I Colori del Destino

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    Come Great Saiyaman ricorda, molti anni fa stavo scrivendo una fan fiction ambientata in un setting futuro con Felipinho Massa come protagonista, che però non ho mai terminato, per diverse ragioni.
    Ho deciso di riprendere in mano un progetto di una fanfic ambientata in un setting futuro, inserendo vari figli di piloti come protagonisti, di cui anche qualcuno immaginario perché L.J. è aaaawwwww e perché Lucia c'era anche nella prima stesura della fanfic.
    Non ci saranno particolari accenni ai giorni nostri, ma una parte del primo capitolo sarà ambientata in un futuro più vicino. Buona lettura.




    Capitolo 1.

    Era spiacevole terminare così, alla prima curva, l'ultima gara della stagione, lasciando andare perfino l'ultima remota speranza.
    Ventiquattro punti di distacco dal leader della classifica, venti dal secondo: era un gap incolmabile, ma l'imprevedibilità del motorsport era tale da non rendere impossibile quasi nulla.
    Daniel aveva fatto una pessima qualifica, quindi scattava soltanto dalla quinta fila. Davanti da lui, una Force One e una Renault erano venute a contatto: pessima idea quella di fare partire la gara senza la safety car, nonostante il violento e inatteso temporale che si era abbattuto sul circuito poco prima della gara.
    Daniel sapeva di non essere riuscito a evitare le due vetture entrate in collisione e di essere finito in testacoda, venendo colpito dalla Haas che sopraggiungeva. Per il resto non sapeva nulla, ma poteva immaginare: sarebbero piovute tantissime critiche nei suoi confronti, con la stampa internazionale pronta a demolirlo e tornare a parlare di quando, tanti mesi fa, gli era capitato di gettare al vento punti preziosi. Gli incidenti in cui era rimasto coinvolto, anche se innescati da altri piloti, sarebbero stati considerati la discriminante che gli era costata il titolo mondiale: era bastata una sola stagione per rendersi conto che ciò era tollerato quando si indossava una tuta gialla diveniva imperdonabile quando il colore della tuta era il rosso.
    Nella pitlane, si sarebbe ritrovato inseguito da giornalisti provenienti da tutto il mondo. L'unica alternativa per sfuggire loro almeno fino alla fine della gara era non rientrare in pitlane. Gli balenò per la testa l'idea di allontanarsi così com'era, in tuta e casco, e di rifugiarsi nella sua stanza all'hotel a sette stelle nella quale alloggiava per il gran premio di Abu Dhabi. Era un'idea folle, ma dopotutto non c'era stato qualcuno, un tempo, che dopo una rottura del motore, con tuta e casco si era rifugiato direttamente sul proprio yacht, ormeggiato nel porto di Montecarlo?
    Per una volta, diede ascolto all'istinto. La sua priorità, in quel momento, era evitare di sentirsi chiedere: "pensavi davvero che avresti potuto recuperare ventiquattro punti, vincere la gara con i tuoi avversari out e festeggiare con uno shoey all'acqua di rose?", tutto il resto non aveva importanza.
    Qualche minuto più tardi, si era finalmente tolto il casco e stava raggiungendo la propria stanza.
    Si fermò di scatto, in mezzo al corridoio, quando vide un bambino che veniva nella sua direzione.
    Portava in testa un cappellino della Haas, doveva avere intorno ai sette anni e somigliava moltissimo all'uomo che sopraggiungeva alle sue spalle.
    Daniel spalancò gli occhi, chiedendosi per un attimo che cosa ci facesse Lewis Hamilton in tuta nel corridoio dell'hotel. Non fu abbastanza rapido per interpellare il diretto interessato: fu proprio Lewis, invece, a porgergli la stessa domanda, e in realtà non è che avesse tutti i torti.
    «Volevo evitare la stampa» chiarì Daniel. «Sai com'è, quando esci di scena così, quando matematicamente eri ancora in lotta per il titolo...»
    «A proposito, cos'è successo?» volle sapere Lewis. «Un attimo prima andava tutto bene, poi vi ho visti in tre, tutti girati di lato...»
    Daniel sospirò.
    «Tutta colpa di quei due che avevo davanti.»
    «Perez e Ocon. Evidentemente quando sono vicini devono per forza fare faville, anche adesso che non corrono più da anni per la stessa scuderia.»
    «Già. Ma tu? Cosa ci fai qui?»
    «Anch'io volevo evitare la stampa» ammise Lewis. «Sai com'è, basta aspettare un paio d'ore e poi le acque si saranno calmate. Quando sapranno chi ha vinto il mondiale, smetteranno di pensare al fatto che mi sono ritirato al via del mio ultimo gran premio.»
    «A proposito, sei proprio sicuro?»
    «Certo che sono sicuro, non sono Felipe Massa.»
    «C'è già chi dice che se in NASCAR dovesse andare male, ci sia pronto per te un rinnovo fino al 2024.»
    «Si dicono troppe cose.»
    Daniel accennò al bambino.
    «Tipo che hai un figlio e che l'hai sempre tenuto segreto.»
    «Presto non avrò più segreti.» Lewis sorrise, rivolto verso il bambino. «Vero, L.J.?»
    Il piccolo si mise a lamentarsi che voleva vedere il gran premio: evidentemente aveva delle priorità e la presenza di suo padre al volante non era una di quelle.
    Lewis cercò di farlo desistere, ma L.J. non volle sentire ragioni, ricordandogli che la baby-sitter non gli avrebbe impedito di guardare la gara.
    «Nemmeno io te lo impedisco» azzardò Daniel. «Perché non andiamo tutti a guardare la gara nella mia stanza?»
    Per un attimo si chiese se fosse impazzito completamente, poi realizzò che non c'era niente di anormale in tutto quello che stava facendo: nessuno, nel paddock, dopo essersi ritirato sarebbe fuggito in una stanza d'albergo a guardare la gara alla televisione insieme a un collega, ma lui era Daniel Ricciardo, non uno degli altri. Era sempre stato un tipo un po' fuori dagli schemi e la sua pazzia doveva essere contagiosa.
    «Sì, è un'ottima idea!» ribatté infatti Lewis. «L.J. ne sarà felicissimo.» Abbassò la voce. «Io e te, invece, potremmo divertirci un po' a gufare i nostri colleghi.»
    Daniel rise.
    All'improvviso tutte le sensazioni negative iniziarono a svanire.
    Entrò nella stanza, seguito dai due Hamilton.
    Si sedettero di fronte al televisore: ormai era iniziato l'undicesimo giro e le due Mercedes erano al comando, non troppo vicine l'una all'altra, ma soprattutto parecchio più avanti della vettura che in quel momento si trovava in terza posizione, quella di Nico Hulkenberg, ex compagno di squadra di Daniel in Renault, ma anche suo presente compagno di squadra in Ferrari. La sua era stata una stagione piuttosto travagliata, con tanti quarti e quinti posti, ma nessun podio all'attivo.
    «Mi raccomando, non gufare anche lui» suggerì a Lewis, indicando la sagoma rossa della vettura di Hulkenberg. «Merita un po' di gloria.»
    «Non preoccuparti, non oserei mai. Ha avuto talmente tanta sfortuna che un podio se lo merita.» Lewis indicò le due Mercedes. «A quanto pare oggi il nostro amico diventerà un bambino grande.» Max Verstappen, infatti, era al comando: con quelle posizioni avrebbe recuperato sette punti sul suo diretto inseguitore e, di conseguenza, si sarebbe portato in testa alla classifica con tre punti di vantaggio. «Deve solo ringraziare che io non sia più in pista, altrimenti non sarebbe mai successo niente di tutto ciò. Con la pista che va asciugandosi, la mia macchina era velocissima. Tempo quindici giri, al massimo venti, poi li avrei superati entrambi.»
    Daniel scosse la testa.
    «Sei troppo esaltato, non ti pare?»
    «No, per niente.»
    «Come potevi pensare di vincere con la macchina che ti ritrovi?»
    «So quello che dico, anche se sembra strano» insisté Lewis. «È vero, ho accettato di correre per la Haas nella mia ultima stagione solo perché mi si aprissero le porte della NASCAR, ma ti assicuro che oggi avremmo fatto il salto di qualità. Non l'avrei mai detto prima di questo weekend, ma qui siamo veramente fortissimi.»
    «Se lo dici tu, ma mi permetto di dubitarne.»
    «È un tuo diritto. Tanto ormai non scopriremo più se oggi la Haas potesse davvero ottenere la sua prima vittoria.»

    ***

    Cindy fissava il teleschermo con un interesse soltanto vago.
    Aveva sempre avuto a che fare con il mondo del motorsport, ma non le era mai interessato al punto tale da coinvolgerla anche nel suo tempo libero.
    Il fatto che il suo nuovo fidanzato fosse, oltre che un fanatico di motori, anche un pilota, aveva cambiato le cose, ma non troppo.
    Ad Abu Dhabi stava per terminare il campionato mondiale di Formula 1.
    Prima della gara era venuto a piovere, un fatto piuttosto raro, nel deserto.
    In gara il principale fulcro di attenzione sembrava essere costituito da un pilota che risaliva velocemente le posizioni della top-ten.
    Quel pilota era al volante di una Haas e sembrava che la sua rimonta avesse un clamore addirittura maggiore rispetto alla lotta per il titolo mondiale, aperta tra i due piloti Mercedes che si trovavano nelle prime due posizioni.
    La Haas era al quarto posto, negli scarichi dell'unica Ferrari presente in pista.

    ***

    «Cazzo, Lewis, hai visto che sorpasso?!»
    Daniel si guadagnò un'occhiata di fuoco da parte di Lewis.
    «Ti sembrano cose da dire?»
    «Beh, è stato un bel sorpasso...»
    Lewis sospirò.
    «Intendevo dire, ti pare normale dire parolacce davanti a un bambino di sette anni?»
    Daniel avvampò.
    «Oh, scusa, non ci avevo pensato.»
    «Va beh, non fa niente. Mi avrà sicuramente sentito imprecare durante i team radio e avrà capito da solo che cosa può ripetere e che cosa no.»
    «Giusta osservazione.»
    «Intanto mi sa tanto che l'abbiamo tirata al tuo caro compagno di squadra. Niente podio, né ieri, né oggi, né domani, né mai.»
    «Non essere catastrofico» ribatté Daniel. «Sono sicuro che prima o poi ce la farà.»
    «Sì, forse nel giorno del mai.»
    Risero, poi rimasero in silenzio. Non c'era molto da dire, se non che su una cosa, almeno, Lewis ci aveva visto giusto: la Haas era molto in forma, quel weekend, e forse non si sarebbe accontentata di un modesto terzo posto.
    Superò indenne il primo giro di pit-stop.
    Si avvicinò al duo di testa, con Verstappen che controllava la gara.
    A poco a poco Daniel e Lewis ripresero a fare commenti, soprattutto quando videro entrambe le McLaren ritirarsi per guasti al motore. I vecchi tempi erano ormai alle spalle, ma ogni tanto i problemi ricominciavano a moltiplicarsi. Chissà cosa ne pensava Fernando che, da parte sua, gareggiava dall'altra parte dell'oceano e stava ancora inseguendo la vittoria della Cinquecento Miglia di Indianapolis...
    Poi venne il momento del secondo e ultimo giro di pit-stop.
    La Haas fu la prima ad entrare ai box.
    Quello che accadde dopo ebbe dell'incredibile: si infilò tra le Mercedes con un undercut.
    «Max è sempre più un bambino grande» scherzò Lewis, «e Sebastian è sempre più lontano dall'eguagliare il numero dei miei titoli. Sai che quasi mi dispiace? Preferisco gli uomini ai ragazzini brufolosi.»
    «Max non ha più tanti brufoli. È già grande, lo sarebbe anche se non vincesse il mondiale, oggi.»
    Non che ci fossero molti dubbi, ormai: mancava soltanto l'ultimo stint e, così come era riuscito a reggere quando c'era Vettel alle sue spalle, sarebbe riuscito ancora più agevolmente a controllare la situazione.
    Lo fece fino all'ultimo giro.
    Quando la vettura che lo inseguiva lo affiancò, all'ultima curva, tutto si infranse: arrivare secondo significava ottenere tre punti più di Vettel, in quella gara. Verstappen, di conseguenza, quel giorno non diventò campione del mondo. In compenso la Haas ottenne la sua prima vittoria in Formula 1.
    Daniel e Lewis si scambiarono un’occhiata e, per qualche istante, nessuno ebbe il coraggio di pronunciare una sola parola.
    Infine fu Lewis a rompere il silenzio.
    «Adesso abbiamo qualcosa di cui parlare, alle prossime riunioni di condominio.»
    Daniel rise.
    «Povero Max. Già perdere un titolo così è brutto, poi essere preso per i fondelli da tutto il vicinato, Felipe compreso...»
    «Felipe era il mio preferito» intervenne L.J., «Il secondo dopo papà.»
    Daniel fece un cenno d’assenso.
    «Bravo, Lewis. Hai insegnato bene a tuo figlio per chi dovesse tifare. Spero di essere al terzo posto nella sua personale classifica.»
    «No, tu non gli piaci» ribatté Lewis. «Dice che bere dalle proprie scarpe fa schifo e che dovresti smettere di farlo, o almeno che dovresti smetterla di offrire ad altri piloti champagne impregnato della puzza dei tuoi piedi.»
    Daniel sospirò.
    «Quante storie. Quando ho fatto fare uno shoey a Raikkonen, il giorno del suo ultimo gran premio, mi ha detto “bwoah, non è poi così male”.»
    «Quando ha vinto qui a Yas?» Lewis scosse la testa. «Non ti credo. A meno che non si fosse completamente bevuto il cervello, non avrebbe mai fatto un commento positivo sull’acqua di rose, nemmeno se non fosse stata contenuta in una delle tue scarpe.»
    Quel loro scambio di battute si interruppe soltanto quando i primi tre classificati si diressero verso il parc fermé.
    «Ci sarà da divertirsi, adesso» osservò Daniel. «Non vorrei essere al posto di quel poveretto di Coulthard, che dovrà fare le interviste sul podio.»
    «Nemmeno io vorrei essere al posto di Coulthard» ammise Lewis. «Max sarà una mina vagante. Non mi sorprenderei se scoppiasse una rissa sul retro del podio.»
    «Hai confuso la Formula 1 con la serie in cui intendi gareggiare prossimamente.»
    «No, dubito che là ci sia il podio.»

    ***

    Cindy non aveva idea di chi fosse il ragazzo che aveva vinto con la Haas, ma era certa che una vittoria da parte della squadra statunitense avrebbe avuto una certa risonanza.
    Il suo fidanzato aveva avuto a che fare con loro, negli anni passati. Si era forse illuso di potere raggiungere la massima serie, prima di riciclarsi nell’ARCA.
    Cindy sospirò.
    Quel ragazzo che aveva vinto con la Haas le appariva un po’ come un usurpatore, in quel momento, ma era certa che in futuro sarebbero arrivate grandi soddisfazioni.
    Negli anni a seguire, quando suo malgrado si sarebbe ritrovata a farsi una cultura in fatto di Formula 1, ebbe modo di vedere come la Haas, quantomeno, di soddisfazioni fosse destinata a ottenerne più di una. Quella vittoria non fu un episodio sporadico, tanto da convincere addirittura Lewis Hamilton, dopo avere preso parte senza particolare successo alla Daytona 500, a tornare sui propri passi e a rimanere in Formula 1 con il team per diverse ulteriori stagioni.
    Ottenne numerose vittorie, ma non incrementò negli anni alla Haas il numero dei suoi titoli mondiali, anche se una volta vi arrivò vicino.
    Passarono anni prima che la Haas riuscisse a conquistare il tanto agognato titolo mondiale, ma la sensazione fu che fosse valsa la pena di aspettare: a meno di tre lustri di distanza dal giorno della prima vittoria in un gran premio, la Haas si ritrovò ad essere uno dei team più dominanti del campionato di Formula 1, nonostante i grossi cambiamenti avvenuti nei primi anni 2030.

    ***

    Degli anni passati erano cambiate tante cose, ma non Baku: le strade strette del circuito cittadino dell’Azerbaijan suggerivano a Daniel molti ricordi. Erano passati esattamente diciannove anni da quando vi aveva vinto per la prima volta e, sul podio, aveva fatto fare uno shoey a Lance Stroll. Fosse stato per lui, Lance non sarebbe stato l’unico, ma Valtteri Bottas si era rifiutato di portare alla bocca la sua scarpa piena di champagne e aveva preferito ribaltarlo, nonostante secondo la mentalità finlandese lo champagne dovesse essere protetto e tutelato, piuttosto che sprecato.
    L’anno dopo, purtroppo, non solo non si era ripetuto, ma era stato coinvolto in un incidente con il suo compagno di squadra dell’epoca, Max Verstappen. Erano passati tanti anni da allora, ma i giorni in cui doveva condividere il box con quel piccolo combina guai, in seguito divenuto uno stimato membro del motorsport, nonché tre volte campione del mondo e vincitore di oltre trenta gran premi, non gli mancavano affatto: in fondo Max era un bravo ragazzo, ma era meglio mantenere le distanze e gareggiare per due team differenti.
    Non che quando avevano cambiato il colore delle proprie vetture e delle proprie tute la situazione fosse migliorata così tanto: il primo anno in cui Daniel aveva gareggiato per la Ferrari, che curiosamente era stato anche il primo anno per Max in Mercedes, erano stati protagonisti di un ulteriore incidente, a seguito del quale Daniel non era stato particolarmente dispiaciuto di vedergli perdere il titolo all’ultima curva dell’ultimo gran premio della stagione.
    A Baku, Daniel aveva vinto una seconda volta, durante gli anni della sua permanenza in Ferrari. Era stato un gran premio soddisfacente, l’unica doppietta che avevano portato a casa lui e Nico Hulkenberg durante i loro anni come compagni di squadra. Purtroppo Nico non aveva gradito lo shoey e aveva in seguito scherzato sul fatto che, l’avere dovuto saltare il successivo gran premio per un forte attacco di gastrite, fosse dipeso strettamente da quell’episodio. Lo stesso Daniel non si era sentito molto bene in quei giorni quindi chissà, forse un fondamento di verità c’era. Non aveva fatto proclami, ma da quel momento in poi non aveva mai più fatto uno shoey, con grande soddisfazione di tutti i suoi colleghi.
    Durante gli anni dell’infanzia e dell’adolescenza il suo piccolo seguace Felipinho gli aveva confidato più di una volta di volere festeggiare a quella maniera, in occasione della sua prima vittoria in Formula 1, ma quel giorno non era ancora arrivato: quella del 2036 era la sesta stagione di Felipinho in Formula 1, la terza in Ferrari dopo le prime tre all’Alfa Romeo, ma il team di Maranello non stava passando momenti felici: li anni del dominio della Haas sembravano ormai passati, ma dopo l’avvento dei motori al cento per cento elettrici si era venuto a creare un equilibrio molto diverso, di cui non solo la Ferrari, ma anche la Mercedes e la Redbull avevano molto risentito.
    Era incredibile come il campionato fosse tanto cambiato, in confronto al passato e l’esserne rimasto fuori per diversi anni, prima di rientrarvi in qualità di manager di Felipinho Massa, aveva condizionato il modo che Daniel aveva di vedere le cose.
    Le sue riflessioni furono interrotte proprio dal suo protetto.
    «Questo è il punto in cui tu e Max avete avuto l’incidente, molti anni fa.»
    «Proprio così.»
    «Peccato. Avreste potuto fare un buon risultato, quel giorno.»
    «Non buono tanto quanto avremmo voluto.»
    «Sempre meglio che ritirarsi.»
    Daniel rise.
    «Questo è poco ma sicuro.»
    «Cosa gli hai detto, quando vi siete rivisti ai box?» volle sapere Felipinho. «Sono curioso.»
    «Non posso dirtelo» insisté Daniel, per l’ennesima volta. «Sei un ragazzino innocente, è meglio che tu non lo sappia.»
    «Ho ventisei anni. Max ne aveva venti, all’epoca.»
    Daniel alzò gli occhi al cielo.
    «E va bene. Gli ho detto che, se ci avesse provato di nuovo, gli avrei lanciato addosso i piatti come facevano i suoi genitori prima di divorziare.»
    «Allora ha fatto bene a buttarti fuori. I lanci di piatti dei suoi genitori devono averlo traumatizzato e non poco, quando era bambino.»
    «Ti assicuro che Max non mi è mai sembrato particolarmente traumatizzato. Comunque non è finita lì, perché poi mi sono vendicato buttandolo fuori pista durante una gara alla playstation.»
    «Quella sì che mi sembra una vendetta nel tuo stile. Lo facevi spesso.»
    «Non solo per vendetta, in realtà. Quando io, Max e tuo padre ci trovavamo per giocare, buttavo sempre fuori qualcuno. Facevo finta di essere Grosjean.»
    «Grosjean... i bei vecchi tempi. L’altra sera, in internet, ho letto i commenti di alcuni tifosi che scrivevano che ai suoi tempi le gare erano più interessanti e movimentate.»
    Daniel annuì.
    «Sì, si dava da fare per movimentare le gare, però nessuno di noi era particolarmente desideroso di stare al suo fianco, in quei momenti.»
    «Ho visto vecchie gare, in internet, e un po’ me lo ricordo. Non era così terribile.»
    «No» confermò Daniel. «Nei giorni in cui aveva il senso dell’autocontrollo, non era così terribile. Purtroppo non ce l’aveva sempre.»
    «Un po’ come Max.»
    «No, nei giorni in cui non faceva incidenti con altri, Max otteneva buoni risultati. Grosjean, invece, aveva incidenti da solo.»
    «A proposito di Max, sarà emozionante scendere in pista insieme a lui. Avresti dovuto tornare anche tu.»
    Daniel rise.
    «Io sono un po’ troppo vecchio.»
    Diversamente da lui, Max aveva solo trentotto anni, quando dopo tre stagioni di assenza si apprestava a tornare in Formula 1 part-time.
     
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    Okay, ti dico subito che quest'idea mi piace TROPPO. Sono sicuro che farai un lavoro eccellente, soprattutto vista questa premessa con Daniel e Felipinho protagonisti. ;)

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    Si sedettero di fronte al televisore: ormai era iniziato l'undicesimo giro e le due Mercedes erano al comando, non troppo vicine l'una all'altra, ma soprattutto parecchio più avanti della vettura che in quel momento si trovava in terza posizione, quella di Nico Hulkenberg, ex compagno di squadra di Daniel in Renault, ma anche suo presente compagno di squadra in Ferrari. La sua era stata una stagione piuttosto travagliata, con tanti quarti e quinti posti, ma nessun podio all'attivo.

    Ma poveretto. :asd: :asd: :asd: :asd: :asd: #mainagioiapehulk

    CITAZIONE
    A Baku, Daniel aveva vinto una seconda volta, durante gli anni della sua permanenza in Ferrari. Era stato un gran premio soddisfacente, l’unica doppietta che avevano portato a casa lui e Nico Hulkenberg durante i loro anni come compagni di squadra. Purtroppo Nico non aveva gradito lo shoey e aveva in seguito scherzato sul fatto che, l’avere dovuto saltare il successivo gran premio per un forte attacco di gastrite, fosse dipeso strettamente da quell’episodio. Lo stesso Daniel non si era sentito molto bene in quei giorni quindi chissà, forse un fondamento di verità c’era. Non aveva fatto proclami, ma da quel momento in poi non aveva mai più fatto uno shoey, con grande soddisfazione di tutti i suoi colleghi.

    Ok, tu me lo vuoi proprio tormentare il povero Hulk. :aah: :aah: :aah: :aah: :aah:
    Comunque Brundle ha avuto la sua vendetta!!
     
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    Okay, ti dico subito che quest'idea mi piace TROPPO. Sono sicuro che farai un lavoro eccellente, soprattutto vista questa premessa con Daniel e Felipinho protagonisti.

    Aaaaawwww. :wub:
    Spero di fare un buon lavoro. <3 Scrivere questo primo capitolo è stato piuttosto divertente.

    CITAZIONE
    Ma poveretto. :asd: :asd: :asd: :asd: :asd: #mainagioiapehulk

    Sono stata kattivahhhh, lo so. :(

    CITAZIONE
    Ok, tu me lo vuoi proprio tormentare il povero Hulk.

    L'ho fatto salire sul podio.
    E non l'ho trasformato in una donna, cosa che invece avveniva in quasi tutte le mie fanfic trash. :lol:

    CITAZIONE
    Comunque Brundle ha avuto la sua vendetta!!

    Vero. :D


    PS. Hai qualche idea su chi abbia vinto quel GP di Abu Dhabi con la Haas? ;)
     
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    PS. Hai qualche idea su chi abbia vinto quel GP di Abu Dhabi con la Haas? ;)

    Sinceramente, non saprei.
    Però penso di aver intuito chi sia il fidanzato di Cindy, quello che sembra avere un conto in sospeso con la Haas. :D
     
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    Ahahah, credo che tu ci abbia visto giusto.
    Su chi abbia vinto quel GP alla Haas, ci arriveremo tra un po'. ;)
     
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    Capitolo 2.

    La linea telefonica era disturbata.
    «Come hai detto?» domandò Victoria. «Non ti sento.»
    «Non mi senti, non mi senti... mi sembri un po’ mio padre quando gli citofonarono dai box per dirgli di lasciar passare Bottas.»
    «Come hai detto?»
    Felipinho cercò di spostarsi.
    «Qui forse c’è più campo. Mi senti meglio?»
    «Sì che ti sento meglio. Che tempo fa lì a Baku?»
    «C’è bel tempo ed è previsto bel tempo per tutto il resto del weekend.»
    «E Sacha? Sai per caso se è già arrivato a Baku?»
    Felipinho rise. La sua amica Victoria, figlia di Pastor Maldonado, sembrava avere una certa predilezione per il maggiore dei figli di Romain Grosjean.
    «Non ne ho idea» ammise Felipinho. «A meno che la Techeetah non sia fallita a mia insaputa, tuttavia, credo che presto lo vedrò.»
    «Salutalo da parte mia» lo pregò Victoria, «E digli che cercherò di essere presente a qualche gran premio, più avanti, quando avrò finito gli esami.»
    «Glielo comunicherò sicuramente» la rassicurò Felipinho. «Tu, però, non farti troppe illusioni. A Sacha interessa solo la carriera.»
    «Un po’ come a te.»
    «Già, un po’ come a me.»
    Seguì qualche istante di silenzio, poi Victoria gli domandò: «Scherzavi sulla Techeetah, vero? Non sta davvero fallendo?»
    «Non che io sappia.»
    «Meno male. Non vorrei che Sacha perdesse il volante. Ormai sono uscite di scena già abbastanza squadre, non credi?»
    «Sì» confermò Felipinho, «Ma con quelle “nuove” c’è sicuramente una griglia di partenza più vasta di prima.»
    Le nuove scuderie erano quelle che erano arrivate alcuni anni prima dalla Formula E: Dragon Racing, Techeetah, Mahindra (che tuttavia si era fusa con la Force One), Audi e nientemeno che la Venturi, la squadra guidata dalla team manager Susie Stoddart, per la quale il padre di Felipinho aveva gareggiato in Formula E molti anni prima.
    Le cinque “nuove” squadre erano andate ad affiancare Haas, Ferrari, Mercedes, Redbull, Alfa Romeo, Renault e la nuova versione del team McLaren, che si era salvato dal fallimento inglobando ciò che rimaneva della Williams. Dopo la fusione tra Formula 1 e Formula E, si era venuta a formare una griglia di partenza con ventiquattro vetture, cosa che non succedeva fin dai giorni di poca gloria di Caterham, Marussia e HRT.
    Di fronte alla sua osservazione, Victoria osservò: «Quindi, se anche con la Techeetah dovesse finire male, Sacha avrebbe buone possibilità di trovarsi un nuovo volante.»
    «Penso di sì.»
    «Speriamo. Io tengo incrociate le dita per lui. Il giorno in cui otterrà la sua prima vittoria in Formula 1 pubblicherò la poesia che ho scritto su di lui quando correva in Formula 2.»
    Felipinho ridacchiò.
    «Vedo che non solo non sei migliorata da allora, ma stai addirittura peggiorando.»
    «Sarà l’età.»
    «Secondo me dovresti toglierti dalla testa Sacha» replicò Felipinho. «Non c’è niente di positivo nell’essere innamorata di un pilota.»
    «A parte il fatto che, essendo figlia di uno dei commissari permanenti, posso venire nel paddock tutte le volte che voglio e vederlo da vicino.»
    «I lati positivi si esauriscono qui» le ricordò Felipinho. «Siamo sempre in giro per il mondo, mettiamo la carriera al primo posto e non abbiamo tempo da dedicare alla vita privata. Eppure abbiamo delle fangirl che scrivono poesie per noi.»
    «Non sono una fangirl» ribatté Victoria, seccata, «E se osi affermarlo di nuovo, ti sbatto giù il telefono! Le fangirl sono quelle che scrivono poesie per i loro idoli senza mai averli incontrati.»
    «Lo fanno senza secondi fini» scherzò Felipinho. «Sono più genuine delle innamorate senza speranza. Peraltro non credo che nessun pilota ti prenderà mai in considerazione: tuo padre non fa altro che penalizzarci non appena mettiamo due ruote fuori dalla pista e fare una propaganda smisurata contro il nostro stile di guida poco tranquillo, sostenendo che prima o poi qualcuno di noi si farà male sul serio... Hai presente il bue che dà del cornuto all’asino?»
    «Come?»
    «No, niente, lascia stare. Adesso scusami, ma devo lasciarti. Ho appena visto qualcosa di terribile, devo andare a salvare il mondo!»
    «Cosa succede?» Il tono di Victoria appariva allarmato. «Spero niente di grave.»
    «No, va tutto benissimo, ho solo visto Daniel in compagnia di Max. Stanno gironzolando per il circuito nei pressi della curva in cui si sono spalmati l’uno addosso all’altro anni fa. Voglio solo accertarmi che non stia per scoppiare una rissa.»

    ***

    «Ammettilo» insisté Daniel. «Hai frenato di proposito, sperando che ti venissi addosso e che la squadra desse la colpa a me.»
    «Fatti meno viaggi mentali» lo ridicolizzò Max. «Mi sembri uno di quegli appassionati di teorie del complotto che vanno a scrivere in internet che qualche anno fa, alla Indy 500, Jules Villeneuve ha speronato Mick Schumacher di proposito, nonostante Mick fosse doppiato di diversi giri, per vendicare il padre dopo Jerez 1997.»
    «Non dire assurdità, sono due cose che non c’entrano nulla. Dubito che al figlio di Jacques Villeneuve importi qualcosa di un fatto accaduto dieci anni prima della sua nascita.»
    «Anche a te non dovrebbe più importare niente di quello che è successo nel 2018. Sono passati diciotto anni.»
    «Appunto, sono passati diciotto anni, ma non l’hai ancora raccontata giusta» ribadì Daniel. «Perché non ti decidi ad ammetterlo una volta per tutte?»
    «Perché non ho niente da ammettere.»
    «Alla storia che hai solo anticipato un po’ la frenata per caso non ci credo.»
    «Infatti non sono io che ho frenato in anticipo. Sei tu che hai frenato in ritardo. La colpa di quell’incidente era tua al cento per cento.»
    «Come no.»
    «Allora il prossimo weekend, alla nostra riunione condominiale in piscina tra ex piloti, facciamo un sondaggio e sentiamo cos’hanno da dire i nostri ex colleghi in proposito. Vediamo se dicono che è colpa tua o colpa mia.»
    «Sei coraggioso» osservò Daniel. «Considerando che ti hanno sempre ritenuto un ragazzino intralciante, mentre io ero il buontempone che faceva ridere tutti, si schiereranno senza ombra di dubbio dalla mia parte.»
    «Apprezzo le tue doti linguistiche» ribatté Max, «Ma non c’è bisogno di espressioni elaborate tipo quella che hai usato. “Buontempone che fa ridere tutti”, che io sappia, si riassume in una sola parola, ovvero “pagliaccio”.»
    «Taci, ragazzino.»
    «Ti ricordo che ho trentotto anni.»
    «Per me, sarai sempre un ragazzino, e sono certo che tutti concorderanno sulle tue responsabilità, quando ci troveremo in piscina sabato prossimo.»
    Max alzò le spalle.
    «In tal caso sarebbe l’ennesima conferma che tutti i piloti, dopo il loro ritiro, vanno completamente fuori di testa. Il fatto che Pastor sia un giudice di gara così severo in caso di incidenti era già un buon indizio, ma mi sono sempre rifiutato di crederci...»
    Daniel gli strizzò un occhio.
    «Puoi rifiutarti di credere a quello che ti pare, ma a proposito di Pastor non puoi rifiutare di riconoscere che una volta ti ha trollato.»
    «Di cosa stai parlando?»
    «Di quando è finito in testacoda da solo e tu hai fatto lo stesso, così lui ti è passato davanti.»
    «È stata una vita fa. Quando Pastor correva in Formula 1 doveva ancora spuntarmi la barba. Non mi ricordo di tutti i sorpassi che ho subito e, in effetti, forse ho dei problemi di memoria, dato che sono stato sicuramente sorpassato molto meno spesso di te.»
    «Certo, hai sempre guidato le macchine migliori e, in molti casi, irregolari.»
    Max alzò gli occhi al cielo, scuotendo la testa.
    «Va bene che hai guidato la Ferrari per anni senza mai vincere un mondiale e che questo è sufficiente affinché un pilota si metta a vaneggiare a proposito di presunti complotti o di vetture irregolari da parte di chi li ha vinti, ma non mi aspettavo che fossi peggiorato così tanto, ultimamente. E dire che all’ultima riunione in piscina sembravi così lucido... Certo, se avessi portato un materassino normale, invece di presentarti a cavalcioni di un orribile unicorno lilla, non saresti sembrato uno squilibrato totale, ma da te non possiamo aspettarci di meglio...»
    «Quell’unicorno lilla non è orribile!» replicò Daniel. «A Danny piace tanto.»
    «Danny ha cinque anni, tu vai per i quarantasette. Lascia che ci vada sopra tuo figlio.»
    «Anche Lewis ha detto che è bellissimo e ci è voluto salire sopra.»
    «Poi vi siete ribaltati.»
    «Ne è valsa la pena, dato che ne abbiamo approfittato per afferrare per le gambe Nico e Felipe che erano seduti a bordo piscina e tirare dentro anche loro.»
    «Per fortuna che Eddie Jordan ormai passa sei mesi all’anno alle terme e non vi ha visti. Un tempo sareste diventati lo zimbello di tutto il palazzo.»
    «Eddie Jordan è un gran pettegolo» borbottò Daniel, «E tu lo stai imitando. Sei sicuro di non essere imparentato con lui?»
    «No, mio padre e mia madre bastano e avanzano.»
    «Ti capisco.»
    «Allora cerca di capirmi anche su altre cose» ribatté Max. «Ho altro da fare, piuttosto che stare ad ascoltare le tue chiacchiere a proposito di incidenti capitati tanto tempo fa. Nel caso ti sia sfuggito, non sono un nullafacente come te, ma sono ancora un pilota.»
    «Io non sono un nullafacente» puntualizzò Daniel. «Sono il manager di Felipinho.» Proprio in quel momento vide comparire il suo protetto, che si avvicinava a passo spedito. «Ah, eccoti qui, Felipinho, hai già finito con la telefonata?»
    «Sì, ho finito in anticipo, perché non ero certo di quello che stava succedendo» mise in chiaro Felipinho. «Di che cosa stavate parlando? Di incidenti del passato o sbaglio?»
    «No, non sbagli» intervenne Max. «Il tuo manager sembra convinto che io abbia innescato di proposito un incidente tra noi due, diversi anni fa. Naturalmente non vuole sentire ragioni. Voi ferraristi dovete avere qualcosa che non va, nel DNA.»
    «Almeno noi siamo stati presi dalla Ferrari, a qualche punto della nostra carriera» ribatté Daniel. «Tu, invece, hai dovuto accontentarti della Haas.»
    «E quando ero sulla Haas, tu mi guardavi con il binocolo, poi ti sei ritirato per la disperazione.»
    «Non mi sono affatto ritirato per la disperazione. Quello, casomai, l’ha fatto Hulkenberg.»
    Felipinho sospirò.
    «Cos’ha fatto di male quel poveretto per essere sempre citato a caso e sempre per dire qualcosa di negativo?»
    «Niente, tranne ottenere un podio per culo e non per merito rendendo il mondiale falsato» dichiarò Max, con fermezza. «Quel giorno guidava una vettura palesemente irregolare, ma il team se l’è cavata senza neanche una multa.»
    Daniel intervenne in difesa dell’ex compagno di squadra.
    «Non dire cazzate, non era una vettura irregolare, sono tutte assurdità che i nostri avversari si sono inventati perché non riuscivano ad accettare che, per una volta, avessimo battuto tutti. Quella è stata una delle vittorie più belle che io abbia ottenuto in carriera e sono felicissimo che proprio in quell’occasione anche lui sia riuscito ad avere una piccola soddisfazione.»
    Max fece una mezza risata.
    «Chissà che soddisfazione, non cavare mai un ragno dal buco. Non c’è da sorprendersi che fosse amico di Vandoorne: si completavano a vicenda.»
    «Stoffel è stato un pilota sfortunato. Non si è mai trovato al posto giusto nel momento giusto. Non perdi l’occasione di criticarlo solo perché è belga, quindi è un nemico dell’Olanda, ai tuoi occhi. E comunque», Daniel aveva un discorso in sospeso, «Non mi sono affatto ritirato per la disperazione. Mi sono ritirato perché la Formula 1 non mi dava più gli stessi stimoli di un tempo e volevo iniziare una nuova vita. Non ho rimpianti.»
    «Ma non hai nemmeno titoli mondiali vinti.»
    «Non...»
    Felipinho mise a tacere entrambi.
    «Smettetela, che mi pare di ascoltare una delle discussioni tra Danny e il figlio di Rosberg. Non so se vi rendete conto dell’età che avete.»
    Max indicò Daniel.
    «Ha iniziato lui.»
    Felipinho scosse la testa.
    «Mi sembri mio padre, quella volta con Alonso e Ron Dennis.»
    «Ecco, appunto» insisté Max, «Daniel dovrebbe imparare a imparare. È così che ha detto Felipe, no?»
    «Non voglio sapere che cos’abbia detto» ribatté Felipinho, «Ma siete sulla buona strada per rendervi decisamente più ridicoli. Mi auguro almeno che non ci siano telecamere che vi stanno inquadrando. È proprio vero quello che dice mio padre, ovvero che è meglio non mettervi l’uno vicino all’altro su un circuito. Quello che non mi aspettavo è che foste pericolosi anche quando non ci sono con voi delle vetture: siete un caso disperato.»
    Incurante del fatto che un ragazzo che aveva vent’anni in meno di lui lo stesse incoraggiando a comportarsi in modo più maturo, Daniel rimase fermo sulla propria posizione.
    «Quella volta Max ha frenato di proposito e...»
    Bastò per accendere di nuovo la scintilla.
    «Non ho frenato di proposito! Sei tu che mi hai tamponato e, per quanto ne so, la colpa è sempre di chi sta dietro: lo dice sempre anche Pastor.»
    «Appunto per questo, non mi pare un grosso punto di partenza. Sono certo che, quando gareggiava lui, la colpa fosse sempre degli altri. Però la barzelletta vivente era sempre lui...»
    «Non venire a parlare di Pastor. Stavamo parlando di Baku e, in particolare, di noi.»
    «Sei tu che l’hai nominato a caso. E sei sempre tu che mi hai accusato di averti tamponato apposta.»
    «Vi consiglio ancora una volta di smetterla» ribadì Felipinho. «Fino a una settimana fa, ve ne stavate a ridere e scherzare in piscina così come se niente fosse. Ci scommetto che il prossimo weekend farete di nuovo la stessa cosa e che in quel momento non vi importerà niente di chi abbia provocato un incidente che risale a così tanti anni fa.»
    L’intuizione di Felipinho era sicuramente destinata a rivelarsi esatta, quindi Daniel si sentì costretto ad arrendersi.
    Tuttavia volle avere l’ultima parola.
    «Attento, Max, che ti guferò per tutto il weekend. Chissà, magari verrai messo a piedi e ti toccherà guardare il gran premio di Montecarlo in un’area hospitality, come tutti noi.»
    «Come no, e chi mi sostituisce alla Redbull in attesa che il loro pilota perdigiorno ritorni a casa da Indianapolis, dove ne avrà ancora per tre settimane?»
    «La Redbull ha una riserva, mi pare.»
    «Emilie non è ancora pronta per la Formula 1.»
    «Se esistesse ancora la Toro Rosso, sarebbe già titolare da anni. Anzi, forse sarebbe già vecchia abbastanza per essere appiedata.»
    «Ciò significa che è ben lontana dall’essere un affare d’oro, per la Redbull. Fanno meglio a tenere stretto me, fintanto che ci sono... e quella ragazzina può anche starsene a rosicare come faceva suo padre ai vecchi tempi.»
    «Veramente» azzardò Felipinho, «Mi pare che una volta, con il padre di Emilie, stato tu a rosicare. Quella volta in cui ti sei fatto superare all’ultima curva da...»
    Max lo interruppe: «Non nominarmelo! Preferisco ricordare altre cose, di lui. Tutto sommato, in seguito, le cose sono sempre andate bene, anche quando siamo stati compagni di squadra. O meglio, quasi sempre, dato che ci sono state almeno due volte in cui abbiamo rischiato entrambi di perdere il volante.» Gli sfuggì una risata. «L’idea di avergli fatto saltare il gran premio di Monaco, comunque, mi fa ancora ridere a distanza di anni. È bello tornare a gareggiare con quell’alfista a fine carriera. Se ci dovessimo incontrare, in pista, ci sarà da divertirsi.»
    Felipinho si prese la testa tra le mani.
    «Questo è, essenzialmente, il motivo per cui spero che non accada.»
    «Purtroppo per te, le tue speranze non hanno molte possibilità di realizzarsi: sono certo che, prima o poi, mi toccherà doppiarlo.»
    «Inizio a capire come mai un ragazzo così calmo e pacato come lui ti abbia preso a pugni, qualche anno fa.»
    «Eravamo solo due ragazzini esaltati.»
    «E il più esaltato eri tu, immagino» ribatté Felipinho. «In questo caso, non è che le cose siano cambiate più di tanto.»

    ***

    Quando Anthony rientrò a casa era euforico molto di più di quanto Beatrice lo ricordasse. Doveva essere successo qualcosa di bello, in quelle ultime ore.
    Lo guardò con aria interrogativa e suo figlio comprese al volo la sua necessità di avere qualche dettaglio in più.
    «Mi hanno preso!»
    «Oh.» Beatrice rimase spiazzata. «Vuoi dire, per Montecarlo?»
    Anthony annuì.
    «Sì, e sono la persona più felice del mondo.»
    Beatrice comprendeva il suo stato d’animo. Anthony aveva preso tanto da lei, era un ragazzo ambizioso, con progetti di carriera precisi. Proprio come lei molti anni prima, per pagarsi gli studi aveva deciso di sfruttare il proprio aspetto, che non lasciava affatto desiderare.
    Come Beatrice a suo tempo, aveva intrapreso la professione di modello. Alla fine di maggio, a quanto pareva, avrebbe portato la sua immagine sulla griglia di partenza del Gran Premio di Monaco, dove era richiesta la sua presenza come grid-boy.
    «Dovrò reggere il cartello che indica il nome dell’ultimo pilota in griglia» aggiunse Anthony, «Ma sarà comunque una soddisfazione.»
    Beatrice non ne dubitava. Anthony era sempre stato affascinato dai motori, ce li aveva nel sangue... anche in senso letterale.
    L’aveva chiamato Anthony in onore di Anthony Noghès, l’industriale del tabacco che, a suo tempo, aveva fondato il Gran Premio di Montecarlo.
    All’epoca dell’università, Beatrice era stata una modella e, proprio come il figlio, era stata a sua volta una grid-girl a Monaco. Era là che aveva incontrato il padre di Anthony, era là che qualcosa non era andato come prevedeva e che suo figlio era stato concepito.
    Non aveva mai pianificato di raccontare ad Anthony che era figlio di un pilota, ma da bambino era stato piuttosto insistente in proposito, quindi aveva preferito non negargli la verità.
    Quando era stato grande abbastanza per capire, Beatrice gli aveva spiegato che era il frutto di una breve e fugace relazione che nessuno aveva cercato e che era terminata prima ancora di iniziare.
    Il padre di Anthony non aveva mai saputo della sua esistenza e Beatrice aveva giurato a se stessa che nemmeno Anthony avrebbe mai scoperto chi era suo padre.
    Cercò di scacciare quei pensieri e si complimentò con il figlio.
    «Sapevo che ti avrebbero scelto.»
    Anthony scosse la testa.
    «No, è solo grazie alla decisione di Agag di migliorare le cose, rispetto ai tempi di Liberty Media: loro avevano abolito le grid-girl, che però in qualche occasione si sono viste. Da quando Agag ha preso il loro posto, nei casi in cui erano previste le grid-girl, adesso siamo metà grid-girl e metà grid-boy. Senza questo cambiamento, avrei avuto ben poche possibilità...»
    «Però adesso ce l’avrai e, chissà, potrebbe toccarti uno dei tuoi piloti preferiti.»
    «Dato che mi toccherà l’ultimo sulla griglia di partenza» ribatté Anthony, «Non credo che sia esattamente un bene, ma vedremo cosa succederà.»
     
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    Yahoooooooooo, questo aggiornamento è semplicemente epico. La povera Victoria si sente mooooolto trascurata da Sacha (che manco se la fila) ... Felipinho, sai cosa fare
    ... ;)
    Tra l'altro ho adorato Maldiiii diventato da vecchio un moralista nei confronti degli sfasciacarrozze, mentre la diatriba tra Verstappino e Dentone mi ha riportato alla mente la rissa post-Baku nella piscina condominiale (con annesso combattimento subacqueo stile action movie americano) riportata nei tuoi commenti ironici. Tra l'altro, ce li vedo proprio Dani-Smile buttarsi col suo materassino a forma di unicorno e il Gangsta Rapper unirsi a lui perché trova la cosa tamarra (e a ragione).
    Almeno hai concesso a Hulk un singolo podio in tutta la sua carriera. Sei declassata sulla scala dei villain da Sauron a Mr. Burns.
     
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    Yahoooooooooo, questo aggiornamento è semplicemente epico. La povera Victoria si sente mooooolto trascurata da Sacha (che manco se la fila) ... Felipinho, sai cosa fare

    Naaaaahhhhhh, Felipinho pensa solo alla carriera. E a una graziosa signorina spagnola che comparirà a breve. :rolleyes:

    CITAZIONE
    Tra l'altro ho adorato Maldiiii diventato da vecchio un moralista nei confronti degli sfasciacarrozze

    Sono molto fiera di tutto ciò. *-*

    CITAZIONE
    Verstappino e Dentone mi ha riportato alla mente la rissa post-Baku nella piscina condominiale (con annesso combattimento subacqueo stile action movie americano) riportata nei tuoi commenti ironici.

    OMG, effettivamente qualche punto di contatto c'è. :lol:

    CITAZIONE
    Tra l'altro, ce li vedo proprio Dani-Smile buttarsi col suo materassino a forma di unicorno e il Gangsta Rapper unirsi a lui perché trova la cosa tamarra (e a ragione).

    Li trovo molto adatti a una simile scena, in effetti.

    CITAZIONE
    Almeno hai concesso a Hulk un singolo podio in tutta la sua carriera. Sei declassata sulla scala dei villain da Sauron a Mr. Burns.

    Dovevo concederglielo. :wub:
    Sarei stata senza cuore se non gliel'avessi concesso.
     
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    Capitolo 3.

    «È vero che la Williams ti vuole appiedare e mettere Nasr al tuo posto?»
    «Da dove è uscita questa stronzata?»
    «L'ho letto in internet, su Twitter, mi pare.»
    «Il profilo che lo scriveva si chiamava PiKk0La fAnGiRl Di F3LiP3 NaSr, immagino.»
    «Non ci ho fatto caso.»
    «Beh, se la Williams vuole appiedarmi, nessuno me l'ha detto. Twitter è pieno anche di gente che dice che Vettel prenderà a breve il tuo posto.»
    «Vettel non è pilota di riserva in Ferrari. Dovrà aspettare almeno fino alla prossima stagione.»
    «Il tempo vola...»
    I commenti al fanta-mercato piloti si conclusero con una risata, poi passarono ad altro e fu Fernando a notare un dettaglio inquietante.
    «Credo che a questa festa non ci siano altre persone sobrie, oltre a noi.»
    Felipe annuì.
    «Forse facevamo meglio a non venire. Non...»
    Si interruppe.
    Era stato urtato da alcune ragazze di passaggio.
    Le ragazze proseguirono.
    Fernando non fece caso a loro. Rimase a commentare con Felipe qualche istante il duello tra Ryan Hunter-Reay e Helio Castroneves alla Cinquecento Miglia di Indianapolis, poi notò il portafoglio rimasto a terra.
    Lo raccolse. Era aperto e subito gli saltò all'occhio una tessera rosa. Era una patente di guida intestata a una certa Beatrice Dubois, nata a Nizza il 29 luglio 1993. Era nata esattamente dodici anni dopo di lui, condividevano la data del compleanno.
    Doveva essere una delle ragazze di prima, il portamonete doveva esserle uscito dalla borsa o da una tasca.
    Per quanto l'idea di continuare a parlare di Indianapolis insieme a Felipe, che si era dichiarato dispiaciuto dal fatto che Castroneves non fosse riuscito a vincere la storica gara per la quarta volta in carriera, lo allettasse maggiormente, si guardò intorno, cercando di individuare una ragazza il cui aspetto fosse compatibile con quello della fotografia di Beatrice Dubois.
    La trovò più tardi, seduta in disparte, palesemente ubriaca.
    Per un attimo ebbe dei dubbi, perché nella foto i suoi capelli castani le arrivavano fino alle spalle, mentre la presunta Beatrice li portava molto più lunghi.
    Doveva essere lei, dato che fece un mezzo sorriso, poi lo ringraziò con voce assente.
    Fernando le restituì il portafoglio, poi si allontanò.
    Gli parve di notarla di nuovo, più tardi: non era più da sola.
    Poi sparì e, insieme a lei o senza di lei, Fernando non poteva saperlo, sparì anche il suo improvvisato accompagnatore.
    Quella serata terminò con la consapevolezza che in quella stagione sarebbe stato tutto complicato, dal momento che non aveva avuto nessuna possibilità concreta di avvicinarsi al podio, nonostante i tanti colpi di scena che si erano susseguiti quel giorno.
    Ormai si ricordava a malapena della ragazza alla quale aveva riconsegnato il portamonete, convinto com'era che le loro strade non si incontrassero mai più.

    ***

    Era giovedì, il giorno della conferenza stampa. Felipinho era atteso in sala stampa per le 14.30, quindi aveva tempo di pranzare insieme a suo padre e a quello che era stato definito “un vecchio amico, sia di vecchia data, sia vecchio d’età”. Avrebbe avuto i minuti contati, durante il pranzo, ma per lui che era abituato a vivere sul filo dei millesimi di secondo non era una grossa sfida.
    Suo padre lo aspettava ad un tavolo apparecchiato per quattro in compagnia nientemeno che di Fernando Alonso.
    Era passato parecchio dall’ultima volta in cui Felipinho l’aveva incontrato: Fernando, in genere, aveva altri impegni dall’altra parte dell’oceano. Felipinho non lo invidiava. Non capiva che cosa ci fosse di così bello nello sventolare bandiere verdi.
    Come al solito l’ex pilota di Renault, Ferrari e McLaren, nonché ex pilota di Formula 1, Indycar, endurance e Formula E, non risparmiò una delle sue solite frecciatine, seppure indirette, rivolte all’ex compagno di squadra Felipe, nonostante stesse parlando con Felipinho.
    «Mi pareva fossi un po’ addormentato, l’altra volta, a Montmelò. Guidavi quasi come tuo padre nei suoi giorni migliori.»
    «Ah ah, come sei divertente» ribatté Felipe. «Se avessi messo da parte un centesimo per ogni volta in cui hai fatto un commento acido, a quest’ora potresti acquistare tutte le scuderie di Formula 2 e prendere parte a ogni gara con un’auto diversa, lamentandoti delle performance del motore.»
    «Non credo. Sono stato abituato a guidare la McLaren all’epoca dei motori Honda e peggio di così non può andare. Certo, ero comunque più veloce di te anche su una McLaren Honda...»
    «Allora vai a dare un’occhiata ai risultati di quei gran premi» gli suggerì Felipe, «Perché mi pare che fossi ben più lento, nella maggior parte delle occasioni. Nelle altre, invece, non eri nemmeno capace di arrivare al traguardo.»
    «Ho avuto sfortuna. Questo è il motivo per cui arrivavo dietro perfino a te, che non eri nemmeno degno di allacciarmi le scarpe.»
    «Non la chiamerei sfortuna. Sei tu che sei corso via a gambe levate dalla McLaren quando vinceva e che ci sei tornato giusto in tempo per arrivare ultimo.»
    Fernando gli strizzò un occhio.
    «Almeno io arrivavo ultimo con la McLaren Honda. Tu, a volte, arrivavi ultimo anche quando eravamo compagni di squadra in Ferrari e, mentre io venivo acclamato dal mondo, tu venivi costantemente criticato, anche più del necessario.»
    Felipe obiettò: «Anch’io avevo i miei fan.»
    «Solo ragazze che adoravano il tuo rapporto con Rob Smedley. Non mi sembra una ragione valida per affezionarsi a qualcuno.»
    «Anche il fatto che qualcuno vinca, non mi sembra, di per sé, una buona ragione. Dimostra soltanto che ai tifosi piace vincere facile.»
    «Meglio tifosi a cui piace vincere facile, piuttosto che tifose che pensassero che fossi innamorato del mio ingegnere. Rob Smedley, poi... lavorava con me in Formula 3000 e l’idea che potesse toccare a me diventare il suo toyboy, secondo la logica delle fan, non mi soddisfa particolarmente.»
    Felipe ridacchiò.
    «Chissà, magari pensano davvero che tu fossi il suo toyboy prima di me. Non oso immaginare quale messaggio in codice abbiano immaginato, quella volta in cui Rob se ne uscì con un plateale “Fernando is faster than you”...»
    Felipinho si schiarì la voce.
    «Papà, credo che stiate esagerando. Va bene continuare a ridere e a scherzare a proposito dei vecchi tempi, però un po’ di contegno non guasterebbe...» Indicò il posto vuoto. «Anche perché non siamo soli, vero? C’è anche qualcun altro?»
    Non si era chiesto chi dovesse raggiungerli, ma aveva una mezza idea o, per meglio dire, una mezza speranza.
    «È già arrivata» puntualizzò Fernando. «È in bagno. A meno che non sia finita giù per il cesso, dovrebbe tornare a momenti.»
    «Quindi, a maggior ragione» ribatté Felipinho, «Fareste meglio a risparmiarvi delle battute così tanto volgari. Non so, magari potreste provare a parlare di cose più normali. Per esempio...»
    Prima che potesse suggerire qualcosa, una ragazza minuta con i capelli scuri si avvicinò al loro tavolo. Era passato molto tempo dall’ultima volta in cui Felipinho l’aveva vista dal vivo e le fotografie pubblicate sui social network non rendevano a pieno la sua bellezza.
    Si alzò in piedi, per accogliere la giovane spagnola.
    «Che piacere rivederti.»
    La ragazza sorrise.
    «Il piacere è tutto mio, anche se non mi sembra di conoscerti. Il mio vecchio amico era un ragazzino brufoloso, è chiaro che non puoi essere tu.»
    «Allora sarà meglio che mi presenti. Sono Felipinho Bassi Massa, sono un pilota brasiliano e corro per la Ferrari. Tu, invece?»
    «Mi chiamo Lucia Alonso Kapustina. Anche noi spagnoli, come voi brasiliani, abbiamo talmente tanti cognomi che occupiamo intere pagine dell’elenco telefonico.»
    «Che esagerata. Da voi, il fenomeno è contenuto. Credo che i nomi interminabili dei brasiliani e la necessità di elenchi telefonici molto più spessi sia una delle principali cause del disboscamento della Foresta Amazzonica.»
    Lucia rise.
    «Mi pare chiaro. Cosa mi racconti di nuovo?»
    «Niente di nuovo» ammise Felipinho, tornando a sedersi al tavolo. «Tra meno di due ore avrò la conferenza stampa e, come al solito, mi faranno solo qualche domanda stupida a proposito di fatti che riguardano gli altri.»
    «È colpa tua. Evidentemente non vinci abbastanza.»
    «Ti assicuro che, con la mia monoposto, non posso fare più di quello che sto effettivamente facendo.»
    «Ci credo. Il problema è che la stampa non si lascia convincere tanto facilmente.»
    Felipinho annuì.
    «Già. Purtroppo anche gli addetti ai lavori riescono a vedere solo quello che è sotto gli occhi di tutti. Per fortuna questo weekend le cose vanno anche abbastanza bene: c’è il ritorno di Max Verstappen, c’è il debutto di L.J. Hamilton, c’è gente seriamente convinta che Jamie Caroline vincerà la Cinquecento Miglia di Indianapolis... sono anche gli stessi che poi lo insulteranno qualora le cose dovessero andare male, ma non fa niente: non è un problema mio.»
    «Devi ringraziare mio padre, allora» osservò Lucia, sedendosi a tavola.
    Fernando, che in quel momento stava borbottando qualcosa insieme al suo ex compagno di squadra, rivolse lo sguardo verso di lei.
    «Per cosa?»
    «Per i piloti che vanno a gareggiare Indianapolis, consentendo ai loro rimpiazzi di ritrovarsi di punto in bianco al centro dell’attenzione. Se non ci fossero quelli, si parlerebbe solo ed esclusivamente delle stesse identiche cose, come il fatto che le performance scadenti della Ferrari siano da attribuire tutte ai piloti e non al fatto che la monoposto sia meno performante di altre.»
    «Tutta colpa dei piloti di oggi e di quelli degli anni scorsi» ribatté Fernando. «Se avessero una personalità più forte, la gente cadrebbe ai loro piedi e accuserebbe piuttosto la squadra di averli rovinati.»
    «Come accadeva ai tuoi tempi?» azzardò Felipe.
    «Sì, avevo in mente qualcosa del genere.»
    «Oltre alla tua personalità forte c’era anche dell’altro.»
    «Il fatto che fossi il migliore? Sì, sono d’accordo.»
    «Veramente non ho detto questo. Mi riferivo al fatto che ai tuoi tempi i fanboy erano degli ultrà. Al giorno d’oggi quella gente ha già smesso di seguire la Formula 1 da un pezzo, perché le monoposto fanno troppo rumore e perché i piloti che vincono il mondiale di recente non hanno cognomi altisonanti come Alonso, Hamilton o Vettel. Chissà, magari il ricambio generazionale è stato d’aiuto e ha contribuito all’avvento di tifosi sensati.»
    Felipinho scosse la testa.
    «Tifosi sensati... non sono molto facili da trovare, specie in internet. Scrivono delle cose che non stanno né in cielo né in terra. Ne parlavo con Mick, un po’ di tempo fa. Non riesce a spiegarsi da dove siano uscite fuori le teorie del complotto a proposito del suo incidente con Jules Villeneuve. Non era nemmeno al corrente di quelle strane voci, prima che gli venisse chiesto qualcosa in proposito nella conferenza stampa del giovedì a Barcellona.»
    «Le teorie del complotto ci sono sempre state» precisò Fernando. «Ai miei tempi c’era gente che pensava che Pastor Maldonado avesse vinto un gran premio appositamente per non farlo vincere a me e al mio team, come se i piloti non avessero ambizioni proprie, senza essere costantemente considerati parte di un complotto.»
    «Povero Pastor» borbottò Felipinho. «Una sola vittoria in Formula 1 e neanche la possibilità di essere lasciato in pace.»
    «Appunto perché ne aveva vinta solo una» obiettò Fernando. «Se dopo quella gara ne avesse vinte altre sette o otto, nessuno avrebbe avuto niente da ridire, credo.»
    «Sarebbe stato un bel mondo» ribatté Felipinho. «Adesso non se ne starebbe costantemente a criticare quello che succede in pista e a penalizzare chiunque. Sta sfogando sulle nuove generazioni le sue frustrazioni passate.»
    Lucia intervenne: «Ti ricordo che parli del tuo potenziale futuro suocero.»
    Felipinho spalancò gli occhi.
    «Stai scherzando?»
    «No, c’è sempre stata molta affinità tra te e Victoria.»
    «Io e Victoria siamo solo amici. Se mi fosse interessata da un altro punto di vista, sarei già riuscito a toglierle dalla testa Sacha Grosjean.»
    «Sta ancora a pensare al piccolo Grosjean?»
    «A quanto pare...»
    «Tutto tempo sprecato. Dovrebbe essere lei a fare cambiare idea a te.»
    «Se lo dici tu...» Felipinho non era molto soddisfatto dal fatto che Lucia volesse cercare di combinare un fidanzamento tra lui e un’altra ragazza, ma decise, per l’ennesima volta, di non preoccuparsene troppo, d’altronde lui stesso sosteneva sempre di essere troppo concentrato sulla carriera per costruirsi anche una vita sentimentale. Tanto valeva cambiare discorso. «Che cosa ne direste di ordinare? Vorrei finire di pranzare prima che arrivi l’ora della conferenza stampa.»
    «Mi pare un’ottima idea» convenne Felipe, «E, mi raccomando, ricordati della tua dieta.»
    Felipinho gli scoccò un’occhiataccia.
    «Forse è meglio se te ne ricordi tu, non credi?»
    «No, non credo proprio.»
    «Sei ingrassato ancora, ultimamente. La mamma non fa altro che dire che devi perdere peso.»
    «Purtroppo il suo hobby è quello di farmi la predica. Le ho detto tante volte che ormai non devo più calarmi in una monoposto. Ormai mi sono ritirato da quasi dodici anni.»
    La sua ultima gara era stata, a sorpresa per gran parte degli appassionati di motori, la Cinquecento Miglia di Indianapolis alla quale aveva preso parte come ultimo impegno della sua carriera sportiva. Purtroppo non era stata un’esperienza positiva come quella del suo compagno di tavolo, che di Indianapolis aveva tanto buoni ricordi.
    Il pranzo non durò a lungo.
    A Felipinho rimase parecchio tempo per prepararsi alla conferenza stampa. Purtroppo ne sprecò gran parte facendosi troppe domande a proposito di Lucia Alonso.
    Com’era possibile che non si fosse mai accorta della loro sintonia?
    O meglio, com’era possibile che a Felipinho sembrasse che tra loro ci fosse una sintonia così intensa, ma Lucia non vi dava peso?
    Alla fine si tolse dalla testa quei pensieri.
    Aveva una conferenza stampa a cui partecipare, nel corso della quale l’attenzione sarebbe stata in gran parte concentrata su L.J. Hamilton e su Max Verstappen.

    ***

    L.J. si sedette.
    Era giovane e probabilmente ingenuo, ma sapeva che quella non sarebbe stata una giornata facile: si sarebbe sentito porgere domande a dir poco imbarazzanti e nemmeno la presenza di una vecchia gloria come Verstappen avrebbe cambiato le cose.
    Come sospettava, le domande imbarazzanti iniziarono ad arrivare in gran fretta.
    «Sei uno dei piloti più giovani presenti sulla griglia di partenza, ma ti troverai in pista con alcuni dei vecchi avversari di tuo padre. Che effetto ti fa?»
    «La trovo una cosa normale. Ci sono ventinove anni di differenza tra me e mio padre e alcuni dei suoi colleghi erano molto più giovani di lui. Non è strano che alcuni siano ancora al volante anche adesso che sono arrivato io.»
    «Tuo padre è sempre stato poco discreto sulla sua vita privata, eppure per anni ha nascosto la tua esistenza. Chi è tua madre? È da lei che hai ereditato gli occhi azzurri o porti lenti a contatto colorate?»
    «Porto lenti a contatto correttive, essendo miope, ma non porto lenti colorate. Gli occhi azzurri sono miei e, sì, anche mia madre aveva gli occhi azzurri, per quanto riesco a ricordare. Mio padre l’aveva conosciuta durante una vacanza. Non era una celebrità, nonostante all’epoca abbia frequentato diverse cantanti, attrici e modelle. Ha nascosto la mia esistenza perché almeno io non finissi sui giornali di gossip. Quando mi sono dovuto trasferire a Montecarlo da lui, tuttavia, le cose sono cambiate.»
    «Tuo padre ha vinto sei campionati mondiali e novantanove gran premi. C’è chi mette in dubbio che tu possa eguagliare i suoi risultati. Cosa rispondi alle critiche?»
    «Rispondo che capita molto raramente che nasca un pluricampione del mondo di Formula 1 e che ancora più raramente nasca un uomo dei record. Se già è raro che succeda, è ancora più raro che succeda per due volte nella stessa famiglia. Il confronto con i numeri di mio padre non mi spaventa. Se fossi stato figlio di Sergey Sirotkin - con tutto il dovuto rispetto per Sirotkin - probabilmente verrei portato su un piedistallo al mio primo arrivo in zona punti. Invece non succederà. Mi chiamo Hamilton, non Sirotkin, quindi la gente si aspetta di me più di quello che posso dare. Non fa niente, io sono qui per correre, non per ascoltare le critiche su di me.»
    «Tuo padre non ti ha accompagnato a Baku, né ha pubblicato alcunché sul tuo imminente debutto sui suoi profili social. Come mai? Che cosa sta facendo adesso?»
    «Mio padre arriverà a Baku nei prossimi giorni e, per quanto possa sembrare strano, quando si vuole mettere in contatto con me, in genere mi telefona o mi manda un messaggio, non emette un comunicato ufficiale tramite i suoi profili social. Su che cosa stia facendo in questo momento non ne ho idea e, in ogni caso, non credo che siano affari di dominio pubblico.»
    Per fortuna gli fu lasciata un po’ di tregua e non fu costretto a sforzarsi di rispondere ad altre domande nonsense. Era certo che, se avessero insistito abbastanza, l’avrebbero spinto a confessare che, molto probabilmente, in quel momento suo padre si stava concedendo l’ultimo momento di relax prima di preparare le valigie in vista della partenza per Baku, e probabilmente il suo concetto di “ultimo momento di relax” consisteva nel cavalcare un unicorno lilla di proprietà di Daniel Ricciardo all’interno della piscina condominiale.
    Come aveva fatto lungamente suo padre prima di lui, si mise a consultare il proprio smartphone mentre i giornalisti si sbizzarrivano con Max e Felipinho. Diversamente da suo padre, ebbe cura di non farsi sorprendere mentre era immerso in quell’azione poco accettabile per la situazione nella quale si trovava.
    Soltanto alla fine qualcuno ebbe l’accortezza di porgli un’inadeguata domanda a proposito dei suoi familiari acquisiti.
    «Tuo padre è sentimentalmente legato alla team manager della scuderia Venturi. Di fatto, tu e la fidanzata di tuo padre sarete avversari, in questo weekend e in quello di Montecarlo. Quali sono le difficoltà nell’avere in famiglia così tanti piloti, alla luce del fatto che anche il figlio della compagna di tuo padre è un pilota?»
    Per un attimo, L.J. rimase senza parole.
    Poi si mise d’impegno, cercando di tirare fuori una risposta sensata.
    Udiva chiaramente le risate di Felipinho e Max e, all’interno della sala stampa, non erano gli unici due che ridevano.
    «Il mio pseudo-fratellastro è un pilota, ma corre in Formula 2 e, che io sappia, la Formula 1 e la Formula 2 non sono ancora state unificate, quindi non siamo avversari diretti. Anche se lo fossimo, tuttavia, non mi cambierebbe niente. Allo stesso modo non mi metto dei problemi se la team manager di una delle altre squadre è la moglie di mio padre.»
    Seguì un attimo di silenzio.
    L.J. non udì più delle risate, ma delle esclamazioni di stupore.
    Gli volle qualche istante per realizzare l’enormità di quanto affermato: due settimane prima Lewis Hamilton e Susie Stoddart avevano contratto matrimonio in gran segreto e, senza volerlo, l’aveva appena rivelato al resto del mondo.
     
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    Ultimo capitolo a dir poco fantastico. Ce li vedo molto Ferni e Feli ad avere un rapporto di amore-odio come quello che hai descritto, piuttosto che quello che avevano nella vecchia versione della storia, dov'erano gatto e topo (anche se lì si poteva capire, li avevi descritti come contendenti al titolo mondiale anche dopo che avevano lasciato la Ferrari :D ).
    Quanto è bello poi il tributo alle loro fungirl ...
    CITAZIONE
    «Almeno io arrivavo ultimo con la McLaren Honda. Tu, a volte, arrivavi ultimo anche quando eravamo compagni di squadra in Ferrari e, mentre io venivo acclamato dal mondo, tu venivi costantemente criticato, anche più del necessario.»
    Felipe obiettò: «Anch’io avevo i miei fan.»
    «Solo ragazze che adoravano il tuo rapporto con Rob Smedley. Non mi sembra una ragione valida per affezionarsi a qualcuno.»
    «Anche il fatto che qualcuno vinca, non mi sembra, di per sé, una buona ragione. Dimostra soltanto che ai tifosi piace vincere facile.»
    «Meglio tifosi a cui piace vincere facile, piuttosto che tifose che pensassero che fossi innamorato del mio ingegnere. Rob Smedley, poi... lavorava con me in Formula 3000 e l’idea che potesse toccare a me diventare il suo toyboy, secondo la logica delle fan, non mi soddisfa particolarmente.»
    Felipe ridacchiò.
    «Chissà, magari pensano davvero che tu fossi il suo toyboy prima di me. Non oso immaginare quale messaggio in codice abbiano immaginato, quella volta in cui Rob se ne uscì con un plateale “Fernando is faster than you”...»

    :aah: :aah: :aah: :aah: :aah: :aah:
    Ora capisco perché Felipinho ogni volta che sta col padre vorrebbe finire tre metri sotto terra ... :asd:
    CITAZIONE
    Prima che potesse suggerire qualcosa, una ragazza minuta con i capelli scuri si avvicinò al loro tavolo. Era passato molto tempo dall’ultima volta in cui Felipinho l’aveva vista dal vivo e le fotografie pubblicate sui social network non rendevano a pieno la sua bellezza.
    Si alzò in piedi, per accogliere la giovane spagnola.
    «Che piacere rivederti.»
    La ragazza sorrise.
    «Il piacere è tutto mio, anche se non mi sembra di conoscerti. Il mio vecchio amico era un ragazzino brufoloso, è chiaro che non puoi essere tu.»
    «Allora sarà meglio che mi presenti. Sono Felipinho Bassi Massa, sono un pilota brasiliano e corro per la Ferrari. Tu, invece?»
    «Mi chiamo Lucia Alonso Kapustina. Anche noi spagnoli, come voi brasiliani, abbiamo talmente tanti cognomi che occupiamo intere pagine dell’elenco telefonico.»

    'mazza ... Ferni ci è ricascato con Dasha, e stavolta lei l'ha incastrato per benino ... :aah:
    Lucia dovrebbe aprire un'agenzia matrimoniale, sembrerebbe il ruolo adatto a lei, visto che le piace accoppiare la gente (ma poi è talmente fessa che non si accorge di quelli che le sbavano dietro, o non dà loro troppa importanza).
    Che strano, però: prima quest'incontro inaspettatamente amichevole tra Feli e Ferni, poi i loro figli che CASUALMENTE si rivedono dopo anni ...
    Non è che il Gufo d'Interlagos e il Divino Augusto Imperatore stiano complottando per far convolare alla loro rispettiva prole nozze, in modo tale da riunire le loro casate e combattere uniti contro la stirpe dei Gangsta Rappers?
    A proposito dell'Erede di Tamarroman ...
    CITAZIONE
    «Il mio pseudo-fratellastro è un pilota, ma corre in Formula 2 e, che io sappia, la Formula 1 e la Formula 2 non sono ancora state unificate, quindi non siamo avversari diretti. Anche se lo fossimo, tuttavia, non mi cambierebbe niente. Allo stesso modo non mi metto dei problemi se la team manager di una delle altre squadre è la moglie di mio padre.»
    Seguì un attimo di silenzio.
    L.J. non udì più delle risate, ma delle esclamazioni di stupore.
    Gli volle qualche istante per realizzare l’enormità di quanto affermato: due settimane prima Lewis Hamilton e Susie Stoddart avevano contratto matrimonio in gran segreto e, senza volerlo, l’aveva appena rivelato al resto del mondo.

    Ok, credo che nessuno si offenda se dico che L.J. è un grandissimo cretino. :aah:
    Quando Lewis arriverà a Monaco gli farà provare la Full Jos Experience.
     
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    'mazza ... Ferni ci è ricascato con Dasha, e stavolta lei l'ha incastrato per benino ...

    Nessun ripensamento. :D
    E' solo che Lucia doveva avere un'età che non rendesse sconveniente l'interessamento di Felipinho nei suoi confronti. Se fosse stata figlia di Linda, sarebbe stata verosimilmente minorenne, nell'epoca di ambientazione della fanfic. La fidanzata più duratura di Ferni in precedenza era Dasha, quindi ho scelto lei per far sì che Ferni abbia avuto un'erede a nostra insaputa. :D

    CITAZIONE
    Lucia dovrebbe aprire un'agenzia matrimoniale, sembrerebbe il ruolo adatto a lei, visto che le piace accoppiare la gente (ma poi è talmente fessa che non si accorge di quelli che le sbavano dietro, o non dà loro troppa importanza).
    Che strano, però: prima quest'incontro inaspettatamente amichevole tra Feli e Ferni, poi i loro figli che CASUALMENTE si rivedono dopo anni ...
    Non è che il Gufo d'Interlagos e il Divino Augusto Imperatore stiano complottando per far convolare alla loro rispettiva prole nozze, in modo tale da riunire le loro casate e combattere uniti contro la stirpe dei Gangsta Rappers?

    Chi lo sa...
    Ce li vedo bene i Fernipe come parenti. :rolleyes:

    CITAZIONE
    Ok, credo che nessuno si offenda se dico che L.J. è un grandissimo cretino. :aah:
    Quando Lewis arriverà a Monaco gli farà provare la Full Jos Experience.

    Lewis arriverà a Baku.
    Nel prossimo capitolo. :D

    PS. Nessun commento sull'unione Gangstahhhh Susie? :P
    Tra l'altro su di loro ho trovato questa foto abbastanza inquietante:

    WolffHamilton
     
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    Ultimo capitolo a dir poco fantastico. Ce li vedo molto Ferni e Feli ad avere un rapporto di amore-odio come quello che hai descritto, piuttosto che quello che avevano nella vecchia versione della storia, dov'erano gatto e topo (anche se lì si poteva capire, li avevi descritti come contendenti al titolo mondiale anche dopo che avevano lasciato la Ferrari :D ).

    PS. I tempi di "Going to Marussia? Caterham?" non erano ancora arrivati. :D :D :D
     
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    Capitolo 4.

    Lewis si presentò al circuito nella giornata di venerdì, dopo il termine della prima sessione di prove libere, dopo essersi preso una breve pausa dal proprio cellulare e dai social network. Non aveva sentito né sua moglie né suo figlio, il giorno precedente, dal momento che i due preferivano non essere disturbati durante i weekend di lavoro. Diversamente da quanto era accaduto a lui con suo padre agli albori della sua carriera, intendeva concedere a L.J. la possibilità di respirare, almeno di tanto in tanto. E poi al giovedì non succedeva nulla: era a partire dal venerdì che iniziavano a svolgersi i fatti.
    Gironzolando per il paddock, nei pressi del box della Redbull, vide un uomo dall’aria inconfondibile. Gli voltava le spalle, pertanto gli si avvicinò di soppiatto.
    L’altro non si accorse di nulla, almeno finché di colpo Lewis non gli appoggiò le mani sulle spalle e, con un salto, si aggrappò su di lui.
    Qualcosa andò storto: Lewis scivolò a terra e Sebastian Vettel gli cadde addosso.
    «Guarda caso, avevo sospettato che fossi tu» osservò quest’ultimo, quando fu certo della tua identità. «Il giorno in cui ti renderai conto di avere cinquant’anni sarà un bel progresso...»
    «Veramente ne ho cinquantuno» lo corresse Lewis. «Ora, per cortesia, alzati, così riesco a tirarmi in piedi anch’io.»
    Sebastian si tirò su.
    «Si può sapere cosa stavi facendo? Non sei capace di utilizzare forme di saluto più normali?»
    Lewis annuì.
    «Certo che sì, ma ti volevo speronare da dietro, come hai fatto tu quella volta con la safety car. Senza le auto, purtroppo, non riesce bene.»
    «Capisco. Anzi, non capisco, ma va bene lo stesso. A proposito, congratulazioni.»
    Lewis si alzò di scatto.
    «Per cosa?»
    «Per il tuo matrimonio.»
    Lewis sussultò.
    «Chi te l’ha detto?»
    Sebastian spalancò gli occhi.
    «Come, chi me l’ha detto? Dove sei stato nell’ultimo giorno? Non si parla d’altro. Anche sui social discutono tutti del fatto che...»
    Lewis lo interruppe: «Ormai sei diventato un po’ troppo ossessionato dai social network. Strano, dato che quando eri giovane non te li filavi neanche di striscio.»
    «Avevo un profilo Twitter privato, con un nome falso.»
    «Dovresti farmelo vedere, prima o poi.»
    «Scordatelo.»
    «Lo usavi per insultare me e gli altri tuoi avversari?»
    «No. Per quanto ti possa sembrare strano, non trascorrevo tutto il mio tempo libero a pensare a te.»
    «Facevi male» ribatté Lewis. «Tornando alle cose serie, chi è che discute del mio presunto matrimonio?»
    «Giornalisti, testate sul motorsport, milioni di persone comuni... Avresti potuto annunciarlo tu stesso, oppure farlo annunciare a Susie. Non è bello che sia stato proprio L.J. a farselo sfuggire in conferenza stampa...»
    Lewis si mise le mani tra i capelli.
    «Oh, no!»
    «Adesso non prendertela con lui... Deve essersi stancato dei tuoi segreti.»
    «Non me la prendo con lui» replicò Lewis, «Ma sono molto preoccupato. Chissà che cos’ha dovuto sopportare, per il resto dell’intervista...»
    «No, il peggio è arrivato dopo» puntualizzò Sebastian. «Non so dove tu sia vissuto in quest’ultimo giorno e come fai a non saperne niente, ma ti ricordo che subito dopo la conferenza stampa dei piloti c’è quella dei team manager.»
    «E Susie era a quella conferenza stampa.»
    Sebastian annuì.
    «Seduta accanto a Toto Wolff. Le hanno chiesto conferma. Poi hanno chiesto a Wolff che cosa ne pensasse del fatto che la sua ex moglie si sia risposata con uno dei suoi ex piloti. Se vuoi un parere sincero, avresti fatto meglio a continuare a frequentare Nicole Scherzinger, Rihanna o qualche altra modella, come succedeva molti anni fa.»
    «Devo assolutamente correre da Susie» osservò Lewis. «Sarà sicuramente rimasta traumatizzata da un momento così imbarazzante.»
    «No, sembra che se la sia cavata. A proposito, perché non hai guardato la conferenza stampa, ieri? Non è professionale da parte tua: sei il marito di una team manager, il padre di un pilota... perché lasci i tuoi familiari abbandonati a sé stessi?»
    «Mhm... perché magari i miei familiari non vogliono essere disturbati? Non sono tutti come tua figlia, che accetta costantemente la tua presenza intralciante.»
    «La mia presenza non è intralciante.» Sebastian ridacchiò. «Lo sai chi è che intralcia? Quel vecchiaccio di Max, che è tornato in Formula 1 giusto per impedirle la possibilità di debuttare qui a Baku. Sono certo che l’abbia fatto come vendetta nei miei confronti.»
    Lewis alzò gli occhi al cielo.
    «Hai lasciato la Ferrari da anni e anni, eppure sei ancora un fanatico delle teorie del complotto, a quanto vedo. Da certe malattie non si guarisce mai.»
    «Non può essere un caso» insisté Sebastian. «Max non ha mai apprezzato quella volta in cui l’ho battuto in extremis.»
    «Se ben ricordo, non se l’è presa con te. Il colpevole di tutto, a suo dire, era quel poveretto che ha avuto l’occasione della vita e che l’ha colta superandolo. Che cosa doveva fare, rimanere dietro a guardargli il retrotreno quando aveva la possibilità di portare la Haas sul tetto del mondo? Certo, non è mai stato nulla in confronto a me, ma almeno ha avuto l’onore di portarsi a casa la prima vittoria.»
    «Non farmi pensare a quel gran premio. Max era incazzato nero. Non so cos’avrebbe fatto, se Coulthard non l’avesse trattenuto, prima di salire sul podio.»
    «Probabilmente sarebbe terminato tutto con una rissa in stile NASCAR. Il mondo si è perso uno spettacolo che non si vede tanto spesso, in Formula 1, ma avrebbero avuto modo di rifarsi, visto che quel duo è sempre stato piuttosto esplosivo.» Dopo quel vecchio ricordo, Lewis tornò a concentrarsi sul presente. «È meglio che vada da Susie, adesso. Ci vediamo in giro. Magari potremmo radunarci tutti nell’area hospitality della Ferrari come ospiti di Felipinho e guardarci la gara da là, insieme a Daniel e Felipe. Saremmo molto lieti di averti con noi. Ogni tanto dovresti venire a trovarci a Montecarlo.»
    «A me pare che ci vediamo abbastanza spesso anche sui circuiti.»
    «Solo nelle occasioni formali, appunto. Non ti piacerebbe trascorrere un bel pomeriggio in piscina con me, Daniel, Felipe, Nico e Max?»
    «No, grazie. E non lo dico per te o per i primi tre che hai menzionato.»
    Lewis sospirò.
    «Sono passati anni. Non è ora che tu e Max la smettiate di pensare alle vecchie rivalità e non iniziate a godervi un po’ la vita?»
    «Certo che possiamo goderci la vita» confermò Sebastian, mentre Lewis iniziava già ad allontanarsi, diretto verso il box della Venturi. «Io mi godo la mia e Max si gode la sua.»

    ***

    Nei weekend di gara, di solito, Max non si lasciava distrarre da nulla, quindi per lui le chiacchiere a proposito del matrimonio tra Lewis Hamilton e Susie Stoddart non erano altro che aria. Quello che accadeva in pista, invece, gli interessava molto di più: durante il suo giro veloce nella prima sessione di prove libere era stato rallentato da una vettura che procedeva lentamente davanti a lui.
    Avrebbe lasciato correre, in circostanze normali: era soltanto una sessione di prove libere, dopotutto, e il tempo realizzato non contava quasi nulla. Quelle, tuttavia, non erano circostanze normali: la vettura che l’aveva rallentato era un’Alfa Romeo e, per non commettere gaffe, Max si era debitamente informato su quale delle Alfa Romeo fosse, quella che si era ritrovato davanti.
    Gli avevano confermato che si trattasse di Charles Leclerc.
    “Proprio come sospettavo.”
    Non era certo che Charles l’avesse fatto apposta, ma non si sarebbe stupito particolarmente. A quanto pareva si era dimenticato che mettersi contro di lui era una decisione tutt’altro che saggia. Si diresse verso il box dell’Alfa Romeo, schivando due o tre giornalisti che gli venivano incontro con aria minacciosa tenendo il microfono in mano.
    Trovò Charles accanto alla sua monoposto. Era ancora in tuta e stava borbottando qualcosa. Max non avrebbe saputo dire se stesse parlando da solo o con l’auto.
    Certo che non ci fosse nessuno pronto a fermarlo, entrò nel box e si parò di fronte al suo vecchio rivale, mettendolo di fronte alle sue responsabilità.
    «Quando vuoi andare ai due all’ora, controlla negli specchietti che non ci sia nessuno dietro di te! Hai rovinato il mio giro!»
    Charles lo guardò storto.
    «Di cosa parli? E soprattutto, che cosa sei venuto a fare qui?»
    «Sono venuto qui perché desidero delle spiegazioni. Si può sapere che intenzioni avevi? Se non avessi frenato, ti sarei venuto addosso!»
    «Però hai frenato, mi pare. Quindi che bisogno c’è di venire da me a parlare di nulla?»
    «Gli anni passano, ma sei sempre lo stesso» insisté Max. «Stai sulla mia strada fin da quando eravamo bambini e non ti sei ancora deciso a smetterla di intralciarti.»
    «Per “stare sulla tua strada” intendi che non ho mai steso il tappeto rosso al tuo passaggio?» ribatté Charles. «In tal caso, sei tu che hai troppe pretese. Non sono qui per far passare i piloti delle squadre più importanti... che poi, vogliamo parlarne? La Redbull, al giorno d’oggi, mi pare tutto tranne che importante, se...»
    Max lo interruppe: «Non ti ho chiesto di spianarmi la strada in gara. Se sei già talmente rintronato da non capire la differenza tra una gara e una sessione di prove libere, forse faresti meglio a ritirarti dalle competizioni e a lasciare il volante a gente più giovane e meritevole di te.»
    «Non mi sembra che qualche giovane stia reclamando il mio volante o che la squadra mi consideri troppo vecchio» puntualizzò Charles. «Mi sembra che sia tu, piuttosto, quello che era considerato troppo vecchio per rimanere in Formula 1 e che, di conseguenza, è stato costretto a elemosinare per anni un volante in endurance, prima di rientrare dalla finestra non appena se ne è presentata la possibilità.»
    «Stai dicendo che sono un pilota finito, per caso?»
    Charles gli strizzò un occhio.
    «Dopo oltre vent’anni passati ad alti livelli non sarebbe così grave, non credi?»
    «Ho ancora tante cose da dimostrare, io. Forse sei tu che, ormai, non puoi più dimostrare quello che non hai mai dimostrato.»
    «Toglimi una curiosità, sai fare anche qualcos’altro, oltre a screditare i risultati altrui?»
    «Sì, mandarti a sbattere contro le barriere. Se provi a rallentarmi un’altra volta è esattamente quello che ti succederà.»
    «Se hai il desiderio impellente di ricordare al mondo il nostro burrascoso passato, accomodati pure... Il problema è che ormai sei vecchio. Da una simile cazzata potrebbe dipendere il tuo futuro.»
    Max gli ricordò: «Anche il tuo.»
    Charles scosse la testa.
    «Non penso proprio. Quella volta, tanti anni fa, abbiamo fatto entrambi la figura dei cretini, ma stavolta la faresti tu, da solo.»
    «Vedo che con l’età sei diventato un uomo saggio.»
    «Non ci vuole molto a diventare uomini saggi» ribatté Charles. «Ci sono bambini di dodici e tredici anni che si riferiscono a noi come “quelli della rissa nella pitlane”.»
    «Quei bambini farebbero bene a guardare un po’ di NASCAR, se sono così puritani.»
    «Non è che siano puritani. È che c’era un gran premio in corso, che c’erano i detriti del nostro incidente sparsi per la pista e che nel frattempo le vetture stavano passando per la pitlane dietro alla safety car. Siamo stati fortunati a non essere investiti e a non essere radiati a vita dalle competizioni. Purtroppo siamo non siamo stati fortunati abbastanza da non diventare una meme, ma appunto, sarà meglio evitare di tornare a diventarlo.»
    «Complimenti per la perspicacia, uomo saggio. Ricordati di usare la tua saggezza anche quando ci incontriamo in pista, invece di rovinare i miei giri. Se osi farlo di nuovo in qualifica, sarò lieto di buttare la mia maturità in un cesso.»
    Qualcuno, alle sue spalle, si schiarì la voce.
    Max si girò e vide David Coulthard.
    Spalancando gli occhi, gli domandò: «Che cosa ci fai qui?»
    L’ex pilota, da vari decenni telecronista per la TV britannica, puntualizzò: «Potrei farti la stessa domanda. Oppure potrei prenderti per le orecchie e trascinarti fuori da qua.»
    «Non vedo perché dovresti.»
    «Perché siete come la benzina e il fuoco, voi due. Lasciarvi l’uno vicino all’altro non è mai una cosa positiva.»
    «Suvvia, David, abbi un po’ di fiducia in me. Io e Charles stavamo solo definendo quando gli è concesso rallentarmi senza che lo uccida e quando no.»
    «E magari anche quando gli è concesso superarti?» azzardò Coulthard. «Perché, se non sbaglio, una volta avevi da ridire anche su questo.»
    «Non è che avessi da ridire, è che Charles si è messo in mezzo alla mia lotta per il titolo. Di fatto, ha consegnato il titolo a Vettel, sorpassandomi. Non trovo giusto tutto ciò, avrebbe dovuto fare la sua gara, invece di interferire con la mia.»
    «Ti ricordo che stavo facendo la mia gara» precisò Charles. «Anzi, se proprio lo vuoi sapere, non avevo nemmeno idea di chi fossi, quando ti ho superato.»
    «Forse ti sarai accorto che la mia macchina era grigio argento.»
    «Sì, so che ne avevo una davanti e una dietro. In quel momento non mi interessava chi ci fosse davanti e chi ci fosse dietro. Tu facevi la tua gara e io facevo la mia.»
    «Non stavi facendo la tua gara. Stavi interferendo con...»
    Charles lo interruppe: «Parla quello che non stava mai in mezzo... Tu quando avevi a che fare con piloti in lotta per il titolo cosa facevi? Stando a quanto ricordo, ti mettevi in mezzo tanto quanto me, oppure li speronavi a caso, uno una gara, l’altro quella dopo, per non fare un torto a nessuno!»
    «Io guidavo una Redbull» gli ricordò Max. «Non lottavamo per il mondiale, però eravamo un top team.»
    «Quindi io che guidavo una semplice Haas, invece, dovevo mettermi da parte, in un angolo e non disturbare nessuno, giusto?»
    «Sì, è quello che i piloti del tuo calibro fanno, di solito.»
    «Non dire cazzate. Hai mai sentito parlare di Vitaly Petrov? Ecco, quello ha avuto molto meno successo di me, in carriera, ma non mi risulta che se ne stesse da parte in un angolo.»
    Max sbuffò.
    «Vitaly Petrov. Se ci fossi stato io dietro a lui, col cavolo che mi sarei fatto portare via il mondiale per la sua presenza. Me lo sarei messo dietro in un battito di ciglia.»
    «Sì, qualora non vi foste spalmati tutti e due contro a un muro non ho problemi a crederci» ammise Charles. «Certo, le probabilità di finire la gara sarebbero state molto basse, ma pazientare dietro a qualcuno per più di trenta secondi non è nel tuo stile.»
    «Stai dicendo qualcosa di positivo su di me, Charles?»
    «Sì, ma solo per convincere questo vecchio telecronista che non faremo danni.»
    Il “vecchio telecronista” ribatté: «Portami rispetto, ragazzino. Ti ricordo che, quando io venivo tamponato da Schumacher, tu te ne andavi ancora in giro in passeggino.»
    «Ottima osservazione, David» convenne Max. «Fatti rispettare da questo coglioncello.»
    «E tu» gli ricordò Coulthard, «Cerca di non dimenticare che andavi in giro in passeggino anche tu, a quell’epoca.»
    «Va bene, ma non dimenticarti che io me ne starò ancora al volante di una monoposto quando tu potrai andare in giro solo con il deambulatore.»
    «Veramente non pianifico di utilizzare il deambulatore in tempi brevi e non sono certo che tu abbia ancora molto tempo davanti.»
    Con quelle parole David Coulthard si allontanò.
    Max si scambiò un ultimo sguardo con Charles.
    «Spero che ti sia chiaro cosa devi fare a partire da adesso.»
    «Penso di sì. Imprecare quando mi appresterò a doppiarti.»
    «Non scherzare. Sarò io a doppiare te.»
    «Lo vedremo, dato che una volta ti ho doppiato anche quando guidavamo vetture gemelle.»
    «Ah, sì. A Singapore, quando ho corso nonostante un’intossicazione alimentare. Non ricordo altre volte in cui mi hai battuto.»
    «Mangiare pesce fa bene alla memoria. Immagino che tu abbia smesso di mangiarne subito dopo essere rimasto intossicato, quindi hai la tendenza a dimenticare ciò che preferisci non ricordare.»

    ***

    I risultati della seconda sessione di prove libere confermarono quanto si era già visto nella prima: la Haas aveva qualcosa in più, sul circuito cittadino di Baku. L.J. non avrebbe potuto disporre di una vettura migliore, per il weekend del suo debutto, ma era certo che sui social network fosse già partita una campagna mediatica contro di lui, colpevole di avere girato più lentamente del suo compagno di squadra, poco importava che Sebastian Montoya fosse in Formula 1 da quattro anni e che conoscesse la monoposto molto meglio di lui.
    Se non altro, realizzò L.J., almeno sarebbe stato criticato per i suoi risultati in pista, non per quello che era successo il giorno precedente in conferenza stampa. Per fortuna né suo padre né Susie gli erano apparsi molto infastiditi, dopo che aveva rivelato il loro matrimonio segreto in mondovisione, ma ormai la figuraccia l’aveva fatta ed era destinato ad essere lo zimbello della famiglia Hamilton-Stoddart per gli anni a venire.
    Quando raggiunse il suo fratellastro Jack Wolff nel suo box, dopo il termine delle qualifiche della Formula 2, per andare a complimentarsi con lui per la pole position, Jack lo accolse con un commento sui fatti del giorno prima.
    «Oggi che segreto hai rivelato?»
    L.J. sospirò.
    «Ah ah, come sei simpatico...»
    «Sei tu che te la sei cercata» ribatté Jack. «Come ti è venuto in mente di raccontare a tutti che mia madre e tuo padre si sono sposati? C’è mancato poco che a Toto Wolff venisse un infarto...»
    «Non dire assurdità, lui e Susie si sono lasciati da tanti anni e sapeva perfettamente con chi stesse insieme la sua ex moglie. Va bene che ormai è avanti con gli anni, ma sono sicuro che siano altre le cose che possono traumatizzarlo...»
    «Ad ogni modo avresti dovuto fare più attenzione. Volevano essere loro ad annunciare il matrimonio, solo che non riuscivano a mettersi d’accordo su come e quando.»
    «Quindi, di fatto» intervenne una voce femminile alle loro spalle, «L.J. ha solo facilitato le cose, risolvendo un grosso problema.»
    L.J. lanciò a Naila Rosberg, la compagna di squadra di Jack Wolff in Formula 2, nonché sua vicina di casa a Montecarlo, un’occhiata carica di gratitudine.
    «Sapevo che qualcuno sarebbe stato dalla mia parte.»
    «Però avreste potuto informarmi del matrimonio» puntualizzò Naila. «Potete fidarvi di me. Sarei stata muta come Kimi Raikkonen.»
    «Mio padre e Susie volevano che mantenessimo il riserbo più assoluto. Non c’era nessun invitato, ma solo io e Jack come testimoni.»
    «Che cosa romantica. Non riesco a immaginarmeli mentre si sposano in gran segreto, con soltanto i loro figli.»
    «Sì, lo so, non è per niente nello stile di mio padre» ammise L.J., «Però si è molto calmato, rispetto al passato. Adesso non fa niente di esagerato, a parte andarsene in piscina su un materassino a forma di unicorno di proprietà di Daniel Ricciardo. Tra parentesi, quel materassino è orribile. Se non fosse del piccolo Danny, non sono sicuro che resisterei alla tentazione di bucarlo.»
    «Non farlo mai!» replicò Naila. «Da bambina sono rimasta traumatizzata, quando mi hai bucato il salvagente. Eri un piccolo teppista!»
    «Tu non eri da meno» le ricordò L.J., «Dato che, dopo che ti sei ripresa dalla rottura del tuo salvagente, ne abbiamo combinate di tutti i colori insieme.»
    «Non dire assurdità. Abbiamo fatto solo cose innocenti.»
    «Tipo rubare a tua sorella tutti i suoi adesivi delle principesse Disney e attaccarli sui muri del garage di Eddie Jordan.»
    «Sarebbe stato bello essere un vostro vicino di casa, quando ero bambino» ammise Jack. Si rivolse a Naila. «Io, però, non mi sarei mai permesso di bucarti il salvagente. Anzi, ti avrei aiutato a vendicare la memoria del salvagente stesso.»
    L.J. ridacchiò.
    «Lo sappiamo tutti che sei un ragazzo galante, specie nei confronti della tua compagna di squadra. Mi raccomando, se un giorno doveste sposarvi di nascosto, non fatemelo sapere, non vorrei mai annunciarlo in conferenza stampa.»
    «Non succederà. Sono troppo giovane per sposarmi.»
    «Quindi il tuo rifiuto dipenderebbe solo dall’età...»
    «Smettila di inventarti dei gossip» lo pregò Jack. «È una cosa molto adatta per i vecchi telecronisti, un po’ come Felipe Massa sulla TV brasiliana.»
    «Sei rimasto indietro» lo informò L.J. «A partire da quest’anno, Massa non lavora più per la televisione brasiliana. È passato alla Rai, la TV di Stato italiana, che ha ricomprato dopo quasi vent’anni i diritti per trasmettere il mondiale di Formula 1.»
     
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    Eeeeeeeeeeeeeeccoci quaaaaaaaaaaaaa!!
    Sono avvenute tante cose interessanti in questo capitolo, come il matrimonio tra Lewis e la Susina divenuto di dominio pubblico grazie a quel gran genio (come lo definirebbe Ferni) di L.J.
    Meraviglioso Vettel complottaro. Avere un account Twitter privato sotto falso nome non lo ha salvato dal lato oscuro dei social network.
    Coulthard che tiene a bada Verstappen (che pare aver ereditato la simpaticissima verve del padre) e Leclerc, entrambi vicini alla pensione, è qualcosa di epico. A proposito: Charles ha vinto qualche titolo? Mi sembra anche che abbia spaccato il cu*o non poche volte a Max, stando a quello che dicono.
    Non oso immaginare cosa voglia dire avere nel proprio palazzo due pesti scalmanate come L.J. e Naila (sarebbe epico se li shippassi, con tutto il rispetto per Jack, giusto per far venire un infarto ai 4 Ever Mercedez-Boyz).
    CITAZIONE
    «Smettila di inventarti dei gossip» lo pregò Jack. «È una cosa molto adatta per i vecchi telecronisti, un po’ come Felipe Massa sulla TV brasiliana.»
    «Sei rimasto indietro» lo informò L.J. «A partire da quest’anno, Massa non lavora più per la televisione brasiliana. È passato alla Rai, la TV di Stato italiana, che ha ricomprato dopo quasi vent’anni i diritti per trasmettere il mondiale di Formula 1.»

    AAAAAAAAAAAAAH!! FELI IN CABINA DI REGIA CON MAZZONI!!
    PRESTO, PRENDETE L'ACQUA SANTA, UN CORNO NAPOLETANO E IL LIBRO CON TUTTE LE FORMULE DI CONTROGUFATA!!
     
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    Eeeeeeeeeeeeeeccoci quaaaaaaaaaaaaa!!
    Sono avvenute tante cose interessanti in questo capitolo, come il matrimonio tra Lewis e la Susina divenuto di dominio pubblico grazie a quel gran genio (come lo definirebbe Ferni) di L.J.
    Meraviglioso Vettel complottaro. Avere un account Twitter privato sotto falso nome non lo ha salvato dal lato oscuro dei social network.

    Il profilo Twitter con nome falso non poteva mancare. :lol:
    Le teorie del kompl8 nemmeno! :woot:

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    Coulthard che tiene a bada Verstappen (che pare aver ereditato la simpaticissima verve del padre) e Leclerc, entrambi vicini alla pensione, è qualcosa di epico. A proposito: Charles ha vinto qualche titolo? Mi sembra anche che abbia spaccato il cu*o non poche volte a Max, stando a quello che dicono.

    Al momento non è chiaro se Charles abbia vinto dei titoli.
    Nemmeno nella mia testa. :lol:

    CITAZIONE
    Non oso immaginare cosa voglia dire avere nel proprio palazzo due pesti scalmanate come L.J. e Naila (sarebbe epico se li shippassi, con tutto il rispetto per Jack, giusto per far venire un infarto ai 4 Ever Mercedez-Boyz).

    Magari anche i Mercedes Bros vogliono riunire le loro casate contro la stirpe dei Fernipe Jr. :aah:

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    AAAAAAAAAAAAAH!! FELI IN CABINA DI REGIA CON MAZZONI!!
    PRESTO, PRENDETE L'ACQUA SANTA, UN CORNO NAPOLETANO E IL LIBRO CON TUTTE LE FORMULE DI CONTROGUFATA!!

    Plot-twist! :P
     
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