Il Paradosso del What-if

Racconto ambientato in una serie di motorsport post-Apocalittica

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1.     +2   Top   Dislike
     
    .
    Avatar


    Group
    Founder
    Posts
    70,943
    Reputation
    +2,895

    Status
    Dxy7XQHWsAER7Pk
    Dalla storia: "I piloti, per quanto mi riguarda, sono dei robot votati all'intrattenimento del grande pubblico. Se il pubblico li vuole vedere morti, devono morire. Non mi interessa se ieri sera, prima di andare a letto, Rosso Ventisette sognava ad occhi aperti il giorno in cui vincerà il titolo mondiale. Se per il bene dello spettacolo verrà tolto di mezzo, il suo parere sarà del tutto irrilevante."

    Dall'introduzione che ho scritto in occasione della prima pubblicazione del primo capitolo su Wattpad, alcuni mesi fa:

    Prima di iniziare, vorrei spendere qualche parola su ciò che state per leggere, iniziando da come è nato: se la regola aurea degli appassionati di motori è quantificare il tempo in gran premi, tutto ciò che posso dire è che l’universo in cui ho scelto di ambientare questo mio lavoro mi è venuto in mente più o meno a metà strada tra il weekend del gran premio del Giappone e quello del gran premio degli Stati Uniti del 2018. Non credo che ci sia stata una causa scatenante e, se qualcuno mi chiedesse come mi sia venuta una simile idea, non saprei dare una risposta precisa. Penso che la mia frequentazione costante di luoghi virtuali in cui si discute di motori, talvolta anche in modo poco contestualizzato, sia stata la molla che ha fatto scattare quello che è venuto dopo, ma è stata soltanto una delle tappe di questo percorso.
    Mi sono detta: proviamo a immaginare uno scenario in cui si realizza tutto quello che, a parole, vorrebbero i tifosi formato web che commentano le gare di Formula 1 sui social network, dunque gare in cui i tifosi stessi hanno la possibilità di condizionare il risultato, in cui hanno la possibilità di influenzare i tanto decantati duelli e sorpassi di cui parlano a ogni soffio di vento, in cui c’è una visione romantica del rischio e in cui il miglioramento degli standard di sicurezza viene visto come degradante. Portando all’estremo tutto questo, ne uscirebbe un universo molto inquietante.
    A quel punto mi sono detta: proviamo a immaginare, adesso, uno scenario in cui i vertici della massima serie di automobilismo hanno talmente tanto a cuore i tifosi (a parole, nella realtà quello che conta è solo l’audience e il rilievo economico di tali tifosi) da far sì che non ci siano defezioni da parte di sostenitori di particolari piloti o team di prima fascia in caso di cali prestazionali o dell’uscita di scena dei piloti o dei team di cui sono tifosi. La modalità più estrema per realizzare un simile intento potrebbe essere quella di depersonalizzare completamente sia le squadre sia i piloti: via i marchi storici, via i marchi meno storici, via in generale tutti i marchi, venti vetture uguali, distinte due per due soltanto dal colore, denominate come il loro colore, piloti senza un’identità, costretti ad andarsene in giro in tuta e casco anche quando non sono al volante, con il divieto assoluto di mostrarsi o di divulgare qualche informazione a proposito di sé stessi, con caschi non personalizzati, identificati con il colore del team per il quale gareggiano (al quale sono legati per tutta la carriera dopo essere stati scelti dai vertici del campionato nella serie minore che vi fa da contorno) e con il loro numero di gara assegnato loro in maniera casuale. Per ovviare al problema delle lamentele che sorgono a fine stagione, i punteggi sono stati aboliti: la classifica finale viene stilata in una maniera del tutto innovativa, per tempi aggregati dall’inizio alla fine della stagione (ogni gara viene considerata come se fosse un restart di quella precedente, con i giri persi per ritiri o per avere subito doppiaggi che rimangono tali).
    In più si sono aggiunti, a poco a poco, altri dettagli: la fine dell’esistenza del campionato di Formula 1, in seguito rimpiazzato dall’A+ Series, e i filmati d’epoca artefatti, in modo che sia difficile sapere per filo e per segno che cosa succedeva prima e come, esattamente, sia terminata l’esistenza del campionato di Formula 1, per via dell’esistenza di numerosi falsi storici che rendono impossibile determinare con certezza che cosa sia davvero accaduto e che cosa non lo sia e, di conseguenza, quali storie tramandate nel corso degli anni tramite web siano reali.
    Come funziona il resto del mondo nel frattempo? Probabilmente tale e quale a come lo vediamo noi, dato che non immagino la mia story-line come ambientata in un futuro lontano, quanto piuttosto come una sorta di presente alternativo.
    Non ho avuto molti dubbi sul titolo: “Il Paradosso del What If” è riferito alle domande senza risposta che gli appassionati di automobilismo talvolta si pongono. Cosa sarebbe accaduto se non fossero capitati certi fatti o se le cose fossero successe in modo diverso? L’aspetto del “what if” è legato, in questo contesto, all’esistenza di tante versioni alternative del passato del motorsport e al fatto che gli scenari alternativi esistano non solo nell’immaginario collettivo, ma che molti di loro vengano considerati come veramente accaduti anche se non lo sono.
    Nessuno dei personaggi principali è ispirato a piloti reali. Tuttavia non è da escludere qualche piccola "comparsa". Gli accenni a personaggi passati del motorsport, inoltre, ci saranno, anche se in un primo tempo saranno depersonalizzati.


    ******

    IL PARADOSSO DEL WHAT-IF

    Capitolo 1
    La caduta dell’ombrello

    Qualcuno bussò allo stipite della porta aperta.
    Il CEO dell’A+ Series alzò gli occhi.
    «Prego, Cinquantadue.»
    Il pilota, che indossava una tuta rossa e un casco in tinta, avanzò.
    Il CEO non lo invitò a sedersi, non avevano tempo da perdere in convenevoli.
    Si alzò e lo guardò negli occhi, attraverso la visiera aperta.
    «Immagino che tu sappia perché sei stato convocato.»
    Rosso Cinquantadue scosse la testa.
    «Veramente no» rispose, con la voce artefatta dal microfono di cui tutti i piloti venivano dotati, affinché il loro accento non svelasse la loro provenienza geografica.
    «A questo punto non mi resta che immaginare che il negazionismo sia la tua filosofia di vita. Dopotutto, se ti piace negare la realtà, non potevo aspettarmi che ti comportassi in modo diverso in una situazione come questa.»
    Il pilota parve avere un sussulto, una piccola indecisione che portò il CEO a concludere che stesse iniziando a sentirsi smascherato.
    Valeva la pena di uscire allo scoperto, a quel punto.
    «Hai violato una delle regole fondamentali dell’A+ Series.»
    Rosso Cinquantadue si mise subito sulla difensiva.
    «No, affatto. Nemmeno mia madre sa che gareggio nell’A+ Series... nessuno al mondo potrebbe riuscire a riconoscermi, non ho mai svelato a nessuno la mia identità, non...»
    Il CEO lo interruppe: «Lo so, non sei mai stato così cretino da commettere simili assurdità. Il problema è che, a quanto pare, sei più intelligente della media. Ne ho trovati pochi di piloti che si interessavano sul serio a qualcosa che non fossero le competizioni a cui prendevano parte... e, per assurdo, alla fine sono stati loro quelli che se la sono cavata meglio.»
    «Non capisco.»
    «Hai violato una delle regole auree. Il consiglio dell’A+ Series ha deciso di radiarti a vita dal campionato. È il prezzo da pagare per chi insinua pubblicamente che ci siano punti oscuri nel passato del motorsport. Tu l’hai fatto più di una volta. Hai cercato di corrompere altri tuoi colleghi, nel tentativo di imprimere nella loro mente le tue malsane idee. Vorrei almeno che, prima di uscire di scena una volta per tutte, tu avessi la decenza di ammettere che non ne valeva la pena.»
    Il CEO continuò a fissare gli occhi del pilota, che sostenne il suo sguardo.
    «Invece sì» replicò Rosso Cinquantadue. «Ne valeva la pena, perché ne deduco che i miei sospetti siano sempre stati fondati.»
    «Rimarranno solo tuoi sospetti. Non potrai mai provare nulla.»
    «Io no, ma qualcuno lo farà. Sono certo che anche altri stiano iniziando a porsi delle domande, a tutti i livelli.»
    «Sei un illuso.»
    «Può darsi, ma sono certo che un giorno sarà fatta luce sulle verità che a tutti noi è stato vietato di conoscere senza motivo.»

    ***

    Terminata la visione del video, Trentadue si girò verso Ventisette. Fissò il casco nero, con la visiera aperta, e gli occhi dall’aria indifferente.
    «Allora?» domandò. «Che cosa ne pensi?»
    «Penso che mi hai appena fatto vedere un normale spaccato di vita quotidiana, sempre che l’epoca in cui l’A+ Series non esisteva ancora possa essere considerata normale. Ho sentito parlare di assurde teorie del complotto, ma sono tutte voci prive di fondamento.»
    «Lo pensavo anch’io» ammise Trentadue, «Prima di questo filmato.»
    «Perché?» obiettò Ventisette. «Non c’è niente che non vada, niente che dimostri alcunché...»
    «Invece questo video è un falso storico» insisté Trentadue, riferendosi al filmato che avevano visto sul suo tablet. «Rosso Cinquantadue aveva ragione, anche se in un primo momento pensavo che fosse pazzo.»
    «No, non può essere.»
    «Sì che può essere. Te lo faccio rivedere. Ti renderai conto anche tu che c’è qualcosa che non va, così come l’ho capito io.»
    Senza attendere la replica di Ventisette, fece partire il video.
    L’immagine era di bassa qualità, come le riprese amatoriali fatte tramite una telecamera analogica. Data e ora apparivano nell’immagine.
    In primo piano c’era una ragazza. Portava una T-shirt extralarge, annodata in basso sul fianco destro, abbinata a quello che sembrava essere un paio di jeans attillati a vita molto alta. Aveva i capelli castani, raccolti in un’anonima coda, una pettinatura che non era facile ricondurre a una specifica epoca.
    «Che cosa ne pensi di questa gara?» chiedeva una voce maschile, probabilmente quella di colui che faceva le riprese.
    Parlava italiano, ma il video era sottotitolato.
    «Con la vettura di sicurezza in pista è una gran noia» rispondeva la ragazza. «Non vedo l’ora che ripartano e che Ventisette e Ventotto facciano doppietta.»
    L’uomo rideva.
    «La vedo difficile.»
    «Anch’io la vedo difficile» ammetteva la ragazza, «Ma non bisogna mai perdere le speranze. Forza Ferrari!»
    Trentadue mise in pausa il filmato.
    «Noti niente, Ventisette?»
    «A parte che quella ragazza supportava un pilota con il mio stesso numero di gara? No, nessuna.»
    «Rifletti, Ventisette, so che sei una persona intelligente. Non ti sembra che ci sia niente di strano in tutto questo?»
    «No.»
    «Allora, se hai bisogno di qualcuno che ti apra gli occhi, ti ricordo che la Formula 1 non era l’A+ Series. Non solo le squadre avevano un nome, ma anche i piloti erano conosciuti con i loro veri nomi e cognomi. Una tifosa degli anni Novanta non avrebbe mai definito i propri prediletti con i loro numeri di gara, li avrebbe chiamati per cognome o, se era proprio una tifosa delirante, addirittura con il loro nome - e ti assicuro che non l’ha fatto, c’è un altro video in cui un interprete madrelingua asserisce con minuzia di dettagli che i sottotitoli sono esatti. Per quanto questo filmato sia stato realizzato per apparire registrato all’epoca dei fatti e per quanto la ragazza sia vestita con uno stile che richiama il periodo, deve essere stato realizzato soltanto in un secondo momento, quando ormai l’abitudine generale era quella di definire i piloti con il loro numero di gara.»
    Ventisette rimase in silenzio per qualche istante, prima di affermare: «Quello che dici è molto interessante. Non capisco il senso di tutto ciò, ma effettivamente questa osservazione potrebbe non essere del tutto campata in aria.»
    Trentadue sorrise sotto al casco.
    «Bene, Ventisette. Prepariamoci a vedere come va avanti.»
    «Perché, c’è altro?»
    «Non che arrivi a questo livello, ma un altro fatto alquanto curioso c’è.»
    Trentadue fece ripartire il filmato.
    Alle spalle della ragazza qualcuno agitava un enorme ombrello chiuso. Non sembrava esserci un motivo particolare per compiere quell’azione, tutto ciò che saltava all’occhio era l’ombrello che gli sfuggiva di mano.
    Si sentiva un “oh, no!”, poi la ragazza si girava.
    «Anche questo è strano» osservò Trentadue. «Non ci avevo fatto caso, ma non mi sembra una cosa molto normale. Nel bel mezzo di un gran premio una persona urla al punto da sovrastare i motori delle vetture e da attirare l’attenzione della nostra protagonista...»
    «Le vetture sono lontane, dietro la safety car.»
    La safety car, da parte sua, aveva spento le luci. Si stava apprestando a rientrare nella pitlane, ma non rientrava: c’era un ombrello sulla pista, che doveva essere rimosso. Nessun commissario, tuttavia, sembrava essere pronto sul luogo per rimuoverlo.
    Qualche voce iniziava ad innalzarsi sulla tribuna, con i sottotitoli che apparivano in sovrimpressione:
    «È assurdo.»
    «Quanto tempo ci mettono?»
    «Sono messi proprio male, oggi.»
    I commenti si facevano sempre più confusi, quella situazione durava qualche minuto.
    Trentadue domandò: «Non ti sembra strano che un semplice ombrello abbia generato tutto questo caos? E poi, perché un ombrello? C’era un sole che spaccava le pietre. A quanto pare faceva addirittura più caldo della media del periodo.»
    «Sì, è strano» convenne Ventisette, «Ma non vedo perché tutto questo dovrebbe essere rilevante. Si tratta di un gran premio in cui vennero percorsi parecchi giri dietro la safety car, che sarebbero stati di meno se non fosse caduto giù un ombrello da una delle tribune.»
    «E poi la vettura del leader uscì di pista.»
    «Già, dietro la safety car.»
    «Finì in una via di fuga e si lamentò che c’era qualcosa che non andava, sulla sua vettura.»
    «Dicono tutti così, quando finiscono fuori.»
    «Vero, ma può darsi che avesse ragione» obiettò Trentadue. «Inoltre, dal momento che stiamo per arrivare a quel momento, tieni le orecchie bene aperte. Vedrai i commenti del pubblico. Qualcuno dice, in modo testuale, che il pilota che era in testa è fuori. Lo definiscono tutti come il pilota che era in testa, come il leader, come il favorito per la vittoria... anche questo, come i Ventisette e Ventotto di prima, sembra non avere né un nome né un cognome, ed è l’ennesimo dettaglio che non quadra.»
    Ventisette non replicò.
    Continuò ad osservare il filmato, rimanendo in silenzio.
    Soltanto alla fine osservò: «In effetti Cinquantadue potrebbe avere ragione, ma qual è il senso di tutto questo? Se anche questo video fosse un falso, il cui scopo è far passare per vero un passato fittizio del motorsport, perché far cadere un ombrello in pista in regime di safety car, in un periodo in cui, peraltro, la safety car entrava molto raramente?»
    «Secondo la scuola di pensiero a cui Cinquantadue crede, quell’ombrello prova che il disastro di Monza, in realtà, non è mai esistito, oppure che qualcosa sia accaduto, ma non quello che tutti crediamo.»
    Ventisette spalancò gli occhi.
    «Quindi quell’ombrello proverebbe che, diversi anni dopo, non sia mai avvenuto l’incidente che ha, di fatto, messo fine all’esistenza della Formula 1?»
    «Così pare.»
    «Ma tutto ciò è ridicolo!» protestò Ventisette. «Perché? E, bada bene, non parlo dell’ombrello, ma della fine della Formula 1. Se non è finita per via del disastro di Monza, qual è stata la ragione? Era la massima serie di automobilismo internazionale, aveva tanti follower...»
    Trentadue rise.
    «All’epoca non si usava quel termine.»
    «Aveva tanti sostenitori, allora» si corresse Ventisette, «O tanti appassionati. Perché eliminarla e sostituirla con l’A+ Series?»
    «Ci sono varie correnti di pensiero, in proposito» rispose Trentadue. «La più verosimile è quella secondo cui, poche settimane dopo Monza, ci fu un ribaltone nella dirigenza del campionato. Gli ultimi tempi della Formula 1 furono vissuti sotto il controllo del nostro attuale CEO. Quando il mondiale terminò e comprese che la gente non amava tanto la Formula 1, quanto squadre o piloti, decise che la Formula 1 andava eliminata e con essa l’identità di squadre e piloti.»
    «Quel mondiale non terminò» obiettò Ventisette. «Fu cancellato dopo Monza e il titolo non fu assegnato a nessun pilota e a nessun team.»
    «È quello che hanno sempre voluto farci credere, idiota! Non...»
    Furono interrotti dallo squillo del cellulare di Ventisette. Era la suoneria personalizzata che utilizzavano tutti i piloti, per essere avvertiti che la chiamata in entrata provenisse dal quartier generale dei vertici del campionato.
    Ventisette rispose.
    La conversazione fu molto breve.
    «Allora?» chiese Trentadue, quando terminò. «Qual è la novità?»
    «Il CEO vuole vedermi.»
    «Oh.»
    «Questo può significare due cose: la prima, che io abbia commesso qualche azione irreparabile, la seconda...»
    Si interruppe.
    Trentadue parlò al suo posto.
    «Sei in testa alla classifica della seconda divisione. Qualcuno potrebbe essere stato cacciato dall’A+ Series e tu potresti essere chiamato a prenderne il posto.»
    «Esatto, Trentadue-san. Se non ti fossi fatto sorpassare come un pollo, due settimane fa, al mio posto ci saresti tu.»
    «Non chiamarmi Trentadue-san. È vero, vedi che ho gli occhi a mandorla, ma non è detto che sia giapponese.»
    «Secondo me lo sei» replicò Ventisette, «Comunque questo non ha importanza. Chissà, un giorno, quando la nostra carriera sarà finita, forse potrò scoprirlo.»
    Trentadue annuì.
    «Già, forse.»
    «È meglio che vada, adesso. Il CEO non può aspettare. Non vorrei che cambiasse idea.»
    «Ci sono regole precise, in proposito: ogni volta in cui qualcuno esce di scena, viene sempre sostituito da chi è al comando nella seconda divisione.»
    «Potrebbe cambiare idea sull’uscita di scena.»
    «Impossibile. Chi ha violato le regole non può essere in alcun modo reintegrato.»
    «Mai dire mai. Chissà cosa succede, in realtà, dietro le quinte.»
    «Magari un giorno lo scopriremo entrambi» ribatté Trentadue, prima di congedarsi da Ventisette. «Buona fortuna. Spero che, anche se stai facendo il salto di qualità, resteremo amici.»
    «Non credo che sia possibile» replicò Ventisette. «A meno che, quando debutterai nell’A+ Series, non sarai nella mia stessa squadra, ci sarà vietato avere contatti. La nostra amicizia finisce ufficialmente oggi. Buona fortuna anche a te.»

    ***

    «È finita» dichiarò il CEO. «Puoi anche toglierti il casco, ormai.»
    «No» replicò il pilota noto come Rosso Cinquantadue. «Manterrò il riserbo sulla mia identità fino alla fine. Immagino che stia per avvenire il passaggio di consegne.»
    «Esatto» confermò il CEO. «Sta per entrare il tuo sostituto.»
    Fu necessario attendere ancora un po’, poi il pilota della seconda divisione, in tuta e casco neri, come tutti quelli che gareggiavano in quella serie, entrò.
    «Benvenuto, Ventisette» lo accolse il CEO.
    «Grazie.» Il microfono rendeva la sua voce artefatta tanto quanto quella di Cinquantadue. «Per quale motivo desiderava vedermi?»
    «Sei un ragazzo fortunato, Ventisette. Il qui presente Rosso Cinquantadue ha appena rassegnato le proprie dimissioni per avere violato un punto molto importante del regolamento del campionato. Nella A+ c’è un posto vacante e la classifica della seconda divisione parla chiaro.»
    Ventisette non ebbe il tempo di replicare.
    Ci pensò Rosso Cinquantadue a parlare.
    «Ne è valsa la pena ancora di più, adesso lo so per certo» dichiarò.
    Il CEO gli scoccò un’occhiata di fuoco.
    «Di cosa parli?»
    «Del mio sostituto.»
    «Quello che dici non ha senso.»
    «Davvero? Allora vedrà come cambieranno le cose, quando il grande pubblico si innamorerà pazzamente del mio sostituto. Anni e anni di sacrifici buttati in un cesso... e tutto perché la legge del caso ha voluto che la mia radiazione avvenisse nel momento sbagliato, ma con il pilota giusto in testa alla classifica.» Cinquantadue indicò il numero che il pilota della seconda divisione portava sul casco. «Ventisette. È un ottimo numero per una vettura rossa.» Si rivolse al collega. «Non hai idea della fortuna che ti sta capitando. Mi raccomando, cerca di sfruttarla per combinare qualcosa di positivo, dato che, almeno tu, avrai questa possibilità.»
    Il CEO sbuffò.
    «Levati di torno, Cinquantadue. Ho alcune cose da definire con il tuo sostituto.»
    Ventisette, o come sarebbe stato noto a partire da quel momento, Rosso Ventisette, appariva spaesato, come più si addiceva a chi, in corso d’opera, era stato convocato per disputare le ultime due tappe del campionato A+.
    «M-mi dica» balbettò il pilota della seconda divisione, quando Cinquantadue venne scortato fuori dalla stanza da una segretaria appena entrata.
    «Non c’è nulla da dire, se non che devi toglierti dalla testa tutte le idee strane che quel depravato potrebbe averti fatto venire.»
    «Nessuna idea strana. Il mio unico scopo è correre nella massima serie.»
    «E poi?»
    «Correre nella massima serie e vincere.»
    «Questa mi sembra un’ottima premessa, Rosso Ventisette. Per il momento sarai l’ultima ruota del carro, come chiunque entri in scena in corso d’opera, ma sono certo che nella prossima stagione sarai capace di farti notare.»
    Il CEO era certo che lo scenario pronosticato da Cinquantadue non potesse verificarsi. Il grande pubblico viveva solo di colori, di numeri, di gente senza identità e di sondaggi online, tramite i quali poteva condizionare i risultati delle varie tappe del campionato. Nessuno era così legato al passato al punto tale da dare un valore romantico a un numero: Rosso Ventisette era il nulla, come gli altri diciannove piloti che prendevano parte all’A+ Series, tasselli di un puzzle che, in loro assenza, avrebbe potuto essere completato da altri analoghi tasselli.
    Il passato era stato dimenticato.
    Era stato chiuso in un cassetto, con uno spesso lucchetto.
    Non sarebbe tornato mai più.

    ***

    Era arrivato il momento dell’ultimo pitstop.
    Milioni di telespettatori, con il fiato sospeso, attendevano.
    Una vettura aveva già effettuato la propria sosta, l’altra la stava effettuando: rifornimento di benzina e cambio gomme, poi avanti fino alla fine.
    I secondi venivano scanditi dal cronometro e dai cuori trepidanti che battevano nel petto di milioni di appassionati.
    L’uomo con il lollipop diede al pilota il segnale di partire.
    Una vettura stava arrivando, una usciva dalla pitlane.
    Secondi scanditi dal cronometro e cuori che battevano si fusero in tante urla di trionfo: telespettatori lontani gli uni dagli altri, che gridavano all’unisono.
    Il leader del campionato, che prima della sosta inseguiva, si trovava davanti al proprio avversario, che da preda era diventato predatore.
    Istante dopo istante, le speranze che la sua caccia andasse a buon fine si sarebbero ridotte al lumicino, consacrando il risultato di quel giorno alla storia.
    Addirittura in anticipo, una vittoria avrebbe portato ciò in cui in tanti avevano ormai smesso di credere, dopo anni di delusioni e di illusioni.
    All’improvviso anche le delusioni e le illusioni assumevano un senso: l’attesa era parte della gloria e la gloria stava per arrivare.
    La bandiera a scacchi avrebbe consacrato la vittoria... e non solo.
    Milioni di appassionati sarebbero esplosi in un’ennesima esclamazione di trionfo, mentre il pilota di punta della squadra che sostenevano avrebbe tagliato il traguardo in prima posizione, diventando campione del mondo.
    L’avrebbero eletto a loro idolo, ma al contempo avrebbe continuato a non essere nessuno: a contare erano il colore della sua vettura e quello della sua tuta.
    Il futuro CEO della A+ Series si mordeva un labbro, cercando di dare un senso ai propri pensieri. Era arrivato il momento di agire e bisognava farlo prima che fosse troppo tardi: quei milioni di appassionati, un giorno, avrebbero potuto provare lo stesso interesse nei confronti di qualsiasi pilota o di qualsiasi squadra.

    Edited by Milly Sunshine - 3/2/2019, 19:14
     
    Top
    .
  2.     Top   Dislike
     
    .
    Avatar

    Tabagi's father

    Group
    Moderatore
    Posts
    4,099
    Reputation
    +817
    Location
    La Plata

    Status
    BEEENEEEE!

    La creatura è viva. E i dialoghi mi piacciono molto. C'è del cupo, e funziona.
     
    Top
    .
  3.     Top   Dislike
     
    .
    Avatar


    Group
    Founder
    Posts
    70,943
    Reputation
    +2,895

    Status
    La creatura è viva e non verrà uccisa per esigenze di spettacolo. :P
    Sono contenta che l'atmosfera velatamete dark abbia colpito nel segno.
     
    Top
    .
  4.     Top   Dislike
     
    .
    Avatar


    Group
    Founder
    Posts
    70,943
    Reputation
    +2,895

    Status
    Capitolo 2
    Rosso Ventisette


    «Questo Rosso Ventisette non farà certo rimpiangere Rosso Cinquantadue» osservò Maelle, con gli occhi fissi sul monitor. «Quella sportellata a Verde Ottantasette è stata da manuale. Non ricordo di avere visto molte manovre del genere, negli ultimi tempi.»
    Patrick non le diede molta soddisfazione.
    «Il pilota nuovo è come tutti gli altri: quando si mette al volante, non è immune al volere dei fan. Gli avranno dato più potenza e ne avrà approfittato per infilarsi là dove Verde Ottantasette non si aspettava. Lo fanno tutti, costantemente.»
    «Rosso Ventisette ha qualcosa in più. Cinquantadue non mi ha mai fatta emozionare così tanto.»
    «Cinquantadue ormai fa parte del passato» replicò Patrick. Fece scivolare indietro la sedia e si alzò in piedi. Oltrepassò la propria scrivania e si avvicinò a quella di Maelle. «Aspetta, hai detto che il nuovo pilota è Ventisette?»
    Maelle annuì.
    «Proprio così. Ventisette, Rosso Ventisette. Era in testa alla classifica della seconda divisione e...»
    Patrick la interruppe: «Capisco che tu trascorra tutto il giorno a spiegare ai follower della A+ Series come funzioni il regolamento del campionato, ma io non sono un newby che ha bisogno di essere istruito sui social network. So che Ventisette è stato promosso proprio perché era in testa alla classifica della seconda divisione. Per fortuna adesso funziona così e soltanto i piloti davvero meritevoli vengono promossi nella massima serie.» Sospirò, compiaciuto. «Meno male. Mi pare di ricordare che ai vecchi tempi entrasse chiunque aveva buoni sponsor, con un drastico calo dei risultati e dello spettacolo. Non che, per il resto, lo spettacolo fosse così eccezionale. Gare piatte, in cui non c’erano né sorpassi né azioni degne di nota...» Scosse la testa. «I campionati di automobilismo di un tempo dovevano essere proprio terribili, con piloti e squadra che si atteggiavano a primedonne e venivano presi più in considerazione del loro meraviglioso sport.»
    «I vecchi tempi sono ormai lontani» replicò Maelle. «Non c’è più niente di quei tempi bui, solo qualche video che, giorno dopo giorno, ci sembra sempre meno interessante. L’idea che la volontà dei follower non fosse presa in considerazione è semplicemente orripilante. I piloti avevano un nome e un cognome, le squadre avevano un marchio... e quando qualcuno se ne andava, c’era sempre una mandria di imbecilli che se ne sbatteva di quelli che restavano. Non c’è da stupirsi che il campionato di Formula 1 sia stato cancellato e che nessuno lo rimpianga. Capisco, erano altri tempi, non c’erano le tecnologie che ci sono al giorno d’oggi, ma organizzare un televoto sarà pur stato possibile anche a quei tempi. “Chiama il nostro numero e premi il numero di gara del pilota che dovrà avere un guasto al motore. Poi digita il numero del giro in cui dovrebbe ritirarsi per il suddetto guasto al motore.” Non doveva essere così tanto difficile, eppure niente, la volontà dei tifosi non veniva mai presa in considerazione. I piloti avevano la vita facile, all’epoca: nessuna difficoltà che piombasse su di loro dall’esterno... è inutile, nessuno di loro aveva la qualità dei piloti di oggi.»
    «I piloti di oggi sono solo marionette per far divertire i nostri follower» le ricordò Patrick. «I nostri stessi follower sono delle marionette che fanno salire gli ascolti. Gli sponsor pagano milioni, quando gli ascolti salgono. Rosso Cinquantadue, Rosso Ventisette... non cambia niente.»
    «Invece Rosso Ventisette ha qualcosa in più» insisté Maelle. «Credimi, Patrick, è da tanto che seguo la A+ Series, anche da quando non mi avevano ancora assunta come social media manager, e Rosso Ventisette è il pilota che mi ha colpito maggiormente.»
    Patrick si prese la testa tra le mani.
    «Romanticona di merda.»
    Maelle ridacchiò.
    «Romantica io? Se fossi romantica, mi sarei commossa almeno due anni fa, quando annunciai sui social la morte di Blu Otto. Arrivarono talmente tanti messaggi che avrebbero fatto sciogliere perfino un cubetto di ghiaccio. Roba del tipo “povero Blu Otto, se fosse sopravvissuto avrebbe potuto avere una carriera di grande successo”, ma addirittura cose più folli. C’era addirittura chi parlava dello sguardo di Blu Otto e di quanto i suoi occhi tristi meritassero di vedere l’alba di un altro giorno. Non so se te ne ricordi. Eravamo qua, io, te e Carl. L’unica cosa che riuscivo a fare era ridere al pensiero che ci siano davvero dei follower così cretini da dispiacersi per la morte di un pilota. È un evento di routine.»
    «Sarà anche un evento di routine, ma proprio durante la scorsa tappa mi pare che tu ti sia indignata quando Carl ha osservato, del tutto innocentemente, che sarebbe bello se ci fossero delle votazioni anche a proposito di incidenti mortali. Non deve essere poi così difficile far morire qualcuno per esigenze di spettacolo, basta solo volerlo.»
    «Mi sono indignata perché con votazioni del genere si otterrebbe un unico effetto, ovvero quello di far morire gente che conta. A chi sarebbe mai venuto in mente di far morire uno come Blu Otto? Non era in lotta per il titolo e non aveva mai recato disturbo. Sono queste le morti che tengono i follower incollati al teleschermo e ai social: possono dire di avere sempre stimato quel povero sfigato che arrivava ultimo. Con gli incidenti mortali telecomandati si rischierebbe di rinunciare ai piloti più competitivi... e per cosa, poi? Sono numeri e colori. Una volta che sono morti, se ne sono andati per sempre. Essendo solo nomi e numeri, non c’è più molto da glorificare. Uno se ne va, ne arriva un altro...»
    «Sono d’accordo» intervenne Carl, facendo il proprio ingresso trionfale. «Un’idea del genere, così come l’avevo proposta, non potrebbe funzionare. Eliminare soggetti come Bianco Dieci o Verde Ottantasette sarebbe positivo per lo spettacolo, ma i follower non se ne renderebbero conto, nel votare chi vogliono vedere morto. Penserebbero a piloti di spessore, quando in realtà il lato più fascinoso della morte è che può toccare a tutti e che può contribuire alla fama di tutti.» Rise di gusto. «Secondo voi qualcuno si era mai accorto dell’esistenza di Blu Otto prima che morisse? E se morisse Verde Ottantasette...»
    «Verde Ottantasette» lo informò Patrick, «Ha fatto a sportellate con Rosso Ventisette mentre tu eri in bagno. Maelle si è entusiasmata.»
    «Anche i follower potrebbero entusiasmarsi» osservò Carl, andando a sedersi al proprio posto. «Hai già editato il video, per i profili social?»
    «Secondo te ha editato il video standosene lì a gironzolare nel bel mezzo dell’ufficio?» obiettò Maelle. «No, non è ancora successo. Patrick preferisce perdere tempo.»
    Carl lo esortò: «Assicurati che un video del genere venga pubblicato entro i prossimi due minuti.»
    Patrick tornò alla scrivania, ma non era convinto.
    «Non è una buona idea.»
    «Perché no?»
    «Perché perfino una persona responsabile come Maelle è andata in brodo di giuggiole per Rosso Ventisette e potrebbe succedere anche ad altri.»
    «È proprio quello che vogliamo.»
    «Non ne sono così sicuro. I follower potrebbero ricordare i vecchi tempi, Carl. Potrebbero rimpiangerli e iniziare a pensare che la A+ Series sia un prodotto scadente.»
    «Figurati. I nostri follower non saprebbero nemmeno riconoscere un guasto al motore autentico da uno telecomandato, nemmeno se venissero pubblicati gli esiti dei sondaggi.»
    «Quello non è rilevante» puntualizzò Patrick. «Al giorno d’oggi i guasti al motore sono sorpassati. In fondo perché eliminare una monoposto per un guasto al motore? La si può fare uscire di scena in modo molto più pittoresco, rendendola inguidabile in modo da costringere il pilota all’errore. Quello sì che genera flame e che fa parlare. È bello quando al lunedì c’è gente che discute di Giallo Sessantuno che si schianta contro le barriere. C’è chi sostiene che Giallo Sessantuno è un pilota discreto, quindi merita di continuare, mentre c’è chi sostiene che Giallo Sessantuno è un pilota scarso e, in quanto tale, meritava di rimanere infortunato in maniera grave abbastanza da non potere tornare al volante.»
    «E Verde Ottantasette in che cosa si discosta da tutto ciò?»
    «Verde Ottantasette in nessun modo» si intromise Maelle, proprio mentre riceveva come messaggio diretto il video del duello già lungamente commentato. «È Rosso Ventisette il problema. Ho detto che è uno dei migliori piloti che abbia visto... e Patrick pensa che mi stia facendo influenzare dal colore della sua vettura e dal numero di gara! Non ho mai sentito nulla di più assurdo di tutto ciò. Questo idiota pensa che mi faccia emozionare l’idea della Ferrari numero 27. Non ho mai sentito niente di più ridicolo. La Ferrari è il nulla, per quanto mi riguarda, così come sono stati il nulla tutti gli altri team che hanno gareggiato in quella serie di merda in cui a nessuno importava niente dello spettacolo. E poi...» Si interruppe, spalancando gli occhi. «Rosso Ventisette, in questo momento, si trova negli scarichi di Argento Novantuno. Se solo buttasse fuori il leader della classifica...»
    «Sono già stati completati cinquantacinque giri» osservò Carl. «Ne mancano solo venti. Se Argento Novantuno si ritirasse adesso, gli resterebbero comunque quattro giri di vantaggio nei confronti di Viola Settantasette, nella classifica generale. Se Viola Settantasette fosse passato in testa alla classifica, sarebbe stato un grosso colpo di scena.»
    «Ormai è tardi» replicò Patrick, «Ma è meglio tardi che mai. Speriamo che il fanbase sia stato intelligente e che abbia fatto qualcosa che possa costringere Rosso Ventisette all’errore.»
    «Speriamo piuttosto che, nella stanza dei bottoni, si diano una mossa. Se Argento Novantuno completa questo giro...»
    Maelle esclamò: «Argento Novantuno non completerà mai questo giro!»

    ***

    Lo sapeva.
    L’aveva sempre saputo.
    La A+ Series non era come la seconda divisione, in cui l’influsso esterno era molto contenuto.
    Rosso Ventisette era appena un rookie, nella massima serie, non aveva ancora la sensibilità necessaria per prevedere i problemi.
    C’era qualcosa che non andava, nella sua monoposto.
    Stava affiancando Argento Novantuno, in quel momento.
    Lo speronò.
    La sagoma argentea si fece da parte.
    Poi finì in una via di fuga, mentre Rosso Ventisette riuscì a proseguire imperterrito per la propria strada: quel giorno, con un po’ di fortuna, avrebbe completato tutti i settantacinque giri della tappa di Imola. Per Argento Novantuno, invece, non ci sarebbe stato nulla da fare: sarebbe tornato in pista soltanto qualche settimana dopo, a Magny-Cours.
    Con tutta probabilità avrebbe conservato la leadership anche dopo i settantacinque giri della tappa francese e i cento giri di quella conclusiva a Montecarlo, regalando al team Argento il titolo mondiale, ma gran parte del suo gap nei confronti di Viola Settantasette era svanito nel nulla.
    Non era un problema di Rosso Ventisette, quello.
    All’inizio della stagione successiva, in luglio, gli avrebbe senz’altro dato filo da torcere.

    ***

    «Quanti replay!» esclamò Maelle. «Vacci piano, Patrick, mi devi dare il tempo di pubblicare tutti i video e di trovare una didascalia decente.»
    Carl rise.
    «Povera Maelle, mentre noi editiamo video si deve scervellare... avanti, cara, non lamentarti, sappiamo che vieni in ufficio solo per scaldare la sedia.»
    «Stai parlando di te stesso, forse» ribatté Maelle. «Mi pare che tu non sappia fare altro che commentare il lavoro degli altri, senza dare un contributo di spessore.»
    «Vedremo se, un minuto esatto dopo la fine della gara, non sarà pronto il video di highlight...»
    «Mi fido, mi fido» concluse Maelle. Si rivolse subito dopo all’altro collega. «Grazie, Patrick, quest’ultimo video è uno schianto. Rosso Ventisette che prosegue senza problemi, con Argento Novantuno impantanato sullo sfondo, è uno spettacolo.»
    Patrick sbuffò.
    «Basta con questo Rosso Ventisette di merda! Se solo potesse morire bruciato vivo in questo momento stesso...»
    «Magari alla prossima gara» obiettò Carl. «Non avrebbe senso che succedesse ora. Potrebbe far passare in secondo piano l’incidente di Argento Novantadue e il fatto che la sua immensa leadership si sia ridotta notevolmente.»
    «Hai ragione» convenne Patrick. «Sarebbe stupendo se Rosso Ventisette morisse prima di avere risvegliato le coscienze come è appena accaduto a Maelle...»
    Maelle lo interruppe: «Basta con questa storia! Ti ho detto che per me il passato, la Ferrari, il numero 27 e tutte quelle stronzate lì sono il nulla? Allora perché non mi prendi sul serio?»
    «Perché sei troppo romantica.»
    «Romantica... io romantica...» Maelle rise. «Mi trovi romantica, Carl?»
    L’altro editor le diede un po’ di soddisfazione.
    «No, per niente. Se tu fossi romantica, saresti scandalizzata da quello che si dice in questo ufficio. Invece non lo sei, quindi sei perfetta per lavorare per la A+ Series.»
    Maelle sorrise, compiaciuto.
    «Lo so. L’ho sempre saputo, ancora prima di arrivarci. Mi piaceva tanto seguire le gare e votare ai sondaggi. Chissà che qualcuno non abbia vinto il mondiale anche grazie ai miei voti.»
    «Magari hanno vinto perché erano bravi, come il tuo Rosso Ventisette» insisté Patrick. «Il fatto che sia riuscito a buttare fuori Argento Novantuno me l’ha fatto rivalutare, ma rimane sempre un problema grande come una casa. Mi auguro che il CEO se ne renda conto.»
    «Ci vorrà tempo» ipotizzò Carl. «Per il momento Rosso Ventisette farà parlare di sé per l’incidente, più che per altro. Quando i follower continueranno a parlare di lui anche se non farà niente di speciale, allora sì che ci sarà da preoccuparsi.»

    ***

    Così tanti giri di vantaggio su quel figlio di puttana di Viola Settantasette erano spariti nel nulla.
    Ne restavano appena quattro.
    Argento Novantuno scese dalla propria vettura scuotendo la testa.
    Un deficiente appena arrivato dalla seconda divisione l’aveva messo fuori gioco e tutto ciò era intollerabile: i rookie avrebbero dovuto stare al posto loro, ovvero rimanersene buoni tra le ultime posizioni... tanto avevano centinaia di giri di svantaggio, non gareggiavano contro i piloti che prendevano parte al campionato fin dalla prima tappa della stagione, che si era svolta nel mese di luglio dell’anno precedente sul circuito di Zeltweg.
    Se Argento Novantuno avesse avuto qualche genere di problema in occasione delle tappe seguenti, Viola Settantasette avrebbe potuto rubargli il mondiale.
    Quel pensiero era intollerabile: Viola Settantasette si era già portato avanti due mondiali consecutivi ed era inaudito che uno come lui potesse continuare a vincere.
    Argento Novantuno sapeva di essere il migliore.
    Lo era sempre stato, finché quel bastardo non si era messo in testa di conquistare il cuore di milioni di follower.
    Non era facile, quando era vietato mostrare la propria personalità al di fuori della vettura, ma Viola Settantasette aveva saputo sfruttare la propria personalità quando era al volante: le sue comunicazioni radio piuttosto colorite, trasmesse sporadicamente in mondovisione come quelle di tutti gli altri piloti, gli avevano garantito le simpatie del grande pubblico.
    Argento Novantuno era certo che il campionato fosse pilotato. Qualunque cosa emergesse dai sondaggi, Viola Settantasette si sarebbe ritrovato la vita più facile: maggiore potenza quando doveva compiere un sorpasso, incidenti strani che capitavano ai suoi avversari... chissà, magari anche Rosso Ventisette era stato mandato nella A+ Series con il solo scopo di stare sulla sua strada.
    “Quel pezzo di merda è ancora in pista” realizzò Argento Novantuno. “Non posso neanche inseguirlo per andare a prenderlo a calci nel culo.”
    Se solo fosse stato possibile fare qualcosa del genere davanti alle telecamere, le simpatie sarebbero andate a suo favore, almeno per un po’. Era quello che gli serviva per affrontare le due tappe che si sarebbero svolte nel mese di maggio in Francia e a Monaco, ma nulla di tutto ciò sarebbe accaduto.

    ***

    «E così, come facilmente prevedibile, Viola Settantasette è stato il primo pilota a tagliare il traguardo della tappa di Imola» realizzò Maelle, non appena scese la bandiera a scacchi, in attesa che Carl le inoltrasse il video con gli highlight della gara. «Quello che nessuno si aspettava era che potesse recuperare così tanti giri nei confronti di Argento Novantuno.»
    «Viola Settantasette mi piace» azzardò Patrick. «Mi dispiacerebbe se uno come lui morisse. Quello che dice alla radio fa ridere. E poi è l’unico che può contrastare Argento Novantuno, al giorno d’oggi. È bene che sopravvivano ancora per qualche anno. Se poi dovessero morire quando saranno troppo vecchi per essere competitivi, quello non sarebbe grave, ma per il momento contribuiscono alla causa.»
    «Basta parlare di morti!» sbottò Carl. «La gara è finita, gli highlight sono pronti e non c’è bisogno di continuare a pensare a queste cose. La nostra giornata di lavoro sta per finire. A proposito, cosa fate stasera? Andiamo a bere qualcosa insieme?»
    Maelle ridacchiò.
    «Come succede dopo ogni tappa, essenzialmente.»
    «Come succede dopo ogni tappa» convenne Carl, «Ma è bello fingere che ogni volta sia la prima volta.»
    Maelle si mordicchiò un labbro.
    «Chissà che cosa farà Rosso Ventisette, dopo la gara.»
    «Chissà cosa farà Argento Novantuno, piuttosto» ribatté Patrick. «Se fossi al posto suo, il mio unico pensiero sarebbe quello di uccidere Rosso Ventisette.»
    «Argento Novantuno non sa chi sia Rosso Ventisette» obiettò Carl. «Farà meglio a mettersi il cuore in pace.»

    ***

    Quando era in tuta e casco, Argento Novantuno era un pilota che gareggiava nella A+ Series per la quinta stagione consecutiva. Aveva vinto un titolo, alla sua seconda stagione, e il suo obiettivo era quello di vincerne un altro nel mese a venire
    Quando si toglieva tuta e casco, tornava ad essere Yannick. Aveva ventisette anni, gli piacevano la musica rock, i film d’azione e le ragazze come Alysse. Quest’ultima era una ragazza che lavorava per la A+ Series, ma che preferiva il massimo riserbo: Yannick ne aveva dedotto che si occupasse di public relation o di social media, ma non sapeva per quale team.
    Aveva ventinove anni, ma era già vicina ai trenta, era nata in Francia da padre italiano e da madre francese, aveva lunghi capelli biondi e un sorriso capace di stregarlo, nonostante non corrispondesse a quelli che Yannick aveva sempre considerato i suoi standard di bellezza.
    Si frequentavano sporadicamente, spesso uscivano insieme dopo le gare, a volte facevano sesso o ci arrivavano vicini.
    Quel giorno Alysse lo aspettava poco lontano dal circuito. Yannick le aveva raccontato di essere un pilota, contravvenendo una delle regole più importanti della A+ Series. Per non compromettersi, dopotutto non poteva fidarsi al cento per cento nemmeno di sua madre, figurarsi se poteva fidarsi completamente di Alysse, non le aveva riferito di essere Argento Novantuno, ma sapeva che Alysse avrebbe potuto andare per esclusione: seppure i piloti non si facessero mai vedere al grande pubblico quando non erano in tuta e casco, più di una volta erano stati immortalati, tutti quanti, con la visiera del casco alzata.
    Quando Alysse gli fece un cenno di saluto con la mano, Yannick si chiese per l’ennesima volta se quella ragazza avesse mai riconosciuto nei suoi occhi quelli di Argento Novantuno.
    Poi la raggiunse.
    D’istinto, tutti quei macabri pensieri svanirono.
    Quando era con Alysse, Yannick sentiva di non avere nulla da temere: la presunta PR non avrebbe fatto nulla che potesse danneggiarlo.
    Le si avvicinò.
    Sorridendo, le chiese: «Dove mi porti oggi?»
    «Oggi temo che ti deluderò» rispose Alysse. «Tutto quello che posso fare è portarti ad un chiosco dove fanno deliziose piadine.»
    Yannick continuò a sorridere.
    «Quando sono con te, non rimango mai deluso. Vada per le piadine.»
    Non fu un tardo pomeriggio memorabile.
    Non seguì una serata memorabile.
    Mezz’ora dopo il loro incontro, Yannick e Alysse stavano amabilmente conversando con una donna italiana di trentadue anni, che rispondeva al nome di Claudia, la quale parlava loro della A+ Series e del fatto che, grazie alla gara, il suo chiosco le garantisse una maggiore clientela in quel weekend.
    «Non è facile per me mandare avanti questo posto» dichiarò. «I costi di gestione sono tanti e ci sono stati momenti in cui ho rischiato di chiudere.»
    «Poi, però, te la sei cavata» osservò Alysse. Proprio come Yannick, era capace di esprimersi in un italiano perfetto. «Ne sono contenta, è un bel posto, questo.»
    Claudia fece una mezza risata.
    «Non esageriamo.»
    La regola era non parlare della A+ Series insieme agli sconosciuti, ma Alysse si spinse oltre.
    «Ti piace l’automobilismo?»
    Claudia alzò le spalle, con noncuranza.
    «Non mi è mai interessato granché.»
    «Quindi» dedusse Alysse, «Non segui la A+ Series.»
    «No» rispose candidamente Claudia. «La A+ Series mi porta più clienti una volta all’anno, ma per tutto il resto dell’anno non ha nulla a che vedere con la mia vita. Se non fosse per le entrate, mi sarebbe del tutto indifferente. A te, invece, piace?»
    «Ci guardo, di tanto in tanto» disse Alysse, «Ma non è certo il fulcro della mia vita.»
    Claudia si rivolse poi a Yannick.
    «E tu?»
    «Funziona così anche per me» mentì Yannick. «Guardare delle auto che girano in tondo è una cosa che si può fare di tanto in tanto, ma che a lungo andare annoia.»
    Claudia annuì, con aria compiaciuta.
    «Probabilmente è così.»
    La conversazione terminò con quelle parole.
    Seduto a un tavolo di fronte ad Alysse, Yannick notò che la sua amica appariva piuttosto inquieta e che tornava più di una volta a concentrare il proprio sguardo sulla titolare del chiosco.
    «Qualcosa ti turba?» le chiese Yannick, ad un tratto.
    Alysse, che continuava a guardare di sottecchi Claudia, si voltò verso di lui e lo fissò negli occhi.
    «No.»
    «Eppure si direbbe che...»
    Alysse non lo lasciò finire.
    «Figurati. Non c’è niente che non va. Piuttosto, parlando di cose serie, adesso che siamo tra di noi, che cosa ne pensi di Rosso Ventisette?»
    Yannick non le diede una risposta diretta.
    Rosso Ventisette era la novità del momento e c’era da scommetterci che non fosse passato inosservato.
    «Non lo so.» Abbassò la voce. «Io scendo in pista, non rimango a guardare le gare davanti ai monitor. Penso che tu possa valutare le sue performance meglio di me.»
    Alysse annuì.
    «Forse hai ragione.»
    «Allora che cosa ne pensi?»
    «Non penso niente di speciale, tranne che sono convinta che farà parlare di sé.»
     
    Top
    .
  5.     Top   Dislike
     
    .
    Avatar

    Tabagi's father

    Group
    Moderatore
    Posts
    4,099
    Reputation
    +817
    Location
    La Plata

    Status
    In questo capitolo i protagonisti hanno toccato ferro più volte!

    Magari la signora delle piadine è un pilota della serie, dovrebbero stare attenti a cosa dicono!
     
    Top
    .
  6.     Top   Dislike
     
    .
    Avatar


    Group
    Founder
    Posts
    70,943
    Reputation
    +2,895

    Status
    La signora delle piadine tornerà a trovarci ma non in quel ruolo...

    E sul toccare ferro, come darti torto.
     
    Top
    .
  7.     Top   Dislike
     
    .
    Avatar


    Group
    Founder
    Posts
    70,943
    Reputation
    +2,895

    Status
    Capitolo 3
    L’importanza degli occhi azzurri


    «Solo quattro giri di gap...»
    Viola Settantasette sussultò.
    Si girò lentamente, vedendo comparire davanti a sé il suo compagno di squadra, Viola Dodici.
    «Non ti avevo sentito arrivare.»
    «Sai che sono silenzioso come un ladro» rispose Viola Dodici. «Sono ovunque, in qualsiasi momento, anche quando non mi vedi.»
    «Sei ovunque, tranne che negli specchietti» ribatté Viola Settantasette.
    «Tutto merito dei tuoi occhi» rispose Viola Dodici, con prontezza. «Le ragazzine, quando pensano ai tuoi occhi, corrono tutte in branco a votarti.»
    Viola Settantasette.
    «Certo. Adesso i risultati dipendono solo ed esclusivamente dai voti e non dal modo in cui riusciamo a sfruttarli...»
    «È palese.»
    «Palese fino a un certo punto. Nel caso tu non te ne sia mai accorto, quando c'è un'influenza esterna, ci si può adeguare.»
    «Quando ti senti buttare contro un muro, non c'è niente che tu possa fare.»
    Viola Settantasette non riuscì a trattenere una mezza risata.
    «Da quanti anni sei nell'A+ Series, Dodici?»
    «Sei.»
    «E in sei anni non ti sei mai accorto che, a seconda di quanto siamo reattivi, la maggior parte degli incidenti innescati dall'intervento esterno possono essere evitati o, quantomeno, limitati?»
    «No, non me ne sono mai accorto. Però, in compenso, mi sono accorto di tante ragazzine che, sui social network, hanno un orgasmo così, sulla fiducia, ogni volta in cui alzi la visiera del casco e vedono i tuoi occhi azzurro shocking.»
    Viola Settantasette puntualizzò: «Ci è severamente proibito utilizzare i social network.»
    «È severamente proibito scrivere alcunché che richiami alla nostra identità come piloti» lo corresse Viola Dodici. «Nessuno ci vieta di avere dei profili social con i nostri veri nomi o con dei nickname, se lo desideriamo. L'importante è che quei nomi o quei nickname non vengano mai associati a noi. Inoltre non ti ho mai detto di scrivere sui social network: per quanto ne sai tu, potrei limitarmi a consultarli per informarmi.»
    «O per disinformarti.»
    «Il confine tra l'informazione e la disinformazione è molto labile» dichiarò Viola Dodici. «Mi piace tenermi aggiornato sulle ultime tendenze.»
    «Le ultime tendenze?»
    «In fatto di A+ Series. La moda di oggi sembra essere quella di dichiarare che vincerai senza ombra di dubbio il mondiale.»
    Viola Settantasette precisò: «Non è tanto difficile che qualcuno arrivi a pensarlo, dato che ho vinto gli ultimi due.»
    Viola Dodici ribatté: «Te l'ho già detto. Chiunque avesse degli occhi azzurro shocking come i tuoi sarebbe in grado di contagiare le folle. Tutti sono pazzi di te.»
    «Eravamo rimasti alle ragazzine in calore. Come siamo passati a "tutti"?»
    «Dentro ciascuno di noi, in fin dei conti, c'è una fangirl in calore.»
    «Se lo dici tu.»
    «Certo che lo dico» insisté Viola Dodici. «Non c'è da stupirsi che tutto questo amore per te e per i tuoi occhi si sia trasformato in un susseguirsi di risultati positivi e di campionati. Non ti resta che sperare che la gente sia talmente rimbecillita da mettere gli occhi al primo posto in qualunque circostanza, altrimenti le tue vittorie potrebbero ben presto lasciare spazio a qualcun altro.»
    «Se parli di Argento Novantuno, è ancora il favorito. Mi precede di quattro giri. Gli basta completare le ultime due tappe senza avere problemi, per portarsi a casa il titolo.»
    «Non parlavo di quello che succederà nell'immediato e di Argento Novantuno. Se fossi al posto tuo, non sottovaluterei Rosso Ventisette. Richiama un passato che forse, in fin dei conti, qualcuno vorrebbe rivedere.»
    Viola Settantasette rifletté per qualche istante, prima di rispondere.
    Infine pronunciò le uniche parole che ritenne adatte all'occasione.
    «Ne dubito.»
    Viola Dodici non sembrava dello stesso parere.
    «Credi che il passato sia stato definitivamente rimosso?»
    «Sì.»
    «Sei ottimista.»
    «Oppure pessimista.»
    «Perché, credi che il passato dovrebbe essere rimpianto?»
    «Non necessariamente. Credo semplicemente che non dovrebbe essere messo da parte. Conoscere il passato del motorsport dovrebbe fare parte del bagaglio culturale di ogni appassionato... e soprattutto di chi vi sta dentro, come noi.»
    Viola Dodici obiettò: «Il passato è conosciuto. Ci sono tantissimi video. Ci sono...»
    «Sì, ci sono tantissimi video» lo interruppe Viola Settantasette, «Ma non credo che i video, di per sé, siano sufficienti per ricordare.»
    «Non vorrai aderire a quella stupida corrente di pensiero che sostiene che certi eventi del passato sono stati ricostruiti virtualmente e che, nella realtà, non sono mai accaduti.»
    «C'è tanta gente che aderisce a una scuola di pensiero secondo cui vinco solo per il colore dei miei occhi» replicò Viola Settantasette. «Posso tranquillamente pensare che, se ricordo che certi eventi del passato si siano svolti in maniera diversa da quella ufficiale, i miei ricordi personali possano avere almeno un po' di credito.»
    Come si aspettava, Viola Dodici fu disfattista.
    «Sono i nostri ricordi ad essere falsi. Fino a pochi anni fa ci vendevano una realtà fittizia, al punto tale che non sapevamo distinguere la verità dalla finzione.»
    «In qualche momento della nostra vita abbiamo assistito al falso» convenne Viola Settantasette, «Ma non possiamo dare per scontato che l’epoca del vero sia oggi e che l’epoca del falso non sia quella attuale. Cerca di non dimenticartelo.»
    Viola Dodici non doveva avere molto interesse per quell’argomento, dato che concluse: «Tu, invece, cerca di non dimenticare l’importanza dei tuoi occhi. Hai idea di che cosa succederebbe, se non avessi gli occhi azzurri?»
    Viola Settantasette ritenne inopportuno riferirgli che quello che era stato definito “azzurro shocking” altro non era che il colore di un paio di lenti a contatto. Non servivano per rendere la sua immagine più appetibile, ma per tracciare un’indelebile differenza dall’immagine che Viola Settantasette aveva una volta che si toglieva i panni di Viola Settantasette: chiunque cercasse di identificare Viola Settantasette in un qualsiasi ragazzo con gli occhi di un azzurro intenso avrebbe preso un abbaglio e ciò contribuiva a proteggere il segreto della sua identità, un segreto che sarebbe stato necessario preservare fino all’ultimo giorno della sua carriera.

    ***

    Dopo avere verificato gli ultimi commenti sulla A+ Series arrivati via social, Alysse chiuse internet e ripose il cellulare nella borsa.
    «Le ragazzine sono molto eccitate dall'idea che Viola Settantasette possa vincere il titolo.»
    Yannick ridacchiò.
    «Che strano.»
    «Sei convinto anche tu che i suoi occhi così brillanti siano la ragione principale per cui credono in lui?»
    Yannick annuì.
    «Mi sembra facile, no?»
    «È molto probabile.»
    «A volte mi viene da rimpiangere l'epoca in cui vedevamo anche qualcos'altro dei piloti, non solo gli occhi azzurro brillante. Chissà, magari all'epoca della Formula 1 il fanbase era in grado di fare osservazioni più costruttive... O almeno me lo auguro. Ricordo che c'era un debuttante con gli occhi di un colore simile a quelli di Viola Settantasette, molto tempo fa.»
    «Quando?»
    «Verso la fine, alla Williams.»
    «Temo di averlo dimenticato.»
    «Non c'è da stupirsi» ribatté Yannick. «Nonostante fossero passati pochi anni da quando la Williams aveva vinto così tanti titoli uno dietro l'altro, i risultati proprio non arrivavano, in quell'epoca. Doveva essere colpa dei motori.»
    «Ho qualche vaga reminiscenza» borbottò Alysse, iniziando seriamente a chiedersi se l'affermazione di Yannick corrispondesse a realtà. «Tu te li ricordi bene, quei tempi?»
    «Meno di quanto avrei voluto in passato» ammise Yannick. «Ogni tanto mi capita di vedere vecchi video e di non ricordarmi scene a cui dovrei avere assistito in diretta televisiva. Ormai, comunque, non mi interessa più: quello che conta è il presente e io voglio viverlo, il mio presente, piuttosto che chiedermi che cosa succedesse quindici o venti o trent'anni fa.»
    «Ricordi i titoli della Williams?»
    «Ricordo che ne vinse sei, uno dietro l’altro, ma non mi hanno lasciato molte memorie. La A+ Series è un'altra cosa.»
    Alysse raggelò.
    Qualcosa la turbava, nelle parole di Yannick, ma non riusciva a cogliere il dettaglio.
    Cercò di cambiare discorso, senza abbandonarlo del tutto.
    «Parlando di quel debuttante della Williams con gli occhi di un azzurro intenso come quello di Viola Settantasette, stava per caso gareggiando nell'ultima stagione?»
    «Mi sembra di sì» fu la mezza conferma di Yannick. «Non ricordo che numero avesse sulla vettura, ma in ogni caso non avrebbe importanza: cambiavano in base alla classifica dell'anno precedente, i piloti non avevano una vera identità...»
    Alysse obiettò: «Avevano un nome e un cognome.»
    «Appunto» convenne Yannick. «A che cosa servono un nome e un cognome, se non si può avere un numero rappresentativo?»
    «Il numero, in realtà, non rappresenta molto» obiettò Alysse. «Viene attribuito d'ufficio, fin dalle serie minori.»
    «Anche il tuo nome e il tuo cognome ti sono stati attribuiti senza che rappresentassero niente di preciso per te» replicò Yannick. «Resterò della mia idea: i piloti che correvano con il proprio nome e cognome non avevano un'identità. La gente ha bisogno di punti di riferimento.»
    «Gli occhi azzurro brillante, magari, possono bastare.»
    «Dipende. Quel rookie degli ultimi tempi dei secoli bui non deve avere fatto molta strada, così come tanti altri piloti di quell'epoca. Che cosa se ne facevano del loro nome e cognome se lo mettevano prima di tutto? Che cosa se ne facevano dei colori della loro tuta e della loro monoposto, se potevano cambiare squadra a fine stagione e, a volte, addirittura a stagione in corso? Mi stupisce che la gente seguisse un campionato così disorganizzato... per non parlare di quella classifica complicatissima: ogni tappa assegnava una vittoria.»
    «All'epoca si chiamavano gare, non tappe.»
    «Insomma, un caos.»
    Alysse annuì.
    «Sì, un caos. Mi chiedo, tuttavia, se fosse così tanto un caos per chi seguiva i campionati a quell'epoca. Avevano una loro logica, dopotutto. Mi sembra che in campionati come l'Indycar ci siano ancora le gare.»
    Yannick rise di gusto.
    Perfino Claudia, la ragazza del chiosco, se ne accorse e lanciò un'occhiata verso di loro.
    «Indycar?! Fammi il piacere, Alysse, al giorno d'oggi nessuno segue più quell'assurdità, neanche in America. È un campionato ridicolo: niente identità, niente classifica comprensibile... e per di più non hanno un sistema di selezione valido e infallibile come il nostro. Nella A+ Series gareggiano soltanto i migliori.»
    «Chi lo garantisce?»
    «Le serie minori. Le vetture sono uguali per tutte e l’unico modo per accedere alla A+ Series è ritrovarsi davanti agli altri in classifica.»
    «Da questo punto di vista hai ragione, è giusto che chi fa bene nelle serie minori sia ricompensato, ma a volte ho l’impressione che i vertici della A+ Series siano andati a prendere una lunga serie di commenti da bar e da social network, che li abbiano portati all’estremo e che, sulla base di quegli stereotipi, ci abbiano costruito intorno un campionato.»
    Yannick alzò le spalle, con indifferenza.
    «Se preferivi i vecchi tempi, in cui un team storico vinceva sei titoli di seguito per poi sprofondare nell’abisso e non contare più, forse sei nata nell’epoca sbagliata.»
    Alysse guardò Yannick fisso negli occhi.
    «Non è così.»
    «Vuoi dire che non sei nata nell’epoca sbagliata?»
    «No, voglio semplicemente dire che nessun team storico ha vinto sei titoli di seguito, pochi anni prima della fine dei “secoli bui”.»
    «Non dire assurdità» ribatté Yannick. «Va bene, vincere durante i “secoli bui” non vale tanto quanto vincere al giorno d’oggi, ma...»
    Alysse lo interruppe: «Non sto parlando del valore delle vittorie. Sto parlando proprio del fatto che quella squadra non ha vinto sei titoli di seguito. Ne sono certa.»
    Yannick parve sul punto di scoppiare a ridere.
    «Che cosa ti ha suscitato questa certezza?»
    «Non lo so. Non ho mai preso molto sul serio l’eventualità che nel passato del motorsport che conosciamo ci siano dei fake, ma ultimamente ho iniziato a pensarci. Rifletti su quanto accaduto negli ultimi tempi degli “anni bui”. Non ti sembra che ci siano delle forzature?»
    «No.»
    «Eppure quei sei titoli uno dietro l’altro mi sembrano molto strani.»
    «Non c’è nulla di strano. Tante squadre hanno vinto mondiali uno dietro l’altro.»
    «E dopo il terzo o il quarto mondiale consecutivo, c’erano da un lato proclami su quanto maestoso fosse il team vincente, dall’altro recriminazioni su vetture irregolari o regolamenti che favorivano una squadra piuttosto che le altre. Arrivati al sesto titolo consecutivo per il team, avrebbe dovuto accadere tutto questo. Invece non ne trovo traccia.»
    Yannick sorrise.
    «Lascia perdere, Alysse. Era un’epoca strana. Non c’erano i social network, questi discorsi si perdevano nei bar, o al massimo perduravano il giorno dopo nelle mense aziendali.»
    «Non parlo del fanbase, parlo di quello che succedeva all’interno. Non mi convince.»
    «Fai attenzione, allora. Non so se a voi PR sia consentito prendere sul serio certe teorie del complotto senza essere cacciati via a calci, ma non è un rischio che correrei.»
    «Non preoccuparti, sono abituata a correre rischi peggiori.» Alysse si alzò in piedi e sorrise. «Credo che si sia fatto tardi. Mi conviene andare.»
    Yannick cercò di trattenerla.
    «Di già?»
    «Temo proprio di sì» insisté Alysse. «Mi piacerebbe restare, ma proprio non posso.»
    Yannick sospirò.
    «Va bene. Spero di vederti presto.»
    Alysse riprese a sorridere.
    «Credo di sì. Magny-Cours è dietro l’angolo, ormai.»
    «Non proprio dietro l’angolo.»
    «Basta avere pazienza.»
    Yannick le strizzò un occhio.
    «Mi dispiace deluderti, ma non sono una persona paziente.»

    ***

    La ragazza se ne andò.
    Non era l’unica: quasi tutti i clienti che occupavano i pochi tavoli davanti al chiosco, ormai, se n’erano già andati.
    Soltanto il ragazzo che poco prima si era messo a ridere sostenendo che nessuno seguiva più l’Indycar rimaneva seduto.
    Claudia non riusciva a decifrare la sua espressione, così come le era difficile interpretare il suo ruolo: aveva parlato a lungo di automobilismo con la sua accompagnatrice, il che poteva significare tutto o niente, ma era in netto contrasto con il fatto che entrambi avessero dichiarato di non provare un interesse eccessivo per l’argomento.
    Erano due semplici appassionati venuti a Imola ad assistere alla gara? In tal caso, perché mentire?
    Lavoravano entrambi per l’A+ Series? Erano senz’altro due esperti ed era vero che al mondo c’era tanta gente che trovava noioso il proprio lavoro, ma a maggior ragione, per quale motivo parlarne anche durante il tempo libero?
    Quasi senza rendersene conto, Claudia si ritrovò a raggiungere il cliente: aveva bisogno di sapere per quale ragione due individui indubbiamente informati sui campionati di automobilismo si fossero presentati al suo chiosco e, parlando dell’evento che si era svolto lì a Imola poche ore prima, avessero finto che non li riguardasse neanche da lontano.
    Si trattenne per tempo, prima di sedersi nel posto che era appartenuto alla ragazza, che l’avrebbe fatta apparire fin troppo invadente.
    Restando in piedi domandò al ragazzo, con aria innocente: «Vieni da lontano?»
    Il ragazzo alzò lo sguardo.
    «Come, scusa?»
    Doveva essere soprappensiero, non si era nemmeno accorto che Claudia avesse parlato.
    «Ti ho solo chiesto se vieni da lontano. O sei della zona?»
    Il ragazzo fece un sorriso.
    «Ti sembro un imolese?»
    «Mhm... non saprei. È difficile interpretare il tuo accento.»
    «Allora non interpretarlo» le suggerì il ragazzo. «Puoi inventarti tu un’identità da appiopparmi.»
    «Mi sembra una cosa che farebbe una vecchia signora annoiata sull’autobus» obiettò Claudia. «Davvero, c’è una strana inflessione nella tua voce. Tu e la ragazza che era con te parlavate italiano, anche tra di voi, ma così, sulla fiducia, direi che non sei italiano, almeno d’origine.»
    «Se parlo male la lingua, potrei semplicemente essere poco istruito» ribatté il cliente. «Ci hai pensato?»
    «No, affatto» replicò Claudia. «Parli perfettamente. Se non sei italiano, d’origine, devi vivere in Italia da molto tempo, oppure devi averlo studiato fin dalla prima infanzia in una scuola d’elite.»
    «Probabilmente tante vecchie signore annoiate sull’autobus pensano lo stesso di me.»
    «La ragazza che era con te, invece, è italiana. Non c’è niente di strano nel suo accento.»
    «Magari adesso è su un autobus» insisté il ragazzo. «Chissà, qualche signora anziana annoiata trarrà le tue stesse conclusioni.»
    Claudia sorrise.
    «Sei venuto a Imola per la gara?»
    Il ragazzo la fissò con aria innocente.
    «Quale gara?»
    «La A+ Series, ovviamente.»
    «Sì, sono venuto a Imola per assistere alla tappa di oggi» rispose il cliente, senza esitazione. «Sei contenta, adesso?»
    Claudia scosse la testa.
    «Prima, quando tu e la tua amica siete arrivati, mi hai detto di trovare l’automobilismo noioso, a lungo andare. Mi sembra strano che chi trova noiose le competizioni motoristiche sia venuto qui a Imola per assistere alla A+ Series.»
    «Vedo che sei un’attenta osservatrice. Immagino che tu sia anche un’attenta ascoltatrice: mi hai sentito parlare di motori con la mia amica?»
    «Proprio così. Non volevo ascoltare di proposito, ma eravate davanti a me e...»
    «E a volte bisogna riempire i tempi morti, in un modo o nell’altro.» Il ragazzo fece un radioso sorriso. «Ti capisco. Cerca solo di non esagerare. Farsi delle fantasie sulla vita degli altri è un modo come un altro per passarsi il tempo, ma potrebbe provocare degli impicci.»
    Era una minaccia? Dal tono non sembrava.
    «Quali impicci?» obiettò Claudia, con tono innocente. «Semplicemente ho trovato strano che un ragazzo e una ragazza mi abbiano detto di non essere appassionati di automobilismo, poi ne abbiano parlato a lungo, accennando a concetti più complessi di cose del tipo “le monoposto hanno quattro ruote” o “nell’A+ Series ci sono due auto rosse, che però non si chiamano Ferrari”. Essere appassionati della A+ Series non mi pare un segreto così scabroso, da proteggere a tutti i costi.»
    «Giusta osservazione» rispose il ragazzo. «Se vuoi ti posso accontentare: io e mia cugina abbiamo tanti parenti appassionati di motori, alcuni che vivono da queste parti. Siamo venuti a Imola per assistere alla tappa insieme a dei nostri cugini, che hanno insistito tanto. Non li vedevamo da molto tempo, quindi non abbiamo saputo dire di no. A volte bisogna accettare qualche compromesso: ci sono cose che ci appassionano molto di più delle gare di automobilismo, questo è vero. Del resto è anche vero che, dopo la testa che ci hanno fatto i nostri cugini in proposito, l’argomento fosse al centro dei nostri pensieri anche adesso. Sei soddisfatta?» Si alzò in piedi. «Adesso, se permetti, vorrei pagare la mia consumazione e andare via. Si è fatto tardi.»
    Non sembrava annoiato e l’ultima affermazione doveva essere sincera.
    “È tutto il resto che non lo sembra” realizzò Claudia. “La sua amica, adesso, è diventata all’improvviso sua cugina.”
    Mentre contava le monete che il cliente le porgeva, la storia che le aveva raccontato le sembrava piuttosto lacunosa: se quel ragazzo non fosse stato particolarmente interessato ai motori, molto probabilmente non si sarebbe nemmeno ricordato dell’esistenza di un rookie che aveva gareggiato per breve tempo in Formula 1 molti anni prima, figurarsi dibattere del colore dei suoi occhi. Era un’epoca in cui non c’erano i social network e in cui tante persone non avevano nemmeno una connessione internet, in casa. Perché mai quel tizio avrebbe dovuto andare a controllare di che colore avesse gli occhi un perfetto signor nessuno di cui, con tutta probabilità, un telespettatore occasionale di campionati automobilistici non avrebbe ricordato nemmeno il nome?
    Con sollievo, Claudia guardò il cliente andare via e iniziò a sperare di non rivederlo mai più.
    I pensieri, nella sua mente, iniziarono a moltiplicarsi, uno più pesante dell’altro.
    “Mi avevano assicurato che non avrei mai più sentito parlare di loro, dieci anni fa. Dovevo solo vestirmi e pettinarmi come dicevano loro, dire due o tre stronzate davanti a una telecamera... e in cambio avrei avuto i soldi che servivano per riaprire il chiosco di papà. Mi sono attenuta alle regole, in questi dieci anni. Cosa vogliono da me?”
     
    Top
    .
  8.     Top   Dislike
     
    .
    Avatar


    Group
    Founder
    Posts
    70,943
    Reputation
    +2,895

    Status
    Capitolo 4
    Capelli rosso fuoco


    Non era finita.
    Nonostante tutto, non era finita.
    Le avversità si erano susseguite, una dopo l'altra, in quell'ultimo weekend.
    Non era finita, ma quel pomeriggio di Novembre sarebbe stata la conclusione di una stagione lunga e combattuta.
    Non era chiaro che cosa avesse trasformato uno dei due contendenti al titolo in una sorta di idolo delle folle, ma era un idolo delle folle e quello era da considerarsi un dato di fatto.
    In quel momento non era in prima posizione, dove tutti l'avrebbero voluto, dove avrebbe potuto conquistare senza difficoltà il mondiale.
    Il leader della gara era piuttosto il suo sfidante: non era né amato né odiato, come tipico di chi sembra uscito dal nulla e che, secondo l'accezione popolare, difficilmente sarà rilevante molto a lungo, in quanto destinato a non rimanere a lungo al centro dell’attenzione.
    Il fatto che fosse in prima posizione era qualcosa di fortemente sbagliato, così come che fosse inseguito non dal pilota che quel giorno avrebbe dovuto portare a casa il titolo, ma dal compagno di squadra di quest'ultimo.
    I colori freddi ma intensi delle loro vetture attiravano su di loro le telecamere, che spesso e volentieri lasciavano da parte tutto il resto.
    Chissà quanti telespettatori, nelle loro case, avrebbero desiderato avere un bottone magico con cui condizionare il risultato di quel decisivo gran premio, per impedire che accadesse un disastro e che il campionato venisse assegnato al pilota sbagliato: i tipi irrilevanti che avevano un fugace istante di popolarità non potevano permettersi di stare sulla strada di chi contava davvero...
    Non c'erano bottoni magici, ma erano in tanti ad avere la convinzione che, se avessero desiderato qualcosa con tutte le loro forze, questo si sarebbe avverato.
    Tutto si concretizzò, ancora meglio che in un copione teatrale, ancora meglio che all'interno di un'enorme stanza dei bottoni in cui i tifosi, all'unanimità, facevano sì che gli eventi rispecchiassero i loro desideri.
    Fuori il leader della gara.
    Fuori l'altro, quello che gli stava dietro, utile come un elemento di tappezzeria.
    Se qualcuno avesse degnato i due di qualche genere di considerazione, forse il loro incidente avrebbe fatto discutere.
    Non sarebbe successo: erano solo due piloti qualsiasi e, di fatto, il loro scontro, aveva contribuito alla realizzazione di una giusta causa.
    Quello che tutti volevano stava succedendo: il sogno era diventato realtà, come tutti si auspicavano, come era giusto che succedesse...
    Non c'erano stanze dei bottoni, non c'erano pulsanti magici per condizionare i risultati dall'esterno, ma prima o poi si sarebbe arrivati a qualcosa del genere.
    Molti giri più tardi la bandiera a scacchi accolse il vincitore: un'altra gara vinta, un altro titolo vinto, come tutti desideravano, come tutti avevano sempre desiderato...
    Le inquadrature del podio, più tardi, furono tutte da lontano: le telecamere si concentravano sugli spettatori.
    Era giusto che fossero protagonisti: un giorno lo sarebbero stati nel vero senso della parola, ma era bene iniziare offrendo loro un po' di popolarità.
    Che importanza aveva l'inquadrare il neo-incoronato campione del mondo? La gente sapeva che aspetto avesse e, del resto, né il suo aspetto né il colore della sua tuta avevano la benché minima rilevanza.
    Non c'era bisogno di preoccuparsi dell'ovvio, bisognava dare un segnale al grande pubblico, quello stesso grande pubblico che quel giorno aveva visto coronare i propri sogni.

    ***

    Alysse spalancò gli occhi e urlò.
    «No!»
    Le servì qualche istante per rendersi conto di essere sdraiata a letto.
    La sera precedente si era addormentata con la televisione accesa.
    Il canale sul quale era sintonizzata stava trasmettendo una puntata di una datata telenovela, nulla che avesse a che vedere con un gran premio che, tanti anni prima, era stato sede dell'assegnazione di un titolo mondiale.
    Come ogni appassionato di motori che si rispettasse, Alysse era a conoscenza degli eventi di quella gara: l'aveva anche vista in versione integrale, in internet, diversi anni prima, senza mai avere il sospetto che qualcosa fosse stato modificato per esigenze sceniche.
    Era un pensiero assurdo, ma che ultimamente, giorno dopo giorno, si faceva sempre più largo nella sua mente.
    La storia era stata modificata?
    La risposta più ovvia sarebbe stata un no secco, ma Alysse non si fidava dell'ovvietà: l'obiettivo della A+ Series era impedire nel modo più assoluto la defezione del pubblico, offrendo agli spettatori l'illusione che tutti i loro desideri si stessero concretizzando. La loro strategia di mercato era sempre stata quella, fin dall'inizio, e non c'era da sorprendersi che anche la storia precedente potesse essere stata contraffatta: mostrare che dopotutto anche i vecchi tempi erano un'epoca rosea e che la A+ Series fondava le proprie basi su una serie che era stata soddisfacente contribuiva a rendere solido l'ormai non più nuovo campionato.
    "Così" ipotizzò Alysse, "hanno preso alcuni eventi del passato, li hanno modificati e hanno realizzato ciò che il grande pubblico sosteneva di volere. Hanno eliminato l'insoddisfazione dei telespettatori, offrendo loro esattamente quello che desideravano... o, per meglio dire, quello che i telespettatori pensavano che avrebbero desiderato."
    La differenza era labile, in un ipotetico caso banale in cui il pilota X usciva di scena e il pilota Y vinceva il mondiale. Vista la convinzione generale di molti tifosi, secondo cui nessuno che vinceva il mondiale lo meritasse, in molti avrebbero dedotto che era in realtà proprio X quello che meritava di vincere quello stesso titolo, anche se non era al volante. Alysse non era sicura che fosse proprio così, se non a posteriori: se X non fosse uscito di scena e avesse vinto il mondiale, il suo successo sarebbe stato davvero apprezzato fino a quel punto? Giorno dopo giorno ne dubitava sempre di più e il sogno che aveva fatto poteva essere un suggerimento del suo inconscio.
    Ricordava le sensazioni che aveva avuto quando aveva guardato quel gran premio: l'idea che, a quell'epoca, qualcuno potesse avere desiderato una conclusione diversa non l'aveva sfiorata neanche da lontano, lasciandola a lungo convinta che tutto fosse andato proprio come ogni singola persona al mondo era pronta a dichiarare di avere desiderato.
    Aveva visto qualche video, aveva visto sostenitori di teorie del complotto concentrarsi su un ombrello caduto da una tribuna su un circuito durante una gara, aveva visto altri tirare fuori eventi insignificanti più o meno dello stesso calibro... eppure non si era mai sforzata di vedere la questione da un'altra prospettiva, quella che contava davvero.
    Offrire al pubblico ciò che desiderava non era semplice: c'erano molteplici sfaccettature di cui tenere conto, oltre che la difficoltà di realizzare tutto nei minimi dettagli. Rielaborare il passato era molto più semplice: bastavano migliaia di persone pronte ad affermare che Y avesse "falsato il mondiale" e che fosse un "furto" nei confronti di X, poi si poteva procedere. Si poteva rielaborare la storia, si poteva generare l'illusione che il titolo fosse stato vinto dal presunto idolo delle folle. Falsificando il passato, facendo scomparire dalla circolazione i veri video degli eventi datati e dichiarando che la falsificazione era avvenuta in passato, tutto poteva diventare possibile.
    Alysse fece un sospiro, guardando la sveglia, che segnava le cinque e tre quarti del mattino. La giornata era iniziata in anticipo e non era iniziata nella maniera più redditizia: aderire a certe teorie del complotto era pericoloso, non doveva dimenticarsene mai. Per quanto il passato potesse essere rilevante, non doveva diventarlo tanto quanto il suo futuro.

    ***

    Talvolta l'alba di un nuovo giorno lasciava spazio a nuove riflessioni e non sempre le nuove riflessioni erano gradite.
    Il tardo pomeriggio precedente era stato condizionato da una lunga conversazione con Alysse a proposito del passato del motorsport e con le intromissioni della ragazza del chiosco delle piadine, una volta che Alysse se n'era andata.
    Yannick provò a valutare entrambe le situazioni da una diversa prospettiva.
    Aveva parlato con Alysse di Formula 1. Era stato lui stesso a tirare fuori il discorso, accennando a un rookie di molti anni prima le cui iridi avevano la stessa tonalità di quelle di Viola Settantasette che, proprio per il colore dei suoi occhi, era molto apprezzato dalle ragazzine.
    Fino alla sera precedente aveva considerato la loro come una normalissima conversazione tra due esperti del settore: Yannick aveva esposto dei dati di fatto, Alysse aveva ipotizzato teorie anticonformiste che non era stata in grado di argomentare.
    "Per il momento mettiamo da parte Alysse. C'è la questione della ragazza delle piadine."
    La titolare del chiosco aveva atteso che Alysse si allontanasse e si era diretta verso di lui, iniziando una conversazione che Yannick non aveva cercato. Non se n'era sorpreso molto: non era la prima volta che, quando rimaneva solo, qualche ragazza intraprendente si avvicinava a lui e, con una scusa o con un'altra, cominciava a parlargli.
    Per prima cosa gli aveva chiesto da dove venisse: era probabilmente la domanda più scontata da rivolgere, quando si intendeva attaccare bottone con qualcuno. Yannick sapeva di piacere alle donne, quell'aspetto era il meno sorprendente di tutti.
    Quello che era successo dopo era più difficile da spiegare: ammettendo che Claudia avesse provato attrazione nei suoi confronti e che quella fosse stata la ragione che l'aveva spinta a parlargli, perché indagare così a fondo sulla sua presunta passione per i motori?
    Yannick ricordava di avere espresso un non troppo velato disinteresse per l'argomento, poco prima. Era molto probabile che la donna del chiosco fosse semplicemente un'impicciona che, sentendolo parlare così a lungo con Alysse di qualcosa che, in teoria, non avrebbe dovuto rientrare nei suoi interessi, non aveva potuto fare altro che lasciarsi travolgere dalla curiosità.
    Mise da parte Claudia: era molto probabile che quella ragazza si annoiasse a morte, quando c'erano pochi clienti. In un modo o nell'altro doveva far arrivare l'orario di chiusura ed era probabile che si passasse il tempo intervistando gli sventurati avventori che non avevano avuto il buonsenso di allontanarsi finché erano in tempo.
    Archiviata la ragazza del chiosco, non era altrettanto semplice archiviare Alysse: in certe circostanze il punto dolente non poteva essere del tutto ignorato.
    Yannick la frequentava da tempo, ma sapeva ben poche cose di lei. Si era esposto in prima persona, raccontandole di essere uno dei venti piloti che non potevano svelare la propria identità nemmeno ai familiari più stretti, pena la radiazione dalla A+ Series qualora il loro vero nome o il loro aspetto fosse divenuto di dominio pubblico.
    Non era stata una mossa molto intelligente, Yannick se n'era reso conto, ma ormai era troppo tardi. Se in secondo momento avesse raccontato ad Alysse di essersi inventato quell'aspetto della propria vita per rendersi più interessante, Alysse non gli avrebbe creduto e l'avrebbe senz’altro accusato di mentire per paura.
    Avrebbe avuto ragione.
    Quella mattina Yannick si era svegliato travolto dall'irrazionale terrore che Alysse non fosse dalla sua parte. Dopotutto non era così improbabile: bastava che la sua identità trapelasse per mettere fine, di punto in bianco, alla sua carriera, e non c'era da sorprendersi eccessivamente che qualcuno potesse avere quello sgradevole obiettivo.
    Yannick si chiese cos'avrebbe fatto se avesse scoperto chi fosse Viola Settantasette, il suo più grande avversario in quel finale di campionato. Non aveva dubbi: avrebbe approfittato della situazione per rovinare il suo rivale, dal momento che sarebbe stata la maniera più semplice per assicurarsi la vittoria del campionato, che era il suo vero obiettivo.
    Alysse lavorava per un altro team. La possibilità che il suo obiettivo fosse quello di distruggerlo non era da scartare a priori. Chissà, magari per mesi aveva cercato di scoprire quale pilota fosse, e quando si era accorta che non era possibile aveva scelto di intraprendere una strada più oscura, ma di più facile attuazione: portarlo sulla cattiva strada, convincerlo ad abbracciare scuole di pensiero compromettenti, che avrebbero potuto essere la fine per la sua carriera.
    Più Yannick ci rifletteva e più quella versione dei fatti gli appariva plausibile, al punto da rendere doveroso un qualunque genere di intervento urgente. Gli sarebbe dispiaciuto rinunciare ad Alysse, ma era la soluzione migliore. Doveva evitare quella ragazza come se avesse avuto una malattia contagiosa, doveva impedirle di affermare di nuovo, in sua presenza, che alcuni risultati del vecchio campionato di Formula 1 erano stati artefatti dai vertici della A+ Series.
    Non che Yannick credesse a quelle assurdità e, anche se vi avesse prestato credito, si sarebbe guardato bene dallo sbandierare ai quattro venti delle opinioni tanto malsane quanto inutili. Che importanza aveva chi avesse vinto il tale campionato degli anni '90? Quell'epoca era già finita da un pezzo, alcuni dei piloti di quei tempi dovevano essere morti e una parte di quelli sopravvissuti avevano accettato la condizione imposta dalla A+ Series di non fare vita pubblica.
    Era tutta gente senza importanza, ormai, per la quale Yannick non avrebbe mai corso alcun rischio, qualunque cosa si fosse messa in testa Alysse.
    Doveva chiudere con lei.
    Doveva chiudere al più presto, prima che quella ragazza riuscisse, in un modo o nell’altro, a rendersi pericolosa per il suo avvenire.
    Non sarebbe stato troppo difficile: il loro legame era sempre stato piuttosto vago, facile da eliminare senza eccessive conseguenze.
    Yannick si rese conto che, per quanto avesse preso quella decisione da appena pochi secondi, si sentiva già un po' più al sicuro di prima.

    ***

    «Signorina Vitali.»
    La voce che aveva parlato era tagliente e, per quanto Claudia non fosse in grado di riconoscerla, avvertì un brivido che le fece comprendere, fin dal primo momento, che non avrebbe portato a nulla di positivo.
    Si girò lentamente.
    Dietro di lei apparve un uomo dai capelli brizzolati che aveva già visto.
    Non solo l'aveva già visto, aveva anche lungamente trattato con lui, dieci anni prima, concentrata sull'obiettivo di entrare in possesso della somma che le avrebbe consentito di riacquistare il chiosco di famiglia.
    «Buongiorno» mormorò, con la mente che già viaggiava verso destinazioni ignote e confuse.
    Che cos'era venuto a fare?
    Che cosa voleva da lei?
    Aveva lavorato per lui, tanti anni prima, ed era stato un lavoro breve e indolore: erano rimasti d'accordo sul fatto che non si sarebbero incontrati mai più e, fino a quel giorno, tutto era sempre filato liscio.
    «Buongiorno» ripeté l'uomo.
    Aveva un accento neutro, che tradiva soltanto alla lontana il fatto che l'italiano nel quale si esprimeva non fosse la sua lingua natale.
    Claudia si fece coraggio e, guardandolo negli occhi, gli domandò: «Come ha fatto a trovarmi?»
    «Io trovo sempre ciò che cerco» replicò il suo interlocutore, calmo. «Piuttosto dovrebbe chiedersi come mai la stavo cercando.»
    Claudia si guardò intorno.
    Il chiosco era deserto.
    Nessuno sarebbe intervenuto per toglierla da quell'impiccio, quindi tanto valeva rispondere senza troppi giri di parole.
    «Non vi sono ragioni per cui dovrebbe cercarmi. Ho sempre rispettato gli accordi, nessuno mi ha mai riconosciuta.»
    L'uomo la fissò a lungo, prima di puntualizzare: «Prima o poi succederà.»
    «Oh, no, si figuri... chi vuole che faccia caso a me? So che esistono dei video in cui...»
    L'uomo la interruppe: «Forse non si rende conto di quanto sia cambiata, in questi dieci anni.»
    Claudia avvampò.
    «Sono leggermente più grassa.»
    Il suo interlocutore scosse la testa.
    «Suvvia, che cosa vuole che me ne importi della sua linea? Peraltro non mi sembra che abbia problemi di peso. Perché ci sono così tante persone che pensano di essere troppo grasse?»
    Era un'osservazione che Claudia non si aspettava da lui.
    «Non ho detto di essere grassa. Non...»
    «Non mi faccia perdere tempo, signorina Vitali» la rimproverò lui, iniziando a perdere la calma. «Dieci anni fa era una ragazza con i capelli tinti, tagliati a cresta. Adesso ha dei banalissimi lunghi capelli castani, che somigliano tanto a quelli della parrucca che indossò per le registrazioni.»
    Claudia osò fare un mezzo sorriso.
    «Ho trentadue anni. L'epoca delle creste è terminata.»
    «Allora si faccia un taglio diverso, ma renda la propria immagine diversa da quella delle riprese. Forse non se ne rende conto, tutto ciò che le interessa sono le sue dannate piadine, ma le assicuro che le sue azioni potrebbero avere conseguenze disastrose.»
    Claudia spalancò gli occhi.
    Davvero quell'uomo si era recato nel suo chiosco al solo scopo di farle la predica per il taglio di capelli che portava?
    «Ne è proprio sicuro? Da quello che dice, sembra che io sia diventata improvvisamente un personaggio pubblico di primaria importanza.»
    «No, è solo una buona a nulla, ma può bastare anche una buona a nulla per scoperchiare un vaso di Pandora.»
    «E se io mi pettinassi di nuovo con una cresta colorata non si scoperchierebbe alcun vaso, invece?»
    Il suo interlocutore si fece più accomodante.
    «Mi rendo conto che l'idea di farsi una cresta colorata alla sua età potrebbe non piacerle, ma ci sono tante alternative. Potrebbe farsi un caschetto biondo platino, oppure rosso fuoco. Tutto quello che le chiedo è di sbarazzarsi di quei suoi lunghi capelli castani, per il bene di tutti.»
    Claudia insisté: «E se mi piacessero i miei lunghi capelli castani?»
    L'uomo si guardò intorno.
    Quasi distrattamente, anche se era tutta scena, le chiese: «Come vanno gli affari, in questo posto?»
    «Potrebbero andare peggio» rispose Claudia, con sincerità, «Ma anche meglio: se chiudessi la baracca e mi trovassi un lavoro come dipendente, da qualche parte, probabilmente guadagnerei più soldi e avrei meno pensieri.»
    «Lo sospettavo. Diecimila euro in cambio di un nuovo taglio e un nuovo colore sono sufficienti per lei?»
    Claudia sentì il cuore rimbalzarle nel petto.
    «Ha detto... diecimila euro?!»
    L'uomo con il quale stava parlando rise, sprezzante.
    «Il caschetto rosso fuoco le sembra una buona idea, adesso?»
    Claudia gli strizzò un occhio.
    «Con la riga laterale e con la frangia. Posso?»
    «Può anche raparsi a zero, per quanto mi riguarda, a condizione che collegarla alla ragazza con i capelli castani lunghi sia molto difficile. Mi spiace se le ho fatto perdere tempo, prima di arrivare al sodo. Avevo soltanto bisogno di inquadrarla, per capire quale fosse il suo prezzo.»
     
    Top
    .
  9.     Top   Dislike
     
    .
    Avatar

    Tabagi's father

    Group
    Moderatore
    Posts
    4,099
    Reputation
    +817
    Location
    La Plata

    Status
    Ne han di soldi da buttare se per un taglio di capelli offrono 10mila euro!

    Comunque la trama si fa avvincente, sto attendendo il plot-twist già da parecchie righe fa. Hai centrato direi molto bene il problema dell'incontentabilità odierna: credo che questa storia vada molto oltre il concetto di motorsport, molto molto fuori a tutto ciò che ho letto di tuo in questi anni.
     
    Top
    .
  10.     Top   Dislike
     
    .
    Avatar


    Group
    Founder
    Posts
    70,943
    Reputation
    +2,895

    Status
    CITAZIONE (Pilotimotori @ 3/2/2019, 22:05) 
    Ne han di soldi da buttare se per un taglio di capelli offrono 10mila euro!

    La A+ Series è molto redditizia.

    CITAZIONE
    Comunque la trama si fa avvincente, sto attendendo il plot-twist già da parecchie righe fa.

    Spero che non rimarrai deluso e che l'inizio non ti sembri "lento".
    Nel prossimo capitolo, comunque, tornerà in scena Trentadue: anche stavolta ti toccherà sorbirti un asiatico pazzo. :P

    CITAZIONE
    Hai centrato direi molto bene il problema dell'incontentabilità odierna: credo che questa storia vada molto oltre il concetto di motorsport, molto molto fuori a tutto ciò che ho letto di tuo in questi anni.

    Diciamo che il web è stata una grande fonte di ispirazione, nel corso degli anni che ci ho passato. Ho cercato di immaginarmi quali potrebbero essere le conseguenze di un'estremizzazione delle lamentele sulla F1.
     
    Top
    .
  11.     Top   Dislike
     
    .
    Avatar


    Group
    Founder
    Posts
    70,943
    Reputation
    +2,895

    Status
    Capitolo 5
    Aspettando Magny-Cours


    Non capitava tanto spesso che i piloti della A+ Series venissero intervistati, di solito le squadre diramavano ogni comunicazione ufficiale tramite web. I giorni che precedevano gli eventi potevano essere un'eccezione alla regola e Trentadue non si sorprese particolarmente quando, dopo la tappa della seconda divisione, vide il suo vecchio amico Ventisette, al momento noto come Rosso Ventisette, su uno dei monitor all'interno del box.
    Vederlo vestito di rosso invece che di nero faceva ancora uno strano effetto, per Trentadue, che ormai non riusciva a togliersi dalla testa l'idea del futuro.
    Presto il campionato sarebbe terminato e, con un po' di fortuna, qualche pilota sarebbe uscito di scena. Dovevano essercene, ormai, che si sentivano troppo vecchi per continuare: una piccola parte dei venti eletti si trovava nella A+ Series da ormai molto tempo.
    Fino a poco tempo prima, Trentadue era stato in testa alla classifica della seconda divisione. Aveva avuto un paio di episodi sfortunati e si era visto sottrarre la leadership prima da Ventisette e, dopo che quest'ultimo era stato chiamato a sostituire Cinquantadue, anche da altri due piloti.
    Per tornare in testa alla classifica gli sarebbe servito un miracolo, ma quando un campionato terminava la possibilità di passare oltre esisteva anche per chi si trovava secondo o terzo in classifica, in casi eccezionali anche per chi era quarto. A Trentadue non restava che sperare che fossero diversi i piloti chiamati dalla seconda divisione a debuttare nella massima serie, in modo da potere seguire le stesse orme di Ventisette.
    Il suo ex collega stava rispondendo a domande a proposito dei fatti di Imola:
    «Argento Novantuno ha criticato il tuo ruolo nel vostro incidente già il giorno stesso, ma il suo parere non è cambiato. È ancora convinto che tu l'abbia fatto apposta. Come risponderesti a questa accusa?»
    «Penso che Argento Novantuno dovrebbe impegnarsi per vincere il mondiale, invece di pensare a me. È stato un banalissimo incidente di gara, a me è andata bene e a lui è andata male. Sono cose che succedono continuamente. Se Argento Novantuno non fosse stato in lotta per il titolo, nessuno se ne sarebbe preoccupato, forse nemmeno lui stesso.»
    «Il vostro incidente, però, potrebbe costargli il campionato.»
    «Per quanto ne so, Argento Novantuno ha ancora quattro giri di vantaggio nei confronti di Viola Settantasette. Ritengo che, con un po' di accortezza, potrà terminare la stagione in testa alla classifica.»
    «Ci sono tanti imprevisti...»
    «Lo so, ci sono tanti imprevisti, ma Argento Novantuno dovrà imparare a gestirli da solo. Credo che sia troppo facile dare la colpa a me, solo perché sono l'ultimo arrivato.»
    «In molti sostengono che Cinquantadue non sarà rimpianto. Che cosa ne pensi?»
    «Penso che siamo tutti uguali, a distinguerci l'uno dall'altro c'è soltanto il nostro numero di gara.»
    «Cinquantadue ha rinunciato alla propria carriera per delle affermazioni compromettenti a proposito di una teoria del complotto secondo cui gli eventi passati del motorsport sarebbero stati artefatti per renderli più in linea con le aspettative popolari. Che cosa ne pensi di tutto questo?»
    «Mi sono fermato a "sarebbero stati artefatti". Non capisco che cosa voglia dire. Com'è possibile cambiare i risultati del passato? Ci sono i vecchi filmati, le vecchie gare che talvolta vengono trasmesse in versione integrale... Credo che Cinquantadue fosse uno di quelli che, se vogliono vedere un alieno, possono guardare la propria madre in penombra e convincersi che sia un alieno verde con le antenne.»
    «Questo lascia pensare che tu non creda nelle teorie del complotto sul passato delle competizioni automobilistiche.»
    «In tutta sincerità non sono per niente informato a proposito delle teorie del complotto sul passato dell'automobilismo. Non è un argomento per cui provo un particolare interesse. Sono certo che queste teorie esistano solo ed esclusivamente perché qualcuno ha pensato bene di utilizzarle per guadagnare soldi o like.»
    «Sembri un tipo molto determinato. Hai qualche messaggio speciale per Cinquantadue, che forse ti sta seguendo da casa?»
    «No, non ho messaggi speciali per Cinquantadue. Non lo conosco e non credo che mi capiterà mai di conoscerlo. Di solito non mando messaggi di saluto agli sconosciuti, a meno che non siano generici fan della A+ Series. È proprio a loro che mi rivolgo: spero che possiate vedere tanti duelli e sorpassi in questa tappa di Magny-Cours. Da parte mia cercherò di fare il possibile per il bene dello spettacolo.»
    L'intervista terminò.
    Ventisette scomparve dall'inquadratura e fu abbandonato a se stesso.
    Era un tipo piuttosto scaltro, valutò Trentadue. L'ultima volta in cui avevano parlato, poco prima della promozione di Ventisette, il suo amico aveva dato un po' di credito alla teoria secondo cui il disastro di Monza, che aveva messo fine alla Formula 1, non fosse mai esistito.
    "O è furbo abbastanza per non farsi cacciare via a calci nel culo fingendo di non prendere in considerazione queste storie, oppure gli hanno fatto il lavaggio del cervello."
    Non era da escludersi nemmeno quell'alternativa e Trentadue sentiva di avere bisogno di entrare in contatto con Ventisette.
    Sarebbe stato molto semplice: gli sarebbe bastato andarlo a raggiungere senza presentarsi come Trentadue. Senza tuta e casco sarebbe stato, agli occhi di tutti gli occidentali, un normalissimo orientale che andava a parlare con Ventisette.
    L'idea lo allettava, ma c'era sempre il pericolo che qualcuno potesse collegarlo a Trentadue. Con Ventisette, inoltre, avrebbe dovuto svelarsi. Per quanto fossero stati amici all'epoca in cui entrambi correvano nella seconda divisione, Trentadue non era certo di potersi fidare: Ventisette gareggiava nella A+ Series e l'abitudine, da quelle parti, era di pugnalare alle spalle chiunque, ogni volta in cui era possibile.
    Sarebbe stato meno pericoloso andare da lui indossando i panni di Trentadue, pilota della seconda divisione. La sua presenza intorno a Ventisette sarebbe stata difficilmente giustificabile, ma c'era un'alternativa.

    ***

    Rosso Ventisette fece un sospiro.
    Finalmente l'intervista era terminata e nessuno gli avrebbe posto ulteriori domande a proposito di Cinquantadue.
    Aveva incontrato Cinquantadue nell'ufficio del CEO, al momento del passaggio di consegne, ma prima di quel momento non aveva mai avuto a che fare con lui.
    Difficilmente avrebbero avuto qualcosa a che vedere l'uno con l'altro in un secondo momento. Chissà dov'era Cinquantadue in quel momento, probabilmente molto lontano da Magny-Cours.
    Rosso Ventisette si appartò nei pressi di un bagno.
    Aveva bisogno di staccare per qualche minuto, di estraniarsi da tutto e da tutti...
    Il suo intento andò in frantumi dopo una ventina di secondi.
    Qualcuno, alle sue spalle, lo afferrò per un braccio, facendolo sussultare.
    «Calmati, sono io» disse una voce artefatta.
    «Se pensi che possa riconoscerti dalla voce...»
    «Girati.»
    L'altro gli lasciò andare il braccio e Rosso Ventisette si girò.
    Aveva di fronte un pilota della seconda divisione, nello specifico uno che aveva avuto occasione di conoscere molto bene.
    «Cosa ci fai qui, Trentadue-san?»
    «È questa l'accoglienza che rivolgi ai tuoi vecchi amici?»
    «Parlare con piloti della seconda divisione è vietato dal regolamento. Rischio una tappa di squalifica e non ho intenzione di non scendere in pista, domani.»
    «Se ti può consolare, anch'io rischio una squalifica. L'unica differenza è che, mentre tu rinunceresti soltanto alla possibilità di scendere in pista, io ci rimetterei anche in termini di classifica e il momento del mio debutto sarebbe più lontano.»
    «Quindi la soluzione migliore è che ciascuno di noi se ne vada per la propria strada.»
    «Non ci penso nemmeno. Devo parlarti di una cosa importante e non ho intenzione di desistere solo perché hai paura di una squalifica.»
    Rosso Ventisette alzò gli occhi al cielo.
    «Forse la differenza tra me e te è che io, con il passaggio in A+, sono diventato responsabile.»
    Trentadue scosse la testa.
    «Ma fammi il piacere...»
    «Non penso che ci sia niente di molto importante che devi dirmi. Non abbiamo mai parlato di cose importanti.»
    «Quando fai il negazionista, mi viene una gran voglia di prenderti a calci nel culo.»
    «Perché non ci provi?»
    «Perché purtroppo non sono ancora diventato responsabile abbastanza per farlo.»
    «Allora cerca di recuperare un po' di responsabilità e lasciami in pace. Se qualcuno ci vede...»
    «Se qualcuno ci vede, gli dirai che sei uscito dal bagno e che ti ho fermato per chiederti se c'era la carta igienica.»
    «Domanda che avresti potuto farmi in dieci secondi. Sì, c'è la carta igienica.»
    «Guarda che vado a controllare...»
    «Sarebbe un'idea, almeno ti leveresti di mezzo.»
    Trentadue sbuffò.
    «Stammi a sentire, Ventisette...»
    «Rosso Ventisette, se non ti dispiace.»
    «E va bene» accettò Trentadue. «Ho bisogno di parlarti di qualcosa di importante, come ti ho detto, ma hai ragione tu, non possiamo farlo qui. La cosa migliore sarebbe se ci incontrassimo fuori dal circuito...»
    «Certo!» ribatté Rosso Ventisette, sprezzante. «Non daremmo per niente nell'occhio, se ce ne andassimo in giro in tuta e casco fuori dal circuito.»
    «Non essere ridicolo» replicò Trentadue. «Non ho detto in tuta e casco.»
    «Quindi dovremmo svelarci per quelli che siamo sotto la tuta e il casco?! Scordatelo!»
    «Non saremmo obbligati a presentarci con i nostri veri nomi.»
    «Non ci penso nemmeno. Tu sei asiatico e gli asiatici sono tutti uguali.»
    «Agli occhi di voi occidentali sicuramente. Non è un problema mio se appartenete a una specie inferiore che non sa riconoscere i nostri tratti fisici. E comunque anche voi occidentali siete tutti uguali.»
    «Abbiamo occhi di colori diversi, capelli di colori diversi...»
    «Però siete tutti brutti uguali.»
    «Allora mettila così: sono troppo brutto per farmi vedere da un adone come te.»
    Trentadue rise.
    «Così mi piaci, Ventisette.»
    «Rosso Ventisette, prego.»
    «No, Ventisette e basta. Mi piace di più. In ogni caso, c'è un'altra soluzione.»
    «Quale?»
    «Sei iscritto a qualche social? Con un nickname tipo "orribile occidentale che critica gli asiatici" o qualcosa di simile.»
    «Beh, sì...»
    «Anch'io. Sono iscritto a un bel po' di social, anche se non ho molto tempo per frequentarli. Possiamo sentirci in chat, magari alle dieci di stasera.»
    «In chat?»
    «Sì. Mi pare un buon modo per mantenere riservata la nostra identità e per eludere il divieto di comunicare.»
    Rosso Ventisette rifletté un attimo.
    «Potrebbe essere un'idea.»
    «Alle dieci di stasera, allora?»
    «Alle dieci di stasera.»
    «Dimmi solo quale social preferisci e qual è il tuo nickname, e poi siamo a posto.»

    ***

    Come facilmente prevedibile, a Rosso Ventisette era toccata un'intervista, argomento Argento Novantuno.
    Viola Settantasette si aspettava che anche quest'ultimo, prima o poi, si ritrovasse con un microfono davanti alla bocca.
    Fu esattamente quello che successe dopo l'intervista con Rosso Ventisette.
    Viola Settantasette ascoltò con attenzione, cercando di capire che cosa passasse per la testa del suo avversario.
    «Siamo arrivati al penultimo appuntamento della stagione e ci sono due diverse scuole di pensiero: una sostiene che tu abbia un vantaggio abissale nei confronti del tuo diretto inseguitore, l'altra che invece il tuo vantaggio sia esiguo. Quale delle due ti convince di più?»
    «Tutti e due hanno ragione e sbagliano allo stesso tempo. Potrei dire che dipende tutto da me e dalle performance della mia monoposto, ma non sarebbe vero. Sappiamo tutti che, se fosse stato per me e per la mia monoposto, sarei riuscito a completare l'intera percorrenza a Imola. Invece non è stato così: un rookie si è messo in mezzo e il vantaggio consistente che avevo allora si è ridotto a un margine che, in confronto, è piccolissimo.»
    «Sei stato molto critico nei confronti di Rosso Ventisette, sostenendo che non è abbastanza performante per la A+ Series. Credi che i piloti della seconda divisione non siano pronti per il debutto e che la selezione per l'accesso dovrebbe basarsi su parametri diversi?»
    «È una domanda troppo difficile. Non spetta a me prendere certe decisioni.»
    «Eppure hai detto che Rosso Ventisette non dovrebbe stare qui.»
    «L'ho detto e lo confermo. È stata tutta colpa di Rosso Cinquantadue: se non si fosse messo in testa delle assurdità, a quest'ora sarebbe ancora lì e, con un po' di fortuna, Ventisette non sarebbe in testa alla classifica della seconda divisione. In questo caso avremmo un pilota come Cinquantadue, che non ha mai avuto l'abitudine di fare danni che coinvolgessero piloti più importanti di lui, e ci sarebbero possibilità molto più limitate di vedere Ventisette nella massima serie nel prossimo futuro. Magari rimanendo più a lungo nella seconda divisione potrebbe migliorare, o quantomeno rendersi conto che non deve stare sulla strada di chi lotta per il mondiale.»
    «Rosso Ventisette non è sembrato particolarmente colpito dalle tue critiche.»
    «Non tutti sono stati dotati allo stesso modo di un bene prezioso tanto quanto l'intelletto. Magari presto Rosso Ventisette si renderà conto di essere soltanto un rookie pasticcione e capirà di non essere nemmeno degno di allacciarmi le scarpe.»
    «Pensi che ci sia qualche genere di alleanza tra Viola Settantadue e Rosso Ventisette?»
    «Non penso che esista nulla di tutto ciò nel modo in cui lo descrivi, ma sicuramente Viola Settantasette ha molti aiuti, altrimenti a quest'ora non sarebbe più in lotta per il campionato già da un po'.»
    «Viola Settantasette ha vinto gli ultimi due mondiali...»
    «Non esattamente. Viola Settantasette ha rubato gli ultimi due mondiali, con i suoi sotterfugi e con il suo esercito di fangirl che votano per lui a ogni soffio di vento.»
    «Viola Settantasette ha sempre negato nel modo più assoluto l'esistenza di favoritismi nei suoi confronti.»
    «Viola Settantasette è la rovina del nostro sport. Prima del suo debutto la A+ Series era un campionato nel quale si mettevano in luce i piloti più meritevoli, mentre al giorno d'oggi sta perdendo credibilità, tutto per colpa di Viola Settantasette. A parità di condizioni, faticherebbe a mettersi in luce. Tutti lo sanno, così come tutti sanno che non ho il minimo rispetto per lui. È l'avversario più falso e scorretto che abbia mai avuto nel corso della mia carriera.»
    Viola Settantasette ridacchiò. Se quel fesso di Argento Novantuno pensava di intimidirlo con critiche non argomentate e insulti davanti alle telecamere, non aveva capito con chi aveva a che fare.
    «Pretendi pure che ti venga spianata la strada» borbottò, ascoltando l'ultimo passaggio dell'intervista. «Inizio quasi a pensare che tu ti sia meritato di essere speronato da Rosso Ventisette.»
    Il nuovo arrivato, ovviamente, non faceva alcun genere di lavoro sporco per Viola Settantasette. Era uno come tanti, che cercava di farsi notare in vista del momento in cui avrebbe potuto fare il salto di qualità, all'inizio della stagione successiva, quando tutti sarebbero partiti con lo stesso numero di giri e in tanti sarebbero stati in lotta per il mondiale.
    Era molto probabile che Rosso Ventisette puntasse a un percorso di quel genere, anche se Viola Settantasette non credeva che sarebbe stato in primo piano fin dalla sua prima stagione completa: era uscito senza riportare danni dal contatto con Argento Novantuno, ma non avrebbe avuto la stessa fortuna in occasione di ogni incidente; se non si fosse dato una calmata e non avesse imparato ad essere paziente, sarebbe stato ricordato più per gli errori che per i momenti positivi.
    Non era un'idea che dispiacesse particolarmente a Viola Settantasette, dato che sarebbe stato un avversario in meno di cui preoccuparsi, ma Argento Novantuno si sarebbe meritato un po' di sana concorrenza da parte di quel rookie. Non che la cosa potesse renderlo un po' meno altezzoso e un po' meno convinto che le vittorie gli fossero dovute e che i suoi rivali avessero il compito di cedergli il passo per facilitargli le cose, ma vedere Argento Novantuno lottare per il titolo e perdere era sempre molto divertente.

    ***

    Di solito Argento Novantuno non aveva l'abitudine di intromettersi nei fatti degli altri, a meno che non fosse possibile ricavarne un vantaggio di qualche genere.
    Quando vide Rosso Ventisette che, di fronte a una toilette, sembrava immerso in un'intensa conversazione con un pilota vestito di nero, non poté fare a meno di chiedersi se essere al corrente di quanto stava accadendo potesse essergli in qualche modo d'aiuto.
    Non fu veloce abbastanza.
    Avrebbe potuto scattare una foto ai due, sperando che fosse sufficiente per far squalificare Rosso Ventisette dall'evento di Magny-Cours, ma quando formulò quel pensiero il pilota della seconda divisione si era già allontanato.
    Argento Novantuno si guardò intorno.
    Era troppo tardi per procurarsi delle prove ed era impossibile che qualcun altro avesse visto i due insieme.
    "Però non c'è nessuno e, anche se non posso fare nulla contro quel rookie, la solitudine, a volte, offre dei vantaggi."
    Si diresse a passo spedito verso Rosso Ventisette, che non si era accorto di lui.
    «Hai dimenticato di leggere il regolamento, per caso?»
    Il pilota in rosso sussultò.
    Si girò lentamente e, quando lo vide, fece un passo indietro.
    «Cosa vuoi?»
    «Ti ho visto parlare con uno di seconda categoria. Non lo sai che è vietato?»
    «Io, invece» replicò Rosso Ventisette, «Ti sento parlare con me. Anche questo è vietato.»
    «Se ci tieni così tanto al regolamento, in questo momento, avresti dovuto tenerci anche poco fa.»
    Rosso Ventisette non si scompose.
    «Se per te il regolamento è così importante, non dovresti essere il primo ad infrangerlo.»
    «Ti piace rigirare la situazione a tuo piacimento, vero?» replicò Argento Novantuno. «Non sarei venuto qui, se non ti avessi trovato in compagnia di un pilota della seconda divisione. Sai che potrei farti squalificare?»
    «Allora perché non lo fai?»
    «Non giocare con il fuoco, ragazzino. Non sai di cosa sono capace.»
    «Però so di cosa sarei capace io. Perché non riferisci a uno dei nostri cari "guardiani" che ho parlato con un pilota in nero? Sarei immediatamente convocato e potrei raccontare che, subito dopo, ho parlato anche con te. Sei così sicuro di volere rischiare la squalifica a tua volta?»
    Argento Novantuno precisò: «Non hai prove contro di me.»
    Rosso Ventisette puntualizzò: «Nemmeno tu hai delle prove contro di me. Puoi andare a raccontare quello che ti pare. Potrei sempre rispondere che te lo sei inventato. Non sono sicuro che tu voglia rischiare dei casini proprio adesso, che il campionato sta per finire e che Viola Settantasette ha rimontato nei tuoi confronti.»
    «Non sarebbe mai successo, se tu non ti fossi messo in mezzo» lo accusò Argento Novantuno. «Quando eri nella seconda divisione, non ti hanno mai spiegato che i rookie devono rimanere al posto loro?»
    «Il mio posto era esattamente quello in cui ti trovavi tu in quel momento» fu la replica del debuttante. «L'unico modo che avevo per stare al mio posto era spingerti via.»
    «Se credi che stare dalla parte di Viola Settantasette renda onore alla tua immagine...»
    Rosso Ventisette non lo lasciò finire.
    «Devo supporre che ti piaccia credere alle scuse che propini costantemente ai tuoi tifosi per spiegare come mai negli ultimi anni ha sempre vinto Settantasette. Sappi, in ogni caso, che io non lavoro per nessuno, se non per me stesso. Se al posto tuo ci fosse stato Viola Settantasette, mi sarei comportato nello stesso identico modo. Penso, tuttavia, che Viola Settantasette avrebbe reagito in modo più maturo di te.»
    «Non sei un collaboratore di Viola Settantasette, eppure gli lecchi il culo...»
    «Ho appena detto che, se fosse stato sulla mia strada, non avrei avuto problemi a speronarlo. Forse sei tu che soffri di manie di persecuzione, ci hai mai pensato?»
    «Tutto quello a cui penso è trovare un modo per distruggerti.»
    «Pensa che un modo per distruggere te io potrei averlo già trovato...»
    «Ne dubito. Hai ancora tante cose da imparare.»
    «Ho tante cose da imparare, ma so già come fare per buttarti fuori. Naturalmente non sarebbe per favorire Viola Settantasette. No, posso danneggiare te perché ho il desiderio di danneggiare te, fregandomene altamente di chi vince.»
    Argento Novantuno sapeva di non avere bisogno di prendere quella minaccia troppo sul serio.
    «Non lo farai.»
    «Cosa te lo fa pensare?»
    «Sei solo un rookie. Non ti farebbe bene esporti a questo modo, mettendoti in una situazione negativa.»
    «Situazione negativa? Non direi. Sarebbe una situazione da attention seaker, casomai... e ti assicuro che mi l'idea di stare al centro dell'attenzione mi alletta.»
    «Se è così, allora» concluse Argento Novantuno, «Prova a fare qualcosa contro di me e vedrai cosa ti succede.»
    Rosso Ventisette replicò, con il massimo della calma: «Aspetto con impazienza.»
     
    Top
    .
  12.     Top   Dislike
     
    .
    Avatar

    Tabagi's father

    Group
    Moderatore
    Posts
    4,099
    Reputation
    +817
    Location
    La Plata

    Status
    No, direi che non è per nulla lento! Se fossi un editore, ti farei anche allungare dei pezzi, per descrivere in modo più dettagliato sguardi e aspetti fisici dei personaggi che possano dare al lettore la sensazione che nella distopia l'umanità sia ancora possibile.

    Per la fruizione web però funziona benissimo.
     
    Top
    .
  13.     Top   Dislike
     
    .
    Avatar


    Group
    Founder
    Posts
    70,943
    Reputation
    +2,895

    Status
    CITAZIONE (Pilotimotori @ 3/2/2019, 23:43) 
    No, direi che non è per nulla lento! Se fossi un editore, ti farei anche allungare dei pezzi, per descrivere in modo più dettagliato sguardi e aspetti fisici dei personaggi che possano dare al lettore la sensazione che nella distopia l'umanità sia ancora possibile.

    Per la fruizione web però funziona benissimo.

    Hai risposto proprio mentre postavo il capitolo 5! :lol:
    Le descrizioni dei personaggi non sono mai state il mio forte, ma credo che aumenteranno un po' con il passare dei capitoli: prima che l'umanità sia possibile, dovranno capire loro stessi di essere umani. :D
     
    Top
    .
  14.     Top   Dislike
     
    .
    Avatar

    Tabagi's father

    Group
    Moderatore
    Posts
    4,099
    Reputation
    +817
    Location
    La Plata

    Status
    Ma le telecamere di sorveglianza non fanno nulla???? Tutto questo è un complotto contro Viola 77!!!11!!!7!
     
    Top
    .
  15.     Top   Dislike
     
    .
    Avatar


    Group
    Founder
    Posts
    70,943
    Reputation
    +2,895

    Status
    CITAZIONE (Pilotimotori @ 3/2/2019, 23:54) 
    Ma le telecamere di sorveglianza non fanno nulla???? Tutto questo è un complotto contro Viola 77!!!11!!!7!

    OMG!!11!!!11!!1 è un kompl8!!111!!11!!! il cui plurale, secondo una mia lettrice di commenti ai GP su wattpad, è kompl9. :D
     
    Top
    .
118 replies since 28/1/2019, 00:06   661 views
  Share  
.