere:
    Danica: “Sei più lenta perfino della safety car e il tappeto rosso che stendi al passaggio degli altri piloti è sbiadito! Un giorno io e i nostri ventiquattro colleghi ti inseguiremo armati di baguette fornita da Montagny e ti pentirai di essere nata, sfasciacarrozze messicana!”
    Milka: “Punto primo, sono venezuelana. Punto secondo, la baguette ve la potete mettere su per il cu*o, tu e gli altri nostri ventiquattro colleghi... anzi, ventitré, perché Marco Andretti l’ho adottato e non gli posso mettere una baguette su per il cu*o. A proposito, stai lontana da mio figlio, altrimenti sarò costretta a disconoscerlo perché non voglio diventare tua suocera!”
    Danica: “Marco continua a scapparmi ed è solo colpa tua! Stavo correndo a raggiungerlo per riportarlo sulla retta via dopo che Sarah ha tentato di adescarlo, ma tu mi hai ostacolata! VENDETTA! Mi serve subito una baguette!”
    Milka: “Vai a cercare la baguette e lasciami stare. Devo andare a preparare una cena venezuelana per il mio figlio adottivo.”
    Danica: “WTF?!?! Tu non puoi cucinare per Marco così come se niente fosse! Io sono la sua anima gemella! Solo io posso nutrirlo!”
    Marco, urlando con un megafono mentre è nascosto in bagno: “No, ma scusate, io cosa c’entro? Sto contando le ore che mi separano da quando rivedrò Sarah e voi, con i vostri urli, mi state facendo venire mal di testa. E comunque non ho fame.”
    Danica: “WTF?!?! Marco si sta macchiando di insubordinazione nei confronti della sua anima gemella e la colpa è tutta tua!”
    Milka: “No, la colpa è tua, se risponde così a me, che sono la sua pseudo-madre! Non ho una baguette, però almeno ho l’asciugamano che ho usato per asciugarmi dopo essermi lavata le ascelle, quindi lo posso dire lo stesso: BAGUETTE POWERRRRRRRRRRRRRRRR!”

    Ebbene sì, lo scontro epocale tra Danica e Milka è finito con un asciugamano che la guru latinoamericana ha lanciato in faccia all’avversaria.
    Sul web la gente si insultava per stabilire chi delle due avesse ragione, poi hanno smesso e si sono messi cordialmente a parlare di chi delle due fosse più gnocca.
    Milka-Bonus: nel film “Speed Racer” del 2008 in una scena della durata di una mezza dozzina di secondi contati c’è un personaggio di un certo livello, una donna pilota russa che di per sé passerebbe inosservata... se non fosse che a interpretarla è Milka Duno. Milka-Bonus al quadrato: facendo ricerche pazze sul web ho scoperto che in gioventù Milka ha recitato in una telenovela sudamericana.

    > Yeaaaahhhhh, la gara è finita al photofinish e non abbiamo azzeccato l’identità del vincitore!
    Era il finale di stagione (il pre-finale di stagione: insomma, era l’ultima gara del 2008 che assegnava punti, ma di fatto era la penultima gara stagionale) e a contendersi il titolo erano Scott Dixon e Helio Castroneves con quest’ultimo che era staccato di parecchi punti e che secondo i sacri guru della gufata (AKA telecronisti) era già da considerarsi spacciato. Infatti è riuscito nell’eroica impresa di vedersi penalizzare in qualifica e ritrovarsi a partire ultimo... ma niente paura, i piloti di Indycar sono fatti per partire ultimi e ritrovarsi stabilmente in top-5.
    È quello che gli è successo ed è arrivato a giocarsi la vittoria della gara al photofinish con Dixon che, ovviamente, ha vinto il titolo. E ha vinto anche la gara, con qualcosa come una manciata di millesimi di vantaggio, tanto che quella era la gara di Indycar con il minore gap tra il primo e il secondo classificato... se non che, qualcosa come dieci minuti più tardi, è emersa un’inquietante verità: a quanto pare quei distacchi erano errati, non era la gara con il minor distacco di sempre e soprattutto Castroneves aveva tagliato il traguardo prima di Dixon, scoprendolo giusto in tempo per ritrovarsi il microfono dell’intervistatore davanti alla bocca. Insomma, è andata a finire più o meno così:
    Helio: “WTF?! Ho vinto io la gara? Perfetto, SAMBAAAAAAHHHH PARTYHHHHH! FUCK YEAHHHHHHHH!”
    L’intervistatore: “Scusa se ti rovino la festa, ma voglio ricordarti che hai appena perso il campionato e che tutta questa voglia di festeggiare non mi sembra molto normale.”
    Helio: “A te non sembra normale, a me sì! Tutto è degno di essere festeggiato, questo dice la filosofia brasiliana... quindi samba partyyyyyyy!”


    > Il primo passo per la conquista del mondo da parte del Sol Levante
    Nel 2008 Hideki Mutoh è diventato il più illustre giapponese (per l’epoca) della storia della Indycar, conquistando un secondo posto.
    Poi, nel 2010, è arrivato Takuma Sato come esponente del Giappone.
    Bonus: Sato è uno dei tanti piloti a cui Danica Patrick ha urlato contro, in seguito a un incidente che aveva coinvolto entrambi.
    Doppio bonus: Sato è più alto di Danica Patrick.
    Tornando invece a Mutoh, a Motegi nel 2010 è stato inquadrato suo padre, tale Eiji Mutoh. La curiosità è che stava seguendo la gara in tribuna, nonostante potesse prendersi il lusso di seguirla ai box. L’altra curiosità è che portava i baffi e che era vestito più o meno in stile anni ’40.

    > La terza Indy 500 di Castroneves
    Premessa: tra la fine del 2008 e l’inizio del 2009 Castroneves ha avuto vari guai giudiziari, venendo processato per evasione fiscale e infine assolto (e, visto che negli U.S.A. con l’evasione fiscale sono molto più seri che in Italia, sono propensa a credere nella sua innocenza). Per questa ragione si era anche perso l’inizio della stagione 2009.
    C’era già chi lo dava per perso, chi era pronto a scommettere che non avrebbe più cavato un ragno dal buco. Non si sa se i ragni siano stati stanati oppure no, però di fatto, dopo poche settimane Helio ha vinto la 500 miglia di Indianapolis, è sceso dalla macchina e ha festeggiato arrampicandosi in stile Spiderman, è risalito in macchina ed è andato in victory lane e, giunto lì, gli è stato piazzato un microfono davanti alla bocca. È andato tutto bene per due secondi contati, giusto il tempo di pronunciare due parole ed è scoppiato in un pianto disperato spiazzando chiunque (non che ci sia davvero da rimanere spiazzati se Castroneves scoppia a piangere, sarebbe più spiazzante se non accadesse, però lascia spiazzati comunque).

    > Il nipote di una nostra vecchia conoscenza...
    Nel 2009 ha disputato alcune gare in Indycar il secondo classificato della Indylights 2008, tale Richard Antinucci. E allora? ...Allora niente, se non che è il nipote di Eddie Cheever.
    Su Youtube ho reperito un filmato presentato da Lauren Bohlander (al giorno d’oggi moglie di Tony Kanaan), in cui c’era un siparietto sulla vita di Antinucci, che mostrava la sua collezione di videogiochi, gironzolava in una specie di chiosco in cui vendevano maglie indicandone una con scritto “everybody loves Italian boys o qualcosa del genere” (è mezzo italiano) e correva su uno skateboard in ciabatte e tenendo un cane al guinzaglio nei pressi di una spiaggia californiana.

    > Andiamo a Chi l’Ha Visto per ritrovarlo?
    Tra il 2008 e il 2010 ha corso in Indycar un tale Mario Ermirio De Moraes Filho... insomma, uno sulla buona strada per occupare un’intera pagina sull’elenco telefonico! Comunemente noto come Mario Moraes si tratta di un pilota brasiliano (ma dai, nessuno l’avrebbe mai detto con un nome del genere!), era comunemente noto anche come pilota poco tranquillo specie nelle partenze, dove spesso grosjeanizzava chi gli capitava a tiro.
    Nel 2009 ha ottenuto anche un podio e nel corso degli anni un numero ristretto di top-five.
    A partire dal 2011, pare non avere più gareggiato da nessun’altra parte. Di lì a poco ha smesso di utilizzare il proprio profilo twitter (uno degli ultimi interventi è un retweet, risalente al 2012, di un tweet di Lucas Di Grassi che si dichiarava suo fan).
    La sua pagina Wikipedia non dice che fine abbia fatto successivamente. Voci di corridoio (un blog americano), hanno ricostruito le sue vicende:
    Utente 1: “Pare che nel 2011 sia morto suo padre e che sia tornato in Brasile per occuparsi delle imprese di famiglia.”
    Utente 2: “Oh, ha lasciato le competizioni per spirito imprenditoriale.”
    Utente 1: “Ehm... pare di sì.”
    Utente 2: “Naaaahhhh, l’ha fatto perché dopo la morte di suo padre non c’era più nessuno che gli desse i soldi per correre.”

    Qualunque sia la verità, pare che Moraes non abbia più nulla a che vedere con l’automobilismo. Per intenderci, non è uno di quelli che, dopo essere rimasto senza volante, commenta sui social network ciò che succede a chi un volante ce l’ha ancora.

    > L’incredibile senso dell’autocontrollo(?) dei Penske Boys
    In un’occasione del 2010, accusato di avere tagliato la strada a Will Power, Helio Castroneves è stato penalizzato con un “drive through” post-gara.
    Non l’ha presa molto bene, dato che se ne andava in giro sbraitando e gesticolando. Non solo: quando gli si è avvicinato un addetto alla sicurezza, Helio l’ha afferrato per il collo.
    Un anno dopo, in un’occasione completamente diversa, anche il suo compagno di squadra ha comunque dato il “meglio” di sé, mostrando tutta la propria finezza: infastidito dal fatto di essere uno dei numerosi piloti finiti fuori durante un restart su pista umida, si è messo a sbraitare e a gesticolare, poi davanti alle telecamere, si è esibito in un gesto non esattamente elegante.

    > Hildy for the win... ehi, aspetta, hai detto win?
    Alla Indy 500 del 2011 il debuttante J.R. Hildebrand (e qui torniamo allo stesso punto: cos’è questa mania degli americani di usare delle iniziali, anziché dei nomi per esteso?) ha ottenuto un risultato epico... quello che perfino sua madre starà ancora ridendo di lui.
    Okay, magari non è così, però il piccolo J.R. avrebbe potuto entrare nella storia come vincitore dell’edizione del centenario della 500 miglia di Indianapolis. Invece è famoso soltanto per essersi schiantato contro un muro pochi metri prima del traguardo, facendomi rimanere malissimo. Comunque tempo tre secondi contati e stavo già simpatizzando per Wheldon perché dopo la vittoria è scoppiato a piangere come una fontana in stile brasiliano e perché si è portato al seguito per il resto della giornata l’adorabilissimo figlio.
    Piccola curiosità che si ricollega a quanto ho già scritto all’epoca del 2005: anche in occasione di questa vittoria di Wheldon, la Patrick era stata in testa per qualche giro (e ancora una volta era il giorno del mio compleanno).

    > Le record-women
    A Chicagoland 2010 Danica Patrick, Sarah Fisher, Milka Duno, Simona De Silvestro e Ana Beatriz Figueiredo hanno contribuito tutte quante a battere un record: per la prima volta ben cinque donne hanno preso il via della stessa gara di Indycar (sarebbe accaduto anche a Indianapolis, se Milka Duno fosse riuscita a qualificarsi, ma ciò non ha rilevanza).
    La cosa non deve essere passata inosservata...
    Marco: “OMG, qualcuno mi aiuti! C’è un branco di invasate che mi sta inseguendo con la bava alla bocca! Ho i giorni contati!”
    Milka: “Non ti preoccupare, ti aiuto io, con il mio lancio di asciugamani... oh, aspetta, non mi sono ancora fatta la doccia e non ho la più pallida idea di dove sia il mio asciugamano.”
    Marco: “Doccia? Chi ha parlato di docce? Ottima cosa, mi nascondo dentro una doccia... nessuna di loro mi troverà. Oh, non sono solo. Mi raccomando, buon uomo, non dire a nessuno che sono qui. Tre pazze scatenate mi stanno inseguendo... anzi, quattro, considerando quella che si è messa in testa di essere mia madre.”
    Il “buon uomo si gira”.
    Marco: “Oh, ma tu non sei un uomo!”
    Bia: “Ti sembro un uomo??!!”
    Marco: “Beh, sì, vista di sfuggita e con poca luce... Magari se ti facessi la ceretta ai baffi e se ti truccassi...”
    Bia: “Se mi facessi la ceretta ai baffi e mi truccassi cadresti ai miei piedi? Molto bene, mi amor!”
    Marco: “Oh, no, un’altra pazza! Ehm... senti, mi fa molto piacere, ma io non ti conosco.”
    Bia: “Piacere, sono Bia Figueiredo.”
    Marco: “Bia Fi-Fig-Figu-Fighi-Fig...BEEEEEEEEP [censura]. Scusami, ma sono americano e in quanto tale non sono in grado di pronunciare il tuo cognome.”
    Bia: “Piacere, sono Ana Beatriz, dove Beatriz diventa magicamente il cognome.”
    Marco: “Okay... sono confuso.” *fugge a gambe levate.*

    A proposito di donne, nel 2011 invece non abbiamo più rivisto Sarah Fisher (ritirata) né Milka Duno (non è ben chiaro se sia stata sbattuta fuori dalla IRL perché troppo lenta o se semplicemente nessuno l’ha più voluta ingaggiare), ma in compenso ha fatto la sua prima apparizione la mitica Pippa Mann! La prima apparizione è quella che ha fatto davanti ai fotografi, naturalmente, in posa da clown(?) con la lingua di fuori (a chi non sapesse di che foto sto parlando, suggerisco vivamente di digitare “Pippa Mann” su Google Immagini per vedere la luce).

    > Questione di soprannomi
    Una volta, nel corso del 2011, dei telecronisti spagnoli o latino-americani hanno definito Scott Dixon “el kiwi”. È stata l’unica volta in cui ho sentito quel soprannome. Di solito il soprannome di Dixon è [WARNING: potrebbe venirvi voglia di protestare agitando bottiglie di vodka] Iceman.
    I telecronisti latini: “Sì, ma el Kiwi è più epico.”
    I telecronisti americani: “No, lui si chiama Iceman.”
    Voce fuori campo: “Solo Raikkonen si chiama Iceman.”
    I telecronisti americani: “Chi è Raikkonen?”
    I telecronisti latini: “Infatti, chi è Raikkonen? Noi conosciamo solo i piloti di Indycar e i coltivatori di Kiwi.”

    Oh, aspetta... Dixon è neozelandese, giusto? Quindi è per quello che lo paragonavano a un kiwi? Okay, lo ammetto sono traumatizzata da tutto ciò, in particolare dal fatto di averci messo anni per capire il nesso tra Dixon e i kiwi!

    > Brazilian Party!
    Non è esattamente quello che si intende per “festino brasiliano”, però a quanto pare c’è chi balla alle feste e chi invece balla anche in pista.
    È capitato a Tony Kanaan, durante una sessione di prove libere a Baltimora (era il 2011), in cui la macchina l’ha lasciato a piedi nel momento meno opportuno, facendogli spiccare il volo dopo avere utilizzato la vettura di Castroneves come rampa di decollo, volo nel quale ha avuto un incontro alquanto ravvicinato con un commissario di percorso che era a tre passi dalla pista e che molto probabilmente ha avuto bisogno di un cambio di mutande dopo quell’evento.
    Il volo di Kanaan è finito al di là delle barriere di una via di fuga. Successivamente Castroneves, dopo essere sceso dalla macchina, gli è corso incontro. Kanaan ha poi dichiarato che pensava che stesse andando da lui per insultarlo.
    Su youtube c’è un video dell’accaduto che finisce proprio in quei frangenti. Varia gente che l’ha commentato sembra convinta che in seguito ci sia stata una rissa in stile NASCAR. Varia altra gente non aveva idea neanche di che cosa fosse la Indycar ed era capitata in quel video per caso chiedendo che roba fosse, ma direi di soprassedere.

    > Sao Paulo rulezzzzzz!!!111!!!111!!!
    Correva l’anno 2011 e più o meno un mesetto prima della Indy 500 si è svolta l’unica gara della storia di Indycar iniziata un giorno e finita un altro giorno.
    Motivo: pioggia torrenziale.
    Bonus: pioveva anche il giorno dopo!
    Doppio bonus, così, a prescindere: sul circuito cittadino di Sao Paulo (che è costituito dalle stesse strade su cui si svolge il carnevale) c’è una curva chiamata “S do Samba”.

    > Il verde fluo di GoDaddy
    Nel corso degli anni la vettura di Danica Patrick ha perso il proprio colore azzurro Motorola per passare al verde fluorescente GoDaddy, colore che l’ha seguita anche nella NASCAR.
    Il marchio Motorola invece non l’ho più visto e sinceramente non ne ho nemmeno sentito più di tanto la mancanza.
    Voce fuori campo: “Sì, ma ora la Danica se ne va.”
    Altra voce fuori campo: “Come mai?”
    Voce fuori campo: “Mhm... pare che voglia sfondare nella NASCAR e trasferirsi là in pianta stabile. O quantomeno guadagnare più soldi di quanti non ne guadagni in Indycar.”

    [To be continued...]

     
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    Ho iniziato a guardare la Indycar nel 2012. Ho iniziato a guardarla perché dopo diciannove anni di assuefazione da Barrichello temevo di andare in crisi di astinenza se non fossi riuscita a guardare un campionato a cui prendeva parte. Insomma, non sarà stata la motivazione migliore per iniziare a seguire la Indycar (senza nulla togliere a Barrichello, anzi ero io che toglievo qualcosa alla Indycar non prendendola in considerazione prima), però sono felice di averlo fatto. All’epoca in cui ero una niubba della Indycar non si contano le cose strane che ho osservato. Giusto per dare un esempio del livello a cui mi sono spinta è un post della vigilia della prima gara stagionale, in cui sul mio blog sostenevo che avrei cercato di vedermi la gara per via della presenza di Barrichello e che la pole position l’aveva ottenuta “un certo Will Power che non ho idea di chi sia”. Okay, prima o poi avrò un incubo in cui Power mi guarda con aria da trollface e mi dice: “Sono un detersivo, proprio come Dixon”... Sarebbe veramente una scena da horror: nella realtà certe cose non accadrebbero mai e vedere Power con aria da trollface invece che col dito medio alzato significa che Power è posseduto dallo spirito di qualche trollone!
    La cosa di cui mi vergogno maggiormente, però, è stato leggere “Grand Prix of St. Petersburg” e avere come primo pensiero “ah, la Indycar corre in Russia?”... È terribile, lo so!
    Ho iniziato a guardare la Indycar a tratti, tra connessioni che saltavano, gare che mi perdevo perché convertire le ore non è esattamente il mio forte, orari scomodi e inconsapevolezza che fosse facilissimo reperire le gare su youtube e vedersele di lì a poco. Quando ho scoperto quest’ultimo dettaglio mi si è aperto un modo e mi sono messa in pari. Dal 2013 in poi sono sempre stata in pari.

    > Un finale alla “Oh my Taku banzai”
    Confessione random: il “piccolo samurai giapponese” era un mio idolo dal lontano 2005, ma l’avevo perso di vista dopo la sua uscita di scena dalla Formula 1. Ritrovarmelo in Indycar è stato spettacolare e nel giro di poco tempo è arrivato a surclassare Barrichello nella mia personale classifica di preferenze.
    Vederlo in lotta per la vittoria a Indianapolis è stato spettacolare. Sarebbe stato spettacolare anche vederlo in victory lane, credo. Però in victory lane c’era Franchitti con Ashley Judds al seguito e sembravano ancora una coppia affiatata, nonostante si siano lasciati soltanto pochi mesi più tardi. Sato purtroppo era affiatato soltanto con i muri, al momento.
    Non è stata la sola presenza di Sato a rendere quell’edizione della 500 miglia memorabile, bisogna anche citare che:
    - ha partecipato anche Jean Alesi, qualificandosi in ultima posizione e venendo blackflaggato dopo pochi giri perché la sua vettura era troppo lenta (i motori Lotus, triste sorte in cui Alesi era accomunato con Simona De Silvestro);
    - ha partecipato anche Michel Jourdain Jr (pilota di cui ho già abbondantemente parlato nelle puntate precedenti) senza essere notato per nessun motivo particolare;
    - alla veneranda età di 40 anni Rubens Barrichello è stato proclamato “rookie of the year” di Indianapolis, salendo al secondo(!!!!) posto dei rookie of the year più vecchi (Lynn St. James nel 1992 di anni doveva averne 45, se non sbaglio).

    > La presunta ossessione della Indycar per il numero 37
    A Edmonton nel 2012 Charlie Kimball venne penalizzato per un sorpasso irregolare con un “drive through” post gara di 37 secondi. Me ne stupii al punto tale da scriverlo nel mio commento.
    Negli anni a venire ho maturato la convinzione che il 37 sia in qualche modo il simbolo della Indycar: le gare iniziano a orari strani, tipo le 14.37 o le 20.37 o cose del genere.

    > Conway Street
    Il momento clou del 2012 credo che sia avvenuto sul circuito cittadino di Baltimora, dove un’inquadratura successiva a un incidente mostrò Mike Conway in una posizione singolare: stava con l’ala anteriore puntata contro una barriera e con la parte posteriore della vettura in bilico sull’ala posteriore dell’auto di Justin Wilson.
    La cosa di per sé sarebbe passata inosservata, se non fossero stati inquadrati i cartelli della viabilità cittadina di Baltimora e non fosse stato notato, tra l’ilarità generale, che il nome di quella via era “Conway Street”.

    > Katherine Legge in top-10
    Dopo l’abbandono di Danica Patrick destinazione NASCAR e l’impossibilità di Milka Duno e Pippa Mann di accaparrarsi un volante per la stagione, le uniche due donzelle rimaste in pista erano Katherine Legge e Simona De Silvestro (sì, c’ è stata anche Ana Beatriz, ma solo all’inizio della stagione), quest’ultima che dato il motore che si ritrovava avrebbe probabilmente pagato qualunque cifra per fare cambio con una McLaren Honda del 2015, questo giusto per far capire come fosse messa al momento.
    La vincitrice dello scontro è stata quindi la Legge, che all’ultima gara stagionale a Fontana ha conquistato anche una top-ten.
    Katherine: “Yaaaaayyyyy! Ho vinto io! Il mondo è mio! Andretti è mioooooo!”
    Simona: “Eh, no, te lo scordi! Marco appartiene a me!”
    Marco: “Milka, aiutami tuuuuuuuuu!”
    Katherine: “Milka non c’è più, rassegnati.”
    Marco: “Va beh, mi troverò un’altra pseudo-mamma...”
    Simona: “Fermalo, Katherine, sta correndo verso il box del team Fisher...”

    Tornando a Fontana... gara curiosa, quella di Fontana: era stato in testa anche Alex Tagliani, per alcuni giri, prima di perdere un paio di posizioni e poi rompere il motore. Credo che in quel momento Alex avrebbe preferito di gran lunga giocare a briscola. Che sia quella la ragione del pizzetto simil-Liuzzi?

    > It’s Taku-Bitch, the king of Long Beach!
    Il momento che aspettavo da tanto tempo è arrivato il 21 Aprile 2013: Takuma Sato ha vinto una gara e io quella gara peraltro me la sono persa per scelta personale, perché volevo rivedermi sulla Rai il gran premio che già avevo visto in streaming quel pomeriggio. Ho acceso il computer soltanto quando la gara era ormai finita, vedendomi gli ultimi giri e assistendo alla cavalcata trionfale del piccolo Taku. Ovviamente la gara l’ho recuperata il giorno dopo e me la sono guardata con immensa gioia.
    Torniamo alla questione del “piccolo Taku” e alla filosofia del “it’s little, it’s hot” che tanto va di moda quando si tratta di Sam Bird o Will Stevens (passi il primo che ha posato nudo con un casco davanti alle parti intime, ma nel secondo non ci trovo proprio nulla). Ecco, io mi batterò sempre per la parificazione tra i piloti bassi. Se Stevens è un figo, anche Sato deve essere classificato come tale. La sua biografia ufficiale lo vuole alto 1,62 ed è riuscito nell’eroica impresa di vincere una gara in cui secondo e terzo finirono Rahal (statura: 1,88) e Wilson (statura: 1,93). Nelle foto del podio (sul quale si era portato una bandiera del Giappone), nonostante fosse sul gradino più alto sembrava ancora più piccolo di quando è di fianco a piloti di statura un po’ più standard (non che sia mai stato sul gradino più alto del podio altre volte per fare confronti, ma questi sono dettagli).
    C’è di più: Sato andò vicino a vincere anche la gara successiva, in Brasile (dove tutti i brasiliani presenti ebbero una sfiga cosmica, simil-Barrichello a Interlagos), se non che fu costretto ad arrendersi all’ultima curva a Hinchcliffe, con grande gioia delle fangirl che seguivo su twitter all’epoca che evidentemente non erano affascinate da Sato tanto quanto lo erano da Hinchcliffe. Una scrisse addirittura che l’unica ragione per cui si ricordava Sato era che aveva gareggiato in Formula 1 ottenendo gli stessi risultati di Ide. Per cortesia, qualcuno spieghi a questa gente che prima di andare a scrivere su twitter è meglio farsi una cultura e che quantomeno non avere mai sentito nominare Power prima di vedere la Indycar e credere che la Indycar gareggi in Russia non sminuisce i risultati di nessuno.

    > Una Indy 500 dal risultato epico!
    Quella del 2013 è stata la prima Indy 500 che ho seguito in diretta, collegandomi peraltro un’ora prima della partenza.
    Conoscevo già le tradizioni della domenica, ma un conto è vederle a posteriori e un conto è vederle in diretta. Poi sì, ho notato che gli americani sono strani, ma quello lo noto ogni singolo giorno e ormai non ci faccio più caso.
    Ovviamente nel corso di quell’ora abbondante si sono viste anche varie interviste registrate per l’occasione di cui una dei Brazilian Bros ha raggiunto il top dei top, in cui veniva raccontata la famosa storiella della loro infanzia che ci era già stata propinata in tutte le salse e ripercorsa la loro carriera, con tanto di vari minuti spesi a parlare di quella volta che avevano litigato via stampa per una manovra da “you have to leave the space” qualcosa come sei o sette anni prima.
    Tutta l’attenzione catalizzata su Kanaan deve avergli portato bene, dato che finalmente, al dodicesimo(?) tentativo è riuscito a vincerla!
    Per scommessa con Barrichello, dopo la vittoria si è tinto i capelli di biondo (capelli, poi... trovarli sulla testa di Kanaan è come trovare un ago in un pagliaio), mentre Barrichello se li è rasati (nel senso, si è tagliato un po’ il ciuffo copri-stempiatura e nei selfie su twitter diceva di essersi rasato).

    > Il trofeo di Bourdais!
    Correva l’anno 2013 e il nostro caro Sebbiiii veniva costantemente preso per i fondelli dai telecronisti (curiosità: uno dei telecronisti USA era nientemeno che il suo grande “amico” Paul Tracy... che ci fosse una proporzionalità diretta tra questo e il fatto che veniva preso per i fondelli in telecronaca? XD) perché da quando era tornato in Indycar dopo la parentesi in Toro Rosso non si stava più ripetendo, ottenendo risultati di gran lunga inferiori rispetto all’epoca della Champ Car. Non solo non vinceva, ma non finiva neanche più sul podio...
    Poi è arrivato il suo giorno di gloria. Era uno di quei weekend con doppia gara in cui c’era partenza da fermi e successivo “aborted start” perché qualcuno combinava casini o qualche vettura decideva di smettere di funzionare al momento meno opportuno. In un’altra simile occasione, qualche mese prima, Sebbiiii si era messo in mostra ballando la samba e vedendosi lanciare addosso un paio di guanti da un calmissimo (citazione necessaria) Will Power.
    Comunque al momento più opportuno Sebastien si è classificato secondo, salendo sul podio e prendendo finalmente in mano un trofeo... era di vetro, un pezzo si è staccato e si è fracassato a terra. Il giorno dopo in gara 2 è arrivato terzo. Stavolta non ha rotto il trofeo. Negli anni successivi è anche riuscito a vincere.

    > Il ritorno dell’uomo che sussurrava ai tombini
    Perso nella dimensione parallela della Formula 1 e della NASCAR, Juan Pablo Montoya era stato lontano dalle “American open wheels series” fin dal lontano 2000, in cui peraltro aveva trionfato alla 500 miglia di Indianapolis alla sua (finora) unica partecipazione.
    La cosa più pittoresca del suo ritorno (oltre ad avere preso parte, nel 2014, a una Indy 500 in cui c’era in pista anche Jacques Villeneuve) è stata un’intervista pre-stagionale che ho visto su youtube. In realtà tutti i piloti più quotati erano intervistati, e veniva chiesto a ciascuno chi riteneva fossero gli avversari più difficili da battere per il titolo.
    L’intervista di Montoya si è trasformata in un nanosecondo in un festino brasiliano, quando Montoya è stato raggiunto dal compagno di squadra Castroneves e i due si sono messi a parlare del fatto che Power (altro loro compagno di squadra, tra parentesi) non capisce mai le loro battute, cosa che non mi pare c’entrasse molto con l’intervista.
    Per concludere in bellezza è arrivato Kanaan a photobomberare l’intervista, raccontando senza una ragione ben precisa che sua moglie sostiene che Montoya è un uomo attraente e che lui non lo trova altrettanto attraente. Poi, non si sa bene come, Kanaan e Montoya sono finiti a parlare delle dimensioni del naso di Kanaan.

    > It’s Pippa, it’s Pink!
    A partire dal 2014(?) la vettura di Pippa Mann è rosa, non è chiaro se per via del suo sponsor o per permettere a Marco Andretti di sfuggirle.
    Marco: “Basta, Autrice! Perché mi vuoi appioppare tutte le mie colleghe?”
    Pippa: “Perché sei il nostro sex symbol preferito, my love.”
    Marco: “Okay, corro a nascondermi... il che è esattamente quello che faccio in ogni gara.”

    > Incredibile ma vero, Power ha vinto il titolo!
    Pluricampione della specialità olimpica dello sventolamento in aria del dito medio, Will Power ha sempre avuto una pecca: essere in grado di trovarsi in testa alla classifica sempre, tranne che nel momento in cui contava. Dopo avere passato gli anni a perdere titoli all’ultima gara a vantaggio di Franchitti, Hunter-Reay e Dixon (in occasione della sfida con quest’ultimo mi è capitato di leggere quel glorioso articolo che ha fatto la storia, in cui si notava che Power e Dixon sembrano nomi di detersivi), poteva puntare a diventare il Fernando Alonso della Indycar.
    ...Invece no, alla fine del 2014 ha conquistato finalmente il tanto ambito titolo, battendo Castroneves all’ultima gara.
    Bonus: Castroneves era stato in testa alla classifica per gran parte della stagione, finendo il campionato in stile Power.
    Doppio bonus: nonostante abbia perso il titolo, Castroneves ha continuato a fare il trollone, anche proprio nelle occasioni in cui si è giocato la possibilità di vincere il titolo.

    > I rumors su Alexander Rossi
    Guess what? Alex Rossi ha impresso il proprio nome anche nella storia della Indycar nell’off-season 2014/2015, in cui foto, rumors e articoli vari lo linkavano al team Coyne.
    Ovviamente la cosa non è andata a buon fine e, al posto che avrebbe dovuto occupare lui, abbiamo visto a seconda delle occasioni il nostro connazionale Francesco Dracone e l’ex tester della Marussia Rodolfo Gonzalez.

    > Un finale alla “Oh my Monty manholes’ breaker!”
    La Indy 500 è una gara che sa essere lunga ed estenuante, ma allo stesso tempo maledettamente intrigante. L’edizione del 2015, iniziata peraltro con un incidente tra Takuma Sato e Sage Karam e proseguita con dei tweet in cui quest’ultimo e suo padre (Karam Sr., avrei scoperto in una successiva telecronaca, è l’ex fisioterapista di Michael Andretti) criticavano l’accaduto, è stata una di quelle che credo di avere vissuto più al cardiopalma di tutte le altre.
    L’ha vinta Montoya.
    L’ha vinta dopo che all’inizio era precipitato in qualcosa come trentesima(?) posizione.
    L’ha vinta a quindici anni di distanza dalla vittoria del 2000.
    Non è scoppiato a piangere dopo la vittoria, ma non si può avere tutto dalla vita.
    Bonus: nel corso della stagione Montoya è stato protagonista anche di altre eroiche imprese, tipo perdere il titolo per un punto, ma soprattutto essere protagonista di un epico siparietto (in una delle gare che avevano preceduto Indianapolis) in cui alla fine della gara si improvvisava intervistatore e intervistava il compagno di squadra Castroneves.

    > Due incidenti tra compagni di squadra in cinque minuti contati
    A Detroit, pochi giorni dopo Indianapolis, sia il team Ganassi sia il team Penske si sono fatti notare, a cinque minuti di distanza, con due diversi incidenti tra compagni di squadra: Kimball vs Dixon per il team Ganassi, Power e Castroneves per il team Penske.
    Sì, lo so, quando avete letto Penske avevate pensato male, ma per una volta Montoya non c’entra nulla... per una volta.

    > Il momento clou del quadriennio
    Nel periodo 2012/2015 ci sono stati vari momenti memorabili, ma credo che uno li abbia superati tutti, seppure sia stato irrilevante, dovuto al susseguirsi dei pit-stop e totalmente ininfluente sul risultato finale. Però merita, assolutamente, e merita di non essere dimenticato.
    Toronto, 2015. Sulla pista in cui nel 2006 in Champ Car Paul Tracy aveva schivato dei piccioni che per qualche oscura ragione ritenevano sicuro starsene nel bel mezzo dell’asfalto durante un gran premio e in cui nel 2014 in Indycar la safety car era finita in testacoda in una gara bagnata, è accaduto un fatto che dovrebbe entrare negli annali della Indycar.
    Ad un tratto abbiamo letto “LEADER: GONZALEZ”. Poi va beh, era su una strategia diversa, è rientrato più tardi ed è arrivato tra gli ultimi, ma intanto è stato in testa a una gara di Indycar.

    > Il momento clou del quadriennio andato irreparabilmente perduto
    Trigger warning: questo paragrafo contiene menzioni di Paul Tracy, soggettone di cui ho parlato a lungo in post passati.
    Avevamo lasciato Paul Tracy a fare il telecronista... e lo fa tuttora.
    Per puro caso, qualche tempo fa, ho trovato un articolo risalente allo scorso mese di luglio che lo riguarda, contenente uno scoop epico: dopo circa dieci anni, ha fatto pace con Bourdais.
    Nello stesso articolo era citato un siparietto in cui erano entrambi protagonisti, trasmesso dopo una sessione di prove libere.
    Su youtube pare non esserci nulla di tutto ciò, il che significa che con tutta probabilità non vedremo mai questo servizio. Ciò non mi aggrada.

     
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    Che niubbona, davvero :P ^_^

    In pratica hai scoperto una miniera d'oro mentre cercavi un quadrifoglio, per dire.

    E così, grazie a Rubinho, sei diventata una delle pochissime persone competenti di Indycar in Italia ;)
     
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    CITAZIONE (Pilotimotori @ 31/12/2015, 00:16) 
    Che niubbona, davvero :P ^_^

    Sì sì, concordo in pieno!

    CITAZIONE
    In pratica hai scoperto una miniera d'oro mentre cercavi un quadrifoglio, per dire.

    Metafora azzeccatissima! *-*

    CITAZIONE
    E così, grazie a Rubinho, sei diventata una delle pochissime persone competenti di Indycar in Italia ;)

    Grazie! <3
    Spero che un giorno questa serie avrà nuovi adepti. u.u
    C'è davvero poca gente che sembra seguire la Indycar seriamente, in Italia.
     
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    Tabagi's father

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    CITAZIONE (Milly Sunshine @ 31/12/2015, 00:35) 
    C'è davvero poca gente che sembra seguire la Indycar seriamente, in Italia.

    "Seriamente".

    Se trovi un/una sedicente appassionato/a di Indycar, e gli/le dici: "quanto vorrei avere le ferie attorno alla fine di Maggio per poter prendere il primo volo per il Midwest" oppure "Preferirei visitare Toronto piuttosto che Montreal", e questo/a ti guarda di traverso come un cane che sente un fischio, allora non ha la serietà necessaria...
     
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    Poi magari ti chiede anche: "Cosa succede alla fine di maggio?" :rolleyes:
     
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26 replies since 16/9/2015, 02:04   190 views
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