Verso la bandiera a scacchi

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  1. Milly Sunshine
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    QUINTA PARTE

    [2017]

    La regola era sempre la stessa, con poche varianti, anche a seconda del numero di vetture presenti, fin dall'ormai lontano 2006 in cui Fernando Alonso viaggiava verso il suo secondo titolo e Michael Schumacher tentava il possibile per impedirglielo: diciotto minuti al cardiopalma, per determinare chi era dentro e chi era fuori. Cinque piloti sarebbero stati esclusi al termine della Q1, quindici sarebbero passati in Q2, la manche successiva, nella quale dieci di loro avrebbero avuto a disposizione un quarto d'ora di tempo per conquistarsi l'accesso alla manche che contava. O almeno, quella che contava per i piloti dei team di prima fascia, in fondo alla griglia c'era chi si accontentava anche solo di non uscire nel primo turno, risultato che comunque già accontentava tutti i presenti. Negli ultimi anni non era più capitato che qualcuno rimanesse fuori dal 107% e quindi fuori dalla griglia di partenza: i piloti degli anni 2010 avevano sicuramente meno possibilità di accedere alla Formula 1 rispetto a quelli dei decenni precedenti, ma per quei venti che riuscivano ad aggiudicarsi un sedile, era scontato guadagnarsi l'accesso alla griglia di partenza anche solo facendo presenza.
    Valentina era consapevole dell'esistenza di persone che dibattevano sistematicamente a proposito di cosa fosse meglio o peggio, ma a suo parere era uno sforzo del tutto inutile, talora dettato dalla volontà di fare polemica ad ogni costo. Ogni epoca del motorsport aveva avuto i suoi punti di forza e i suoi punti di debolezza, era un esercizio ben poco edificante quello di volere denigrare a priori un campionato che poi proprio chi lo screditava correva a guardare, magari sottoscrivendo abbonamenti a PayTV che per la gente comune risultavano piuttosto onerosi. Certo, c'era anche chi faceva polemica a proposito di chi raccontasse meglio la Formula 1 tra i telecronisti della Rai e quelli di Sky, con i soliti pareri contrastanti, comportamento forse ancora più inutile che chiedersi se le qualifiche fossero migliori ai tempi dell'unico giro a disposizione, piuttosto che quelle più moderne ripartite in Q1, Q2 e Q3, con la loro variante per fortuna dimenticata vista nei primi appuntamenti del 2016, in cui veniva eliminato un pilota al minuto nei primi due turni.
    Se doveva scegliere, Valentina prediligeva il formato utilizzato fino a metà degli anni '90, con due sessioni di qualifiche, una al venerdì e una al sabato, con tempi combinati. Era stato scelto di passare a un'altra scuola di pensiero perché, in caso di maltempo nella seconda sessione, quella che riceveva maggiore copertura dalle televisioni, la sessione di sabato non poteva stravolgere i tempi del venerdì, quindi non generava abbastanza spettacolo per il tifoso medio, proprio quel tifoso medio che, in ogni caso, si lamentava sempre e comunque della mancanza di spettacolo, vaneggiando a proposito di smettere di seguire la Formula 1, salvo poi dimenticarsene miracolosamente alla vigilia dell'evento successivo.
    Valentina riteneva positivo, da un certo punto, non ignorare del tutto gli appassionati, ma non era affatto certa che gli appassionati fossero in grado di capire cosa fosse il bene per il campionato e cosa non lo fosse. Inoltre non sempre il bene del campionato era il bene anche delle squadre minori, anzi, quasi mai. Tanta gente parlava dei passi da gigante che la Formula 1 aveva fatto arrivando, di fatto, a escludere tanti team senza arte né parte che si erano visti nel corso degli anni '80 e '90, dimenticandosi che i team "senza arte né parte" erano in genere squadre che disponevano di pochi fondi e che, di conseguenza, a parte rari casi altisonanti, facevano il meglio che potevano. In più era scandaloso come anche squadre di un certo livello, che magari avevano ottenuto un successo di breve durata, venissero equiparate senza mezze misure a squadre che non avevano mai visto la zona punti.
    "C'è gente che considera una squadra di incapaci perfino la Scuderia Martinelli" si disse Valentina, pensiero che la fece inorridire, "Nonostante sia andata vicina a vincere un mondiale piloti".
    Realizzare l'obiettivo sarebbe stato impossibile - Valentina doveva riconoscerlo - anche senza quell'assurdo incidente innescato da Giorgio a Caesars Palace, ma un simile risultato non poteva essere messo da parte. Non c'era comunque tanto da sorprendersi, c'erano tifosi che si erano dimenticati addirittura dei successi della Williams, solo perché da vent'anni non vinceva un mondiale e aveva avuto qualche stagione di difficoltà, fino a pochi anni prima, per poi riprendersi all'epoca in cui la guidavano Valtteri Bottas e Felipe Massa, con risultati di tutto rispetto che, ad ogni modo, potevano essere denigrati a proprio piacimento, bastava affermare che qualunque cosa non fosse vincere dieci gran premi all'anno come minimo era insuccesso.
    I fasti degli anni precedenti, tuttavia, non sembravano essere facilmente ripetibili, in quella stagione 2017, per il team di Grove. Lance Stroll stava faticando e, più si andava avanti nella Q1, più sembrava sul punto di uscire di scena già dopo la prima manche. Il suo compagno di squadra Massa, seppure non fosse mai stato una scheggia sul circuito di Montecarlo, sembrava invece un po' più a proprio agio, il che sarebbe stato utilizzato sicuramente, dagli hater del pilota canadese, come nuovo elemento per denigrarlo.
    "Si vede che non hanno mai visto certi piloti che correvano in Formula 1 negli anni '80, anche alcuni di quelli della Scuderia Martinelli."
    Che Stroll avesse poca esperienza e che un percorso di carriera che avesse previsto un paio di stagioni in più nelle serie minori era un dato di fatto, ma Valentina non lo considerava affatto scarso come veniva descritto da molti. Aveva l'impressione che, dopo il brillante passaggio di Max Verstappen dalla Formula 3 Europea alla Formula 1, gli standard degli appassionati si erano alzati tantissimo. Sembrava doveroso che un pilota, per non essere bollato a priori come incapace, arrivasse in Formula 1 con pochissima esperienza senza mostrare alcuna difficoltà nel tenere il passo dei veterani. Il giovane Verstappen veniva visto come una sorta di guru, qualcosa a cui tutti i piloti dovevano ambire a diventare. Era molto probabile, tuttavia, che non appena avesse iniziato a vincere con una certa insistenza - perché Valentina era certa che prima o poi sarebbe accaduto - una parte dei suoi sostenitori diventassero suoi detrattori. Accadeva molto spesso, quando gli outsider smettevano di essere outsider e diventavano piloti di fascia alta. Non era accaduto a Lewis Hamilton, perché aveva debuttato alla McLaren ed era sempre stato in squadre di alto livello, mentre era accaduto a Sebastian Vettel, acclamato come un eroe quando aveva vinto al volante di una Toro Rosso (l'ex Minardi, ovvero una squadra di tutto rispetto e dalla lunga esistenza che spesso veniva equiparata ai team peggiori dei bassifondi da chi non era in grado di fare distinzioni), per poi essere denigrato quando vinceva con frequenza al volante della Redbull, che ugualmente, prima di diventare un top-team, era stata vista come una squadra briosa con un'immagine meno antiquata dei team storici.
    A proposito di Vettel, sembrava decisamente più a proprio agio di Hamilton già a partire da quella prima sessione, così come il suo compagno di squadra Kimi Raikkonen. La Mercedes di Valtteri Bottas sembrava essere al momento quella con maggiori possibilità di arrivare in alto, il che confermava il trend visto nelle prove libere della mattinata. Valentina non poté fare a meno di chiedersi se Hamilton avrebbe ribaltato totalmente i pronostici giunto il momento della Q3 oppure se la Ferrari avesse buone possibilità di ottenere la pole position con uno dei suoi due piloti, ma era ancora presto: il countdown stava per terminare, per il momento tutto ciò che contava era chi era dentro e chi era fuori.
    Uscita di scena la Manor, che aveva ufficialmente chiuso i battenti al termine della stagione successiva, la squadra in maggiore difficoltà sembrava la Sauber. Non fu quindi sorprendente vedere Pascal Wehrlein e Marcus Ericsson accontentarsi delle ultime due posizioni della griglia. Wehrlein era davanti al pilota svedese che aveva debuttato anni prima alla Caterham, ma non era così straordinariamente più avanti quanto la retorica a proposito di Ericsson lasciava spesso intendere. Forse non sarebbe mai diventato un nome di spessore della Formula 1, ma chissà, magari avrebbe avuto un avvenire positivo in un altro campionato, prima o poi. Valentina cercò di immaginarselo in Indycar, pensiero dettato da un semplice volo di fantasia, ma chissà, poteva accadere qualsiasi cosa e magari, di lì a cinque anni, lo si sarebbe ritrovato in victory lane a Indianapolis con una bottiglia di latte in mano.
    I pensieri di Valentina a proposito di un Marcus Ericsson vincitore della Cinquecento Miglia furono spenti dal constatare che, effettivamente, Lance Stroll era uscito di scena già in Q1: era solo diciottesimo, mentre Felipe Massa accedeva alla Q2. Il primo degli esclusi era Esteban Ocon, sulla Force India, mentre in diciassettesima piazza si era posizionato Jolyon Palmer. Il pilota della Renault, ancora una volta, non dimostrava di avere lo stesso passo di Nico Hulkenberg, ma per quanto in generale fosse poco apprezzato per i propri risultati, in media non veniva preso così tanto di mira tanto quanto altri. Chissà, magari gli avrebbero riservato quel trattamento solo se, alla fine della propria carriera, avesse seguito ancora una volta le orme del padre Jonathan divenendo opinionista e pronunciando eventuali affermazioni considerate impopolari. In caso di critiche a piloti particolarmente amati dal grande pubblico, anche ex campioni del mondo divenuti opinionisti potevano essere denigrati per i loro risultati, ignorando sistematicamente quelli positivi e focalizzandosi solo su quelli negativi, magari in termini puramente numerici e senza tenere in considerazione il tipo di monoposto al volante dei quali erano stati ottenuti. Era esattamente quello che avveniva a un certo connazionale di Lance Stroll, che pure non sembrava affatto un suo appassionato sostenitore e che casualmente era stato l'ultimo pilota a vincere un mondiale con la Williams.
    Le vetture rientrarono ai box e subito dopo venne mandata in onda la pubblicità. Valentina guardò istintivamente l'orologio, chiedendosi dove fosse Adriano in quel momento. Doveva essere in strada, diretto da Giorgio, con il quale avrebbe dovuto incontrarsi più tardi quel pomeriggio.
    «Se tu potessi chiedergli se vuole vedermi» l'aveva pregato, «Dopo anche a me piacerebbe incontrarlo.»
    Aveva capito fin da subito che Adriano era rimasto perplesso dalla sua proposta, ma aveva accettato, pur dimostrando di non averne compreso le ragioni. Nemmeno Valentina era sicura di capire perché volesse rivedere Giorgio dopo tanti anni, ma sentiva che non era necessario cercare sempre delle spiegazioni. A volte era meglio seguire l'istinto.

    Edited by Milly Sunshine - 8/12/2022, 12:11
     
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