Il Sussurro della Farfalla - "blog novel" sul motorsport

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    Alexandra Bernard aveva avuto una relazione con Patrick Herrmann, per tale ragione aveva deciso di sponsorizzarlo e di evitare che la sua carriera naufragasse: era questo, a quanto pareva, ciò che Oliver Fischer intendeva scrivere nel suo libro.
    Selena maledisse il momento in cui gli aveva chiesto di andare a cena insieme, ma al contempo la situazione non sarebbe migliorata, se non l'avesse fatto: il giornalista sarebbe andato avanti con i suoi piani come da programma, ma senza metterla al corrente.
    «L'impresaria di Patrick era mia madre» lo informò.
    «Lo so» rispose Oliver, senza scomporsi, «Ma il tuo nome non sarà fatto. Tu non hai nulla a che vedere con la storia di Herrmann come pilota.»
    «Tra lui e mia madre c'era solo un rapporto professionale» dichiarò Selena. «Non c'è alcun bisogno di inventare cose che non stanno né in cielo né in terra solo per suscitare clamore mediatico. Non è giusto sfruttare falsi gossip per diventare popolari. Mia madre non merita di...»
    Oliver la interruppe: «Non intendo scrivere niente di infamante su nessuno. E poi, da quando ti interessa di tua madre? Secondo il portiere, non avete contatti. Solo, ogni tanto tua madre manda dei regali a tuo figlio, in occasione delle festività o del suo compleanno.»
    Selena spalancò gli occhi.
    «Il portiere ti ha raccontato anche questo?!»
    «Quell'uomo ha la lingua piuttosto sciolta. A volte esagera.»
    «Me ne sono resa conto, ma non è il solo a esagerare. Come ti permetti di chiedermi cosa succede tra me e mia madre?»
    Oliver precisò: «Non ti ho chiesto che cosa succede o che cosa sia successo in passato tra te e lei.»
    «Sei stato comunque invadente.»
    «A volte devo esserlo.»
    «Quello che fai nel tuo lavoro non mi riguarda. Mi interessa solo che tu non ti intrometta nella mia vita.»
    «Ti ho già detto che tu non sei l'oggetto del mio lavoro. Purtroppo non è colpa mia se la donna che ti ha messa al mondo ha sponsorizzato Patrick Herrmann e se lo portava a letto.»
    «E se anche fosse? Mia madre ha sempre detto che sponsorizzava Patrick perché lo riteneva uno dei piloti più talentuosi della Diamond Formula. Tu stesso hai scritto che lo era. Chiunque lo pensava, anche se in tanti ce l'avevano con lui, quando era in vita. Ti è così difficile pensare che una donna ragioni con la testa e non con la vagina?»
    Oliver sospirò.
    «Mi stai mettendo in bocca parole che non ho mai detto, Selena. Il fatto che quei due avessero una relazione non è così segreto, in questo ambiente. Chi aveva a che fare con la Diamond Series all'inizio del millennio sa tutto.»
    Selena scosse la testa.
    «No, non è vero, non sanno tutto... e se tu fossi un vero fan di Patrick Herrmann, sono certa che non vorresti vedere venire alla luce la verità.»
    Oliver fece un mezzo sorriso.
    «Non neghi più la loro relazione, adesso?»
    «Sono una persona pragmatica. Non posso negare qualcosa che, comunque, intendi scrivere lo stesso.»
    «Stai dicendo che è vero?»
    «Sto solo constatando che sei disposto a tutti pur di fare carriera o pur di guadagnare, nonostante le tue belle parole. Non è un problema: forse posso aiutarti a ottenere quello che desideri anche senza dovere compromettere mia madre.»
    «Non capisco cosa intendi.»
    «Significa che sono una donna ricca e posso pagare il tuo silenzio.»
    Oliver scosse la testa.
    «No, tu non sei così, Selena. O meglio, non voglio farti i conti in tasca, sicuramente non te la passi male, ma non è da te pagare per far tacere le persone.»
    Selena obiettò: «Non mi conosci. Non puoi sapere che cosa sia da me e che cosa non lo sia.»
    Oliver ignorò quelle parole.
    «Non voglio soldi.»
    «Vuoi affermarti come giornalista, allora? Va bene, sarà un po' più difficile, ma non c'è problema, posso aiutarti anche in questo.»
    «E come intendi fare? Sentiamo, sono curioso.»
    «Conosco un sacco di gente» gli spiegò Selena. «Non è mia abitudine, ma non mi costa niente raccomandarti alle persone giuste. Tu avresti quello che vuoi e io potrei avere ancora una vita tranquilla.»
    «È un'idea molto suggestiva» ribatté Oliver, «Ma sono costretto a rifiutare. Credo che tu non mi abbia capito, e non ti biasimo, dato che non sai niente di me, ma ti assicuro che tutto ciò che mi interessa è l'emergere della verità. Voglio che si sappia cos'ha portato Patrick Herrmann ad accettare l'ingaggio della Dynasty e, di conseguenza, la sua successiva morte.»
    «Ti sembra così assurdo che la Dynasty potesse essere interessata a Patrick Herrmann?»
    «Per niente.»
    «Allora perché non ti concentri su questo, invece di preoccuparti di chi si portasse a letto?»
    «Lo vorrei, Selena. Lo vorrei con tutto me stesso, ma Patrick Herrmann non mi ha lasciato scelta. Le sue frequentazioni l'hanno condotto verso la fine che ha fatto e questo è un dettaglio innegabile.»
    «Invece lo si può negare» lo contraddisse Selena. «Va bene, se Patrick non fosse stato appiedato dalla Whisper Motorsport forse la sua carriera sarebbe proseguita in modo diverso, ma prima o poi se ne sarebbe andato comunque. L'hai scritto anche tu, nella tua introduzione: i rapporti tra lui e la squadra erano ormai compromessi. Dopo la morte di Diaz, era convinto che il team avesse cercato di coprire le proprie responsabilità, che l'incidente non fosse stato solo colpa del pilota... anzi, che non fosse per niente imputabile a Diaz, oppure che lo fosse soltanto in parte minore. Non si fidava più della squadra con cui aveva gareggiato per anni. Non poteva andare diversamente, anche se non avesse incontrato mia madre. In un modo o nell'altro sarebbe riuscito comunque ad avere quel volante alla Dynasty. Il suo modo di guidare non sarebbe cambiato. Avrebbe dato il tutto per tutto lo stesso, a Montecarlo, alla fine della stagione... e sarebbe morto lo stesso. Se è la verità che ti interessa, concentrati su questo. Concentrati sul fatto che il suo obiettivo fosse vincere un altro titolo e soprattutto che non fosse disposto ad accontentarsi del secondo posto quando si trovava a lottare proprio con la Whisper.»
    «Sei una persona meravigliosa, Selena.»
    «Come, prego?»
    «Sei una persona meravigliosa. Ti ostini a vedere il lato positivo di chiunque...»
    Selena non lo lasciò finire.
    «No, non è così. Non è vero che cerco di vedere il lato positivo di chiunque. Cerco solo di non focalizzarmi su quelli negativi, specie quando ormai non c'è più niente da fare.»

    ******

    Tutto suggeriva che Alexandra non fosse affatto felice di avere Selena intorno. La stanza nella quale la ospitava era poco più di una semplice camera degli ospiti e ciò che era rimasto dai suoi precedenti soggiorni presso la madre era stato spostato altrove. Non c'era dubbio che i vecchi abiti lasciati negli anni precedenti fossero stati chiusi in uno scatolone e piazzati su uno degli scaffali della cantina.
    Selena sapeva di non essere nessuno, ma sperava almeno che la madre non avesse buttato via tutto. Fu animata dall'intenzione di recuperare indumenti che le appartenevano, se uscì dall'appartamento e scese le scale, diretta verso la cantina.
    Tutto ciò che aveva in mente era un vestito che le piaceva molto e che aveva portato tanto un paio di anni prima, era curiosa di scoprire se le stesse ancora bene. Quei quattro piani di scale avrebbero dovuto separarla soltanto da quell'obiettivo.
    Non entrò mai in cantina.
    Dall'interno udì provenire delle voci chiaramente riconoscibili.
    «Non puoi fingere che quello che c'è stato tra di noi non esista» stava dichiarando Alexandra, nel momento in cui Selena iniziò ad ascoltare. «Io mi sono esposta per te, ho fatto tanto per te...»
    «Per favore, Alex» la supplicò Patrick, interrompendola, «Cerca di capirmi. La mia vita non può ruotare tutta intorno a te. Mi sono stancato di essere una marionetta tra le tue mani.»
    «Però non ti sei stancato di essere tornato a vincere. Non ti sei stancato di essere ancora nella Diamond Formula, di contare ancora qualcosa. Non saresti mi arrivato dove sei senza di me.»
    «Mi stai sottovalutando, Alex. Mi hai sempre sottovalutato.»
    Alex.
    Nascosti da tutto e da tutti - o almeno così credevano - la "signora Alexandra" diventava semplicemente Alex. La prima volta Selena aveva pensato di avere capito male, ma non c'erano più dubbi.
    Era palese, ormai, che i due le avevano nascosto qualcosa, sia sua madre, quando sosteneva che Patrick fosse soltanto lavoro per lei, sia Patrick, quando parlava della sua vita sentimentale passata. Su una cosa, comunque, aveva detto la verità: aveva spesso avuto a che fare con le donne sbagliate e non c'era dubbio che Alexandra Bernard fosse una di queste.
    Alexandra, da parte sua, sembrava ferma sulla propria posizione.
    «Tu eri una nullità. Hai deciso tu stesso di diventarlo, quando non hai più fatto niente per emergere. Ti sei messo contro chiunque... e adesso ti stai mettendo contro anche me. Avevamo un accordo...»
    «Mi sono rotto le palle di essere il tuo toyboy» replicò Patrick. «Hai sempre saputo che cosa c'era davvero tra di noi. Hai sempre saputo che...»
    «Sì, l'ho sempre saputo» lo interruppe Alexandra. «Ho quarantadue anni, non sono giovane come tutte le fighe senza cervello che ti girano intorno. Però valgo mille volte di più di tutte loro e non ti ho mai impedito di scoparti chi volevi. Non voglio esclusive su di te, voglio solo non contare meno delle altre.»
    «È troppo tardi.»
    «No, affatto. Io sono disposta a passare sopra ai tuoi errori.»
    «Non è un errore. Io sono innamorato di un'altra persona.»
    Alexandra rise.
    «Innamorato? Tu?! Ma non scherzare! Tu non sai nemmeno cosa significhi.»
    «Vuoi insegnarmelo tu?» ribatté Patrick, sprezzante. «Tutto ciò che hai fatto è stato cercare di comprarmi e adesso mi tieni legato a te con i tuoi ricatti.»
    «Ti ho dato la possibilità di avere al tuo fianco una donna di classe. Tu, invece, vuoi buttare via tutto per una di quelle puttane da quattro soldi...»
    «Le "puttane da quattro soldi" con cui sono stato erano tutte donne migliori di te. E comunque no, la ragazza che amo non è chi pensi tu.»
    «Non importa che cosa penso io. Quello che conta è cosa pensa lei... e vedrai, non hai scampo: anche lei tornerà dal marito o dal fidanzato che adesso sostiene di volere lasciare per stare con te.»
    «Questa ragazza non ha un fidanzato o un marito. Ha solo me e io voglio stare solo con lei.»
    «Chi è?»
    «Non posso dirtelo.»
    «Tanto prima o poi lo scoprirò lo stesso e ti conviene stare attento a quello che fai. Posso distruggere sia te sia lei prima ancora che tu abbia il tempo di difenderti.»
    «No, non ce la farai, Alex. Non riuscirai a metterti tra me e Se-...»
    Se-...
    Selena rabbrividì.
    Patrick stava parlando di lei.
    Le aveva nascosto un aspetto fondamentale della propria vita, ma voleva mettere fine a tutto per lei.
    Alexandra lo esortò a completare quel nome: «Se...?»
    «Sandy. Si chiama Sandy.»
    «Segno del destino, allora. Per caso il suo nome completo è Alexandra? Magari è un segno e presto capirai che l'unica Alexandra della tua vita sono io.»


    ******

    Selena strinse i denti, fece un profondo respiro, poi tentò l'unica altra soluzione possibile.
    «Se non sei disposto a tacere, né in cambio di soldi né di una raccomandazione, possiamo almeno parlarne con tranquillità, in un altro momento, per cercare di trovare una soluzione che vada bene per entrambi?»
    Si aspettava un altro rifiuto, ma Oliver accettò.
    Selena fece un sospiro di sollievo.
    «Grazie. Non sai quanto sia bello sentirti dire che per te va bene.»
    Oliver accennò un sorriso.
    «Penso che ti convenga aspettare, prima di pensare di avere scampato ogni pericolo. Ho detto che sono disposto a parlarne per metterci d'accordo, non che intendo fare tutto quello che mi chiedi.»
    «È comunque un punto di partenza.»
    «Su questo posso darti ragione. Ora, però, scusami, ma devo andare. Possiamo incontrarci la prossima settimana? Mi va bene sia a casa mia sia a casa tua.»
    «Va bene» concesse Selena. «Sono disposta ad aspettare fino a lunedì.»
    Sarebbe stata dura, ma ce l'avrebbe fatta, sforzandosi di provare ancora un po' di interesse per il Gran Premio previsto per il giorno seguente. Non voleva deludere Claudia Strauss, che era stata così gentile a invitarla, nonostante fosse una cara amica di uno dei principali rivali di sua sorella e di tutto il team Albatros. A volte glielo chiedeva espressamente, se parteggiasse per Edward Roberts. Selena aveva sempre negato, ma solo perché dopo quindici anni di menzogne era diventata una professionista quando si trattava di inventarsi una realtà fittizia. Mentire sul tifo e sulle simpatie sportive, quantomeno, era innocuo, un lusso che in altri ambiti non poteva permettersi.
     
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    Rieccomi con un altro aggiornamento e con altre parti in corsivo, che tuttavia si discostano un po' da quelle in corsivo trovate nei capitoli precedenti. Di fatto non sono parti ambientate nel passato, ma sono comunque in parte distanti da quelle della storyline attuale. Per il momento non do ulteriori spiegazioni altrimenti sarebbe uno spoiler. :lol:




    [OLIVER]

    Oliver camminava da solo sulla spiaggia, incurante del vento che gli gettava la sabbia addosso. Il cielo era nuvoloso e l'ora del crepuscolo sempre più vicina. Le condizioni meteo gli suggerivano di tornare a casa, ma non poteva permettersi di comportarsi nella maniera più ovvia.
    Per quanto non avesse idea della sua precisa identità, Oliver sapeva di aspettare una persona, qualcuno che avrebbe potuto incontrare soltanto lì, su quella spiaggia, e non da altre parti.
    Lo vide arrivare da lontano e solo allora, tutto d'un tratto, ebbe chiaro chi fosse. Quel giorno, mentre scendeva la sera, Oliver avrebbe incontrato Keith Harrison. Non aveva idea di che cosa volesse esattamente da lui, ma sapeva di dovergli parlare, non poteva fare altrimenti.
    Non sapeva come accoglierlo, che cosa dire: era un perfetto sconosciuto per l'ex pilota della Diamond Formula, o almeno così pensava. L'altro, tuttavia, si comportò come se sapesse esattamente chi fosse e se non ci fosse bisogno di presentazioni.
    Si limitò ad affermare: «Ci hai messo tanto tempo. Ho dovuto aspettarti a lungo.»
    Per quanto Oliver avrebbe potuto sostenere il contrario, gli parve che le parole di Harrison avessero perfettamente senso.
    «Sono desolato» mormorò. «Non era mia intenzione.»
    Keith Harrison ridacchiò.
    «Non fa niente. Mi posso permettere di attendere, da quando i giorni hanno smesso di avere un significato.»
    Oliver annuì.
    «Va bene. Perché siamo qui?»
    «Sei sempre andato di fretta, anche una volta. Raccontami un po', come sta Emma?»
    «Emma?!»
    «Sì, Emma, so che lavorate insieme.»
    «Sta bene» gli riferì Oliver. «A volte rompe un po' troppo le palle, ma potevano capitarmi colleghi peggiori. Ne ho avuti, negli scorsi anni.»
    «Cara, carissima Emma...» borbottò Keith Harrison. «Meno male che non ha mai sospettato niente, era convinta fossero solo mie fantasie. Questo le ha permesso di non subire ritorsioni e di non mettersi in pericolo.»
    «Ti assicuro che Emma non è affatto in pericolo» replicò Oliver. «Non hai niente di cui preoccuparti, se la cava benissimo anche senza di te, Harrison.»
    «Keith» lo corresse l'altro.
    «Scusa, non mi viene spontaneo chiamare per nome gli sconosciuti.»
    «Sì, ma noi non siamo sconosciuti. Per quanto tu possa rifiutarti di accettare la realtà, almeno io so chi sei.»
    Oliver alzò gli occhi al cielo.
    «Non ho idea di che cosa tu stia parlando, ma va bene lo stesso. C'è qualcos'altro che vuoi sapere?»
    «Mi sono giunte voci poco rassicuranti.»
    «Come fanno queste voci ad arrivarti?»
    «Diciamo che non ho molto da fare e mi tengo impegnato cercando di scoprire che cosa stia succedendo a certe persone con cui abbiamo avuto a che fare in passato.»
    «Bene. Che voci ti sono arrivate?»
    «Un certo Oliver Fischer vuole scrivere un libro su Patrick Herrmann.»
    Oliver riferì: «Fischer sono io e ti confermo che sto lavorando a quel progetto.»
    «Quell'Oliver Fischer si è anche trasferito nell'appartamento accanto a quello di Selena Bernard e ha avuto a che fare con lei.»
    «Sì, ti posso confermare che quell'Oliver Fischer ha conosciuto Selena Bernard circa due settimane fa e che da allora ha fatto di tutto per approfondire la conoscenza.»
    «Cosa ti sei messo in testa?»
    «Niente di cui tu debba preoccuparti.»
    «Mi preoccupo eccome, invece. Perché l'hai messa in mezzo?»
    Oliver sospirò.
    «Stammi a sentire, Harrison. Selena Bernard mi sta aiutando a scremare gli eventi del passato per la biografia di Patrick Herrmann. Avevo intenzione di scrivere cose scottanti, che però potrebbero turbarla, se divenissero di dominio pubblico. Siccome Selena mi piace e mi trovo bene con lei, intendo essere il più possibile rispettoso del suo punto di vista relativamente a certe faccende.»
    «Cosa c'è tra te e lei?»
    «Non vedo in che modo la cosa possa riguardarti.»
    «Hai ragione, non mi riguarda» ribatté Keith, «Dato che non sono io quello che rischia la vita.»
    «Come sei esagerato» sbottò Oliver. «Guarda in faccia la realtà, nessuno sta rischiando la vita.»
    «Come la fai facile. Davvero sei convinto di non sapere fino a che punto possano spingersi?»
    «Sì, lo so fino a che punto si sono già spinti, chiunque siano i responsabili, ma non possono fare niente contro di me. Un conto è un sabotaggio, un altro dovere eliminare una persona di punto in bianco, senza avere un modo per farlo senza destare sospetti.»
    Keith insisté: «Io rimango del parere che non avresti dovuto coinvolgere Selena Bernard.»
    «Selena Bernard è già coinvolta, da sempre» puntualizzò Oliver. «Io, da parte mia, non sto facendo niente per buttarla in mezzo a una situazione con cui non deve avere a che fare. Quella donna mi piace, tutto qui. Mi sembra che si stia aprendo con me e che questo le faccia bene. Il portiere del palazzo dice che gli è sempre sembrata un po' chiusa, come se volesse sfuggire ai legami...»
    Keith non lo lasciò finire.
    «Guarda, di quello che pensa il portiere del palazzo me ne frega proprio meno di zero. Quello che conta è che tu non faccia casini e che la verità venga alla luce. Pensi di potercela fare?»
    «Cercherò di fare del mio meglio» lo rassicurò Oliver, «Ma mi sembra difficile riuscire a dimostrare qualcosa. Posso magari far nascere qualche sospetto e far sorgere qualche ombra, ma non posso fare molto. Purtroppo quella gente è considerata piuttosto rispettabile e non ci sono molti modi per convincere gli altri del contrario. Perfino Edward Roberts, che ho sempre considerato una persona saggia, dimostra di non essere capace di capire di chi sia giusto fidarsi e di chi no.»
    «A proposito, tra le varie voci che mi sono giunte ce n'è una anche su Edward Roberts. Sbaglio o quell'Oliver Fischer di cui stavamo parlando prima sta cercando di avviare una campagna mediatica contro di lui?»
    «Ti sbagli, e anche di grosso. Va bene, a volte sono stato poco... mhm... poco elegante, se così possiamo dire, nei suoi confronti, ma non ho mai fatto niente di inappropriato né ho cercato di mettere la gente contro di lui. Ho solo messo in chiaro che secondo me è un pilota finito.»
    «E questo, ovviamente, non ha niente a che vedere con le sue frequentazioni o con i suoi legami di lavoro.»
    «Ovviamente.»
    «Come no. Raccontalo a qualcun altro. Quando vuoi qualcosa te lo prendi, annientando chiunque si metta sulla tua strada.»
    «Come sei melodrammatico, Harrison.»
    «Keith, prego.»
    «Harrison, Keith... qualunque sia il modo in cui vuoi essere chiamato, rimani sempre troppo melodrammatico. Non sto annientando nessuno, né mi sto mettendo contro nessuno. Sono solo un giornalista e voglio fare il mio lavoro. Anzi, nello specifico sono un giornalista affascinato da Selena Bernard e oltre a volere fare il mio lavoro voglio anche uscire con Selena Bernard.»
    «Siete già arrivati a quel punto, quindi.»
    «Siamo usciti insieme, punto e basta. Siamo andati in un locale a bere qualcosa insieme e siamo venuti a fare qualche passeggiata sulla spiaggia. Non c'è stato altro tra di noi, anche se confesso di essermi dovuto trattenere per non farmi avanti.»
    «E ora cos'hai in mente?»
    «Con Selena niente. Domani devo partire per Roma, per la copertura del Gran Premio cittadino dell'Eur. Non la vedrò fino al mio ritorno.»
    «Mi raccomando, non tormentare Edward.»
    «Roberts è in una botte di ferro. Non posso neanche dire niente contro di lui, visto che a Valencia è arrivato sul podio quando nessuno avrebbe scommesso più un solo centesimo su di lui. Ti dirò, mi ha sorpreso. Non guiderà mai come Patrick Herrmann, ma ci sono le sue buone ragioni se è rimasto nella Diamond Formula per così tanti anni.»
    Keith gli strizzò un occhio.
    «Edward guida molto meglio di Patrick.»
    «Dici così solo perché non l'hai mai potuto sopportare.»
    «Ti sbagli. Io e Herrmann andavamo d'accordo, prima che si portasse a letto mia moglie. Poi, alla fine, stavamo entrambi dalla stessa parte e credevamo in un obiettivo comune. Ma non c'è bisogno di spiegarti queste cose. Sei davvero sicuro di non ricordare, Oliver Fischer?»
    Oliver scosse la testa.
    «Davvero, non capisco di che cosa tu stia parlando.»
    «Prima o poi lo capirai, ne sono certo» replicò Keith. «Spero solo che non sia troppo tardi.»


    ******

    Lontana dal paddock, Veronica Young poteva sembrare una qualsiasi quarantenne elegante. Nel bar nel quale era seduta nessuno sembrava fare caso a lei, se non per lanciare qualche occhiata chiaramente dettata dalla sua bellezza. Veronica, da parte sua, sorseggiava il suo tè senza curarsi del mondo circostante, nemmeno di Oliver che la teneva d'occhio già da un po'. Riuscire a trovarla non era stato affatto semplice ed era servita la collaborazione di Emma, alla quale aveva dovuto rifilare innumerevoli scuse.
    Oliver decise di non indugiare ulteriormente - aveva già sprecato abbastanza tempo, cercando di rievocare qualcosa di indefinibile come un incontro puramente onirico - e si avvicinò alla team principal, che si rese conto della sua presenza soltanto quando le domandò: «Posso sedermi?»
    Veronica mise da parte la tazza, alzò gli occhi e lo riconobbe subito.
    «Fischer?»
    Oliver si accomodò di fronte a lei, pur senza averne ancora avuto l'autorizzazione.
    «Esatto, sono proprio io. Vedo che il mio nome non passa inosservato.»
    «Tu dovresti essere il fan di Christine Strauss, che non fa altro che smontare gli altri piloti con allusioni trash alla loro presunta incapacità.» Veronica accennò un sorriso. «Che cosa ti porta a pensare che la Strauss sia invece così fenomenale?»
    «Ammiro Christine Strauss, come pilota e come mia connazionale» puntualizzò Oliver, «Ma non ho mai fatto niente per mettere in cattiva luce gli altri piloti. Spesso ci pensano già da soli.»
    «Spero che tu non sia qui per dirmi che hai da ridire anche sul mio lavoro di team principal.»
    «Oh, no, per niente. Ammiro chiunque riesca a gestire un team da tanti anni.»
    «Meglio non ricordare quanti. Seppure fossi giovanissima all'epoca, non mi piace che la gente pensi troppo alla mia età.»
    «Un'età portata benissimo.»
    «Grazie, ma non c'era bisogno che tu me lo dicessi, Fischer» ribatté Veronica. «Me ne rendo conto da sola ogni volta in cui mi guardo allo specchio. Se sei venuto qui solo per ricordarmi che sono una bella donna, hai fatto un viaggio a vuoto.»
    «Non sono qui per questo» puntualizzò Oliver. «Volevo parlare di una persona con cui hai avuto a che fare molto tempo fa.»
    «Ovvero?»
    «Ovvero Patrick Herrmann.»
    Veronica alzò le spalle.
    «Herrmann è morto e sepolto. Io guardo avanti, non indietro.»
    «Herrmann sarà anche morto, ma è stato un grandissimo pilota.»
    «Esatto, e molti hanno iniziato a definirlo un grandissimo soltanto dopo la sua morte.»
    «È un grande classico.»
    «Esatto, e per tale ragione preferirei non essere ipocrita come tutti gli altri.»
    «Patrick Herrmann è stato campione del mondo due volte e avrebbe potuto vincere addirittura un terzo titolo» le ricordò Oliver. «In molti lo stimavano come pilota, durante la sua carriera, anche se non era proprio formidabile quando si trattava di farsi apprezzare come persona.»
    «Te lo concedo, Herrmann è stato davvero un grandissimo pilota, ma non capisco perché dovrei perdere tempo a parlare di lui con un giornalista. Che cosa vuoi sapere su Patrick? Perché non ti preoccupi di quello che succede al giorno d'oggi in Diamond Formula? Il tuo lavoro è questo, dopotutto.»
    «Non mi pongo limiti, quando si tratta di lavoro. Patrick Herrmann è una figura che mi ha sempre affascinato.»
    «Buon per te, ma io cosa posso farci?»
    «Potresti rispondere a una mia domanda.»
    «Non mi hai fatto domande.»
    «Per forza, non hai fatto altro che replicare che Herrmann non ti interessa e che non dovrebbe interessare nemmeno a me. Io, però, ho intenzione di scrivere un libro su di lui, che l'idea ti piaccia o no.»
    Veronica, che fino a quel momento era apparsa comunque piuttosto rilassata, si fece più rigida.
    «Come sarebbe a dire che vuoi scrivere un libro su Herrmann?»
    Oliver azzardò: «L'idea ti turba?»
    «No, affatto, perché dovrebbe?»
    «Già, perché dovrebbe?»
    Veronica tagliò corto: «Cosa vuoi chiedermi, Fischer? Si sta facendo tardi e domani sarà una lunga giornata di lavoro, almeno per me. Gradirei andare via e andarmene a letto, se per te non è un problema.»
    «Nessun problema, non ti impedirei mai di dormire nella serenità più totale, è quello che ti meriti.»
    «Smettila di parlare in modo improponobile e vieni al dunque: cosa vuoi?»
    Era arrivato il momento, Oliver sapeva di non potere più rimandare. I suoi minuti con Veronica si erano ormai esaurito, almeno per quella sera, e doveva fare presto. Le domandò, quindi, a bruciapelo: «La Dynasty avrebbe ingaggiato Herrmann, ai tempi, anche se non fosse intervenuta Alexandra Bernard?»
    Veronica spalancò gli occhi.
    «Alexandra Bernard?! La madre della tua amica?»
    Oliver sussultò.
    «Di che amica parli?»
    «Frequenti Selena Bernard o sbaglio?»
    «Come lo sai?»
    «Non importa come lo so. Potresti chiedere a Selena di farti parlare direttamente con sua madre, se proprio ti interessa così tanto questa faccenda.»
    «Invece ne parlo con te.»
    Veronica scosse la testa con fermezza.
    «No, mio caro Fischer, non ne parli con me perché me ne sto andando. Per me Herrmann era semplice lavoro, e il lavoro di quindici anni fa non ha importanza, al giorno d'oggi. Non ricordo con chiarezza i dettagli contrattuali a distanza di così tanti anni, né ha alcuna utilità per me andare a ripescare vecchie storie che non portano da nessuna parte. Buona notte, giornalista.»

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    Il cielo si stava nuovamente riempendo di nubi, ma ancora una volta non importava. Oliver non era in grado di spiegarsi perfettamente come e quando avesse lasciato l'Italia, ma era tornato al punto di partenza, dove Keith Harrison lo attendeva ancora da una volta.
    L'altro lo salutò con un cenno della mano, sorridendo impassibile alla sabbia portata in aria dal vento.
    «Temevo che non saresti riuscito a venire, stanotte.»
    Oliver aggrottò la fronte.
    «Notte?»
    Era a malapena l'ora del tramonto, una giornata serena a quell'orario sarebbe stata ancora piena di luce.
    Keith ignorò il suo commento. Volle piuttosto sapere: «È successo qualcosa di nuovo a Roma?»
    Non vi erano ragioni per cui Oliver dovesse riferirgli la sua conversazione con Veronica, ma si ritrovò comunque a farne menzione.
    «Ho parlato con la Young.»
    «Quando?»
    «In un bar, stasera.»
    Solo dopo avere pronunciato quell'ultima parola si rese conto del paradosso che stava vivendo: la sera era già passata, eppure era ancora giorno.
    Doveva avere l'aria smarrita, dal momento che Keith Harrison ci tenne a rassicurarlo: «Può sembrarti strano, ma non lo è. Quando ti sveglierai, ti sembrerà di avere sognato.»
    Dunque quello era un sogno, così come lo era il loro incontro precedente.
    «Perché ti sto sognando?»
    «Non mi stai sognando, è tutto vero. Noi non siamo qui, nel posto che vedi. Sei tu che te lo immagini così, perché ti è difficile calarti in un'altra atmosfera. Deve essere stato per lo scambio, forse vedi il posto in cui la tua strada si è incrociata con quella del ragazzino.»
    «Non ti seguo. Di cosa stai parlando, di quale ragazzino?»
    «Non mi dire che sei ancora in piena fase negazionista.»
    Oliver alzò gli occhi al cielo.
    «Ma negazionista di cosa?! Non so nemmeno di cosa stai parlando, come potrei negarlo?»
    «Stai calmo, Oliver Fischer» ribatté Keith. «È così che ti chiami adesso, giusto?»
    «È così che mi sono sempre chiamato.»
    «Sì, come no...»
    «Perché mi hai convocato qui?»
    «Non sono io che ti ho convocato. Sei tu che sei venuto, di tua spontanea volontà. È un po' come quella volta in cui hai chiesto disperatamente il mio aiuto, perché sapevi di non potertela cavare da solo.»
    «Smettila di parlare per enigmi» lo supplicò Oliver. «È la seconda volta in cui ti vedo, non ti ho mai chiesto niente. Temo che tu mi abbia scambiato per qualcun altro, deve essere questo il motivo per cui sono qui.»
    Keith rise.
    «È fantastico vederti così smarrito. Se non fosse una situazione seria, sarebbe bello poterlo raccontare in giro.»
    «Non mi sembra che tu sia in grado di raccontarlo in giro» replicò Oliver. «Perché non ti limiti a fare quello che fanno tutti quelli nelle tue condizioni?»
    «Quelli che sono nelle mie stesse condizioni si potrebbero comportare esattamente come me, per quanto ne sai tu. Smettila di fare il saccente e, se proprio non ricordi nulla del tuo passato, raccontami almeno com'è andata a finire con Veronica.»
    «Ehi, aspetta, come fai a sapere del mio passato?» replicò Oliver. «Come sai del mio incidente e della mia amnesia?»
    «Che tu sia vittima di un'amnesia, e anche bella pesante, non è certo un mistero» rispose Keith, «Però non sono la tua balia, non è affare mio. Parlami di Veronica, cosa vi siete detti?»
    «Niente di che» ammise Oliver, abbandonando per il momento i propri dubbi su come Keith Harrison fosse venuto a conoscenza del suo incidente passato, nonché il senso che non riusciva ad afferrare di molte affermazioni dell'ex pilota. «Ho provato a chiederle di Patrick Herrmann e lei ha iniziato a vaneggiare sul fatto che sia stato glorificato dopo la morte.»
    «Tutti veniamo glorificati dopo la morte, non c'è niente di nuovo. Perfino Diaz veniva considerato un pluricampione del mondo, dopo il suo incidente.»
    Oliver non commentò i risultati di Diaz, in quanto non di suo interesse in quel contesto - e in realtà nemmeno in altri.
    «Si capiva che non aveva voglia di parlare di lui, ha cercato di girarci intorno finché ha potuto e quando l'ho messa alle strette mi ha suggerito di parlarne con Alexandra Bernard, dato che sono amico di sua figlia. Ecco, c'è una cosa che non mi spiego, come faccia Veronica a sapere chi frequento.»
    «A volte, invece di cercare spiegazioni, sarebbe meglio prendere precauzioni» gli consigliò Keith. «Se Veronica è venuta a sapere che tu e Selena Bernard siete amici, può venirlo a sapere anche chiunque altro, tra cui persone poco raccomandabili.»
    «Perché, Veronica è raccomandabile?»
    «Non lo so, non l'ho mai capito fino in fondo. Sei tu quello che l'ha conosciuta meglio.»
    «Io?!»
    «Va beh, lasciamo stare, che tanto sei un po' troppo rintronato per capire certe cose. Cerca di fare mente locale e di ricordare chi sei davvero, se proprio non vuoi concentrarti su un'altra cosa fondamentale: toglierti dalla testa Selena Bernard.»
    «No, su questo non mi convinci. Io non smetto di frequentare chi voglio solo perché c'è gente che si impiccia.»
    «Poi, quando inizieranno i veri problemi, non dirmi che non ti avevo avvertito. Hai sempre fatto di testa tua e non è mai andata bene, neanche una volta!»
    Oliver sbuffò.
    «Sei peggio di mia madre!»
    «A proposito di tua madre, provo compassione per quella poveretta. Immagino che tu stia parlando della signora Fischer...»
    «Esatto, di madre ne ho solo una.»
    «Deve avere pensato di avere un figlio completamente pazzo.»
    «No, ti sbagli. È sempre stata molto soddisfatta di me, nonostante tutto.»
    «Mi fa piacere. Almeno nella tua vita quotidiana sei riuscito a trovare il tuo posto.»
    «Qualcosa del genere.»
    «A maggior ragione, non ti resta altro da fare che trovarlo anche qui. Cerca di non chiudere gli occhi. Se tu fossi chi credi di essere, non potresti essere al corrente di certi fatti. Chieditelo: come sai cosa successe a quei tempi? Non hai doti di chiaroveggenza, sei semplicemente...»
    «No» lo interruppe Oliver. «Non sono nessuno. Sono quello che vedi, niente di più, e preferirei che i nostri incontri terminassero qui.»
    «Non è me che devi convincere, ma il tuo subconscio» ribatté Keith. «Temo sarà molto difficile. Quando Oliver Fischer chiude gli occhi e si addormenta, entri in gioco tu.»
    «Da come parli, sembra che Oliver Fischer sia posseduto.»
    «No, Oliver Fischer non è posseduto. Semplicemente il ragazzino che era un tempo non è più qui. Non c'è mai stato, da quando hai memoria. Il suo spirito è libero, ha varcato il confine che avresti dovuto varcare tu.»


    ******

    Per quanto Emma Dupont avesse imparato a memoria il discorso da fare per la registrazione del servizio che sarebbe stato trasmesso l'indomani prima della sprint race, Oliver non poté fare a meno di notare quanto apparisse spontanea. Qualcuno, di tanto in tanto, aveva insinuato che non sarebbe finita a lavorare alla televisione, se non fosse stata la moglie di Keith Harrison, ma la gente, a quanto pareva, preferiva andare in giro con il paraocchi.
    Oltre ad avere un viso che bucava lo schermo, Emma Dupont era molto di più e la sua voce lo confermava, mentre narrava, senza mai essere pesante, i fatti significativi della stagione.
    «Appena due settimane prima del Gran Premio di Singapore, che lo scorso autunno ha aperto il campionato, era stata avanzata dai team la proposta di rivedere il punteggio della sprint race, in quanto ritenuto sproporzionato, con soltanto cinque punti per il vincitore e rispettivamente due e un punto per i piloti che si classificano sui gradini più bassi del podio. Il sistema, in effetti, pare in contrapposizione con il punteggio della gara, che dà punti a tutta la top-ten, con quindici punti al vincitore, dieci al secondo classificato, otto al terzo e poi, via a scalare, da sette a un punto ai piloti che si classificano dalla quarta alla decima posizione. Nessuna revisione, tuttavia, è stata attuata, ma non sembrava un problema di Edward Roberts, che ha dominato l'evento di Marina Bay. Partito dalla pole position nella sprint race, ha conquistato i cinque punti della vittoria, salendo a venti l'indomani, quando ha vinto la main race davanti a Shinji Nakamura e Christine Strauss. I piloti del team Albatros erano partiti rispettivamente dalla quarta e dalla quinta posizione e si sono confermati come i suoi avversari più accaniti. Il giapponese e l'austriaca hanno conquistato le prime due posizioni nella sprint race del successivo Gran Premio, quello di Hong Kong, mentre Roberts ha dovuto accontentarsi di un terzo posto. Il giorno seguente era in lotta per la vittoria con Nakamura, quando i due sono stati protagonisti di un contatto, che ha aperto le porte a Christine Strauss. Roberts ha rimontato in seguito fino alla nona posizione guadagnando almeno due punti, mentre il giapponese è stato costretto al ritiro.»
    Preso com'era dall'ascoltare la narrazione di Emma, per poco Oliver non dimenticò che era arrivato il momento del suo intervento.
    «Christine Strauss si è portata in testa alla classifica, con quella vittoria nel secondo evento della stagione» riferì, «Due lunghezze in più di Edward Roberts. Nakamura, invece, era terzo in classifica con quindici punti, ma avrebbe avuto occasione di rimontare con la vittoria sia nella sprint race sia nella gara principale del successivo Gran Premio di Macao.»
    La parola tornò a Emma: «Il prestigioso evento un tempo riservato alle vetture di Formula 3 ha visto sia la Strauss sia Roberts in netta difficoltà, con i due costretti a partire dalle retrovie nella sprint race. Sarebbero risaliti rispettivamente al nono e al decimo posto, rimediando tuttavia un gap consistente in termini di punteggio da Shinji. La fortuna, però, non era dalla parte di Nakamura, che in sprint race al Gran Premio di Hanoi, l'ultimo dei quattro disputati nel continente asiatico, si è reso protagonista di un brutto incidente, nel quale ha riportato una frattura alla gamba sinistra, infortunio che l'avrebbe costretto a saltare anche il successivo Gran Premio di Adelaide, disputato in Australia un mese più tardi.»
    Dopo la sintesi di Emma, Oliver continuò: «Era fermo a quota trentacinque punti, mentre quelli di Edward e Christine continuavano ad aumentare: per Roberts un secondo e un terzo posto a Hanoi, poi un terzo posto e una vittoria ad Adelaide, per la Strauss due vittorie a Hanoi, seguite da una sprint race non all'altezza in Australia, poi da un ottavo posto nella gara principale. A quel punto i due erano appaiati in classifica a cinquanta punti, entrambi con tre vittorie, per Edwards due in main race, per la Strauss una sola, con due vittorie in sprint race. Nakamura, sotto di quindici punti, era richiamato a una grande rimonta al suo ritorno.»
    «Ciò, tuttavia, non è accaduto. L'evento successivo era il Gran Premio di Sao Paulo, sul circuito cittadino sul quale ha gareggiato in passato anche il campionato di Indycar. Il giapponese, ricevuta l'autorizzazione dei medici a scendere in pista, è stato tuttavia costretto a un forfait dopo le prove libere. Da parte loro, Christine Strauss ed Edward Roberts, non hanno tuttavia approfittato più di tanto della situazione.»
    A quel punto Oliver dimenticò totalmente di riprendere la parola, non perché fosse affascinato dalle parole di Emma, ma perché, in lontananza, gli era parso di intravedere Veronica Young.
    Qualcun altro, al posto della Dupont, non si sarebbe comportato come fosse stata una diretta. Emma, invece, decise di proseguire al posto di Oliver, con un'improvvisazione tanto spontanea quanto accurata: «La vittoria della sprint race è andata a Marco De Rossi, il pilota italiano compagno di squadra di Roberts, finalmente autore di una prestazione all'antezza, mentre la Strauss ha portato a casa almeno il punto del terzo posto. L'indomani, invece, il team Whisper ha conquistato la prima vittoria della stagione. La squadra, che per tradizione affida, per eventi selezionati, le proprie vetture a piloti one-off di alto profilo, è stata ricompensata per la propria decisione: davanti al pubblico brasiliano, la vittoria è andata a un pilota di casa, in passato nome di spessore della Formula 1, per la gioia degli spettatori in giubilio, oltre che per la sua stessa gioia, dato che non aveva mai vinto il suo gran premio di casa in un campionato internazionale. Edward Roberts, da parte sua, ne ha approfittato per battere Christine Strauss: giungendo terzo, è salito a cinquantotto punti in classifica, uno in più della rivale, che ha tagliato il traguardo al quinto posto.»
    Il resto del servizio fu tutto in calare, per Oliver. Ormai distratto da ciò che aveva visto - nulla di che, in realtà, semplicemente Veronica Young nel paddock - si limitò a cercare di non fare sfigurare la collega, aiutandola a rievocare gli eventi di Città del Messico, nel quale la Strauss aveva vinto ambedue le gare davanti a Edwards, secondo in entrambe le occasioni, e Buenos Aires, dove Nakamura era tornato alla vittoria in sprint race, quando ormai era troppo tardi per la classifica generale, e i due principali avversari, a secco di punti al sabato, si erano ripresi alla domenica, Roberts vincendo dalla quarta casella della griglia di partenza, salendo così a settantacinque punti, e la Strauss cogliendo un misero settimo posto, che tuttavia le aveva permesso di rimanere in vetta, con ottantuno punti, situazione che si era ribaltata a Valencia, quando giungendo secondo nella gara principale era salito a ottantacinque.
    «Come tutti ricorderete» concluse Oliver, «La vittoria della sprint race è andata, a sorpresa, a un celebre veterano dei campionati di motociclismo che nel corso degli anni non ha disdegnato di mostrare le proprie prodezze anche su mezzi a quattro ruote. Il successo è giunto al volante di una delle vetture del team Whisper e per giunta, l'indomani, pur non ripetendosi, è arrivato nuovamente a podio, al terzo posto, dietro a Nakamura e a Roberts.»
    Per fortuna poco dopo le telecamere si spensero e quel servizio, ormai divenuto uno strazio, giunse finalmente al termine. Oliver decise di andare da Veronica Young, per tentare di chiederle nuovamente delucidazioni a proposito dell'ingaggio di Patrick Herrmann.
    Non riuscì a raggiungerla e gli venne da chiedersi quale sarebbe stata la reazione di Keith Harrison nell'apprendere che non aveva concretizzato il proprio intento. Quel pensiero lo fece rabbrividire subito dopo, dato che Keith Harrison era morto quindici anni prima.

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