I Colori del Destino

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    Capitolo 5.

    Rientrando dal lavoro, Beatrice non fu affatto sorpresa di scoprire che, come accadeva per circa venti weekend all’anno, Anthony aveva assistito alle qualifiche. Il televisore era ancora acceso, nonostante l’ultima sessione fosse terminata. Il telecronista parlava della pole position ottenuta da Sebastian Montoya, figlio d’arte pilota della Haas arrivato in Formula 1 dopo un inizio di carriera negli Stati Uniti che l’aveva portato a diventare campione di Indycar qualche anno prima. Al suo fianco sarebbe partita Juju Noda, un’altra figlia d’arte, del cui padre, tuttavia, erano in pochi a ricordarsi. La giapponese, che aveva girato negli anni precedenti alcune delle scuderie di fondo classifica, si era accasata, per quella stagione e forse per quelle a venire, all’Alfa Romeo.
    Dietro di loro, in terza e quarta posizione, si erano classificate un po’ a sorpresa la Mercedes di Esteban Ocon e la McLaren di Dayton Coulthard. La migliore delle Ferrari era stata quella di Felipinho Massa, che sarebbe stato affiancato dall’Alfa Romeo di Charles Leclerc, mentre la Redbull di Max Verstappen sarebbe partita dalla settima posizione al fianco della Mercedes di Pascal Wehrlein, il pilota più anziano presente in pista, che aveva già annunciato il proprio ritiro dalle competizioni al termine del campionato.
    La Ferrari di Mick Schumacher aveva ottenuto la nona posizione, mentre il nuovo arrivato L.J. Hamilton si era dovuto accontentare dell’ultima posizione della top-ten.
    Anthony fissava il teleschermo come se fosse incantato, tanto che Beatrice fu costretta ad agitargli una mano davanti agli occhi affinché si accorgesse della sua presenza.
    Solo a quel punto il ragazzo si girò verso di lei.
    «Ti sei persa una qualifica stupenda» la informò. «Erano tutti vicinissimi. Anche l’accesso in top-ten non è stato per niente scontato. Pensa che c’è mancato poco che si classificassero tra i primi dieci entrambe le McLaren!»
    «Non capita da molto tempo, mi pare.»
    «Già, da oltre un anno. Inoltre Daniel Hakkinen non si è mai qualificato in top-ten, per il momento. Sarebbe epico se succedesse! Peccato, inoltre, che abbia quindici anni in meno di Mick Schumacher. Un ipotetico duello tra di loro sarebbe epico. Chissà se Zonta ha figli.»
    «Zonta?»
    «Sì, se avesse un figlio potrebbe essere utile per lo spettacolo, qualora l’ipotetico duello tra seconde generazioni avvenisse a Spa.»
    Beatrice ridacchiò.
    «Quel duello a Spa è avvenuto quattordici o quindici anni prima della tua nascita.»
    «Lo so, ma il web è pieno di filmati d’epoca. Ti dirò, tuttavia, che quel sorpasso, secondo me, è un po’ sopravvalutato. Sono convinto che ce ne siano stati parecchi migliori, ma che magari non siano stati presi in considerazione perché non erano per la prima posizione.»
    Beatrice fece un sospiro.
    «Perché, quando mai qualcuno fa attenzione a quello che succede, se non succede tra le prime posizioni? Ci vogliono dei veri intenditori come te.»
    «O come te. Dopotutto sei tu che mi hai trasmesso la passione per la Formula 1.»
    Anthony esagerava. Beatrice era convinta che fosse anche una questione genetica: suo figlio aveva sempre dimostrato un amore intenso per il motorsport ed era convinta che il suo DNA avesse determinato, almeno in parte, i suoi interessi.
    Preferì non toccare quell’argomento, dato che Anthony non si era mai rassegnato del tutto a non conoscere l’identità di suo padre e che più di una volta aveva dichiarato che, se poteva essere certo che i suoi tratti fisici escludessero che si trattasse di Lewis Hamilton o Kamui Kobayashi, chiunque altro avrebbe potuto essere un perfetto candidato.
    Per evitare l’insorgere di un simile discorso, gli domandò: «Polemiche ce ne sono state?»
    «Niente di che.»
    «Peccato, la cosa mi delude. Ci vuole qualche bella polemica per riscaldare gli animi e attirare qualche spettatore occasionale in più.»
    «Mhm...» Anthony parve riflettere. «Ah, dimenticavo, una cosa c’è: Cindy Ferrucci ha scritto sui suoi profili social di avere visto Nicolas Todt e Toto Wolff incontrarsi in gran segreto nel paddock e che è convinta che, di conseguenza, Ferrari e Mercedes abbiano qualcosa da nascondere.»
    «Capisco... anzi, non capisco. Com’è possibile incontrarsi “in gran segreto” nel paddock durante un weekend di gara?»
    «Non lo so, ma la Ferrucci ne sembra molto convinta. Naturalmente qualche domanda a Todt e Wolff è scappata, ma non hanno rilasciato dichiarazioni in proposito.»
    «La cosa non mi sorprende.»
    «Neanch’io ne sono particolarmente sorpreso, ma sono certo che fioccheranno tante teorie del complotto. Chissà, magari i fanboy americani inizieranno a immaginarsi un complotto delle squadre europee contro la Haas...»
    «I fanboy si immaginano sempre tante cose» decretò Beatrice. «Il problema è che di solito se le immaginano quando la loro squadra non vince. In questo caso, non vedo perché i tifosi della Haas dovrebbero prendersela con la Mercedes o con la Ferrari. Sono ben lontane dall’essere rilevanti.»
    «Qualcuno» la informò Anthony, «Ha già detto che L.J. Hamilton è andato piano di proposito, in qualifica, per favorire la Mercedes.»
    «Perché mai L.J. Hamilton dovrebbe favorire la Mercedes?»
    «Perché è la squadra con cui suo padre ha vinto cinque mondiali.»
    «Oh. Peccato che non ci sia più la Benetton, altrimenti si potrebbe accusare Max Verstappen di avere tentato di favorirla, perché è l’unica squadra con cui, a suo tempo, suo padre è salito sul podio. Anzi, se non vado errata la vecchia Benetton era la Renault. Come sono andate le Renault? È possibile che il loro risultato dipenda da Verstappen?»
    «Non credo, dato che sono uscite di scena quasi subito.»
    «Peccato, la mia teoria del complotto è andata in frantumi ancora prima che finissi di formularla. Parlando di cose serie, a che ora è la gara, domani?»
    «Alle 15.00, come tutti i gran premi europei.»
    «Baku è in Europa?»
    «Una volta era sede del gran premio d’Europa. Dopotutto Imola non è nella Repubblica di San Marino, il Nürburgring non è in Lussemburgo e, soprattutto, non mi risulta che a Okayama abbiano gareggiato su delle navi, quindi non è in mezzo alle acque dell’Oceano Pacifico.»
    «Okayama?» obiettò Beatrice. «Perché, quand’è che la Formula 1 correva a Okayama?»
    «Quando tu eri ancora in culla, credo. È il gran premio in cui Rubens Barrichello salì sul podio per la prima volta.»
    «Posso dire una cosa senza che ti offendi, Anthony?»
    «Sì, certo.»
    «Sei un’enciclopedia del motorsport. A volte sono preoccupata dalla quantità di informazioni sulla Formula 1 che il tuo cervello può assimilare.»
    Anthony ridacchiò.
    «Ne sono preoccupato anch’io, se ti può consolare.»
    «Adesso, però, non preoccuparti troppo anche di cose come l’incontro tra Todt e Wolff. Mi avevi promesso che oggi pomeriggio saresti andato a fare la spesa.»
    «Il tempo di guardare la conferenza stampa, poi vado.»

    ***

    La telecronaca era finita e Gianfranco Mazzoni aveva dato la linea allo studio. Quando fu certo di non essere più in diretta, Felipe osservò: «Non avresti dovuto parlare del matrimonio tra Susie Stoddart e Lewis Hamilton proprio mentre Hakkinen rimaneva fuori dalla top-ten. Come al solito sui social tanta gente scriverà che sei troppo anziano per fare il telecronista e che dovresti andare in pensione...»
    «Non mi interessa quello che scrive la gente sui social» replicò Gianfranco. «So che quello che sto per dire sembra banale, ma sai bene quanto me quanto sia faticoso fare una telecronaca. Se non succede niente devi inventarti qualcosa da dire, se succede qualcosa devi interromperti per parlare di quello che è successo, poi ricominciare... So anch’io che alla mia età potrei tranquillamente smetterla di commentare gare, ma ho scelto di tornare per passione e non saranno le critiche di qualche saccente tifoso da bar a farmi cambiare idea. Parlando di cose serie, invece, che cos’è quella storia tirata fuori dalla Haas a proposito di un incontro segreto tra Nicolas Todt e Toto Wolff?»
    «Non saprei, perché lo chiedi a me?»
    «Tuo figlio corre per la Ferrari. Se succede qualcosa di inconsueto, immagino che tu lo sappia.»
    «Se sapessi certe cose, sarebbero comunque informazioni riservate» ribatté Felipe. «Comunque non ne so nulla. Probabilmente la First Lady della Haas ha visto Todt e Wolff che parlavano e si è fatta qualche viaggio mentale di troppo. Molta gente tende a vedere dei complotti dappertutto. Non si rende conto che i membri dei team sono dotati di parola e non è così strano vedere gente che appartiene a squadre diverse che comunica.»

    ***

    «Mick?»
    «Sì?»
    «Todt ti stava cercando. Dov’eri?»
    «In bagno.»
    «Vai da lui. Ha bisogno di parlarti con urgenza.»
    «Il tempo di cambiarmi e...»
    «No, Todt ha detto subito. È urgente. Dovresti già essere da lui.»
    Mick fu scosso da un brivido.
    Non appena il suo ingegnere lo informò che il team manager desiderava vederlo subito, iniziò a farsi molti più film di quanti avrebbe dovuto.
    Sapeva di avere i giorni contati. Aveva ormai trentasette anni e aveva già avuto qualche contatto con alcuni team del DTM. Non intendeva lasciare le competizioni, ma si rendeva conto che in un futuro a breve termine avrebbe dovuto cambiare categoria, dal momento che la Ferrari era vista come “un top team in difficoltà” e non aveva risultati al di sopra delle aspettative al punto tale da consentirgli di diventare un pezzo da museo proseguendo la sua carriera nella massima serie per ulteriori anni.
    Ciò che non gli era chiaro era perché fosse necessario avere una discussione del genere nell’immediato, dopo le qualifiche del gran premio dell’Azerbaijan.
    Quando giunse al cospetto del team principal, volle essere il primo a parlare.
    «So cosa devi dirmi?»
    «Ah, sì? So che le notizie volano, nel paddock, ma non fino a questo punto.»
    «Si tratta del mio contratto, giusto? Sappiamo tutti che l’intento della squadra è quello di promuovere Robin Raikkonen, il prossimo anno, e...»
    «Robin Raikkonen non c’entra nulla in questa faccenda» replicò Nicolas Todt. «Ti ho convocavo perché volevo essere io a informarti di una grossa novità. Come ben sai, Wehrlein si ritirerà alla fine della stagione e non è chiaro se Ocon proseguirà...»
    Mick aggrottò la fronte.
    «Cosa c’entriamo noi? Wehrlein e Ocon sono entrambi avanti con gli anni, è chiaro che non resteranno in eterno.»
    Finalmente Nicolas Todt venne al punto.
    «Ho parlato con Toto Wolff. La Mercedes ci ha fatto un’offerta interessante.»
    «Che tipo di offerta interessante?»
    «Non scenderò nei dettagli, perché certi aspetti non ti riguardano, ma sappi che ti vorrebbero al posto di Wehrlein, nella prossima stagione.»
    Mick rimase interdetto.
    La Mercedes voleva ingaggiarlo per il campionato successivo?
    Todt proseguì: «Se tu accettassi, sarebbe la soluzione migliore per tutti, non credi?»
    «Io avrei un volante, la Mercedes avrebbe il mio cognome scritto su una delle monoposto, il piccolo Raikkonen potrebbe prendere il mio posto e, qualunque cosa riguardi l’accordo con la Mercedes, la Ferrari ne trarrebbe dei vantaggi. È così?»
    «Hai una visione molto materialista della realtà, ma la tua interpretazione non si discosta così tanto dalla verità.»
    «Capisco.»
    «Capirai anche che, quando avrai dei contatti con la Mercedes, non dovrai fare parola di questa nostra conversazione.»
    Mick annuì.
    «Messaggio recepito. Fingerò di non sapere ancora nulla.»
    «Perfetto.»
    «E poi? Cosa ti aspetti che faccia?»
    «Mi aspetto che tu analizzi i costi e i benefici dell’operazione.»
    «Il che significa che, comunque vada, Robin Raikkonen avrà il mio volante. Di conseguenza, devo decidere se il vostro accordo deve andare in porto oppure no, ma che se l’accordo non va in porto ci rimetto in prima persona, perché non avrò un volante.»
    «Questo l’hai detto tu, non io.»

    ***

    «Pronto?»
    «Audrey, sono Cindy.»
    «Che piacere sentirti. Dove sei?»
    «In Azerbaijan, per il gran premio. Credi di essere libera tra una decina di giorni?»
    «Per cosa?»
    «Per fare un viaggio a Montecarlo a mie spese. Ho una certa questione abbastanza importante da risolvere e tu potresti essermi molto d’aiuto.»
    «Parli sul serio?»
    «Sì che parlo sul serio. Accetti?»
    Cindy non ebbe nemmeno bisogno di attendere la risposta. Sapeva che Audrey non le avrebbe detto di no e che, a Monaco, avrebbe potuto contare sul suo aiuto.
    Quando ne fu certa, salutò la sorella e riattaccò.
    Qualunque cosa Ferrari e Mercedes avessero in mente, non avrebbero avuto vita facile...

    ***

    Le luci rosse del semaforo si accesero, una dopo l’altra. Mentre nel paddock iniziavano a girare chiacchiere sempre più insistenti a proposito del fatto che Nicolas Todt e Toto Wolff fossero stati visti confabulare l’uno con l’altro, la feature race della Formula 2 si apprestava a iniziare.
    Ventidue vetture con telaio Dallara e motore Honda, almeno sulla carta tutte uguali le une alle altre, erano già schierate sulla griglia di partenza.
    Poi si spensero.
    Jack Wolff ebbe un ottimo spunto, ma ci fu chi partì meglio di lui.
    La sagoma della vettura di Emilie Vettel, pilota di riserva della Redbull parallelamente impegnata in Formula 2, si fece largo dalla terza fila.
    Jack ed Emilie arrivarono affiancati alla prima curva.
    Poi le loro auto si agganciarono.
    A L.J. sfuggì un mezzo sorriso. Era bello vedere che la Formula 2 non era cambiata, rispetto a quando l’aveva lasciata un anno e mezzo prima, dopo essersi classificato secondo nel campionato, per assumere il ruolo di terzo pilota della Haas. Certo, Jack non sarebbe stato per niente soddisfatto, ma avrebbe avuto modo di rifarsi.
    Precipitato nelle ultime posizioni, fu costretto a una sosta ai box già al termine del primo giro. Emilie, invece, dopo avere lungamente sbraitato alla radio, non poté fare altro che abbandonare la propria monoposto e dirigersi, a piedi, verso la pitlane.
    Come suo solito, tenne il casco in testa per evitare domande da parte di eventuali giornalisti. Poi, invece di raggiungere il proprio box, andò a infilarsi da qualche parte dove era certa che nessuno l’avrebbe disturbata... o meglio, dove nessuno l’avrebbe disturbata se L.J. non fosse riuscito a trovarla.
    Gli era capitato spesso di parlare con Emilie, nei mesi precedenti. Entrambi condividevano il ruolo di riserve, anche se parallelamente Emilie continuava a correre in Formula 2, e tutti e due convivevano con le poche certezze che il loro ruolo riservava.
    Quando la raggiunse, si era già sfilata il casco: quantomeno aveva ereditato qualcosa dal padre, piuttosto che da Kimi Raikkonen.
    Per prima cosa gli scoccò un’occhiataccia, poi gli domandò: «Come mai sei qui?»
    L.J. cercò di mantenere la calma: quegli occhi azzurri così brillanti lo attiravano come due calamite.
    «Ti cercavo.»
    «Potevi risparmiartelo.»
    «Tanto lo so che ti fa piacere.»
    «Come no. Wolff mi ha appena buttato fuori e tu vieni qui a rompere. Perché non te ne vai a f...»
    L.J. la interruppe: «Bada a come parli. Cosa direbbe tuo padre se potesse sentirti?»
    «Non credo che si scandalizzerebbe per una parolaccia» ribatté Emilie. «A casa non gliene ho mai sentita pronunciare una, ma ho guardato qualche gran premio, ai suoi tempi. Non faceva altro che imprecare dalla mattina alla sera.»
    «Mi rendo conto che per te deve essere un’importante fonte di ispirazione, ma potresti cercare di imitarlo in altre cose.»
    «Grazie per la tua lezione di vita. Perché non vai a dire al tuo fratellastro di non buttarmi fuori solo perché pensa che le gare si vincano alla prima curva?»
    «Perché è ancora in pista. E poi perché non mi ascolterebbe. Infine, perché non sono sicuro che sia stato Jack a buttare fuori te.»
    Emilie spalancò gli occhi.
    «Per caso sei venuto qui per dirmi che è colpa mia?»
    «No, sono venuto qui per dirti che, anche se oggi è andata male, non devi perdere le speranze per domani. Non guardare quello che scrivono sui social, non ascoltare quello che dicono su di te. Io ho evitato di informarmi sulle voci che circolano dopo la mia qualifica. Probabilmente qualcuno sosterrà che la Haas dovrebbe riprendersi immediatamente Colton Herta.»
    Emilie ridacchiò.
    «Chissà, magari avrebbe fatto una qualifica migliore della tua.»
    «Molto probabilmente sì» ammise L.J., «Ma non credo che fosse disposto a tornare da questa parte dell’oceano. Gareggia in Indycar e sta bene là dov’è, per quanto ne so. Gli hanno chiesto più volte, nelle interviste, se si è pentito di avere lasciato la Formula 1, ma è sempre stato categorico.»
    «Quindi dove vuoi andare a parare?»
    «Da nessuna parte, te l’ho detto. Semplicemente, domani è un altro giorno. Potrebbe andare meglio, ma anche peggio. O meglio, nel mio caso potrebbe andare peggio, mentre nel tuo, non vedo come potrebbe andarti peggio di così. Dobbiamo accettare i risultati per come sono.»
    «Se tuo padre avesse avuto la tua stessa filosofia, altro che sei mondiali e novantanove gran premi. Probabilmente avrebbe atteso per anni di salire sul podio e poi ci sarebbe riuscito una sola volta in carriera, come Hulkenberg.»
    L.J. sospirò.
    «Non so cosa dirti, non sono mio padre. Non vincerò mai tanto quanto lui, anche se è quello che la gente si aspetta da me, ma non importa. Quello che voglio è affermarmi come individuo a sé stante ed essere riconosciuto per quello che sono, non per il mio cognome.»
    «Rassegnati, non accadrà mai» replicò Emilie, «Né a me né a te. Se falliamo, abbiamo infangato il nome delle nostre famiglie. Se vinciamo, non vinciamo abbastanza. Forse sarebbe stato più semplice se invece di diventare piloti avessimo avuto il desiderio di studiare ingegneria quantistica o filosofia.»
    «Però non siamo noi a scegliere i nostri desideri. L’unica cosa che possiamo fare è cercare di realizzare quelli che sono nati dentro di noi. Lo so che oggi vedi tutto nero, ma chissà, magari domani mattina le cose andranno diversamente.»
    «Lo spero.»
    «E non prendertela con Jack, che un giorno potrebbe diventare tuo cognato.»
    Emilie rise.
    «Non dire assurdità, cretino.»
    «Perché no?» ribatté L.J. «Peraltro, ti immagini lo scalpore che susciterebbe una nostra ipotetica love-story?»
    «Sì, me lo immagino anche troppo» dichiarò Emilie. «Mi immagino anche quando a mio padre verrebbe chiesto di commentare il fatto. Secondo me inizierebbe ad andarsene in giro con un sacchetto di carta in testa per non essere riconosciuto!»
    «Una volta l’avrebbe fatto, ma adesso è cambiato. Da quando gli è venuta la mania dei social potrebbe sopportare qualsiasi cosa.»
    «Non il fatto che io mi metta insieme al figlio di uno dei suoi ex colleghi. O meglio, non il fatto che io mi metta insieme a te. Probabilmente se mi fidanzassi con Robin Raikkonen ne sarebbe ben contento.»
    «Quindi mi metteresti da parte per quel cubetto di ghiaccio.»
    «Veramente metterei da parte entrambi» mise in chiaro Emilie. «Tu, da parte tua, potresti concentrarti su Naila. Anzi, mi sorprende che i vostri padri non vi abbiano mai combinato un fidanzamento, durante le riunioni in piscina che organizzano con gli altri vostri vicini.»
    «Quelle riunioni in piscina stanno diventando un po’ troppo di dominio pubblico» osservò L.J. «Spero almeno che non inizino a girare foto dell’unicorno.»
    «Quale unicorno?»
    «Il fatto che tu non sappia di che cosa sto parlando è un sollievo, per me...»
     
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    Azz ... le cose non girano bene per Ferrari e Mercedes, se sono costrette a mettersi d'accordo per salvarsi la pellaccia. Non so che cosa dire per Mick: potrebbe essere la fine della sua carriera come l'ultima possibilità per almeno sognare un Mondiale (a proposito: ha vinto delle gare in questa timeline?). Spero sia la seconda, a me quel ragazzo fa troppa simpatia (non solo perché è figlio di Michael, ma proprio per il suo atteggiamento tranquillo ed educato, soprattutto quando esce da quel suo guscio, anche se so che per lui è molto difficile).
    Cindy e Santino gomblottano per impedire alla Ferrari e alla Mercedes di gomblottare a loro volta ... dannati europei! Come osano usare gli stessi metodi che loro adoperano da anni! Schifosi, vogliono rubare il lavoro a loro onesti americani (e magari manco sanno il loro inno nazionale)!
    In effetti me la immagino la cara Emile sbraitare come il suo babbo, che sarà sicuramente orgoglioso di lei. Interessante il suo dialogo con A.J. Non so perché, ma comincio un pochino a shipparli (con sommo disgusto dei loro rispettivi genitori).
    Dei piloti in griglia spero ci siano facce nuove oltre a Noda, intesi come corridori "nuovi", che non hanno genitori che hanno già gareggiato in F1, o che non sono in Formula 1 da anni. Per carità, la storia è tua e ci fai quel che ti pare, ma non mi dispiacerebbe vedere qualche pilota da te inventato, o che corre attualmente nelle Formule minori, tipo Armstrong o Ticktum. ;)
    Questo Anthony m'incuriosisce sempre di più. Non è che alla fine si scopre che è figlio di questo signore qui?


    Ah, mi dimenticavo di Feli e Mazzoni! Ok, forse avrei fatto meglio a dimenticarmene ...
     
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    Piloti come Armstrong, Ticktum, ecc... verranno sicuramente menzionati in corso d'opera. Tuttavia visto l'anno di ambientazione sarebbe poco realistico avere una griglia di partenza con molti degli attuali piloti dei campionati jr: essendo nati tutti verso la fine degli anni '90, primi anni '00, stiamo parlando di piloti che nel 2036 avrebbero tra i 35 e i 40 anni.
    Quindi tecnicamente dovrei avere una griglia di partenza composta in gran parte da piloti "inventati". Credo che qualcuno di loro farà la propria comparsa, in un momento successivo.

    Sul kompl8 europeo... hai ragione, tutte le squadre europee dovrebbero essere radiate dala F1 immediatamente! :P
    Per quanto riguarda Mick Schumacher, in questa time-line qualche gara l'avrà vinta, seppure in un numero ristretto. Una delle mie idee sarebbe quella di rappresentarlo come un figlio d'arte che, seppure sia stato molto lontano dall'eguagliare i risultati del padre, alla fine è riuscito a spiccare per la propria personalità.
    Il suo passaggio in Mercedes (che comunque non verrà approfondito molto, credo, perché la storia sarà ambientata nel giro di qualche mese) lo intendo come un modo per non rimanere fuori e per togliersi comunque qualche soddisfazione.

    Emilie e L.J. in effetti erano tanto aaaawwww anche all'epoca in cui correvano sui tricicli. :wub:
    Ad ogni modo preparati, perché L.J. who?, nel prossimo capitolo comparirà per la prima volta Danny Ricciardo, il figlio di Dani-Smile! :woot:


    PS. Anthony è stato chiamato così in omaggio di Anthony Noghès, non di suo padre né di altri piloti. Interagirà con alcuni personaggi della fanfic (in particolare con Lucia, questo lo posso anticipare), ma non so dirti per ora come svilupperò questo aspetto.
    Non so se Anthony scoprirà chi è suo padre, quello che posso dire è che, qualora decidessi di non essere particolarmente esplicita, i lettori potrebbero comunqe intuirlo.
     
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    Capitolo 6.

    Danny amava i giorni nei quali si svolgevano gran premi, ma quello che si sarebbe svolto in quel weekend sarebbe stato migliore di tutti gli altri.
    I suoi genitori gli avevano raccontato che fino a pochi anni prima Max Verstappen, uno dei loro vicini di casa, aveva gareggiato in Formula 1, vincendo un titolo mondiale con la Mercedes e due con la Haas. Ogni tanto aveva visto qualche filmato, ma finalmente, per la prima volta, avrebbe potuto assistere a una gara di Max.
    Non solo era estasiato dalla prospettiva di vedere Verstappen - indubbiamente il suo pilota preferito, dato che gli aveva detto tanto volte che trovava meraviglioso il suo materassino a forma di unicorno - gareggiare, ma anche dal fatto di non avere più niente da invidiare al suo amico Leo che, avendo tre anni di più, aveva visto Max Verstappen gareggiare prima che lasciasse la Formula 1 qualche anno prima e che spesso gli ricordava che lui non avrebbe mai avuto quell’onore. Invece, contro ogni pronostico, Max era tornato e adesso anche Danny avrebbe potuto vederlo.
    Né suo padre né il padre di Leo erano molto soddisfatti dall’idea che fossero tifosi di Max Verstappen, ma le loro madri avevano assicurato loro che potevano tifare per chi volevano. Anzi, li avevano quasi istigati a continuare a sostenere il loro idolo.
    Dopo il termine delle qualifiche ci fu la gara della Formula 2, nella quale gareggiava la sorella di Leo. Naila si ritirò per un guasto al motore, ma Danny era certo che Leo non se ne sarebbe preoccupato più di tanto, dato che sosteneva che sua sorella non avrebbe mai avuto lo stesso talento di Max, quindi vederla gareggiare era uno spreco di tempo.
    Poi, quando anche la gara di Formula 2 terminò, Danny e sua madre ricevettero una videochiamata da Baku.
    Danny si entusiasmò, quando sul monitor vide comparire non solo suo padre, ma anche proprio Max Verstappen.
    «Allora, Danny» gli chiese quest’ultimo, «Sei già stato in piscina con l’unicorno, oggi?»
    «No» rispose Danny. Poi si rivolse alla madre: «Mi ci porti, mamma?»
    «Ti ci avrei portato anche prima» chiarì lei, «Se non avessi insistito per guardare la gara della Formula 2. A proposito, Max, Danny ha detto che dovresti gareggiare anche in Formula 2, per rendere le gare più interessanti.»
    «Vedo che si sta aggiungendo un nuovo piccolo tifoso al mio fan club» ribatté Max. «Bravo, Danny, tu sì che hai buon gusto in fatto di piloti.»
    «Più che tifoso» intervenne la madre di Danny, «Lo definirei direttamente un fanboy, ma gli concedo la scusante dell’età.»
    «Perché, anche tu sei indignata dal suo interesse nei miei confronti? Dopotutto ho vinto ben tre titoli, esattamente tre in più di quelli vinti da suo padre...»
    «Non ho niente in contrario. Anzi, è divertente vedere Dan quando si indigna per i gusti sportivi di suo figlio.»
    «Ci scommetto che Daniel ne è segretamente felice, anche se non lo ammetterebbe mai. Dopotutto sono stato il suo compagno di squadra per tre stagioni...»
    «Quasi tre. Sei arrivato in corso d’opera, c’era Dany Kvyat prima di te.»
    «Pilota irrilevante.»
    «Ma quale pilota irrilevante! È stato l’unico che ha vinto una gara con la SMP in Formula 1!»
    «Da quanto tempo la SMP non è più in Formula 1? È venuta e se n’è andata, senza che nessuno se ne ricordi.»
    «Una vittoria rimane pur sempre una vittoria. Credo che dovrei raccontare a mio figlio qualcosa su Dany Kvyat, prima o poi.»
    Danny non ricordava di averlo mai sentito menzionare.
    «Dany chi?»
    «Dany Kvyat» gli spiegò sua madre. «È stato compagno di squadra di papà per un po’ di tempo, alla Redbull. È rimasto fuori dalla Formula 1 per qualche anno, in seguito, ma è tornato con una squadra russa. Il suo compagno di squadra era Nikita Mazepin, quel pilota biondo non più tanto giovane che corre per la Mahindra, adesso. Kvyat ha anche vinto una gara, diversi anni fa. Era proprio il gran premio di Russia, è stato un risultato fantastico sia per lui sia per la squadra.»
    Danny decise che Kvyat era stato un fenomeno.
    «Mi piace.»
    «Hai sentito, Max?» rimarcò sua madre. «A Danny piace Kvyat.»
    «Era un tipo simpatico» disse suo padre, tornando finalmente a intervenire nella conversazione. «Immagino che lo sia ancora, anche se è da parecchio tempo che non lo vedo. Chissà, se dovesse venire a fare un giro al gran premio di Montecarlo, potrei presentartelo.»
    Max ridacchiò.
    «Che intenzioni hai, Daniel? Pensi di convertire il mio piccolo fanboy all’adorazione di Dany Kvyat? Dubito che ci riuscirai.»
    «Kvyat prenderà parte alla prossima 24 Ore di Le Mans. Farò vedere a Danny qualche spezzone di gara e gli dirò di tifarlo.»
    «Mi era sfuggita questa novità. Gareggerà per la SMP?»
    «Quello è diventato il suo team ufficiale. In Russia, ormai, lo considerano come un eroe nazionale. Ha fatto dimenticare a tutti la reputazione che i piloti russi avevano fino a quel momento. C’è sempre bisogno di piloti come lui.»
    «C’è chi ha fatto molto di più per il motorsport?»
    «Parli di Guanyu Zhou?»
    «Certo che parlo di Zhou. Prima che vincesse un mondiale di Formula E e poi passasse in Formula 1 tutti gli asiatici, indistintamente, venivano criticati e considerati degli scarsi. Quando ha deciso di finire la propria carriera con la Techeetah era già considerato un pilota rispettabile. Non c’è da sorprendersi se, quando è diventato campione del mondo, all’improvviso gli asiatici hanno iniziato ad essere trattati finalmente con il dovuto rispetto.»
    «Quindi tu e Charles siete, di fatto, due benefattori.»
    «Se il team non avesse deciso di appiedarci per un gran premio, per punirci dopo che per tre volte ci siamo spalmati l’uno contro l’altro, Zhou non avrebbe mai vinto quel campionato. Anche se io e Charles non fossimo rimasti coinvolti in troppi incidenti, forse... Comunque quello che è fatto è fatto, anche se non condivido la scelta della Haas. È l’unica cosa su cui io e Charles siamo d’accordo.»
    Danny non aveva la più pallida idea di che cosa stesse parlando Max, né di chi fosse Guanyu Zhou, ma lo ascoltò con interesse. Chissà, un giorno, quando Max aveva tempo, poteva chiedergli se, invece di passare ore in piscina insieme a suo padre e agli altri ex piloti che abitavano nel loro stesso palazzo, gli spiegava qualcosa sulla storia del motorsport, dato che in piscina si dibatteva, di solito, proprio di eventi passati della storia del motorsport.
    Forse non sarebbe stato molto lieto di raccontargli la storia di Dany Kvyat, ma almeno quella di Guanyu Zhou gliel’avrebbe riferita volentieri...
    Il suo amico Leo Rosberg, che si dichiarava il fan numero uno di Max Verstappen, sarebbe crepato d’invidia, nel venirlo a sapere.

    ***

    Jack stava imprecando, quando Naila lo raggiunse. Se si fosse accorto della sua presenza, si sarebbe impegnato per non sembrarle uno scaricatore di porto.
    «Di cosa ti lamenti?» gli chiese la sua compagna di squadra. «Spero non per il risultato della tua gara, almeno tu che l’hai finita.»
    Jack abbassò lo sguardo.
    «Sono arrivato ottavo. Ti pare qualcosa di cui essere felice? Ero partito dalla pole position, prima che quella pazza di Emilie Vettel mi buttasse fuori.»
    «Sono certa» ribatté Naila, «Che Emilie non sarebbe d’accordo con la tua visione delle cose.»
    «Infatti dubito che lo sia.»
    «Magari, se guardassi il replay, anche tu potresti convincerti del contrario.»
    Jack sbuffò.
    «Sei venuta qui per dirmi che me la sono cercata?»
    «No, sono venuta qui per ricordarti che hai fatto un’ottima rimonta e che sei arrivato ottavo, appunto. Guarda al lato positivo: domani partirai di nuovo dalla pole position e, dato che Emilie si è ritirata praticamente dopo il via, lei sarà ultima. Dubito che vi incontrerete in pista, quindi potrai rifarti nella sprint race, almeno. Io, invece, dovrò partire dal fondo. Quando Fernando Alonso diceva che i motori Honda erano motori da Formula 2 aveva ragione. Il problema è che i motori Honda della Formula 2 si rompono tali e quali ai suoi.»
    «Niente affatto» obiettò Jack. «Da quando siamo passati ai motori Honda, le cose sono molto migliorate. Non te ne lamenteresti se, su ventidue motori, non si fosse rotto proprio il tuo.»
    «Stavolta è toccato a me, quindi me ne lamento eccome. Per giunta ci scommetto che mio fratello starà ridendo di me.»
    «Non dire assurdità. Leo è un bambino adorabile.»
    «Leo è adorabile perché non sono otto anni che lo devi sopportare ogni giorno» puntualizzò Naila. «Non fa altro che idolatrare Max Verstappen e sostenere che tutti i piloti della storia della Formula 1 sono stati degli scarsi, se confrontati con il suo idolo. Mi rendo conto che ha solo otto anni e ha tutto il tempo per maturare, però mi sembra che abbia delle convinzioni abbastanza deliranti.»
    «Perché non gli fai vedere qualche vecchio video? Magari cambierà idea.»
    «Ci ho provato a fargli vedere dei vecchi video. Gli ho fatto vedere quello che succedeva in Formula 1 prima della sua nascita e addirittura nello scorso secolo... L’unico effetto che ho avuto è stato che è andato a lamentarsi con nostro padre per avere superato il suo amato Max ad Abu Dhabi 2016. Trovo che tutto ciò sia profondamente irritante e senza soluzione.»
    «Sul fatto che sia irritante non ho dubbi» ribatté Jack, «Ma sei sicura che non ci siano soluzioni?»
    «A me non ne viene in mente nemmeno una. L’unica possibilità è che Leo, crescendo, si decida finalmente a rinsavire.»
    «Oppure spiegargli che la sua convinzione che tutti i piloti di ogni epoca siano stati degli scarsi, con la sola eccezione di Max Verstappen, è errata.»
    «E, sentiamo, come pensi di potere trasmettere questo concetto a un bambino che lo rifiuta nel modo più assoluto?»
    Jack era sorpreso che Naila non ci avesse pensato da sola.
    «Max Verstappen è un vostro vicino di casa.»
    «E quindi?»
    «Quindi potresti chiedergli, come favore personale, di essere proprio lui stesso a dire a Leo che si sta sbagliando.»
    Naila non ci aveva pensato, il modo in cui lo guardò con occhi carichi di ammirazione ne fu un chiaro segnale.
    «Sai che è un’ottima idea?»
    Jack sorrise.
    «Grazie, lo so, le mie idee sono sempre geniali.»
    «Non appena vedrò Max, gli chiederò di aiutare un suo piccolo ultrà a farsi una cultura e a smetterla di comportarsi da ultrà. Spero che accetti.»
    «Vedrai che accetterà. Max è un tipo disponibile.»
    «Non si direbbe, a primo impatto» convenne Naila, «Ma è proprio così. In fin dei conti è piacevole averlo come vicino di casa.»
    Jack azzardò: «Non sarai stata anche tu una sua tifosa, quando eri più piccola?»
    Naila scosse la testa con fermezza.
    «No, non tifavo per nessuno dei nostri vicini.»
    «Per chi, allora?»
    «Te lo confesso, il mio preferito era Hulkenberg. Fino a qualche anno fa avevo appesa alla parete della mia stanza una foto in cui si trovava sul podio di Baku.»
    «Oh, un evento più unico che raro.»
    «Sono tuttora felicissima che abbia ottenuto almeno quella soddisfazione, nel corso della sua carriera in Formula 1. Meritava almeno un podio. Peccato che non sia riuscito addirittura a vincere, in quell’occasione, perché sarebbe stato un risultato ancora più epico.»
    «Invece di pensare alle mancate vittorie di Hulkenberg, che per quanto ne sappiamo è ben felice di essersi ritirato dalle competizioni da anni» le suggerì Jack, «Pensa alla mia ipotetica futura vittoria di domani. Dopotutto sono il tuo compagno di squadra preferito...»
    «Non ho altri compagni di squadra, quindi ci vuole poco.»
    «Almeno sforzati di assecondarmi...»
    «No, sei già abbastanza egocentrico anche da solo. Non vedo perché dovrei sperare che tu vinca domani. Dopotutto non posso essere la sola a rompere motori, no?» Naila ridacchiò. «Chissà che a breve non capiti anche a te.»
    Jack alzò gli occhi al cielo.
    «Mi sembra una conversazione tipica tra Alonso e Vandoorne.»
    «Come sai quali fossero gli argomenti di conversazione di Alonso e Vandoorne?»
    «Ho tirato a indovinare. Hanno rotto talmente tanti motori, all’epoca della McLaren Honda...»
    «Non solo all’epoca della McLaren Honda, in realtà» puntualizzò Naila. «Comunque, per assuefazione, non credo che pensassero alle rotture dei loro motori anche quando non stavano guidando. Sarebbero andati fuori di testa, se l’avessero fatto.»
    «Alonso si è salvato in extremis dalla pazzia, scappando in Indycar.»
    «Visto tutto quello che è successo dopo, si direbbe che sia stato un bene per il motorsport.»
    «Che esagerata. Capisco che Alonso era considerato dai suoi tifosi come una divinità, ma appunto, tu eri una tifosa di Hulkenberg.»
    Naila scosse la testa.
    «Non hai capito proprio niente. Non è il motorsport sia diventato migliore perché Alonso ha vinto a Indianapolis, quanto piuttosto perché, dopo di lui, sono stati tanti altri i piloti che hanno deciso di dedicarsi a un maggior numero di serie motoristiche. Inoltre le serie che venivano seguite di meno in Europa ci hanno guadagnato in popolarità.»
    Jack osservò: «Chi l’avrebbe mai detto che, nel giro di pochi anni, la Ferrari avrebbe deciso di schierare una monoposto alla Cinquecento Miglia di Indianapolis.»
    «E soprattutto, chi avrebbe mai pensato che potesse vincere?» aggiunse Naila. «Fu uno degli eventi più pazzeschi della storia dell’automobilismo.»
    «Scusami se ti contraddico, ma il pilota che hanno portato a Indianapolis aveva tantissimi tifosi totalmente certi che avrebbe vinto.»
    «Gli ultrà non sono da prendere in considerazione. Sono sempre certi che il loro idolo vincerà, in qualunque condizione. Alla maggior parte di loro, tuttavia, piace vincere facile, quindi è difficile che si mettano a tifare per l’ultima ruota del carro.»
    «Ad ogni modo, il campionato di Indycar rischiò seriamente di diventare più nazionalpopolare della Formula 1.»
    «Poi, però, tutto tornò alla normalità.»
    «Cosa prevedibile, se ci pensi» dichiarò Jack. «Dopo avere vinto la Cinquecento Miglia di Indianapolis, Valentino Rossi si ritirò definitivamente dalle competizioni. Quindi, la gente che già aveva smesso in massa di seguire il motomondiale, superò in gran fretta l’interesse momentaneo per il campionato di Indycar. Sono certo che, dopo l’uscita di scena di Valentino, in molti dedussero che si trattava di una serie noiosa per l’assenza di duelli e sorpassi.»
    Naila annuì.
    «Lo ritengo molto probabile.»
    «Colpi di scena del genere ci vorrebbero, di tanto in tanto. Il grande pubblico tende a dimenticarsi dei motori, in certi momenti.»
    «Se il grande pubblico somiglia a mio fratello, in molti se ne ricorderanno improvvisamente domani. Oserei dire che, se Max dovesse vincere, sarebbe un bene per la Formula 1.»
    «Ma è anche molto improbabile. Se ci pensi, è molto più plausibile che possa vincere io domani la sprint race, piuttosto che Max Verstappen vinca il gran premio di Baku.»
    Naila gli scoccò un’occhiataccia.
    «Sai come si chiama, questo?»
    «Non saprei.» Jack andò a caso. «Mi stai accusando di avere un’opinione troppo elevata di me stesso?»
    «No, affatto» chiarì Naila. «Semplicemente ho l’impressione che tu stia cercando di gufarti da solo. Non dovresti. Ci pensano già i telecronisti.»
    «Quali?»
    «In generale.»
    «Pensavo che ti riferissi a qualcuno nello specifico, come Felipe...»
    «No, sulla rete per cui lavora non trasmettono la Formula 2.»
    «Lavora per la TV italiana. Mi stai dicendo che in Italia non seguono la Formula 2?»
    «Probabilmente in Italia non seguono nessuna serie motoristica. Attendono con impazienza che nasca un nuovo Valentino Rossi.»

    ***

    Purtroppo la Rai aveva acquistato soltanto i diritti per trasmettere la Formula 1, ma non per la Formula 2 e la Formula 3. A Felipe sarebbe piaciuto molto potere commentare anche le gare delle serie minori insieme all’immancabile Gianfranco Mazzoni, ma la rete italiana aveva deciso diversamente, quindi aveva la mattinata libera.
    La trascorse proprio con il collega Mazzoni, guardando insieme a lui la gara di Formula 2.
    Entrambi furono d’accordo sulle performance di Jack Wolff, dal quale rimasero molto impressionati:
    «Wolff è migliorato tantissimo dall’anno scorso, vero Felipe?»
    «Sì, ho seguito le sue gare e mi sembra che la differenza si noti a vista d’occhio. Quest’anno, finora, è andato benissimo.»
    «Sarà sicuramente uno dei piloti che si giocheranno il titolo e, chissà, magari il prossimo anno farà il salto di qualità.»
    «Sicuramente lo vedremo in Formula 1, un giorno. Secondo me in Formula 2 non si vedeva un pilota così competitivo fin dai tempi di George Russell e Lando Norris.»
    «Se ti sentisse qualche purista dei vecchi tempi, probabilmente non sarebbe d’accordo, ma secondo me il talento ce l’ha. Certo, Russell ha avuto una carriera memorabile ed è l’ultimo pilota che avrebbe potuto vincere un mondiale con la Mercedes, prima del loro declino e prima che decidessero di puntare tutto su Pascal Wehrlein, quindi sarà molto difficile eguagliarlo, ma sono convinto che Jack Wolff possa avere un grande successo, in futuro, tanto quanto sono convinto che oggi si riprenderà dal risultato negativo di ieri. Il suo passo gara è ottimo, secondo me oggi non ce n’è per nessuno.»
    «Lo dico anch’io. Dopo pochi giri, ha già staccato di parecchio anche il più vicino dei suoi inseguitori. Oggi vince di sicuro e...»
    Felipe si interruppe.
    Spalancò gli occhi, non credendo a quello che vedeva.
    «Forse abbiamo parlato troppo presto» ammise Mazzoni, mentre veniva proposto un replay di quanto appena accaduto. «Peccato che sia finita così.»
    Wolff era uscito di pista, da solo, andando a impattare contro le barriere.
    Vari detriti ostruivano il passaggio, era questione di pochi istanti e poi, senz’altro, la direzione gara avrebbe fatto entrare la safety car.
    Felipe fece un sospiro.
    «Succede anche ai migliori.»
    «Che io ricordi, a te non è mai successo di uscire così quando eri in testa a un gran premio.»
    Felipe fece una mezza risata.
    «Eh, certo, per uscire così quando sei in prima posizione devi anche esserci, almeno ogni tanto, in prima posizione.»
    «Beh, di gare ne hai vinte.»
    «Qualcuna sì, ma ai vecchi tempi.»
    «Ti sei ritirato da tanti anni, per forza che erano vecchi tempi.»
    «Dicevo, non negli ultimi tempi che stavo in Formula 1. Alle riunioni in piscina, ogni tanto mi ricordano che sono quello che ha vinto meno gare di tutti.»
    Mazzoni parve molto interessato a uno specifico aspetto.
    «Le fate spesso queste riunioni in piscina?»
    «Abbastanza di frequente.»
    «Mi sembra una bella cosa. Parlate di motori, immagino.»
    «In un certo senso. Diciamo che spesso finiamo per prenderci in giro a vicenda per incidenti o performance di basso livello che risalgono a tanti anni fa. Con me, però, sono tutti molto tranquilli: loro lottavano per il mondiale, io per fare punti. Mi era molto più facile essere amato e rispettato da tutti. Se fossi uscito di pista e una gru mi avesse rimesso in strada, probabilmente invece di polemizzare avrebbero applaudito tutti la direzione gara per il loro intento.»
    «A proposito di direzione gara» osservò Mazzoni, indicando lo schermo, «Pare che stia entrando la safety car.»
    «Veramente è già entrata» lo corresse Felipe.
    I commissari stavano già ripulendo la pista, mentre la vettura incidentata veniva rimossa. Con il casco in testa, Jack Wolff si dirigeva a piedi verso la pitlane.
    Erano solo le undici e cinque di mattina e quello sarebbe stato un lungo giorno.

    Edited by Milly Sunshine - 27/8/2018, 23:59
     
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    Capitolo 7.

    Max aveva lasciato l’Azerbaijan subito dopo la gara, che nel suo caso era durata molto poco, per rientrare presso la sua abitazione di Monaco.
    Era rimasto coinvolto suo malgrado in un incidente al primo giro, con altre quattro vetture. Una di queste era quella del suo giovanissimo compagno di squadra, il quale pareva avere riportato una frattura a un polso. La stampa si era scatenata: in molti sostenevano che la Redbull, senza il suo pilota di punta impegnato a Indianapolis e il suo secondo pilota - che con tutta probabilità, essendo il campione del mondo in carica, non gradiva essere definito come tale, per quanto avesse portato con sé un numero uno conquistato presso un altro team - potenzialmente out per il gran premio di Montecarlo, si trovasse in un guaio piuttosto serio, dato che doveva contare su quello che per tutti era un pilota ormai troppo vecchio per contare ancora qualcosa.
    Non era stato un weekend positivo, in generale: Max era stato abituato a non preoccuparsi mai più di tanto delle critiche, che fioccavano ad ogni prestazione negativa da parte di chi, in altre occasioni, portava gli stessi piloti su un piedistallo, ma l’idea di essere considerato vecchio e inutile era una novità assoluta, che lo faceva inorridire.
    Per fortuna tutti i giorni negativi avevano una fine.
    Dopo quella domenica venne il lunedì e, come aveva assicurato a una giovane promessa della Formula 2, era arrivato il momento di rendersi utile per le nuove generazioni.
    Trovò Leo Rosberg in compagnia di Danny Ricciardo, sul bordo della piscina, accompagnati dalle rispettive madri. I due bambini erano immersi in una delle loro solite discussioni senza né capo né coda - che, Max doveva ammetterlo, ricordava vagamente le sue con i suoi ex colleghi - ma non sarebbe durata molto a lungo: non aveva pianificato di avere due allievi, quel giorno, ma sarebbero stati in due i piccoli tifosi da rendere un po’ meno ultrà. Non che l’idea che Leo e Danny fossero due suoi fanboy accaniti gli dispiacesse, ma si rendeva conto che l’esagerazione non era mai un bene. Lo stesso Max era convinto che, a lungo andare, l'essere ossessionati dall'idea che uno specifico pilota fosse il migliore in assoluto potesse diventare deleteria: se come sosteneva in particolare Leo tutti gli altri piloti di tutti i tempi, a parte lui, erano scarsi, allora significava che, un giorno, qualcuno avrebbe dedotto che lo stesso Max non era stato un grande pilota, avendo battuto degli scarsi.
    Max fece una proposta ai due bambini.
    «Vi va se vi racconto alcune cose sulla Formula 1 di tanti anni fa?»
    Il piccolo Danny andò in brodo di giuggiole.
    Subito dopo anche Leo si mostrò piuttosto entusiasta.
    «Bene, vedo che la cosa vi fa piacere» osservò Max, sedendosi sul bordo della piscina, dopo essersi guardato opportunamente intorno. Nessuno dei soggetti che avrebbero potuto approfittarne per buttarlo in acqua completamente vestito si aggirava nei paraggi, quindi non correva rischi. «Prima di tutto, però, devo spiegarvi una cosa. Mi è stato detto, Leo, che sei convinto che io sia stato il migliore.»
    Danny intervenne: «Lo penso anch'io.»
    «Mi fa molto piacere» mise in chiaro Max, «Però non dovete esagerare. Non è che io sia stato l'unico bravo pilota e che gli altri fossero tutti degli scarsi. Erano bravi perfino i vostri padri... e perfino Felipe Massa, anche se ha vinto solo undici gran premi. Anzi, molti piloti pagherebbero qualunque cifra per vincere undici gran premi. Alcuni pagherebbero qualunque cifra anche per correre per la squadra più scarsa e arrivare costantemente ultimi. È brutto criticarli sempre per le loro performance. Lo sai, Danny, che Narain Karthikeyan è stato il compagno di squadra di tuo padre, per un breve periodo?»
    Naturalmente non lo sapeva, anche se Karthikeyan, in qualità di primo pilota indiano della storia della Formula 1, era visto un po' come un capostipite dei piloti della sua stessa nazionalità.
    Sia Danny sia Leo si dimostrarono molto interessati, quindi Max proseguì narrando loro le gloriose gesta di Rio Haryanto, pilota della Manor che nel 2016 veniva costantemente votato come Driver of the Day dai suoi connazionali. Probabilmente c'erano anche molti spambot, tra i suoi votanti, ma Max preferì soprassedere su quell'aspetto.
    «Peccato che Rio sia uscito di scena quasi subito» aggiunse. «Credo che avremmo dovuto cercare di conoscerlo meglio, io e i miei colleghi. Avrebbe avuto sicuramente molte cose interessanti da raccontarci. Un po' come Sirotkin, se si fosse mai degnato di parlare con qualcuno...»
    «Sirotkin?» ripeté Danny.
    «Sì, Sirotkin, un pilota russo che correva qualche anno dopo.»
    «Russo, come Kvyat!»
    «Russo, come Kvyat» confermò Max, rimanendo abbastanza spiazzato di fronte all'entusiasmo mostrato dal figlio di Daniel Ricciardo. «Ti interessa davvero così tanto questo Kvyat?»
    «Sì.»
    «Allora vuoi che ti racconti qualcosa di lui?»
    «Sì, certo.»
    «Era alla Redbull prima di me. Poi, da un giorno all'altro, la dirigenza della squadra ha deciso di mettermi al suo posto.»
    «Che brutta cosa. Se fosse rimasto, avrebbe potuto vincere delle gare anche lui.»
    Max puntualizzò: «Alla fine, molti anni dopo, quando è tornato ne ha vinta una. È stata una vittoria storica. Ora, però», Max decise di cambiare discorso, «Vorrei raccontare a tutti e due quello che è successo nel corso degli anni. Lasciai la Redbull, per la quale gareggiavo da anni, al termine del 2020. Anche Sebastian Vettel lasciò la Ferrari, mentre il nostro vicino di casa Lewis Hamilton lasciò la Mercedes, così come Valtteri Bottas, che era suo compagno di squadra all'epoca. La Mercedes aveva vinto numerosi titoli, all'epoca, dal 2014 solo una volta era stata battuta dalla Ferrari. Io e Vettel passammo in Mercedes, con grande delusione di George Russell che elemosinò un volante in McLaren, il padre di Danny passò in Ferrari e Hamilton passò in Haas. Molti sostennero che si trattava di una pazzia, ma Lewis aveva in mente un'idea ben precisa: voleva tentare il passaggio in NASCAR e la Haas era il suo trampolino di lancio. Il mio primo anno in Mercedes fu molto positivo. Lo trascorsi litigando con Sebastian e vincendo gran premi. Alla fine dell'anno ero ancora in lotta per il titolo proprio con Sebastian... e anche con tuo padre, Danny. Tuttavia tuo padre aveva molti meno punti di noi e uscì di scena quasi subito. Io e Vettel eravamo primo e secondo. Quando Charles Leclerc superò entrambi, precipitammo secondo e terzo. I punti del secondo posto non mi bastavano per vincere il mondiale, così quell'anno vinse Vettel.»
    «Che cattivo che è stato Leclerc» borbottò Danny.
    Max ridacchiò.
    «Io avrei usato altri termini, ma a suo tempo lo pensai anch'io.»
    «Davvero?»
    «Certo che sì.»
    «Non avrebbe dovuto sorpassarti» intervenne Leo. «Danny ha ragione.»
    «Purtroppo le cose funzionano diversamente» spiegò Max. «Ciascuno corre per se stesso e, quel giorno, l'unico obiettivo di Charles era quello di vincere la gara. Ce la poteva fare e ce l'ha fatta. A lui non importava davvero chi avrebbe vinto il campionato. Non credo che tifasse per me, ma questo è un altro discorso. Non avrebbe rinunciato al suo risultato per nessuno. Nemmeno io, al posto suo, mi sarei preoccupato di chi avrebbe vinto il mondiale. Mi interessava solo perché non fui io a vincerlo. Meno male che quello fu l'ultimo titolo di Vettel e che nei due anni che seguirono riuscii a tenerlo sotto controllo... Nel 2022 vinsi il mio primo titolo, con la Mercedes. Nel 2023, invece, purtroppo fu la Redbull a fare il colpo del secolo: Pierre Gasly vinse il titolo. L'anno dopo fu Carlos Sainz Jr a fare il colpo del secolo, invece: scelse bene in quale team accasarsi, dopo avere lasciato la McLaren, passando in Renault, che da anni si concentrava sul futuro. Quel generico futuro divenne presente e Sainz vinse il mondiale non proprio in solitaria, ma con due mesi d'anticipo. Ci furono tante polemiche e in molti decretarono che fosse un campionato falsato. A quel punto Sainz dichiarò che il suo obiettivo era quello di vincere due campionati, tanti quanti ne aveva vinti Fernando Alonso, che era sempre stato il suo idolo, poi si sarebbe ritirato dalla Formula 1. Non vinse mai un secondo titolo, ma si ritirò comunque dalla Formula 1, diversi anni più tardi, con l'obiettivo di conquistare la Triple Crown. È ancora in attività: sta ancora cercando di eguagliare il suo idolo almeno in questo.»
    Danny decretò: «Mi sta simpatico questo Sainz.»
    «A parte me» osservò Max, «Pare che tu non abbia poi così tanto buon gusto in fatto di piloti.»
    Anche Leo dichiarò che Sainz gli piaceva e Max lo colse come un segnale positivo: forse Naila l'avrebbe davvero ringraziato per avere aperto la mente di suo fratello.
    Proseguì a narrare gli eventi successivi, concentrandosi sul 2024, un anno vissuto da molti con tanta attenzione, perché era apparso chiaro fin dai primi mesi che sia Sebastian Vettel sia Lewis Hamilton intendevano ritirarsi alla fine del campionato.
    Il fatto che Hamilton non intendesse proseguire oltre il 2024 aveva spinto Max a prendere un'altra strada, per il proprio futuro. Già nel mese di maggio annunciò la sua intenzione di abbandonare la Mercedes al termine della stagione. Fu necessario attendere di più, invece, per annunciare l'ingaggio da parte della Haas: la scuderia americana era, al momento, il team più promettente per il futuro e, sebbene negli anni precedenti non avesse mai lottato per il campionato fino alla fine della stagione, aveva collezionato un gran numero di vittorie. I giorni di gloria della Renault, invece, sembravano destinati a terminare in fretta tanto come erano iniziati. Nel 2024 la squadra francese si ritrovò in difficoltà, nei confronti della Haas. Hamilton e Leclerc, che si erano classificati secondo e terzo nella classifica piloti dietro a Sainz, furono i piloti più performanti, con Leclerc in lieve vantaggio nei confronti del sei volte campione del mondo nelle fasi finali della stagione.
    Il momento di massimo climax avvenne ad Abu Dhabi.
    «Il finale del campionato fu uno dei più spettacolari e intensi di sempre. Leclerc aveva venti punti di vantaggio, ma inaspettatamente il motore della sua vettura lo abbandonò nel giro di formazione. A quel punto, se Hamilton avesse vinto la gara, sarebbe diventato campione del mondo. Avrebbe concluso la propria carriera con sette titoli e cento gran premi vinti... ma non ci fu niente da fare. Rimase per tutta la gara a inseguire il pilota che lo precedeva, tentando diverse volte di attaccarlo, ma non ci fu nulla da fare. Alla fine fu costretto a desistere a causa del degrado delle gomme. Arrivò secondo. Vinse Bottas, che curiosamente era stato il suo numero due in Mercedes diversi anni prima. Fu una giornata storica per la Formula 1: erano passati dodici anni dall'ultima volta in cui la Williams aveva vinto un gran premio. Purtroppo vincere ad Abu Dhabi non cambiò molto la sorte del team: la vettura dell'anno successivo era molto peggiore e ricominciò un periodo di declino. La Williams, ormai, aveva i giorni contati, così come la conoscevamo.»
    «Anche Bottas» osservò Danny, «Mi sembra simpatico.»
    «Sì, stava simpatico a tutti, ai suoi tempi» ammise Max. «Ha vinto poche gare, quindi lo consideravamo tutti un tipo a posto. Perfino Lewis la prese con filosofia, quando Valtteri gli vinse il gran premio di Abu Dhabi sotto al naso. L'unica cosa che non riusciva a spiegarsi era il fallimento delle sue treccine portafortuna. Sai, Leo, eravamo tutti convinti che le sue treccine non contassero nulla, in confronto con le gufate di tuo padre.»
    «Mio padre non gufa.»
    «Giusto, non sei il figlio di Felipe Massa.»
    «Neanche Felipe gufa» dichiarò Danny.
    Max scosse la testa.
    «Su questo devo smentirti. Da quando fa il telecronista, i piloti, quando lo vedono, si grattano le... ehm, toccano ferro. Comunque la reazione esatta di Lewis alla vittoria di Bottas ad Abu Dhabi 2024 e all'assegnazione del titolo a Charles Leclerc non è ben chiara. Alcuni giorni dopo Lewis fece una dichiarazione ufficiale sostenendo che non aveva rimpianti, che aveva avuto una carriera stupenda e che intendeva dedicarsi a pieno a suo figlio, che all'epoca era un giovane kartista. Aggiunse che stimava profondamente Leclerc, che era felice che avesse vinto il mondiale e che sarebbe stato bello vederlo confrontarsi con me a parità di vettura, l'anno seguente.»
    Tutti i momenti di vuoto erano stati rielaborati a proprio piacimento: si vociferava che Abu Dhabi 2024 fosse una delle principali ambientazioni delle fan fiction ambientate nel mondo dei motori.

    ***

    Per l'ennesima volta in pochi giorni, Lewis si ritrovò faccia a faccia con Sebastian. Purtroppo il suo rivale di un tempo l'aveva visto, mandando al vento il suo proposito di salutarlo rovesciandogli il contenuto di una bottiglietta d'acqua giù per la schiena. Emilie era risalita fino alla zona punti, quindi Sebastian era di buon umore: scherzare con lui non sarebbe stato particolarmente rischioso, era un vero peccato che quell'occasione fosse stata buttata al vento.
    Sebastian teneva il cellulare in mano, probabilmente aveva appena finito di pubblicare qualcosa sui suoi profili social.
    «Secondo me dovresti tenere quell'aggeggio in mano meno spesso» gli suggerì Lewis. «So che non sono la persona migliore per darti questo consiglio, ma la mia vita è migliorata parecchio da quando ho iniziato a ridurre il tempo trascorso con lo smartphone in mano.»
    Sebastian fece una mezza risata.
    «Lo so, ma ho trovato un sito bellissimo. C'è da divertirsi parecchio...»
    «Di cosa si tratta?»
    «Vedo che ti interessa.»
    «Non particolarmente, ma mi sembri piuttosto su di giri. Cos'è, una classifica dei migliori piloti di tutti i tempi basata su calcoli astrofisici di cui nessuno di noi capirebbe nulla, che ti mette al primo posto?»
    «No, affatto. È un nuovo sito di fan fiction a tematica motori. Ce ne sono moltissime vintage, con noi o piloti della nostra epoca come protagonisti.»
    «Oh...» Lewis fece d'istinto un sorriso. «È bello sapere che siamo ancora così tanto considerati. Io, se un giorno dovessi avere un improvviso slancio creativo, potrei prendere in considerazione l'idea di scrivere un racconto in cui tu e Kimi fate pupazzi di neve durante un'improvvisa nevicata ai test prestagionali.»
    «Mi sembra una bella idea» ribatté Sebastian, «Ma non sono sicuro che otterresti molti like.»
    «Forse dovrei scriverne una in cui assegno a me stesso anche tutti i titoli che non ho vinto.»
    «Quella avrebbe più possibilità di successo» convenne Sebastian, «Ma non ti farebbe diventare una celebrità tra gli autori e le autrici di fan fiction. Dovresti piuttosto scriverne una in cui ti porti a letto un altro pilota.»
    Lewis puntualizzò: «Infatti è esattamente quello che faccio. Ti sei già dimenticato che sono sposato con Susie Wolff?»
    «Come ship vale poco. Avresti dovuto sposare me o Rosberg per ottenere consensi. Ho appena letto una fan fiction in cui, disperato per non avere vinto il mondiale del 2024, chiedi a Nico di sposarti.»
    «Oh.»
    «Lui accetta.»
    «Era già sposato da almeno dieci anni, a quell'epoca.»
    «Questi sono dettagli. Dopo la proposta ti salta addosso e vi accoppiate come marmotte in calore. A quel punto io entro nella tua stanza per venire a dirti che secondo me meritavi di vincere il titolo e vi sorprendo insieme.»
    «Le tue letture mi preoccupano profondamente» ribatté Lewis, seppure divertito da quanto Sebastian gli stava riferendo. «Devo ipotizzare che, a quel punto, io e Nico ti abbiamo invitato a raggiungerci?»
    «Sì, ma io ho rifiutato, per rimanere fedele a Kimi.»
    «Che cosa romantica.»
    «Però, ora che mi ci fai pensare» osservò Sebastian, «Dopo la gara, quel giorno, entrai davvero nella tua stanza per venire a dirti che erano stati diciotto anni bellissimi, quelli che avevamo trascorso gareggiando l'uno contro l'altro, e che mi saresti mancato, eri davvero insieme a Nico. Magari quella fangirl ha davvero ragione.»
    «Se ben ricordo - ma viste le circostanze potrei ricordare male - io e Nico eravamo completamente vestiti e ci stavamo scolando una bottiglia di vodka per protesta contro le tradizioni locali, quando entrasti» puntualizzò Lewis. «Ci eravamo incontrati dopo la gara e gli avevo chiesto se riuscisse a procurare dell'alcool. Organizzammo un drinking game.»
    «Chi vinse il drinking game?»
    «Non ne ho idea, perché eravamo entrambi troppo ubriachi per ricordare qualcosa. Forse avremmo fatto meglio a bere acqua tonica al gusto di petali di rosa.»
    «Quindi, tecnicamente» scherzò Sebastian, «Potrebbe davvero esserci stato del tenero, tra di voi, ma semplicemente l'avete rimosso.»
    «Sei libero di pensarlo. Anzi, ti suggerisco di scrivere una fan fiction in proposito e di pubblicarla con il nickname fittizio di Fashion Mercedes Bros Vintage Fangirl o qualcosa del genere.»
    «Non sono ancora arrivato a questi livelli. Da solo non sarei in grado. Però, se vuoi, puoi farmi da beta reader...»
    «Ti ricordo che ho un figlio pilota, che tra poche ore prenderà parte alla sua prima gara di Formula 1. È mio dovere sostenerlo, piuttosto che farti da beta reader.»
    Sebastian gli strizzò un occhio.
    «Dopo la gara?»

    ***

    Max aveva sempre pensato che gli appassionati, e in particolare le appassionate, di motori avessero una fantasia a dir poco galoppante, ma quel giorno stesso, a proposito di Abu Dhabi 2024, aveva trovato una perla non da poco, su un nuovo sito di fan fiction sulla Formula 1. L'autrice si firmava Fashion Mercedes Bros Vintage Fangirl. Il racconto che aveva iniziato a pubblicare dava l'idea di essere una parodia delle fan fiction, ma era difficile comprendere quale fosse la linea sottile che separava le parodie delle fan fiction dalle fan fiction scritte con intento serio.
    Max sperò che trascorressero molti anni prima che Danny e Leo incappassero in quel sito e in quella storia, soprattutto Leo che era figlio di uno dei protagonisti.
    Dato che era suo dovere far sì che i due bambini si facessero una cultura, decise di riprendere la propria narrazione.
    «Io e Charles fummo compagni di squadra per tre anni. Nel 2025 le cose non andarono male, ma alla fine il mondiale lo vinse Marcus Armstrong. Ad oggi è l'ultimo mondiale vinto dalla Ferrari. Anche l'anno dopo non andò male, ma ancora una volta il mondiale se lo portò a casa qualcun altro: se la giocarono Lando Norris e Dan Ticktum, che all'epoca correvano per la Redbull. Vinse Norris. Nel 2027, finalmente, fu la volta buona: la Haas era la vettura più performante del lotto e io e Charles non avevamo rivali. Vinsi io, per tre punti. A quel punto Charles passò alla Venturi, che era entrata in Formula 1 l'anno precedente, con l'intento di abbandonare la Formula E dopo il passaggio ai motori elettrici da parte della Formula 1, di cui si parlava con sempre più insistenza. Non posso dire che fui contento che Charles se ne andasse, ma penso che non fossimo fatti per stare nello stesso team, cosa di cui avremmo avuto le prove qualche anno più tardi. Nel 2028 vinsi finalmente il mio terzo mondiale. Il mio compagno di squadra era Colton Herta, un americano appena arrivato dalla Indycar. Anche lui andava forte, anche se non vinse mai un mondiale, con grande disappunto di Liberty Media, la società che controllava la Formula 1 prima di Alejandro Agag.»
    «Dov'è Herta, adesso?» chiese Leo.
    «È tornato in Indycar. Non rimase a lungo in Formula 1, solo per tre stagioni: quella in cui vinsi il mondiale e quelle che vennero dopo. Nel 2029 il campionato fu vinto da Armstrong con l'Alfa Romeo, mentre nel 2030 fu la volta del mio caro amico Charles sulla Venturi. L'anno dopo ci fu la fusione con la Formula E, Charles tornò alla Haas, tra di noi ci furono un bel po' di problemi e alla fine Guanyu Zhou vinse il titolo con la Techeetah. A fine anno lasciammo entrambi il team: Charles passò all'Alfa Romeo, io tentai la fortuna con la McLaren, ma non ottenni i risultati sperati. La Haas ingaggiò Jamie Caroline e Sebastian Montoya. Caroline vinse tre mondiali di seguito, poi vennero i giorni di gloria dell'Alfa: nel 2034 il mio caro amico Charles mi ha raggiunto a quota tre mondiali. Poi, come tutti sanno, l'anno scorso il titolo è stato una sfida a quattro tra i piloti della Haas e quelli dell'Alfa Romeo. Caroline ha pagato l'avere saltato due gran premi per prendere parte alla Cinquecento Miglia di Indianapolis, Montoya ha perso tantissimi punti quella volta in cui ha rotto una sospensione finendo su un tombino scoperchiato mentre era in testa, Leclerc è stato fuori forma per parecchi gran premi dopo la sua caduta sui gradini del podio di Montecarlo, mentre festeggiava la vittoria del suo gran premio di casa, quindi, con diversi gran premi d'anticipo, il titolo è stato assegnato ad Austin ed è stato incoronato il più giovane campione del mondo di sempre: Yuji Yamamoto.»
    Il pilota giapponese, appena ventenne, non aveva legami di parentela con il suo omonimo Sakon e, subito dopo avere vinto il titolo, era passato alla Redbull. Per molti era stata una sorpresa, ma Yuji aveva dichiarato, scherzosamente, che lo faceva nel tentativo di tornare ad avere una buona reputazione: essere associato a un energy drink avrebbe fatto dimenticare ai suoi detrattori di quando aveva bevuto champagne il giorno in cui aveva vinto il mondiale, al gran premio degli Stati Uniti.
    La sua decisione di passare in Redbull si era rivelata meno azzardata del previsto: i risultati del team erano stati meno scadenti di quanto il grande pubblico si aspettasse, in un campionato che sembrava molto più combattuto del previsto. Il risultato del gran premio di Baku ne era stato un chiaro esempio e non solo per i colpi di scena che avevano fatto precipitare il pilota partito dalla pole appena in quarta posizione, davanti alle due McLaren dei giovani Coulthard e Hakkinen, verso la fine della gara.
    Sacha Grosjean e Juju Noda erano stati gli ultimi piloti classificati a pieni giri, mentre avevano chiuso a punti, seppure doppiate, la Dragon di Felipe Drugovich e la Audi di Liam Lawson.
    C’era stato un vincitore a sorpresa e un intero podio che aveva rimescolato i valori in campo, con altri potenziali vincitori che avevano visto le proprie speranze crollare già al primo giro. Tutto lasciava pensare che non ci fosse un’unica squadra dominante, quell’anno.

    ***

    Per tanto tempo l'idea di vincere, un giorno, un gran premio, era stata puramente illusoria, con mai nulla a lasciar credere che quel sogno potesse diventare reale.
    Era bastato che i semafori si accendessero affinché si scatenasse il caos. Varie vetture ne erano rimaste coinvolte, tanto che Felipinho non aveva avuto particolari difficoltà nell'accodarsi alla Haas di Sebastian Montoya, trascorrendo gran parte della gara negli scarichi del pilota colombiano.
    Erano su strategie diverse, con Montoya che prevedeva di effettuare una sosta in più. L'essere su gomme più fresche gli aveva consentito di recuperare parecchio nei confronti degli inseguitori, tanto che, alla fine, tutto gli avrebbe consentito di riprendersi senza problemi la testa della gara, senza ingressi della safety car.
    Sfortunatamente per lui, una delle Mahindra era andata a sbattere. Montoya aveva perso tempo e posizioni, scivolando al quarto posto.
    Felipinho ne aveva approfittato per andare a prendersi quella vittoria che aveva inseguito a lungo abbastanza da temere che non sarebbe arrivata mai.
    Il podio era stato completato, a sorpresa, dalla Haas di L.J. Hamilton e dall'altra Ferrari di Mick Schumacher.
    C'era chi aveva commentato che, essendo il primo podio interamente composto da figli d'arte, era un chiaro segnale del decadimento della Formula 1, che si aggrappava a cognomi storici nel tentativo di apparire più interessante agli occhi delle nuove generazioni.
    A Felipinho quei commenti non interessavano, anche perché a farli erano smemorati che non ricordavano che lui stesso era già salito sul podio insieme ad altri due piloti di seconda generazione, Verstappen e Montoya, proprio in occasione di quella che era stata l'ultima vittoria di Max.
    Altri avevano dichiarato che, senza l'incidente, sarebbe stato senza ombra di dubbio quest'ultimo a ottenere la vittoria, ma erano osservazioni che non contavano molto.
    Quello che contava era il risultato e il modo in cui Felipinho si apprestava a festeggiarlo. Quando Lucia si sedette di fronte a lui, tutto iniziò ad essergli chiaro: stava vivendo il giorno più bello della sua vita.
     
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    Mamma mia, sono successe tante cose in questo capitolo, da Max (insolitamente calmo e gentile qui, almeno con i bambini. Suo padre sarà profondamente deluso) che fa da Papà Castoro a Danny Ricciardo e Leo Rosberg (omettendo i dettagli VM14/18 delle sue storie) a Sebastian Vettel che in preda alla crisi dei 50 anni (anche se qui sembra un adolescente al quale hanno appena regalato il suo primo smartphone) diventa un autore di parodie delle trash-fyccine in incognito, proponendo a Lewis di essere il suo beta-reader. Epico il drinking game tra lui e Rosbi, sono sicuro che tutti nel condominio di Monaco lo facciano spesso, istigati da Eddie Jordan.
    Sono felicissimo che si siano susseguiti anni di stagioni epiche in F1 (speriamo avvenga così anche nella realtà), e soprattutto che Charles abbia vinto un titolo. Questo Yuji Yamamoto (a proposito, il suo nome è un tributo, oltre che a Sakon, a Ide?) è assolutamente un grande. Comunque la cosa che mi lascia più sconvolto di tutti è Valentino Rossi vincitore della Indy 500 con la Ferrari. E' talmente assurda come previsione che potrebbe avverarsi (soprattutto nel caso seguisse il nostro Forum in incognito).
    E intanto il mitico Felipinho, L.J. e Mick hanno spaccato il cu*o ha tutti (soprattutto a quelli che li denigrano come figli d'arte inconcludenti).
    In sostanza: well done, Sunshine.
     
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    CITAZIONE (Great Saiyaman‚ The Big Dreamer @ 27/8/2018, 17:50) 
    Mamma mia, sono successe tante cose in questo capitolo, da Max (insolitamente calmo e gentile qui, almeno con i bambini. Suo padre sarà profondamente deluso) che fa da Papà Castoro a Danny Ricciardo e Leo Rosberg

    I bambini sono troppo piccoli per essere presi a sberle. :lol:
    E se M-Ves ha preso dal padre, J-Ves farebbe meglio a smascherare la delusione perché non sarà mai troppo anziano per essere lui ad essere preso a sberle. :aah:

    CITAZIONE
    (omettendo i dettagli VM14/18 delle sue storie) a Sebastian Vettel che in preda alla crisi dei 50 anni (anche se qui sembra un adolescente al quale hanno appena regalato il suo primo smartphone) diventa un autore di parodie delle trash-fyccine in incognito, proponendo a Lewis di essere il suo beta-reader.

    La mia unica possibilità di scrivere una fan fiction che non fosse trash era metterci comunque qualche piccola scena trash. XD

    CITAZIONE
    Epico il drinking game tra lui e Rosbi, sono sicuro che tutti nel condominio di Monaco lo facciano spesso, istigati da Eddie Jordan.

    Sicuramente! *-*

    CITAZIONE
    Sono felicissimo che si siano susseguiti anni di stagioni epiche in F1 (speriamo avvenga così anche nella realtà), e soprattutto che Charles abbia vinto un titolo. Questo Yuji Yamamoto (a proposito, il suo nome è un tributo, oltre che a Sakon, a Ide?) è assolutamente un grande.

    Spero anch'io che sia pittoresca la Formula 1 del futuro. <3
    Yuji Yamamoto è un tributo sia a Ide sia a Yamamoto, ovviamente. :sato:

    CITAZIONE
    Comunque la cosa che mi lascia più sconvolto di tutti è Valentino Rossi vincitore della Indy 500 con la Ferrari. E' talmente assurda come previsione che potrebbe avverarsi (soprattutto nel caso seguisse il nostro Forum in incognito).

    Ti dirò, non ho *mai* tifato per Valentino Rossi e fin da bambina mi ha sempre infastidito il Rossi-centrismo già esistente alla massima potenza addirittura ai tempi della 125, al punto che a un certo punto arrivai ad affermare che se fosse passato in Formula 1 (era il periodo 2005/06) avrei preso in considerazione l'idea di smettere di seguirla (cosa che nella realtà penso non avrei mai fatto, almeno considerando che a partire dal 2006 il mio entusiasmo per la F1 si è moltiplicato a dismisura arrivando ai livelli attuali). Però, se davvero un giorno dovesse prendere parte alla Indy 500, sarei pronta a tifarlo.

    CITAZIONE
    E intanto il mitico Felipinho, L.J. e Mick hanno spaccato il cu*o ha tutti (soprattutto a quelli che li denigrano come figli d'arte inconcludenti).
    In sostanza: well done, Sunshine.

    Yeeeeaaaaaahhhhh, se lo meritavano. :wub:
    Grazie! <3
     
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    Capitolo 8.

    A distanza di alcuni giorni dal gran premio dell'Azerbaijan, Anthony si rendeva conto di avere commesso un grave errore: commentare in modo piuttosto positivo l'aspetto esteriore di Lucia Alonso Kapustina, in occasione delle sue inquadrature televisive.
    Non ci fu molto da sorprendersi, quando sua madre lo vide consultare uno dei profili social della ragazza, per verificare quali fossero le ultime fotografie da lei postare, e commentò: «Vedo che ormai non hai altre ragioni di vita a parte Lucia Alonso.»
    Anthony rise.
    «Non scherzare. Di ragioni di vita ne ho tante. Semplicemente stavo guardando i suoi ultimi scatti.»
    «Quello insieme a lei in quella foto», sua madre ne indicò una in particolare, «per caso è Felipinho Massa?»
    Anthony ingrandì l'immagine.
    «Pare proprio di sì.»
    «Stanno insieme?»
    «Ci sono dei rumour in proposito, ma la stessa Lucia si è preoccupata di smentirli, dichiarando che lei e Felipinho sono solo grandi amici e che lo sono da molti anni.»
    «Immagino che in pochi le credano.»
    «Esatto.»
    «Immagino anche che tu abbia cose più importanti a cui pensare, oltre ai gossip sui piloti.»
    «Non in questo momento.»
    «Non dovresti studiare?»
    «Sono a buon punto.»
    «Il giorno dell'esame non dirai la stessa cosa, immagino.»
    «Non so cosa succederà il giorno dell'esame» tagliò corto Anthony, «Ma ti assicuro che sto studiando e che non rimarrò indietro. Anzi, adesso, se ti fa piacere, chiudo questo profilio e spengo il computer. Però rassegnati, perché non ho intenzione di mettermi a studiare adesso. Penso che guarderò una delle vecchie gare che ho scaricato da internet nei mesi scorsi.»
    Gli parve di vedere sua madre trasalire.
    «Quale gara pensi di guardare, nello specifico?»
    «Australia 2015, la prima dopo la mia nascita. Non l'ho ancora vista.»
    Sua madre era improvvisamente meno tesa.
    «Se devi guardare una gara del 2015, ti suggerisco quella degli Stati Uniti, piuttosto. È stata molto più intensa e ricca di colpi di scena, se posso permettermi di esprimere il mio parere.»
    «Austin 2015 è una gara bellissima» replicò Anthony, «Ma l'ho già guardata almeno tre o quattro volte. Pensavo di vederne una che non ho ancora visto.»
    «Capisco.»
    Mentre sua madre gli voltava le spalle e si allontanava, Anthony guardò ancora una volta il profilo di Lucia Alonso. Aveva pubblicato una fotografia di una monoposto rossa, che ovviamente non era quella di Mick Schumacher, e la didascalia con la quale la commentava recitava, testualmente: "non vedo l'ora che arrivi la fine del mese per sostenere il mio amico Felipinho a Monaco, non posso mancare".
    Il cuore di Anthony perse un battito, realizzando che lui e Lucia si sarebbero trovati nello stesso posto, seppure la sua probabilità di incontrarla rimanesse minima.
    In quel momento invidiava profondamente Felipinho Massa, anche se non gli era mai sembrato niente di che.
    "Se fossi il figlio segreto di Felipe Massa, forse anch'io potrei conoscerla, un giorno."
    Certo, le probabilità di essere il figlio segreto di Felipe Massa erano molto basse, se non del tutto inesistenti: Massa aveva parecchi anni in più di sua madre, era felicemente sposato fin dalla notte dei tempi e con tutta probabilità non aveva mai provato attrazione per nessuna donna che non fosse la sua consorte. Per assurdo, era più plausibile ipotizzare di essere il figlio di Fernando Alonso, per il quale il discorso cadeva eccetto per l'età, e di conseguenza il fratellastro di Lucia.
    Anthony raggelò: era assurdo pensare di essersi innamorato a prima vista di una ragazza che aveva visto soltanto alla televisione e che aveva una probabilità su ventidue (anzi, su venti, visto che l'etnia di Hamilton e quella di Kobayashi restringevano il campo) di essere sua sorella.
    Forse avrebbe dovuto davvero rimettersi a studiare, togliendosi di testa quei pensieri assurdi e preoccupandosi di quello che contava davvero.

    ***

    Lucia era in pieno countdown per il gran premio di Montecarlo, quando le capitò sotto mano un link al quale erano pubblicate le foto dei modelli e delle modelle che avrebbero fatto la parte di grid-boy e grid-girl per l'evento sempre più imminente.
    Nessuno la colpì particolarmente.
    O meglio, nessuno la colpì particolarmente, a parte un ragazzo castano dall'aspetto neanche troppo appariscente.
    Prima di dimenticarsi di quella foto, si domandò che cosa avrebbe pensato tutta la gente che, da giorni, sosteneva che avesse una relazione con Felipinho: probabilmente che avere guardato quelle immagini indicasse la fine imminente della loro presunta relazione.
    Lucia amava i motori e amava accompagnare suo padre sui circuiti, tuttavia nel corso degli anni aveva notato come la sua sola presenza facesse insorgere tanti pettegolezzi di cui avrebbe volentieri fatto a meno.
    Che Felipinho fosse interessato a lei, non c'erano dubbi. Per quanto l'interesse fosse reciproco, le sarebbe piaciuto molto potere gestire da sola la propria vita, senza l'intervento di siti di gossip e quant'altro, e rimanere ancorata a una realtà di cui prima o poi avrebbe dovuto rendersi conto: per quanto Felipinho potesse piacerle, le loro vite sarebbero state difficilmente compatibili.
    Dopo la gara di Baku si era concessa una vacanza a Indianapolis, con la scusa di accompagnare suo padre, che intendeva assistere personalmente ai test.
    Era snervante non potere telefonare al suo amico, o anche solo chattare con lui, se non negli orari in cui il fuso orario lo permetteva. Per fortuna, almeno per quel giorno, il momento sembrava essere arrivato.
    "Bom dia, campione. Stai ancora festeggiando?"
    "Bon dia fino a un certo punto... sta già tramontando il sole! Comunque no, non sto festeggiando, sto lavorando per il futuro."
    "Mi fa piacere. Sarebbe bello se ti ripetessi a Monaco."
    "Vola basso. Baku è stata la prova che, in certe circostanze, ce la possiamo fare, ma appunto, quelle circostanze non si ripeteranno tanto spesso. Credo che dovrai rassegnarti: il giorno in cui un membro della famiglia Massa vincerà a Montecarlo è ancora molto lontano."
    "Almeno cerca di non fare la fine di tuo padre. Se non sbaglio è l'unico pilota che ha sbattuto contro le barriere della Sainte Devote in molteplici occasioni sia in Formula 1 sia in Formula E."
    "Sì, mio padre dice che gli dispiace di non avere mai gareggiato al rally di Montecarlo, altrimenti avrebbe inserito nel suo curriculum almeno un incidente alla Sainte Devote anche in un'ulteriore categoria motoristica."
    "Vedo che l'ha presa con filosofia."
    "Lo rende detentore di un record, dopotutto..."
    "Non è il record a cui i piloti ambiscono, che io sappia. Non è un record che mio padre prenderebbe molto bene."
    "Senza offesa, ma mi sembra che tuo padre abbia un carattere non facilmente compatibile con queste cose. Una Triple Crown degli incidenti lo farebbe inorridire."
    "Penso proprio di sì. Lo considererebbe un record molto infamante per la sua reputazione."
    "Alla fine mio padre ci convive benissimo, con queste cose. Dopotutto sono argomenti su cui la gente scherza, nessuno trascorre i propri giorni a mettere in discussione tutta la sua carriera per questo. Non è come il record di Heidfeld, che da anni viene continuamente accusato di non meritare di avere vinto un titolo in Formula E."
    "Povero Heidfeld... non solo deve convivere con la consapevolezza di avere vinto un mondiale di Formula E ottenendo solo piazzamenti a podio e a punti, ma senza mai vincere neanche una gara, neanche né prima né dopo, ma viene anche insultato per questo. Mi fa tenerezza."
    "A chi non fa tenerezza? Mi dispiace che ci sia gente che lo critica tuttora, e solo perché sta ancora sotto ai riflettori essendo team manager della Mahindra. Se non venisse inquadrato di frequente durante i gran premi, in molti non si ricorderebbero nemmeno di lui."
    "Non ci metterei la mano sul fuoco. La gente tende a ricordarsi le cose più improbabili."
    "Ti riferisci a qualcosa, nello specifico?"
    "No."
    "Non ai rumour su di noi?"
    "Non mi spingo così in là da sperare che si siano già dimenticati di averci visti insieme. Sono passati solo pochi giorni."
    "Anch'io non ti ho dimenticata. Abbiamo passato una bella serata, insieme. Valeva la pena di vincere un gran premio, se significava uscire con te."
    "Quindi mi stai dicendo che per la prossima uscita dovrò aspettare che tu vinca di nuovo?"
    "Chi lo sa..."
    "In tal caso, sbrigati a vincere. Non mi interessa se è di più di quanto la tua vettura possa offrire, solo tu puoi salvarmi da lunghe serate piene di noia."
    "Adesso non dirmi che ti annoi quando non ci sono! Non ci vedevamo da anni..."
    "E abbiamo fatto malissimo a non incontrarci."
    "A proposito, mi sono fatto molte domande sul nostro incontro."
    "Quali domande? Devo preoccuparmi?"
    "No, affatto. Mi sono solo chiesto: è davvero un caso che tuo padre abbia insistito così tanto per farti venire a Baku, come mi hai detto? Il fatto che, subito dopo, abbiamo pranzato insieme, noi due e i nostri padri, mi lascia molto perplesso. Non staranno cercando di combinare un fidanzamento tra di noi?"
    "No, non credo. Di solito i fidanzamenti vengono combinati tra coppie che, in circostanze normali, non si prenderebbero nemmeno in considerazione. Io e te ci conoscevamo già, eravamo già amici."
    "Ma non ci vedevamo da una vita. Chissà, magari vogliono che venga a formarsi la coppia più in vista del motorsport, prima che L.J. Hamilton ed Emilie Vettel battano il nostro record."
    "Perché, Hamilton e la Vettel stanno insieme?"
    "No, ma non stiamo insieme neanche noi. Tra L.J. ed Emilie, tuttavia, sono in molti a pensare che ci sia del tenero."
    "Sarebbe fantastico, non trovi?"
    "Non sono così romantico da commuovermi per i presunti fidanzamenti altrui."
    "Fai male. L'amore è sempre fonte di ispirazione."
    "Anche le vittorie in Formula 1 sono fonte di ispirazione. Ne so qualcosa, anche se penso che sia più facile trovare l'amore piuttosto che vincere di nuovo."
    "Comunque vada, Monaco sarà sicuramente un gran premio bellissimo. È da tanti anni che non vengo a Montecarlo, non vedo l'ora."
    "Eppure ti sei affrettata a partire per Indianapolis."
    "Il gran premio si avvicina, ma non è ancora così imminente."
    "Potevi venire a trovare me."
    "Non mi hai invitata."
    "Se l'avessi fatto, saresti venuta?"
    "Chissà, forse sì."
    "Allora ti invito ufficialmente a venire a trovarmi, quando tornerai da Indianapolis."
    "Se me lo chiedi così, prendo seriamente in considerazione l'ipotesi di accettare."
    "Faresti benissimo. Ti farei vedere tutto quello che c'è di interessante da queste parti, compresa la piscina in cui mio padre e i suoi ex colleghi si radunano in compagnia di un unicorno di gomma per parlare di quello che succedeva e che succede tuttora sui circuiti."
    "Un unicorno di gomma?"
    "Sì, è senz'altro il soggetto più responsabile, in quella piscina."
    "Mi chiedo che cosa succeda, tra quelle acque limpide e piene di segreti..."
    "Non te lo so dire, ma mio padre mi sembrava particolarmente su di giri, dato che c'è stato un raduno improvviso in piscina."
    "Hai pensato di auto-invitarti?"
    "Per la mia sanità mentale, no. Ci scommetto che, se andassi a controllare, scoprirei che in questo momento Ricciardo sta cavalcando il suo unicorno con un gran sorriso a trentadue denti senza un motivo ben preciso. Se invece il motivo ci fosse, forse preferirei non esserne al corrente."

    ***

    Daniel e Lewis stavano approfittando della momentanea solitudine per confabulare tra di loro.
    «Hai guardato quel link che ti ho passato?»
    «Sì. Quel racconto è assurdo. È la cosa più trash che io abbia mai letto. La ragazza che l'ha scritto o è completamente fuori di testa o l'ha fatto di proposito per farci chiedere se sia fuori di testa o se volesse semplicemente farsi quattro risate.»
    «Non è una ragazza.»
    «Cosa ne sai?»
    «Quel capitolo è opera mia e di Sebastian. L'abbiamo scritto dopo la gara di Baku, per divertirci. Dovevo solo fare da beta reader, ma mi sono lasciato andare un po’ troppo.»
    «E l'avete pubblicato su una piattaforma di fan fiction?»
    «Sì.»
    «Come mai avete preso questa normalissima decisione?»
    «Perché è divertente. Abbiamo ricevuto tanti commenti, da parte di gente che ci ha esortati a continuare, perché trova quel racconto bellissimo. Avevamo scommesso che avremmo ricevuto almeno un centinaio di like e oltre duecento commenti entro il gran premio di Montecarlo e ci siamo già vicini nonostante siano passati solo pochi giorni.»
    «Toglimi una curiosità, che cosa ne pensa Nico del fatto che tu e Sebastian abbiate scritto un racconto nel quale organizzate una sfida a strip-briscola e dopo, quando siete tutti completamente nudi, si mette a inseguirti cercando di tagliarti le treccine, istigato da Sebastian?»
    «Non ne sa niente. Non sono sicuro che abbia il senso dell'umorismo giusto per trovarla divertente. Tu, invece, mi sembravi la persona adatta per venire a sapere di quel racconto. Anzi, secondo me dovresti anche collaborare con noi alla stesura del prossimo capitolo.»
    «Nel caso ti sfugga, sono un uomo impegnato.»
    «Anch'io e Sebastian lo siamo, ma non per questo ci siamo trattenuti dal dare sfogo al nostro estro creativo. Fidati, sarà divertente. Finalmente, ora che siamo vecchi, possiamo concederci di non prendere più le cose sul serio.»
    Daniel gli scoccò un'occhiataccia.
    «Vecchio lo sarai tu. Io mi sento ancora un ragazzino.» Balzò sull'unicorno, poi confidò all'ex collega: «Ho dato un'occhiata anche ad altri racconti, pubblicati su quel sito. Il vostro è troppo soft, per gli standard dello slash: che cosa ci fate, dopo un intero capitolo, ancora lì che pensate alle treccine da tagliare? Non avete ancora inserito nessuna scena di sesso decontestualizzato...»
    «Non eravamo pronti per un rapporto a tre» ammise Lewis. «Non c'era la giusta atmosfera.»
    «Capisco. Non...»
    Daniel si interruppe.
    Nico e Felipe li stavano raggiungendo: erano sul bordo della piscina e li fissavano.
    «Oh, eccovi» li accolse Daniel. «Come da vostra richiesta, Max non è stato minimamente informato di questo raduno. Adesso, però, vogliamo sapere la novità che dovete comunicarci.»
    I due nuovi arrivati si sedettero sul bordo della piscina.
    Daniel si avvicinò, a bordo del suo unicorno, o almeno ci provò, perché Lewis cercò di spingerlo giù dal materassino.
    Nico intimò ai due: «Smettetela di comportarvi da bambini. Devo farvi un annuncio piuttosto serio.»
    «Tuo figlio ha finalmente smesso di darti dello scarso perché hai vinto meno gare e meno titoli di Max Verstappen?» azzardò Lewis. «In tal caso, riferiscigli che sia tu sia Max siete entrambi due scarsi e che non siete nemmeno degni di spazzolarmi le treccine.»
    «No, Leo non ha detto alcunché a proposito dei miei risultati» replicò Nico, «Però in compenso ha visto un vecchio video in TV dove avevi le treccine e ha detto che erano orrende.»
    «Non aveva tutti i torti» intervenne Felipe. «Non è che quelle treccine fossero un granché.»
    «Sempre meglio che essere pelato come te.»
    «Non sono pelato, sono diversamente capellone.»
    «Mi pare un'ottima definizione» osservò Daniel, che poi cercò di ipotizzare quale fosse l'annuncio imminente. «Per caso ci devi confessare che hai i capelli bianchi e che te li tingi da anni?»
    «Niente di tutto ciò» dichiarò Nico. «Sono tutte cose di cui anche Max avrebbe dovuto essere informato immediatamente. Tuttavia, visto che Max gareggerà a Monaco, preferisco che solo voi lo sappiate in anticipo: per il prossimo gran premio, sarò straordinariamente presente come ospite nella telecronaca della Rai, insieme a Mazzoni e a Felipe.»
    «Quindi» dedusse Lewis, «Potrai gufare Max come facevi un tempo con me.»
    «Io non ho mai gufato nessuno» obiettò Nico. «Mi sono solamente limitato a criticare le vostre prestazioni quando deludevate le aspettative, venendo a mia volta criticato dai vostri tifosi per avere osato infangare il vostro nome.»
    «Concordo» convenne Felipe, con un mezzo sorriso. «Il vero gufo sono io, stando a quello che si dice delle mie telecronache.»
    «Tu non lo fai con cattive intenzioni» lo difese Lewis. «Sei un telecronista politically correct.»
    «Anch'io sono un telecronista politically correct» si impuntò Nico. «Non ho mai parlato male di proposito di nessuno, nemmeno di Grosjean dopo i suoi storici incidenti.»
    «Il nostro caro Grosjean» mormorò Lewis, con un filo di rimpianto. «Mi mancano quei giorni. Peccato che non abbia gareggiato per la Haas nei giorni migliori della squadra. Ci sarebbe stato da divertirsi.»
    «A proposito di Haas» intervenne Daniel, «Che cosa ne pensate delle polemiche su Santino Ferrucci?»
    «Quali polemiche su Ferrucci?» domandò Lewis. «Che io ricordi, è da prima che gli spuntasse la barba che si ritrova coinvolto in eventi polemici.»
    «Parlo di quelli più recenti» precisò Daniel. «Pare che abbia minacciato Sebastian Montoya di licenziarlo e di sostituirlo con un pilota americano a caso, perché insoddisfatto del suo rendimento e del fatto che abbia gettato al vento una vittoria.»
    Lewis spalancò gli occhi.
    «E, sentiamo, che responsabilità avrebbe Montoya?»
    «Secondo Ferrucci, nell'ultimo stint aveva il passo sufficiente per raggiungere e superare le tre vetture che aveva davanti, invece di arrivare quarto dietro a quelli che ha definito come "un terzetto di incapaci".»
    «Tra gli incapaci ci sarebbe anche mio figlio?» borbottò Felipinho.
    «E a quanto pare anche il mio» osservò Lewis, «Che curiosamente corre proprio per la squadra che Ferrucci gestisce. Spero che i rumour secondo i quali verrà deposto siano veri.»
    «Li ho sentiti anch'io» confermò Felipe. «Pare che il suo ruolo possa essere preso tra poche settimane da Esteban Gutierrez.»
    «Il nostro caro Gutierrez!» si entusiasmò Lewis. «Dato che in un ruolo dirigenziale sarebbe irrilevante il fatto che non conosce il significato delle bandiere blu, mi piacerebbe molto vederlo all'opera.»
    «Anche a me» convenne Lewis. «Se non altro Gutierrez ha combinato qualcosa di più sensato che smanettare sul cellulare in pitlane al volante di una monoposto, durante la sua carriera. Inoltre ha già gestito un team in Formula 3 e se l'è cavata bene. Secondo me sarebbe un'ottima cosa.»

    ***

    Di ritorno dal raduno in piscina, Felipe ci tenne subito a informarsi a proposito di ciò che contava davvero.
    «Hai sentito Lucia, oggi?»
    «Sì, perché?»
    «Mi sembravate piuttosto affiatati, lo scorso weekend.»
    Felipinho annuì.
    «Sì, non mi posso lamentare. Abbiamo passato una bella serata domenica, ma adesso Lucia è negli Stati Uniti.»
    «Tornerà.»
    «Già, tornerà. L'ho invitata a venire a trovarmi qui a Monaco.»
    Felipe sorrise.
    «Mi pare un'ottima cosa.»
    «Quindi non ti dà fastidio il fatto che io frequenti la figlia del tuo ex compagno di squadra?»
    «Assolutamente no.»
    «Anche se, ogni volta in cui verremo visti insieme, ci saranno dei confronti sui tuoi risultati e su quelli di Fernando?»
    «Il confronto con Fernando non mi spaventa» ribatté Felipe. «Se ho sopportato di arrivare dietro di lui in pista per anni e anni, penso di potere sopportare anche che ci sia chi se ne ricorda.»
    «Perfetto, allora. Com'è andata in piscina?»
    «Abbiamo parlato del fatto che io e Nico saremo colleghi per un weekend e della situazione della Haas. E anche di Gutierrez e delle bandiere blu.»
    «Povero Gutierrez.»
    «Ma no, quale povero Gutierrez. Chissà che prima o poi non riesca a dimostrare che, anche se non è stato poi così eccellente durante la sua carriera come pilota, può tranquillamente essere in grado di comportarsi da manager competente.»
     
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    Ok, con Ferrucci al comando la Haas è spacciata. E dire che era sulla cresta dell'onda grazie a Steiner. A proposito, ma è ancora vivo o Santino lo ha fatto uccidere per prendere il controllo del team?
    E comunque ... AWWWWWWWWWWWWWW! La fyccina di Lewis e Seb sta spopolando ... :wub:
     
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    CITAZIONE (Great Saiyaman‚ The Big Dreamer @ 28/8/2018, 00:42) 
    Ok, con Ferrucci al comando la Haas è spacciata. E dire che era sulla cresta dell'onda grazie a Steiner. A proposito, ma è ancora vivo o Santino lo ha fatto uccidere per prendere il controllo del team?

    Credo che Steiner sia andato semplicemente in pensione. :lol:

    CITAZIONE
    E comunque ... AWWWWWWWWWWWWWW! La fyccina di Lewis e Seb sta spopolando ... :wub:

    Tanto ammmmore! :wub:
     
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    Credo che Steiner sia andato semplicemente in pensione. :lol:

    Ferrucci (seduto sulla sua poltrona stile Il Padrino): "Sììììììì ... è andato in penzione ... molto, mooooooolto lontano ..."

    CITAZIONE
    Tanto ammmmore! :wub:

    Trionfa SEMPRE l'ammmmore! :wub:
     
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    Credo che si sia capito che mi sono un po' discostata, strada facendo, dalla storyline che avevo in mente quando ho ricominciato questa fanfic, quindi è arrivato il momento di postare l'altro capitolo che avevo pronto (solo da rileggere, in realtà), relativo all'incontro tra due personaggi che probabilmente non era difficile associare l'uno all'altro. In certi punti è anche un capitolo decisamente più introspettivo di quelli precedenti, quindi spero di non deludere. :D



    Capitolo 9.

    Era una notte di maggio, con il mese che stava scivolando via a poco a poco.
    Se n'era andato via il gran premio di Montecarlo, se n'era andata via anche la festa alla quale Beatrice era stata invitata quasi per caso.
    Si tirò su dal letto di scatto.
    Le parve che la stanza semibuia volteggiasse intorno a lei.
    Aveva bisogno di vomitare.
    Se non fosse riuscita a raggiungere il bagno, forse si sarebbe liberata direttamente lì, sul letto dove...
    Raggelò.
    Non era sola.
    Non aveva immaginato quello che era successo.
    Il ragazzo con il quale aveva lasciato il party era sdraiato sul letto.
    Probabilmente dormiva.
    Sicuramente dormiva.
    Beatrice raccolse la borsa e il proprio vestito, poi si diresse, a fatica, verso il bagno.
    Raggiunse il water appena in tempo.
    Mentre vomitava, si disse che avrebbe dovuto prendere in seria considerazione l'eventualità di diventare astemia.
    Si sentiva in condizioni pietose, mentre si rivestiva.
    Prese fuori lo spazzolino da denti pieghevole e il dentifricio che teneva nella borsa, per cercare di togliersi dalla bocca l'orribile sapore di alcool e di vomito.
    Quando uscì dal bagno tornò a cercare le proprie scarpe.
    Il suo partner di una notte dormiva ancora.
    Se ne andò senza disturbarlo, realizzando che le loro strade non si sarebbero incontrate mai più e che forse non si sarebbe nemmeno ricordato di lei, il giorno seguente.
    Era meglio così.
    Per quanto ne sapeva Beatrice, che non si era mai preoccupata più di tanto della vita privata dei piloti, poteva essere fidanzato con un'altra ragazza.
    Sparire nel nulla sarebbe stata la soluzione migliore, sia per lui, sia per lei.
    Entrare nel mondo della Formula 1 come grid-girl era stata un'esperienza che le aveva permesso di vedere da vicino un universo che aveva sempre amato, compatibilmente con la sua professione di modella, ma sarebbe stato ben diverso finire in vista come la ragazza che...
    Non voleva nemmeno pensarci.
    Non avrebbe mai pensato di ritrovarsi, ubriaca fradicia, a letto con un pilota di Formula 1 con il quale aveva scambiato non più di un paio di parole a una festa.
    Da quando lei e il suo storico fidanzato si erano lasciati, qualche mese prima, non aveva mai avuto relazioni occasionali, tuttavia non si pentiva di quello che aveva fatto, né era convinta che se ne sarebbe pentita da sobria. Anzi, forse si sarebbe semplicemente pentita di non essere sobria, mentre era accaduto.
    Fuggì, senza ripensamenti.
    Camminò barcollando per qualche centinaio di metri, poi chiamò un taxi.
    Per fortuna un uomo che somigliava a Fernando Alonso, alla festa, le aveva restituito il portafoglio smarrito.
    Chissà, forse era davvero Fernando Alonso; era molto plausibile.

    ***

    Lucia inspirò a pieni polmoni, appena sbarcata all'aeroporto di Nizza.
    Aveva trascorso due settimane bellissime a Indianapolis, ma era felice di essere rientrata in Europa, pochi giorni prima del gran premio più fascinoso e glamour dell'anno. Inoltre, prima che arrivasse quell'evento, avrebbe avuto modo di trascorrere parecchio tempo insieme a Felipinho Massa e quella prospettiva la metteva di buon umore.
    Avevano appuntamento per il pomeriggio seguente e, se non fosse stata piuttosto stanca, Lucia avrebbe iniziato a fare il conto alla rovescia in attesa di quel momento.
    In quell'istante, tuttavia, aveva ben altre preoccupazioni.
    Aveva bisogno di un taxi che la conducesse in albergo.
    Poi aveva un disperato bisogno di dormire, ma quello sarebbe venuto dopo.

    ***

    L'attesa era snervante.
    Beatrice rimpiangeva i lunghi giorni durante i quali era stata ignara di quello che, con tutta probabilità, stava accadendo dentro di lei.
    Non riusciva a crederci.
    Non aveva mai potuto immaginare che potesse accadere.
    Sembrava di stare in una di quelle fan fiction che le ragazzine scrivevano sui social: una ragazza uscita dal nulla aveva un'avventura di una notte con un perfetto sconosciuto e si ritrovava incinta.
    Se non altro aveva quasi ventun anni, invece che sedici o diciassette come succedeva in quei racconti.
    E poi non era ancora sicura di essere incinta, anche se tutto lo lasciava pensare.
    Continuò ad attendere: mancava ancora qualche minuto.
    Chissà dov'era il padre del potenziale bambino, in quel momento.
    Anzi, lo sapeva bene, era in Gran Bretagna, dove di lì a poche ore sarebbe iniziata la sessione di qualifiche.
    Beatrice non aveva idea di che cosa gli passasse per la testa, in quel momento, ma era certa che non stesse pensando a lei, mentre la sua attesa terminava.
    Era giunto il momento di verificare il risultato del test.
    Beatrice ebbe il tempo di chiedersi per un attimo che cosa desiderasse davvero.
    Ricordò di quando era bambina e, nello scherzare insieme alle sue amiche dell'epoca, raccontava loro che un giorno avrebbe chiamato suo figlio Anthony, in nome di Anthony Noghès.
    Infine accettò la realtà: non poteva continuare ad aspettare per sempre.
    Il test era positivo.
    Non fu né spaventata né delusa: si sentiva come se, dentro di lei, l'avesse saputo fin dal primo momento.
    Essere la madre single del figlio segreto di un pilota di Formula 1 non era mai stato il suo sogno d'infanzia, ma chi, dopotutto, poteva dire di avere avverato a pieno i propri sogni d'infanzia?

    ***

    Anthony aveva appena salutato sua cugina, dopo averla accompagnata all'aeroporto, quando scoppiò un violento acquazzone.
    Per fortuna, seguendo proprio i suggerimenti di lei, aveva portato un ombrello con sé, pensando che potesse servire.
    Quello che non aveva pronosticato era che, grazie a un ombrello, la sua vita fosse sul punto di andare incontro a un grande cambiamento.

    ***

    La ruota panoramica svettava sul circuito cittadino di Marina Bay, illuminato a giorno.
    Il giorno del gran premio di Monaco era ormai lontano, ma nel soggiorno della propria casa Beatrice si sentiva molto vicina a quella domenica di maggio.
    Parlava con il bambino, che cresceva dentro di lei.
    «Non mi è mai piaciuto tanto il gran premio di Singapore» gli confidò, «Ma ho cambiato idea. Tutti i gran premi possono essere belli. Marina Bay è, come dire... suggestiva, forse.»
    Quel termine le piaceva. Ricordava vagamente di avere visto la gara con la telecronaca italiana, qualche anno prima, durante una vacanza in Italia, e "suggestivo" era proprio un termine che il telecronista di Raiuno utilizzava di frequente.
    Si ricordava del pre-gara, in cui aveva parlato tanto della ruota panoramica, la Singapore Flyer, una delle più alte del mondo, con ventotto cabine, che percorreva il proprio giro in circa quaranta minuti.
    Anche a Suzuka c'era una ruota panoramica, chissà se ne parlava con altrettanta enfasi in occasione del gran premio del Giappone...
    Beatrice fece un mezzo sorriso, mentre i semafori rossi si accendevano e il gran premio si apprestava a iniziare.
    Marina Bay le pareva una Monaco asiatica con le strade più larghe.
    La sua mente andò di nuovo a quella notte di maggio.
    Se fosse stata la protagonista di una fan fiction, l'anno successivo si sarebbe presentata al gran premio di Montecarlo, si sarebbe conquistata facilmente l'accesso alla pitlane, avrebbe raggiunto il padre del piccolo Anthony, gli avrebbe presentato il bambino e gli avrebbe confessato che era suo figlio.
    Non era così che funzionava la vita vera: non sarebbe riuscita a raggiungerlo e, se anche l'avesse fatto, difficilmente sarebbe stato soddisfatto che una ragazza che per lui era poco più di una sconosciuta gli confidasse di avere messo al mondo un figlio suo. Probabilmente non le avrebbe nemmeno creduto e l'avrebbe mandata al diavolo. Chissà, forse avrebbe addirittura perso il volante alla fine dell'anno, magari non sarebbe nemmeno stato presente al gran premio di Monaco dell'anno successivo.
    «Non preoccuparti, Anthony» mormorò, «Non farò nulla di tutto ciò, anche se ammetto che mi piacerebbe.»
    Cercò di immaginarsi la scena.
    Gli occhi chiusi e l'aria sognante le fecero mancare la partenza.
    Si accontentò dei replay, che arrivarono poco dopo.
    Passò parecchio prima che inquadrassero chi desiderava vedere.
    «Sai, Anthony, quello è tuo padre.»
    O forse no.
    Forse era il suo compagno di squadra?
    Se fosse stata la protagonista di una fan fiction, non avrebbe esitato a riconoscerlo dai colori del casco, anche se, in realtà, quelle avevano la vita facile: avevano l'accortezza di avere una love story con il loro idolo, dopotutto, non con un pilota a caso al quale non avevano mai prestato la dovuta attenzione, prima di incontrarlo dal vivo. Se ne sceglievano uno che stava nella parte che contava della griglia di partenza e che, puntualmente, all'ultimo capitolo diventava campione del mondo e che, con un po' di fortuna, vinceva altri titoli nei sequel che altro non erano che un allungare il brodo, sfruttando l'escamotage di un periodo di crisi nella coppia perfetta, dopo che la protagonista tradiva il suo idolo/partner con il suo principale avversario, che naturalmente era perdutamente innamorato di lei da sempre.
    Se non altro, la vita vera era meno banale di quella idealizzata dalle ragazzine che idolatravano piloti o, in generale, altri personaggi celebri.

    ***

    Non solo non c'era neanche l'ombra di un taxi, ma si era anche messo a diluviare.
    Lucia imprecò.
    Guardandosi intorno, vide che non c'era nemmeno un posto nel quale cercare riparo, nelle immediate vicinanze.
    Poi, dietro di lei, fece la propria comparsa il suo salvatore.
    Un ragazzo sconosciuto arrivò con un ombrello enorme e la affiancò.
    «Chiedo scusa per l'intromissione, ma mi sembrava che avessi bisogno di un ombrello.»
    Lucia fece un sorriso.
    «Sì, grazie.»
    Si voltò lentamente.
    Guardò in faccia il ragazzo e le parve che avesse un'aria familiare, anche se era certa di non averlo mai incontrato prima di quel momento.
    Il suo salvatore, da parte sua, fece un sussulto.
    «Oh... tu...» si interruppe. «No, niente, lascia stare.»
    Lucia aggrottò la fronte.
    «Io... cosa?»
    «Niente, lascia stare. Somigli tantissimo a...»
    Si era interrotto un'altra volta, ma Lucia non aveva intenzione di lasciare perdere.
    «Somiglio alla figlia di Fernando Alonso, è questo che volevi dire?»
    Il ragazzo annuì.
    «Proprio così.»
    «Me lo dicono in tanti.»
    «Ormai, allora, ti sarai abituata.»
    «Sì, soprattutto considerando che sono davvero la figlia di Fernando Alonso.»
    Il ragazzo spalancò gli occhi.
    «Wow! È fantastico.»
    «Sì» ammise Lucia. «Non mi posso lamentare.» Anche a lei, all'improvviso, era sembrato di ricordare dove avesse già visto il suo interlocutore. «Tu, per caso, sei un grid-boy del gran premio di Montecarlo?»
    «Cosa te lo fa pensare?»
    «Ho visto le foto dei modelli e ce n'è uno identico a te.»
    «Allora credo che sia il caso di svelarmi. Sono io. Inoltre, dato che tu ti sei presentata, credo che sia opportuno fare la stessa cosa: mi chiamo Anthony.»
    «Piacere di conoscerti e grazie mille per l'ombrello. Senza di te e senza la tua disponibilità adesso sarei bagnata fradicia. Spero di non averti fatto perdere tempo.»
    «Per me non è un problema.»
    «No, davvero, mi dispiace di approfittarne. Se solo arrivasse un taxi...»
    «Se non fossimo perfetti sconosciuti, ti proporrei di accompagnarti dove devi andare, dato che ho la macchina qui vicina, ma non mi sembra il caso. Però, se vuoi, posso lasciarti l'ombrello.»
    «È un pensiero gentile, ma tu come farai?»
    «Il mio giubbotto è impermeabile.»
    «L'idea di prendere possesso del tuo ombrello, in ogni caso, non mi piace.»
    Anthony fece un mezzo sorriso.
    «Puoi sempre restituirmelo.»
    «E come?»
    «Non so, magari, se hai un po' di tempo, mi dici dove e quando posso venire a prenderlo.»
    Era una buona idea, realizzò Lucia.
    «Sei su Instagram?»
    «Sì.»
    «Sono Dasha Alonso Kapustina. Se mi aggiungi ai tuoi contatti, ti mando un messaggio privato con l'indirizzo e l'orario.»
    «Mi pare fantastico.»
    «Grazie ancora. Ci sentiamo, allora.»
    «Grazie a te. Tutto sommato ci tengo al mio ombrello.»

    ***

    Un altro pomeriggio si stava avviando verso la conclusione, accompagnato dalla televisione accesa, che trasmetteva il gran premio del Brasile.
    Era un ripetersi della stessa storia, già vista in lungo e in largo nel corso della stagione, con le Mercedes in prima e seconda posizione e, in via del tutto straordinaria, il pubblico che le ignorava o che, eventualmente, sperava che svanissero nel nulla.
    Sugli spalti una folla di tifosi brasiliani saltavano, cantavano e urlavano da ore, inneggiando al loro idolo, stessa cosa che facevano anche quando non era in pista.
    Felipe Massa stazionava in terza posizione e tutto lasciava pensare che potesse conservarla fino al traguardo, che era sempre più vicino.
    Mentre in Europa si faceva sera, Beatrice si rese conto per la prima volta di quanto le cose fossero cambiate, nel giro di un anno: quando Massa aveva lasciato la Ferrari, erano in tanti a considerarlo come un pilota finito. Li aveva smentiti ed era riuscito addirittura a conquistare una pole position, oltre che alcuni piazzamenti a podio. Perfino i suoi detrattori, generalmente ferraristi che ritenevano che la responsabilità dei mancati titoli degli anni precedenti ricadesse tutta su di lui, avevano iniziato, almeno sporadicamente, ad avere qualche elogio nei suoi confronti.
    Chissà per quanti anni ancora sarebbe rimasto.
    Chissà se Anthony l'avrebbe visto gareggiare, un giorno.
    Chissà se Raikkonen, Alonso e Button, gli altri piloti più anziani, sarebbero rimasti a lungo abbastanza affinché Anthony imparasse a riconoscerli.
    Chissà se nei primi anni della sua infanzia avrebbe tifato per qualcuno per di loro, se avrebbe tifato per qualcun altro o magari per nessuno.
    Chissà, nonostante avesse i motori nel DNA, forse Anthony avrebbe potuto addirittura essere disinteressato alla Formula 1...
    Non sarebbe stato necessariamente un male, rifletté Beatrice. Sarebbe bastato non fargli vedere le gare, quando era bambino, per non spingerlo a interessarsene, e con tutta probabilità le avrebbe ignorate.
    E lei?
    Ce l'avrebbe fatta, lei?
    Avrebbe ignorato il motorsport per il resto della sua vita, in modo che Anthony potesse non comprendere mai il legame che aveva con loro?
    No, non ce l'avrebbe fatta.
    Era sempre stata un'appassionata di motori e, qualunque cosa la gente dicesse delle grid-girl, era stata felice di occupare quel ruolo, per un solo weekend della sua vita.
    Aveva conosciuto molte modelle alle quali non importava niente dell'automobilismo, che avevano considerato quello di Montecarlo un lavoro come qualsiasi altro. Per Beatrice era stato diverso: per quanto si sforzasse, non riusciva a ricordare un momento della sua esistenza in cui la Formula 1 fosse stata lontana dai suoi interessi, fin dai tempi in cui, da bambina, la guardava insieme ai suoi nonni.
    Era passato tanto tempo da allora. I suoi nonni, che si erano occupati di lei durante gli anni della malattia di sua madre, se n'erano andati a loro volta da tempo, lasciandola sola.
    Infine era arrivato il gran premio di Monaco ed era arrivato Anthony, che continuava a crescere dentro di lei e che sarebbe nato alla fine di febbraio.
    «Adesso che ci sei tu» sussurrò Beatrice, abbassando lo sguardo sul proprio ventre, «Non sarò mai più da sola.» Rifletté un attimo, infine aggiunse: «Non sarò mai più da sola, qualunque cosa succeda.»
    Il futuro la spaventava, ma con Anthony sarebbe stata un'altra cosa.

    ***

    Quando Anthony rincasò era fradicio, ma ne era valsa la pena. Il suo giubbotto era tutt'altro che impermeabile ed era intriso d'acqua, ma lasciare l'ombrello a Lucia gli avrebbe permesso di incontrarla e non aveva potuto lasciarsi sfuggire una simile occasione.
    L'aveva aggiunta ai propri contatti su Instagram e Lucia aveva ricambiato, dandogli appuntamento per la mattina successiva.
    Anthony impazziva dal desiderio di confidarlo a qualcuno, ma quando si ritrovò faccia a faccia con sua madre si rese conto di non poterlo fare, o almeno, di non potere scendere nello specifico.
    Si immaginò uno scenario terribile:
    «Sai, mamma, ho conosciuto la figlia di Fernando Alonso.»
    «Dove?»
    «In aeroporto, dopo avere accompagnato Hélène.»
    «Mi fa piacere.»
    «Anche a me. Dobbiamo vederci domani mattina e ne sono felicissimo.»
    «Fammi capire, quella ragazza ti piace?»
    «Sì.»
    «Ti conviene togliertela dalla testa, allora, e anche alla svelta.»
    «Lo so, apparteniamo a mondi diversi e probabilmente non mi prenderà mai in considerazione, ma...»
    «Non è per i mondi diversi. È che... Lucia Alonso è tua sorella.»
    Anthony rabbrividì di fronte a quella prospettiva, anche se sapeva che le cose non sarebbero mai andate esattamente a quella maniera. Sua madre, prima di tutto, non l'avrebbe mai messo al corrente dell'identità di suo padre e, se l'avesse fatto, non sarebbe stata così diretta.
    Preferì, comunque, tacere. Il mattino seguente sua madre sarebbe stata al lavoro, quindi non gli avrebbe fatto domande, nel vederlo uscire di casa. Anche se l'avesse fatto, in ogni caso, avrebbe potuto mentire e dirle che intendeva recarsi all'università.
    Quando gli chiese come mai fosse più euforico del solito, utilizzò la scusa dell'imminente gran premio.
    Sua madre non fece ulteriori domande: dopotutto era una scusa più che credibile.

    ***

    Alla fine era arrivato anche il gran premio di Abu Dhabi, pronto a portarsi via quel poco che rimaneva della stagione che stava per terminare.
    Mentre Hamilton inseguiva un titolo essenzialmente già vinto, Massa inseguiva Hamilton, pericolosamente vicino.
    Beatrice era certa che, nel mondo, ci fosse molta gente che non credeva ai propri occhi, ma se non altro nulla di "irreparabile" era sul punto di succedere.
    Hamilton incrementò il proprio gap, prima della bandiera a scacchi e Massa si accontentò della seconda posizione, inseguito, seppure da lontano, dal suo compagno di squadra Bottas. Entrambe le Williams si piazzarono sui gradini più bassi del podio: non succedeva dal lontano 2005.
    «È finita, Anthony» mormorò Beatrice. «Hamilton ha finalmente vinto il suo secondo mondiale, la Williams ha ottenuto un risultato strepitoso e, in realtà, tutta la stagione è stata strepitosa, ma Felipinho Massa probabilmente non vedrà mai suo padre vincere un gran premio.»
    Chissà, magari un giorno sarebbe stato proprio Felipe a vedere suo figlio tagliare il traguardo in prima posizione: era ancora piccolo, ma sembrava molto interessato ai motori, Beatrice non si sarebbe stupita, se un giorno fosse diventato un pilota.

    ***

    «Quindi sei venuta a Monaco per Felipinho Massa.»
    «Sì e no. Sono venuta a Monaco per il gran premio, perché non voglio perdermelo. Felipinho mi ha invitata come sua ospite, quindi lo seguirò dai box. Mi ha chiesto se volevo venire a trovarlo qualche giorno prima e mi sembrava il minimo accettare, visto quanto è stato gentile.»
    Anthony sperò di non sembrare troppo invadente, quando le chiedeva: «Quindi i gossip su di voi sono giusti?»
    Lucia fece una mezza risata.
    «Io e Felipinho siamo amici. Gli amanti del gossip fanno presto ad aggiungere cose che non corrispondono a realtà. Non riescono a pensare alle persone come se fossero individui indipendenti. Devono per forza immaginare che siano fidanzati, affinché la vita abbia un senso.»
    Anthony sorrise.
    «Anche a me sembra un po' assurda, come cosa.»
    Lucia sospirò.
    «Vedo che siamo d'accordo almeno su questo.» I suoi occhi erano fermi già da un po' sul giubbotto che Anthony indossava. «Questo ce l'avevi anche ieri, giusto?»
    «Sì, perché?»
    «Perché non mi sembra affatto impermeabile. Sei stato gentile a cedermi il tuo ombrello. Mi dispiace se ti sei bagnato per colpa mia.»
    «A me non dispiace affatto» ribatté Anthony. «Sono sempre stato un grande appassionato di motori e potermi vantare di avere offerto il mio ombrello, durante un temporale, alla figlia di un vincitore della Triple Crown mi renderà in automatico molto più interessante: è una di quelle cose che arricchiscono a dismisura il curriculum di appassionato di automobilismo.»
    «Lo posso immaginare. Peccato che io non esista solo in funzione di mio padre.»
    «Oh, quindi ti dispiace?»
    «No, affatto. Però mi piacerebbe scambiare quattro chiacchiere con te, in modo che tu possa renderti conto che non sono solo la figlia di Fernando Alonso. Ti va di pranzare insieme? ...e, se stai per dirmi che non puoi permetterti di pranzare negli stessi locali in cui può permettersi di pranzare la figlia di un milionario, sappi che non sono schizzinosa al punto tale da schifare i posti più economici.»
    Anthony le strizzò un occhio.
    «A me sta bene andare a pranzo insieme, ma sei sicura che Felipinho Massa non sia geloso?»
    Lucia rise.
    «Penso di potere ancora decidere autonomamente insieme a chi voglio pranzare. Il candidato, oggi, sei tu.»

    Edited by Milly Sunshine - 28/8/2018, 01:25
     
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    Questo capitolo è bellissimo, per ragioni totalmente opposte a quello precedente. E' una deconstruction assolutamente perfetta di tutte le fanfiction penose che girano in rete, che dimostra come cose che piacciono tanto alle ragazzine e sulle quali si fanno film mentali nella realtà possa avere conseguenze a dir poco devastanti.
    Beatrice ha avuto una grandissima forza nel crescere suo figlio con questo fardello, molte donne al suo posto non ci avrebbero pensato due volte ad abortire (magari le stesse che scrivono quelle storielle insensate). A parte Alonso, può essere che suo padre sia ... Felipe? Vabbè che nella storia è scritto che il suo partner le era sembrato simile a Fernando, ma era comunque al buio, e si stava riprendendo dai postumi di una sbornia, quindi non sorprende che possa aver visto di lui un'immagine molto distorta. Questo spiegherebbe anche l'attrazione di Lucia nei confronti di Anthony, visto che, sebbene quasi identico alla madre (la sua descrizione mi lascia presumere che abbia preso soprattutto da lei), potrebbe avere qualche tratto in comune con Felipinho.
     
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    Mi fa piacere che tu abbia apprezzato il capitolo, è stato uno dei più difficili da scrivere finora e ho voluto ispirarmi almeno in parte a quel tipo di fan fiction, però stravolgendo le cose: per Beatrice non c'è né un happy ending in cui il pilota con cui ha trascorso una notte molla tutto e torna da lei, né un taglio netto con il passato (come avrebbe potuto essere in questo caso l'aborto).

    Le tue teorie sono interessanti, tuttavia ti devo correggere su un dettaglio (forse non mi sono spiegata bene io in quest'ultimo passaggio), ovvero che nel capitolo 3 era già stato accennato brevemente all'episodio del portafoglio smarrito da Beatrice:
    CITAZIONE
    Lo raccolse. Era aperto e subito gli saltò all'occhio una tessera rosa. Era una patente di guida intestata a una certa Beatrice Dubois, nata a Nizza il 29 luglio 1993. Era nata esattamente dodici anni dopo di lui, condividevano la data del compleanno.
    Doveva essere una delle ragazze di prima, il portamonete doveva esserle uscito dalla borsa o da una tasca.
    Per quanto l'idea di continuare a parlare di Indianapolis insieme a Felipe, che si era dichiarato dispiaciuto dal fatto che Castroneves non fosse riuscito a vincere la storica gara per la quarta volta in carriera, lo allettasse maggiormente, si guardò intorno, cercando di individuare una ragazza il cui aspetto fosse compatibile con quello della fotografia di Beatrice Dubois.
    La trovò più tardi, seduta in disparte, palesemente ubriaca.
    Per un attimo ebbe dei dubbi, perché nella foto i suoi capelli castani le arrivavano fino alle spalle, mentre la presunta Beatrice li portava molto più lunghi.
    Doveva essere lei, dato che fece un mezzo sorriso, poi lo ringraziò con voce assente.
    Fernando le restituì il portafoglio, poi si allontanò.
    Gli parve di notarla di nuovo, più tardi: non era più da sola.
    Poi sparì e, insieme a lei o senza di lei, Fernando non poteva saperlo, sparì anche il suo improvvisato accompagnatore.

    di conseguenza Alonso le ha restituito il portafoglio e non è chiaro se lei l'abbia riconosciuto o no (è a questo episodio che mi riferivo nella scena in cui Beatrice ripensa al portafoglio restituito, che in quel momento significa solo che è sollevata di avere con sé i soldi per pagare il taxi, e non al fatto che non sappia chi fosse lui - quello lo sa perfettamente, anche se ha preferito non riferirlo a nessuno).
    Però, sebbene sia capitato nella stessa serata, è un episodio slegato rispetto a quello che è successo dopo (piuttosto al massimo Alonso potrebbe essere l'unico a sapere con chi Beatrice sia andata via dalla festa, questo non dice nulla su eventuali somiglianze).

    Dalla descrizione, pare effettivamente che Anthony abbia preso di più dalla madre. In realtà un piccolissimo indizio che potrebbe aiutare a svelare questo mistero c'è, ma è veramente molto piccolo.
     
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    Mi sono sentita in dovere di auto-citarmi, approfondendo a modo mio la vecchia versione di CDD. :D
    Great Saiyaman, preparati, perché sai di cosa sto parlando. XD



    Capitolo 10.

    Fino a dodici mesi prima, Beatrice non avrebbe mai creduto che la vita potesse stravolgersi radicalmente, in appena dodici mesi.
    Tutto era cambiato, per lei, e per quanto ciò che era accaduto non fosse stato neanche lontanamente parte dei suoi piani, iniziava a rendersi conto che nemmeno la sua vita precedente era stata qualcosa che avesse profondamente desiderato. Semplicemente, arrivata a un certo punto, aveva dovuto prendere delle decisioni. Aveva fatto delle scelte in base a quello che, in linea teorica, sarebbe stato migliore per il suo futuro, senza mai chiedersi che cosa desiderasse davvero per il futuro.
    Suo figlio Anthony - alla fine l'aveva davvero chiamato così in onore di Anthony Noghès - era nato alla fine di febbraio, mentre si svolgevano i test prestagionali.
    Poche settimane più tardi Beatrice aveva ripreso a seguire il campionato, a scrivere articoli per il campionato stesso per un sito web sulla Formula 1, a chiedersi se la Redbull sarebbe tornata a farsi vedere e a riprendersi quella leadership svanita alla fine del 2013 e a constatare che per il secondo anno consecutivo la Mercedes era la vettura da battere e che difficilmente sarebbe stata battuta. L'unica altra squadra capace di vincere un gran premio era stata la Ferrari, con Vettel vincitore del gran premio della Malesia.
    I commenti sul web, anche a quelli degli articoli di Beatrice, erano un susseguirsi di lamentele a proposito del fatto che il campionato fosse noioso, molto di più di quello di dieci o quindici anni prima, perché non c'erano abbastanza duelli, non c'erano abbastanza sorpassi e, con tutta probabilità, perché chi scriveva quei commenti non era tifoso né della Mercedes né di Hamilton, quanto piuttosto di team o piloti rivali (comportamento che le sembrava piuttosto infantile, dal momento che lei stessa, in passato, era stata tifosa di un pilota che in Formula 1 non aveva mai vinto titoli mondiali, ma non per questo screditava un'intera serie perché il suo favorito non aveva vinto abbastanza o perché non sempre aveva guidato una vettura che potesse consentirgli di vincere costantemente dei gran premi).
    Beatrice non si sorprendeva particolarmente dei commenti, nemmeno da parte di quelli che sostenevano che guardare la Formula 1 fosse inutile ma continuavano a guardarla così come se niente fosse e a frequentare siti web sull'argomento, semplicemente le risultava che dieci o quindici anni prima, all'epoca dei campionati che nel 2015 venivano glorificati, ci fosse fin troppa gente impegnata a screditare quello che vedeva, rimpiangendo le stagioni antecedenti di altri dieci o quindici anni. Con tutta probabilità, andando indietro a ritroso, si sarebbe verificata la stessa situazione, con una costante denigrazione del presente, che una volta divenuto passato sarebbe stato portato su un piedistallo.
    Beatrice non amava fare paragoni. Era sempre stata in grado di trovare interessante ciò che guardava, poco importava che non fosse una replica spiccicata di quello che aveva visto negli anni precedenti.
    Guardando il gran premio di Montecarlo di quell'anno non si aspettava che fosse uguale a quello di un anno prima. Il fatto di essere nel soggiorno della propria abitazione invece che nel paddock in qualità di grid-girl l'avrebbe reso, ad ogni modo, diverso.
    Guardando sul teleschermo le vetture che si schieravano sulla griglia di partenza durante il giro di formazione, ripensò alle proprie fantasie di un tempo.
    C'era stato un giorno in cui aveva sognato di accedere al circuito insieme ad Anthony e di andare a raggiungere, insieme a lui, il ragazzo con cui l'aveva concepito.
    Era stata una fantasia breve e indolore, allo stesso modo in cui Beatrice sperava che fosse breve e indolore la gara che si apprestava a guardare. Fu abbastanza soddisfatta, quando tutto finì: il momento più bello era stato quando Anthony si era svegliato e, quando Beatrice aveva alzato il volume del televisore per fargli sentire meglio il rumore dei motori, le era parso che il bambino sorridesse.
    Quella sera Juan Pablo Montoya vinse la Cinquecento Miglia di Indianapolis: era stato lui il pilota che Beatrice aveva tifato con grande dedizione, durante gli anni in cui era stato in Formula 1, fin dal gran premio del Brasile del 2001, e quel risultato era molto positivo.
    Era bello vedere che i piloti che, secondo i commentatori degli articoli che lei stessa scriveva, erano considerati totalmente irrilevanti perché non gareggiavano più in Formula 1 potevano ottenere risultati straordinari, ma Beatrice si sentì meno presa da quella vittoria di quanto avrebbe potuto immaginare un tempo: il suo passato di tifosa stonava, almeno in parte, da quando era entrata a far parte, seppure marginalmente e per la sola durata di un weekend, del mondo dei motori: il suo passato c'era ancora, da qualche parte, ma il presente e il futuro l'avevano prepotentemente messo da parte.
    Era normale che dovesse andare così, dopo tutto quello che era accaduto.
    Era normale che, per quanto ci fossero tante competizioni importanti e per quanto la Cinquecento Miglia di Indianpolis fosse probabilmente la più importante in assoluto, il gran premio di Montecarlo avesse un posto privilegiato nel suo cuore.
    Prima o poi, decise, quando Anthony fosse stato più grande, vi sarebbe tornata come spettatrice.

    ***

    Lucia ci aveva visto giusto. Il futuro grid-boy, destinato alla postazione dell'ultimo dei qualificati al gran premio di Montecarlo, era un ragazzo piuttosto simpatico e stare in sua compagnia era un'esperienza piacevole.
    Certo, appariva molto ossessionato dal motorsport, ma Lucia aveva imparato a convivere con quella fervente passione. Apparentemente non esisteva soltanto nelle famiglie in cui uno dei componenti era un pilota, visto quanto Anthony le stava riferendo.
    «Quando ero piccolo, mia madre invece di raccontarmi le fiabe mi raccontava storie sulla Formula 1, anche immaginarie. La mia preferita era quella in cui Felipinho Massa, intorno ai vent'anni, debuttava in Formula 1 al volante di una scuderia brasiliana. Era una storia che mia madre aveva letto in internet, scritta da una probabile fangirl dell'epoca antecedente alla mia nascita, a quanto mi ha detto.»
    «Sembra interessante. Evidentemente c'erano anche delle fangirl che si immaginavano Felipinho Massa su una monoposto, invece di immaginarsi mio padre che si portava a letto Mark Webber.»
    «La squadra brasiliana si chiamava Brazil Racing e vi avevano gareggiato Lucas Di Grassi e Bruno Senna dopo avere lasciato la Virgin e la HRT.»
    Lucia non aveva idea di che squadre fossero Virgin e HRT, ma preferì soprassedere e continuò ad ascoltare il racconto di Anthony.
    «Qualche tempo fa ho parlato con mia madre di quella storia e lei mi ha rivelato che, a suo tempo, ne aveva stampato una copia, dopo averla trovata in internet. Ce l'aveva ancora. È stata una magnifica lettura. Pensa che in quella fan fiction Massa continuava a correre in Formula 1 fino al 2023 compreso, trascorrendo gli ultimi otto anni della sua carriera alla Lotus, dopo essere in precedenza stato compagno di squadra di tuo padre anche in Renault.»
    «Niente male, come cosa.»
    «Tuo padre aveva lasciato la Ferrari dopo il 2013, quando il mondiale era stato vinto dal suo compagno di squadra Vettel. Veniva sostituito da Hamilton, che anni dopo vinceva il mondiale battendo Kobayashi sulla McLaren. Anche Kobayashi vinceva un titolo, mentre Alguersuari ne vinceva addirittura quattro, uno con la Redbull e tre con la HRT. Ad un certo punto Massa lottava per il titolo contro tuo padre e perdeva all'ultima gara.»
    Lucia spalancò gli occhi.
    «Quindi mio padre vinceva il suo terzo titolo mondiale?»
    «A quanto pare.»
    «Wow!»
    «Peraltro, alla veneranda età di quarantadue anni, Massa aveva un volante anche per il campionato successivo. Tuttavia, dopo avere vinto il gran premio di Abu Dhabi, decideva di ritirarsi definitivamente dalle competizioni. Il suo posto alla Lotus veniva preso da Hamilton, che vinceva il mondiale nel 2024. Era il suo terzo titolo: dopo uno con la McLaren e uno con la Ferrari, ne vinceva uno anche sulla Lotus... e quel racconto risale al 2010: non so se mi spiego, la Lotus con cui Massa lottava per il mondiale e con cui Hamilton ne vinceva uno era la Caterham!»
    Lucia rise.
    «Quella verde, color coccodrillo?»
    «Esatto, proprio quella.»
    «Non ci posso credere! Troverei quasi più normale una love story tra mio padre e Mark Webber.»
    «Effettivamente bisogna essere dotati di una fantasia molto contorta, per scrivere una cosa del genere. Tuttavia il dettaglio più interessante che ho trovato in quella fan fiction era il ritorno della Benetton, guidata da Flavio Briatore, che intendeva replicare i successi di un tempo ingaggiando il figlio di Michael Schumacher. Veniva accennato al fatto che di solito lottava per le prime posizioni, mentre il suo compagno di squadra arrivava a malapena in top-ten. La cosa che mi lascia più perplesso è che il suo compagno di squadra non sia mai stato citato per nome. Ho il sospetto che l'autrice, prima di decidere di lasciare incompleto il suo presunto capolavoro, avesse in mente di dargli un nome. Rifletti: Benetton, Briatore, Schumacher... Ho l'impressione che quello dovesse essere figlio di uno dei compagni di squadra di Michael Schumacher nell'epoca dei suoi mondiali con la Benetton. Johnny Herbert ha solo figlie femmine e non c'era alcun accenno al fatto che si trattasse di una donna. J.J. Lehto non ha mai avuto figli. Quindi non resta che una soluzione: quello era...»
    Prima che Anthony potesse pronunciare il nome di Max Verstappen, Lucia scoppiò in una fragorosa risata.
    «È fantastico! Quasi quasi mi viene voglia di mettermi a scrivere fan fiction in cui pronosticare eventi che non si verificheranno mai.»
    «Però Felipinho è diventato davvero un pilota. Era impossibile pronosticarlo nel 2010.»
    «Questo lo devo riconoscere. Tua madre, comunque, deve essere un mito, per averti raccontato quella storia quando eri piccolo al posto delle fiabe. Doveva essere molto appassionata di motori.»
    «Sì, al punto che quando ero bambino mi ha portato diverse volte al gran premio di Montecarlo.»
    «Che bella cosa.»
    «Incorniciata, nel nostro soggiorno, c'è una foto di me da bambino accanto a Charles Leclerc. Mi piacerebbe essere il suo grid-boy per metterci di fianco un'altra cornice con una foto di me accanto alla sua monoposto, sulla griglia di partenza, ma non sarà possibile, dato che mi toccherà l'ultima posizione.» Anthony sorrise. «Me la farò bastare. Spero almeno che Leclerc sia al volante: quella volta si è guardato la gara dai box.»

    ***

    Le ultime settimane erano state terribili, con un susseguirsi di polemiche e di insulti sui social network.
    Charles era perfettamente consapevole di essere colpevole di ciò di cui veniva accusato e di meritarsi le critiche che aveva ricevuto, ma c'era chi esagerava, dal momento che era arrivato a ricevere minacce di morte sul web. A peggiorare la situazione, alcuni dei suoi sostenitori non si comportavano meglio dei suoi detrattori, dato che si preoccupavano di inoltrare minacce di morte a Max Verstappen.
    Era paradossale che proprio quelle persone, da una parte e dall'altra, si dichiarassero così indignate da quello che era successo a Baku: il loro comportamento sul web non lasciava pensare che avrebbero agito in maniera più intelligente di quanto aveva fatto lui stesso, quando dopo il loro incidente aveva aggredito Max nel bel mezzo della pitlane.
    Per fortuna, almeno, c'era una parte di opinione pubblica decisamente più controllata, che parlava della necessità di dare il buon esempio ai bambini o di non comportarsi come piloti di NASCAR.
    Era curioso che proprio una madre insieme al suo bambino si stessero dirigendo verso di lui. Il bambino portava un cappellino della Ferrari - nessuno era perfetto, dopotutto - e lui e sua madre lo riconobbero subito. A quanto pareva indossare una maglietta della Haas non gli permetteva di passare inosservato, anche fuori dal circuito.
    Il bambino volle una foto insieme a lui, che fu scattata dal cellulare di sua madre: non doveva essere ossessionata dalla questione del buon esempio, dal momento che appariva piuttosto soddisfatta. Anzi, dopo gli chiese anche di scattarsi un selfie insieme a lui. Charles fu felice di accontentarla.
    Alla fine chiese al bambino come si chiamasse.
    «Anthony, come Anthony Noghès.»
    «Buona scelta. Complimenti sia alla mamma sia al papà.»
    La donna abbassò lo sguardo.
    «Alla mamma e basta. Anthony ha solo me e sono io che gli ho trasmesso la passione per la Formula 1.»
    Anthony guardò Charles e dichiarò: «Hai fatto bene a superare Verstappen, quando stava per vincere il mondiale.»
    Doveva riferirsi ad Abu Dhabi 2021.
    «Sì, vincere quella gara è stato molto importante per me.»
    «Anche non far vincere il mondiale a Max Verstappen» insisté il bambino. «Hai fatto bene.»
    Sua madre chiarì: «Ad Anthony non piace molto Max Verstappen... e ultimamente gli piace ancora di meno.»
    Doveva essere un accenno ai fatti di Baku, sul quale Charles preferì soprassedere.
    Si congedò dai due promettendo ad Anthony che, al rientro dalla sua squalifica, avrebbe vinto nel gran premio del suo ritorno.
    Purtroppo in Canada non poté mantenere la promessa, danneggiando una sospensione dopo avere deviato all'improvviso e avere fatto un salto su un cordolo: una marmotta aveva fatto invasione di pista e vi si era fermata proprio al centro. Evitarla gli costò il ritiro e, dentro di sé, sperò che il bambino di Montecarlo la considerasse una giusta causa.

    ***

    Dopo avere pranzato insieme ad Anthony, Lucia tornò in albergo per prepararsi per l'incontro con Felipinho.
    Il suo amico le aveva mandato qualche messaggio, nel corso della giornata, ma non gli aveva ancora risposto, quindi decise di scrivergli:
    "Scusa se non mi sono fatta sentire, ma ero molto stanca e avevo un impegno. Non vedo l'ora di vederti, anche se in realtà, prima di tutto, non vedo l'ora che arrivi il weekend!"
    "È un modo come un altro per dirmi che il gran premio ti interessa più di me?"
    "No, è un modo come un altro per dirti che potrei incontrarti ogni volta che voglio, a parte il fatto che abitiamo in due stati diversi, mentre per vedere il gran premio di Montecarlo ho a diisposizione una sola occasione all'anno."
    "Okay, ti credo. Mi sei mancata in questi giorni."
    "Non esagerare, sono certa che avevi anche cose più importanti di cui pensare."
    "Sì, a dove trovare un barile di acqua benedetta in cui tuffarmi, in vista della telecronaca dell'inedito trio Mazzoni / Massa Sr / Rosberg. Se ci penso, mi vengono i brividi."
    "Non saranno mai peggio di Van Der Garde quando l'altra volta ha scritto su Twitter di essere completamente sicuro della vittoria di Verstappen."
    "Sì, ne ho sentito parlare. È stato un pronostico memorabile ed è stato memorabile che Vettel l'abbia citato in un post in cui dichiarava di essere molto felice di essersi ritirato dalle competizioni da anni, in un momento come quello. Ha aggiunto che non era particolarmente dispiaciuto per il ritiro del suo vecchio nemico, ma che lo stesso Van Der Garde avrebbe fatto meglio a ritirarsi dal suo ruolo di gufatore."
    "Ne è uscita una polemica infinita, se ne è parlato perfino negli States: il momento in cui Van Der Garde ha suggerito a Vettel di badare ai fatti suoi e ai sei mondiali che ha rubato e Vettel gli ha risposto con un 'f*ck' non è passato inosservato."
    "Meno male che il polverone si è un po' calmato. Sarebbe stato spiacevole se si parlasse più di questa storia che del gran premio. Certo, ci sarebbe il vantaggio che, con le telecronache incentrate su di loro, ci sarebbero meno commenti su noi piloti, quindi meno gufate dall'effetto uguale o contrario, ma sarebbe comunque di una noia mortale: ci verrebbero fatte domande in proposito per tutto il weekend, anche se non c'entriamo nulla..."
    "Meglio le presunte gufate, quindi. Vedrai, andrà tutto bene, nonostante un trio esplosivo in cabina di commento. E poi si tratta di tuo padre e di un tuo vicino di casa, puoi sempre cercare di corromperli."
    "No, lascio che sia qualcun altro a fare queste cose."

    ***

    Erano passati all'incirca cinque minuti da quando, affacciandosi alla finestra, L.J. aveva visto Felipe e Nico che parlavano in cortile. Stringendo il guinzaglio di Haas, il suo adorato bulldog, uscì di casa cercando di non fare rumore.
    I due ex piloti stavano ancora parlando, quando L.J. fece un cenno al cane. Haas lo capì al volo e, facendo un salto notevole, allungò una zampata sul fondoschiena di Felipe.
    Il brasiliano si voltò di scatto.
    «Cosa state facendo, teppisti?»
    L.J. sorrise con aria innocente.
    «Io non ho fatto nulla.»
    Felipe ridacchiò.
    «Come no.»
    «Sei sempre stato un furbetto» gli fece eco Nico. «Non mi sono ancora dimenticato di quella volta in cui hai rotto il salvagente di Naila.»
    «È stato una vita fa.»
    «Almeno all'epoca agivi da solo, invece di portare con te un cane indisciplinato.»
    «Per forza» ribatté L.J., «All'epoca c'erano Roscoe e Coco, che pensavano solo a dormire.»
    «Quelli erano cani intelligenti» puntualizzò Nico, «Diversamente da questo teppistello.»
    «Guarda che ti faccio azzannare!»
    «E io convinco Mazzoni a ripetere continuamente che stai facendo una bella gara e che è incredibile come un debuttante come te non abbia ancora fatto nessun errore schiantandosi contro le barriere.»
    «Sarebbe un'idea» confermò Felipe. «Non sono sicuro che funzioni, ma potremmo provarci.»
    L.J. ricordò lo scopo della propria visita.
    «Parlando di cose serie, vorrei chiedervi un piccolo favore.»
    I suoi due vicini di casa si scambiarono un'occhiata.
    Prima che potessero replicare, L.J. ricordò loro: «Sono solo un giovane e ingenuo debuttante con un cognome famoso.»
    «Giovane debuttante e con un cognome famoso okay, ma non mi sembra che tu sia ingenuo» obiettò Nico. «Sei sempre stato anche troppo sveglio. A parte questo, qual è la tua richiesta?»
    «Potreste essere clementi con me, durante la telecronaca?» li pregò L.J. «Se dovessi fare qualche errore, potreste cercare di non farmelo pesare troppo?»
    «Non hai preso per niente da tuo padre» osservò Felipe. «Lui, alla tua età, se avesse potuto influenzare un telecronista, gli avrebbe detto qualcosa del tipo: "sono matematicamente certo di vincere, quindi ti prego di non fare altro che ripetere che un giorno diventerò il pilota più vincente di tutti i tempi, perché sono matematicamente certo di diventarlo". Comunque puoi stare tranquillo, io non ho l'abitudine di screditare i piloti così, tanto per fare. Per quanto riguarda Nico non lo so, dipende se l'idea di diventare il tuo futuro suocero lo alletta o meno.»
    «Sono certo che ne sarebbe molto lieto» scherzò L.J., «Ma io e Naila siamo soltanto amici.» Si rivolse a Nico. «Credimi, ti prego. Se mi lanciassi qualche maledizione, la mia carriera potrebbe essere finita una volta per tutte.»
    «Peccato, però, che tu e Naila siate soltanto amici» osservò Felipe. «Sarebbe bello unire le vostre stirpi.»
    «È più facile che sia la tua stirpe a unirsi a quella di Alonso.»
    «Non mi dispiacerebbe, e sono certo che non dispiacerebbe nemmeno a Felipinho.»

    ***

    Rivedere Lucia dopo oltre due settimane era meraviglioso. Felipinho avrebbe voluto abbracciarla, ma temeva di apparire troppo espansivo, dal momento che la sua amica si limitò a salutarlo con un sorriso.
    Felipinho ricambiò il saluto e le chiese come fosse andato il viaggio di ritorno in Europa. Lucia lo definì lungo ed estenuante, poi elogiò a lungo un grid-boy incontrato per caso all'aeroporto di Nizza, che le aveva prestato un ombrello nel bel mezzo di un temporale.
    Per un attimo Felipinho pensò che l'entusiasmo di Lucia fosse eccessivo, ma si rese conto in breve tempo che la ragazza non era affascinata soltanto dall'ombrello di quello sconosciuto.
    Bastò poco per comprendere che, con tutta probabilità, si era fatto troppe illusioni. Se non altro, almeno, non l'aveva accolta in modo troppo esagerato: in tal caso non avrebbe nemmeno fatto una bella figura.
    Sapeva di non poterci fare niente: per quanto molte ragazze ritenessero più affascinanti i piloti rispetto ai grid-boy, Lucia era cresciuta nel mondo del motorsport e non provava lo stesso fascino di chi le competizioni le aveva sempre seguite solo in televisione.
    In mano di una settimana quel grid-boy sarebbe uscito definitivamente di scena, quindi era solo questione di avere pazienza. Felipinho era certo che un giorno Lucia si sarebbe accorta del loro legame.
    Parlarono a lungo, quel giorno. Felipinho le raccontò delle passate edizioni del gran premio di Montecarlo e di quanto gli sarebbe piaciuto vincere una gara nel luogo in cui era cresciuto e di quanto in fretta sarebbe stato disposto a scambiare quella possibilità con quella di una vittoria a Sao Paulo.
    Lucia lo ascoltò con interesse: evidentemente i grid-boy erano esteticamente più attraenti dei piloti, ma i piloti avevano ancora qualcosa di interessante da dire.
     
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