Verso la bandiera a scacchi

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  1. Milly Sunshine
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    Giorgio terminò di rileggere per l'ennesima volta la lettera che aveva scritto per Valentina - e che la sera precedente aveva nascosto dagli occhi indiscreti di suo figlio - proprio negli istanti in cui il semaforo diventava verde e iniziava la seconda manche delle qualifiche del Gran Premio di Montecarlo. Non vi erano state grosse sorprese, fino a quel momento, con l'uscita di scena nella prima manche di piloti facilmente prevedibili, né tantomeno incidenti di particolare entità: solo Romain Grosjean aveva fatto un testacoda senza conseguenze, tranne quella molto probabile di ricevere una lunga serie di prese in giro da chi commentava le sessioni sui social network.
    Ripose la lettera per Valentina nella busta, convinto di ogni singola parola. Quella era la versione definitiva. Proprio mentre formulava quel pensiero, tentando anche di tenere gli occhi sul televisore per non perdersi gli eventi delle qualifiche, il suo cellulare si mise a suonare. Non lo faceva impazzire l'idea di andare a rispondere, ma poteva trattarsi di qualcosa di importante, doveva almeno guardare chi lo stesse cercando.
    Era Emanuela.
    "Che cosa vuole adesso?"
    Rimase un attimo nel dubbio. Doveva risponderle oppure no?
    Sì, decise, doveva risponderle. Tornò davanti al televisore e abbassò il volume al minimo, prima di scoprire che cosa volesse da lui la sua ex moglie in quel momento.
    Fu molto freddo, più di quanto avrebbe voluto.
    «Cosa vuoi?»
    «Potresti almeno salutarmi» replicò la sua ex moglie, palesemente seccata.
    «Ciao Emanuela. Cosa vuoi?»
    «Innanzi tutto voglio augurarti una buona giornat-...»
    Giorgio non la lasciò continuare.
    «Dubito che tu mi abbia chiamato solo per augurarmi una buona giornata, quindi ti pregherei di venire al dunque.»
    «Ti sento molto agitato» osservò Emanuela. «Si può sapere cosa ti prende? C'è qualche problema?»
    «No, nessuno» rispose Giorgio. «Scusa se sono stato brusco, non mi aspettavo una tua telefonata in questo momento. Stavo guardando le qualifiche.»
    «Oh, scusami se ti ho disturbato in un'attività così importante.»
    «Se permetti, per me lo è!»
    «Ma dai, non prendermi in giro, le qualifiche al giorno d'oggi non sono minimamente paragonabili a quelle di un tempo.»
    «Che siano diverse da quelle di un tempo non lo metto in dubbio, però, obiettivamente, penso che per chi se le guarda in TV siano più interessanti. C'è suspense, sono qualifiche adatte all'epoca attuale, in cui la gente effettivamente al sabato guarda le qualifiche alla televisione. Il format che si usava ai miei tempi non penso sarebbe altrettanto in grado di tenere la gente incollata ai teleschermi per un'intera sessione.»
    «Bisogna essere comunque profondamente appassionati per trovare avvincenti le qualifiche, anche al giorno d'oggi» considerò Emanuela. «Non ci sono molte sorprese, sono sempre i soliti che stanno davanti. Alla fine della giornata davanti ci saranno o le Ferrari o le Mercedes. E alla fine della giornata di domani, con poche eccezioni, a vincere sarà Vettel o Hamilton. Non è più come un tempo, in cui tredici piloti diversi potevano vincere almeno una gara in un campionato in cui ce n'erano diciotto.»
    «Anche una volta non è che capitasse tutti gli anni, te lo voglio ricordare.»
    «Però poteva accadere. Adesso quanti piloti pensi possano vincere un gran premio in questo mondiale? Hamilton, Vettel, Bottas... dubito che possa riuscirci Raikkonen, mentre al massimo potrebbe capitare a Ricciardo o a Verstappen.»
    «Hai menzionato cinque potenziali vincitori, forse sei, che corrono per tre scuderie diverse.»
    «Sì, ma almeno due, forse tre, potrebbero vincere solo da outsider, se capitassero delle gare strane.»
    Giorgio osservò: «Hai appena affermato che le gare strane possono esistere. Quindi non tutto è prevedibile.»
    «Gare strane, ho detto» precisò Emanuela. «Non ho parlato di qualifiche strane. Per esempio, se ti chiedessi che cosa sta succedendo in questo momento, sono certa che mi diresti qualcosa di facilmente prevedibile. Non penso siano accaduti grossi colpi di scena.»
    «Invece sì» obiettò Giorgio, vedendo una Haas che finiva in testacoda e sbatteva lievemente contro le barriere. «Si è appena girato Grosjean.»
    «Un vero colpo di scena» ribatté Emanuela, con sarcasmo. «Chi l'avrebbe mai detto, Grosjean che si gira è una scena assolutamente mai vista nella storia della Formula 1!»
    «Grosjean è uno che va forte.»
    «Appunto. Non si dice che chi va piano va sano e va lontano?»
    «Non penso che tu mi abbia telefonato per parlare di Grosjean e dei suoi testacoda» replicò Giorgio. «Possiamo parlare del vero motivo per cui hai deciso che non potevi fare a meno di sentirmi oggi pomeriggio?»
    La ragione della chiamata era facilmente prevedibile ed Emanuela non lo sorprese affatto quando lo informò: «Bruno mi ha detto che questo weekend Adriano Fabbri viene a trovarti a casa tua.»
    «Sono maggiorenne da un pezzo» le ricordò Giorgio. «Posso invitare chi mi pare a casa mia, senza che tu ti intrometta.»
    «So cosa vuoi fare. Me ne hai parlato tu stesso. Io stessa ho parlato con Adriano. Sei sicuro di volergli raccontare tutto?»
    «Sbaglio o mi hai detto di avergli rivelato che Bruno, dal punto di vista biologico, non è mio figlio?»
    «Sì, esatto.»
    «Se anche tu avessi potuto convincermi a non raccontargli cos'è successo davvero, il fatto che tu gli abbia spiattellato una parte della verità lo rende impossibile.»
    «No, non è affatto vero» insisté Emanuela. «Va bene, gli ho detto che Bruno non è tuo figlio. Tutto ciò che è necessario che sappia, per avere una spiegazione logica, è che in realtà sia tuo nipote. Non c'è bisogno che gli parli del casino che ha fatto tuo fratello.»
    «Vuoi dire del casino che avete fatto tu e mio fratello?»
    «Non fare la parte dell'innocente, Giorgio. Anche tu, a un certo punto, ti sei prestato a quanto ti chiedevano.»
    «Lo so bene» ammise Giorgio, «Ed è proprio per questo che voglio che Adriano sappia com'è andata davvero.»
    «Sei proprio convinto, pur di lavarti la coscienza, a tirare in ballo anche noi, quindi.»
    «Non voglio lavarmi la coscienza. Voglio solo che Adriano sappia.»
    «Rimango convinta che sia un'idea assurda e la parte più assurda è stata permettere a nostro figlio di parlartene.»
    «Avrebbe finito per dirmelo lo stesso, indipendentemente da quello che ne pensavi tu. Anzi, se l'avessi pregato di non dirmelo, forse si sarebbe insospettito e ti avrebbe fatto delle domande a cui era difficile dare una risposta.»
    Emanuela replicò: «Comunque vada, sarà un casino.»
    Giorgio la rassicurò: «Non preoccuparti, so gestire bene la situazione, da questo punto di vista. Non ci sono domande a cui non ho la risposta pronta. Inoltre Bruno è meno interessato di quanto tu creda ai casini che abbiamo fatto in passato. Anzi, non gli viene nemmeno in mente che possiamo avere fatto dei casini. Non dico che ci consideri perfetti, ma non gli verrebbe mai da pensare che...»
    Emanuela lo interruppe: «Va bene, con Bruno è tutto a posto, a quanto pare. Ma tu? Pensi davvero di potere affrontare un intero fine settimana in compagnia del tuo nemico giurato e di potergli raccontare per filo e per segno la tua versione dei fatti?»
    «La fai più difficile di quanto non sia in realtà.»
    «Se era così facile perché la tua idea di incontrare Adriano e di parlargli è arrivata solo adesso? Hai presente quanti anni sono passati?»
    «Sì, ce l'ho ben presente, e mi sembrava arrivato il momento giusto, tutto qui. Smettila di preoccuparti per me... e anche di preoccuparti per te stessa. Me la caverò.»
    «E se Adriano dovesse riferire la tua storia alla stampa?»
    «Non lo farà.»
    «Non puoi esserne certo.»
    «Non avrebbe alcun interesse a divulgare una storia di tanti anni fa. Perché dovrebbe farlo?»
    «Per denigrarti.»
    «Non denigrerebbe me. È vero, ho fatto degli errori e ho preso delle decisioni avventate, ma non è nulla che possa marchiarmi a vita e oltre.»
    «Va bene» si arrese Emanuela, «Ma fai attenzione.»
    «Farò attenzione» la rassicurò Giorgio. «Te lo garantisco, non hai niente da temere. La tua vita continuerà esattamente come prima.»
    «E la tua?»
    «Non lo so. Non so cosa sarà di me, ma ci penso io a me stesso.»
    Emanuela non sembrava tanto convinta e continuò a mostrarsi apprensiva nel resto della loro conversazione telefonica. Lo tenne inchiodato al telefono per diversi minuti, fino alla Q2 ormai inoltrata.
    Il primo vero colpo di scena della giornata di qualifica, frattanto, arrivò con Stoffel Vandoorne, già qualificato tra i primi dieci, che finiva a muro facendo terminare in anticipo la seconda manche. A rimetterci era, a sorpresa, Lewis Hamilton, che veniva così escluso dalla Q3, quattordicesimo, precedendo solo la Williams di Felipe Massa. Il primo degli esclusi era Daniil Kvyat con la Toro Rosso, davanti alla Renault di Nico Hulkenberg e alla Haas di Kevin Magnussen. Con l'uscita di scena di Hamilton, tre team entravano in top-ten con entrambe le vetture: Ferrari, Redbull e McLaren. Oltre a Vandoorne, a vestire i colori della scuderia di Woking, in quel fine settimana c'era Jenson Button, una presenza one-off al posto di Fernndo Alonso impegnato nella Cinquecento Miglia di Indianapolis. Si faceva un gran parlare della sua presenza sull'ovale, in quel weekend, con molti appassionati sicuri al cento per cento della sua imminente vittoria. Giorgio non ne condivideva la certezza, ma non poteva fare a meno di notare che, seppure ci fosse l'esagerata convinzione dell'avverarsi di un preciso risultato, nessuno vi associava il concetto di noia. Probabilmente la Formula 1 iniziava ad essere considerata troppo mainstream dai suoi appassionati stessi, che con l'avvento dei social media vi erano potenzialmente esposti in ogni momento della giornata. Ormai era troppo tardi per tornare indietro, tutto ciò che si poteva fare era cercare di arrivare all'esasperazione di quel fenomeno.
     
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