Il Paradosso del What-if

Racconto ambientato in una serie di motorsport post-Apocalittica

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    Capitolo 6
    Conversazioni vietate


    Maelle entrò in ufficio dopo la pausa pranzo, trovando Patrick e Carl alle rispettive postazioni.
    Guardò l'orologio e, seppure non le sembrasse, domandò: «Per caso ho fatto tardi?»
    «No, figurati» rispose Patrick. «Manca ancora un'ora abbondante alla gara. C'è tutto il tempo di pubblicare due o tre video che facciano effetto.»
    Maelle si sedette alla propria scrivania.
    «Chissà come vanno oggi le votazioni. Sono proprio curiosa di vedere se Viola Settantasette è riuscito a conquistarsi l'affetto dei fan al punto tale da vincere un altro mondiale.»
    Patrick osservò, di punto in bianco: «Spero che non succeda.»
    «Perché no?» obiettò Maelle. «Di solito, quando ci sono molti stravolgimenti alla fine della stagione, il livello di spettacolo percepito incrementa. La vittoria di Viola Settantasette, se davvero è così tanto amato dai follower, potrebbe essere molto positiva. Darebbe l'illusione di un campionato ancora più combattuto di quanto non sia stato in realtà e potrebbe incrementare il fanbase per la prossima stagione, o quantomeno non farlo diminuire.»
    «Quello che dici è giusto» convenne Patrick, «Ma i campionati decisi verso la fine della stagione da episodi controversi sono sempre stati fonte di divisioni.»
    «E allora? Quello che conta è che il fanbase rimanga... anzi, tanto meglio se aumentano i flame, che generano più post, più visualizzazioni e più potere contrattuale con gli sponsor.»
    «Argento Novantuno è stato speronato da Rosso Ventisette, la volta scorsa. Pensavo che avessimo convenuto che, per il bene della A+ Series, quel maledetto Rosso Ventisette non dovrebbe avere un grande rilievo. Purtroppo ha iniziato nel modo sbagliato, facendosi inquadrare un po' troppo e facendo parlare di sé molto più del dovuto.»
    Maelle sospirò.
    «Va bene, sarai anche stato capace di convincermi che, per effetto del suo numero e del colore della sua monoposto, Rosso Ventisette possa attirare molto l'attenzione su di sé, ma siamo davvero sicuri che sia un male? In fondo la A+ Series ha sempre avuto successo anche grazie ai personaggi che facevano parlare di sé.»
    Patrick si alzò in piedi.
    Mosse qualche passo verso di lei e la guardò a lungo negli occhi.
    «Lo credi davvero?»
    «Sì.»
    «Allora sei un'illusa. Se la gente si affezionasse ai personaggi e alle loro storie, non credi che se ne fregherebbero della A+ Series, dopo l'uscita di scena dei personaggi che amavano?»
    Maelle scosse la testa.
    «Non necessariamente. I personaggi che se ne vanno vengono rimpiazzati da altri personaggi. I follower, che prima si appassionavano ad alcuni, dopo si appassionano a degli altri. Funziona così, da sempre. Se qualcuno degli attuali piloti riesce a far parlare di sé più degli altri, personalmente non credo che sia così terribile come dici.» Maelle si rivolse all'altro collega. «Tu che cosa ne dici, Carl?»
    Carl parve riflettere per qualche istante.
    Infine osservò: «Credo che ci vorrebbe un po' di selezione naturale in più. È passato troppo tempo dall'ultimo incidente mortale, non trovate?»
    Maelle fece un radioso sorriso.
    «In effetti non sarebbe una cattiva idea, se capitasse un diversivo del genere. Mi piace vedere i fan rendersi ridicoli con i loro messaggi. "È sempre stato uno dei miei preferiti, non lo dimenticherò mai." Ma mi facciano il piacere...»
    «Se poi a morire fosse Rosso Ventisette» aggiunse Carl, «Tutto si risolverebbe. Al momento è il più "pericoloso", quello che potrebbe deviare l'attenzione. Sarebbe bello se avesse una carriera breve e indolore e se, dopo avere scombinato i piani di Argento Novantuno, andasse incontro a una tragica morte per il bene dello spettacolo.»
    Maelle ridacchiò.
    «Così mi fai commuovere. Speriamo almeno che, se dovesse morire davvero, venisse sostituito da qualcuno capace di farsi notare tanto quanto lui.»
    «Qualcuno che stia al centro della scena senza avere un numero pericoloso? Mhm... sì, potrebbe essere un'idea.»
    Patrick azzardò: «Potremmo parlarne con il CEO.»
    Maelle spalancò gli occhi.
    «Di cosa?»
    «Di Rosso Ventisette e della sua ipotetica fine. Va bene, non godiamo di grande considerazione, ma se facessimo una proposta del genere potremmo ricavarne qualche vantaggio, in futuro.»
    «Mi stai dicendo che dovremmo approfittare della nostra conoscenza del fanbase per suggerire ai vertici di far morire Rosso Ventisette, sperando in un'eventuale promozione o in un aumento di stipendio?»
    Patrick annuì.
    «Per caso l'idea ti disturba?»
    «Mi disturba il fatto di non esserci arrivata io.»
    «La mia speranza iniziale era che Rosso Ventisette se ne rimanesse buono, senza farsi notare da nessuno» spiegò Patrick, «Ma abbiamo visto che non è successo. A questo punto, secondo me, non dovremmo dimenticarci del nostro potere. Potremmo, noi stessi, cercare di metterlo in mostra anche di più del dovuto, con immagini e clip su di lui.»
    «A che scopo?»
    «Più Rosso Ventisette diventerà famoso e più sarà facile convincere il CEO ad eliminarlo. Se la sua eliminazione è direttamente proporzionale all'incremento del nostro stipendio, dovremmo impegnarci per renderlo possibile.»
    «In effetti hai ragione. Devo ammettere che hai avuto un'ottima idea.»
    «Ammettilo, Maelle, se non fossi già sposato, desidereresti sposarmi tu.»
    «Non ci ho mai pensato, anch'io sono già sposata.»
    «E tuo marito che cosa penserebbe, se sapesse che stai complottando alle spalle di un povero pilota?» intervenne Carl. «Pensi che riuscirebbe a guardarti ancora nello stesso modo?»
    «A ciascuno il suo lavoro» sentenziò Maelle. «Quello che conta è farlo bene. Io non ho niente di cui lamentarmi, se penso a come lavoro io. I piloti, per quanto mi riguarda, sono dei robot votati all'intrattenimento del grande pubblico. Se il pubblico li vuole vedere morti, devono morire. Non mi interessa se ieri sera, prima di andare a letto, Rosso Ventisette sognava ad occhi aperti il giorno in cui vincerà il titolo mondiale. Se per il bene dello spettacolo verrà tolto di mezzo, il suo parere sarà del tutto irrilevante.»

    ***

    Lord of Fanboys:
    So perfettamente di essere in ritardo, ma mi è scappata l'ora. Mi stavo preparando per andare a letto e non avevo notato che fossero già passate le 22.00.
    Chinese Dragon:
    Meno male che non ti sei addormentato direttamente... Temevo che non ti saresti presentato.
    Lord of Fanboys:
    Invece mantengo fede ai miei impegni tanto quanto entrambi manteniamo il riserbo più assoluto sulla nostra identità.
    Vedo che stai cercando di fuorviarmi a proposito della tua identità. Non credo che tu sia cinese, il che contribuisce a intensificare i miei sospetti a proposito della tua effettiva nazionalità.
    Chinese Dragon:
    Oltre alla Cina e al Giappone ci sono anche altri stati, da quelle parti...
    Inoltre, se sto mentendo sulla mia identità, potresti mentire anche tu. Io non sono un drago cinese, mentre immagino che a te non piacciano i fanboy.
    Lord of Fanboys:
    I fanboy mi sono indifferenti. Hanno l'illusione di potere condizionare competizioni di cui non capiscono nulla e, appunto perché non capiscono nulla, continueranno a convincersi sempre di più, giorno dopo giorno, di avere qualche genere di rilevanza che non sia strettamente economica e commerciale.
    Chinese Dragon:
    Mi piace il tuo modo di ragionare, anche se non sono del tutto sicuro che i fanboy non possano condizionare i risultati.
    Lord of Fanboys:
    Non dico che non abbiano potere, ma di certo non hanno il potere assoluto di cui si illudono. Se incrociassi la mia traiettoria con quella di Argento Novantuno, potrei comunque mandarlo a sbattere di mia spontanea volontà, senza essere condizionato dall'esterno.
    Chinese Dragon:
    Spero che non lo farai. Non se lo merita, una seconda volta.
    Lord of Fanboys:
    Argento Novantuno è uno stronzo e, per quanto mi riguarda, si meriterebbe anche di peggio.
    Chinese Dragon:
    È questione di punti di vista.
    Lord of Fanboys:
    Può darsi che sia questione di punti di vista, ma ho le mie buone ragioni per avere una simile opinione di lui.
    Immagino che tu non mi abbia convocato per parlare di Argento Novantuno, in ogni caso. Qual è il motivo per cui stiamo contravvenendo le regole di socializzazione della A+ Series e dei campionati limitrofi?
    Chinese Dragon:
    Hai presente il video che abbiamo guardato qualche settimana fa? Quello in cui veniva inquadrata da vicino la caduta dell'ombrello?
    Lord of Fanboys:
    Sì che me lo ricordo.
    Chinese Dragon:
    Ricordo di averti detto di essere convinto che fosse un fake. Adesso ne ho le prove.
    Lord of Fanboys:
    Addirittura?
    Chinese Dragon:
    Ho trovato la ragazza che sperava che "Ventisette e Ventotto" potessero arrivare nelle prime due posizioni.
    O almeno, ci sono elevatissime probabilità che sia proprio lei. La somiglianza è schiacciante.
    Lord of Fanboys:
    Dove l'hai trovata?
    Chinese Dragon:
    Dove l'ho trovata non ha importanza. Quello che conta è che l'ho trovata in un luogo in cui non era così impensabile trovarla.
    Lord of Fanboys:
    Le hai parlato?
    Chinese Dragon:
    Certo che no. Non potevo espormi così tanto, ci tengo al mio futuro.
    Lord of Fanboys:
    Allora come fai ad avere le prove che quel video fosse un fake? L'unica che poteva confermarlo è lei.
    Chinese Dragon:
    Doveva avere intorno ai vent'anni, all'epoca dei fatti. Per giovane che fosse, almeno diciassette o diciotto.
    Sono certo che la sua età attuale non coincida con quella che dovrebbe avere se il video fosse un reperto storico.
    Lord of Fanboys:
    Non tutti dimostrano la loro età.
    Chinese Dragon:
    Certo, non tutti la dimostrano, ma sono riuscito a scoprire per certo che ha poco più di trent'anni.
    Di conseguenza il video deve essere stato registrato una decina d'anni fa, al massimo quindici... quindi ben più tardi del momento al quale viene fatto risalire.
    Lord of Fanboys:
    Questo è interessante, ma perché dovrebbe essere stato registrato un video fake di un'epoca antecedente?
    Chinese Dragon:
    Per far sì che la gente creda davvero alla caduta dell'ombrello. Evidentemente è fondamentale affinché siano verosimili anche gli eventi successivi.
    Lord of Fanboys:
    Quindi possiamo dedurre che, in linea di massima, fino al momento della caduta dell'ombrello non è stato falsificato nulla?
    Chinese Dragon:
    Non lo possiamo sapere per certo, ma sembrerebbe che la caduta dell'ombrello abbia il potere di condizionare gli eventi successivi molto di più di altri eventi.
    Lord of Fanboys:
    Chissà che cosa sarebbe successo senza la caduta dell'ombrello...
    Chinese Dragon:
    Quello che sarebbe successo senza la caduta dell'ombrello dovrebbe essere quello che è successo in realtà.
    Il vero dubbio, secondo me, dovrebbe essere: cos'è successo dopo? come si è arrivati al disastro di Monza? perché è stato gestito in modo così strano?
    Lord of Fanboys:
    Che cosa trovi di particolarmente strano nel disastro di Monza? È stato l'evento più devastante della storia della Formula 1, non è possibile stabilire se è stato gestito in modo normale o no.
    Chinese Dragon:
    Su questo hai, almeno in parte, ragione, ma perché mantenere il riserbo più assoluto sul numero e sull'identità dei morti? E soprattutto, sono davvero morti?
    Lord of Fanboys:
    Nessuno l'ha mai messo in dubbio.
    Chinese Dragon:
    Eppure ai superstiti è stato impedito di fare vita pubblica. Questo significa che chiunque, tra i ventidue piloti dell'epoca, potrebbe essere ancora vivo, in linea teorica. Il fatto che non possano fare vita pubblica ci impedisce di sapere con esattezza quante vittime ci siano state e la loro identità.
    Lord of Fanboys:
    A questo proposito, però, ci sono due dubbi esistenziali: 1) in che modo la caduta dell'ombrello ha a che vedere con il disastro di Monza? 2) se questi fatti non sono accaduti, perché un evento inesistente ha portato alla fine di un campionato che durava da decenni?
    Chinese Dragon:
    Butto lì un'ipotesi: il disastro di Monza non dipende strettamente dalla caduta dell'ombrello, ma la caduta dell'ombrello era necessaria per riscrivere e stravolgere gli eventi accaduti negli anni antecedenti al disastro di Monza. Perché riscriverli? Forse per rispetto della volontà popolare del fanbase... oppure per allontanare il fanbase dalla realtà e distogliere la loro attenzione da eventi realmente accaduti.
    Lord of Fanboys:
    Mi piacevano di più i tempi in cui non parlavamo di queste cose.
    Chinese Dragon:
    Anche a me piacevano quei tempi, ma non avevo ancora aperto gli occhi.
    Lord of Fanboys:
    Pensavo che il tuo scopo fosse quello di arrivare in A+, non quello di scoprire misteri sepolti del motorsport.
    Chinese Dragon:
    Infatti il mio obiettivo rimane quello. Non ho intenzione di buttare via tutto quello che ho fatto nel corso degli anni per non arrivarci a causa delle mie idee. Quelle le terrò per me.
    Lord of Fanboys:
    Mi sembra una decisione saggia.
    Chinese Dragon:
    Se non avessi niente da perdere, non mi farei problemi ad affermare ciò in cui credo, ma non ne vale la pena.
    È da tutta la vita che spero di arrivare al livello più alto del motorsport. Ne ho conosciuti tanti che hanno rinunciato, ma non farò come loro.
    Lord of Fanboys:
    Tecnicamente, dato che in A+ Series e nelle categorie inferiori di contorno nessuno utilizza il proprio nome e la propria immagine, potrebbero non avere rinunciato, ma essere già arrivati dove volevano o non esserci tanto lontani. Ci hai mai pensato?
    Chinese Dragon:
    A volte ci penso. Penso al mio amico dell'epoca dei kart, che vedo sempre più raramente e che, secondo suo fratello, lavora come manager in una piccola azienda di prodotti tecnologici. Non so se credergli o no. Se così fosse, non sarebbe sparito nel nulla. Non dubito che a un certo punto della sua vita si sia dedicato agli studi economici, ma mi viene da pensare che abbia seguito il cuore, alla fine, e che ce l'abbia fatta.
    Lord of Fanboys:
    Non gliene hai mai parlato di persona?
    Chinese Dragon:
    A quale scopo? Anch'io gli ho mentito su quello che faccio. Crede che sia tornato nel mio paese natale in seguito al matrimonio con una mia connazionale.
    Lord of Fanboys:
    Sei sposato?
    Chinese Dragon:
    No, è quello che ho fatto credere al mio amico.
    Lord of Fanboys:
    Certo che è strano quello che ci è chiesto, in fondo: nasconderci da tutto e da tutti... c'è qualcuno che sa dove sei arrivato?
    Chinese Dragon:
    Mio padre, ma solo molto da lontano. Sa che gareggio in una delle serie minori della A+, ma non sa a che punto sono.
    Lord of Fanboys:
    Idem per me. Nemmeno i miei genitori sanno che sono Rosso Ventisette...
    Chinese Dragon:
    Ed è un bene che non lo sappiano mai.
    Lord of Fanboys:
    Non metterei mai a rischio il mio futuro a causa dell'ipotetico eccessivo entusiasmo della mia famiglia. Non sarebbe giusto né per me né per loro.
    Inoltre posso approfittare dei lati positivi della situazione... se domani butterò fuori pista Argento Novantuno per il semplice motivo che desidero buttare fuori pista Argento Novantuno, non mi faranno la predica ricordandomi che non è il modo di comportarsi che mi hanno insegnato loro!
    Chinese Dragon:
    Sei proprio così convinto di volere buttare fuori Argento Novantuno?
    Lord of Fanboys:
    Quel bastardo ci ha visti parlare vicino ai bagni. Mi ha minacciato di riferire a chi di competenza quello che avevo fatto. Voleva farmi squalificare dalla tappa di Magny-Cours.
    Chinese Dragon:
    Gli hai tirato un calcio nelle palle?
    Lord of Fanboys:
    No, ma adesso che ci penso, mi piacerebbe averlo fatto.
    Chinese Dragon:
    Potevi tirargliene due, uno anche da parte mia.
    Lord of Fanboys:
    Non escludo che prima o poi possa succedere. Ho incontrato tanti piloti altezzosi nella vita, ma nessuno era altezzoso tanto quanto lui.
    Chinese Dragon:
    Probabilmente una volta che si toglie la tuta e il casco è una persona rispettabilissima.
    Lord of Fanboys:
    Non ne sono convinto.
    Chinese Dragon:
    Io sì, invece. Purtroppo l'anonimato ha dato alla testa a qualcuno: c'è chi sfoga le proprie frustrazioni con il cyberbullismo, c'è chi le sfoga facendo lo stronzo quando nessuno può riconoscerlo.
    Lord of Fanboys:
    È arrivato il momento che qualcuno lo convinca a smettere di fare lo stronzo.
    Chinese Dragon:
    Sicuramente, ma non capisco perché quel qualcuno dovresti essere proprio tu.
    Lord of Fanboys:
    Perché non voglio essere uno qualsiasi. Argento Novantuno mi ha mancato di rispetto e deve pagare per quello che ha fatto.
    Chinese Dragon:
    Non so se devo essere spaventato o se non devo vedere l'ora che sia domani.

    ***

    «Mi servono delle inquadrature di Rosso Ventisette» dichiarò Maelle. «Non vado da nessuna parte con Argento Novantuno e Viola Settantasette.»
    «La regia è focalizzata su di loro, per il momento» replicò Patrick. «Anche le telecamere secondarie non se lo stanno filando neanche di striscio. Tutto sommato non è un brutto duello, quello tra Novantuno e Settantasette. Peccato che ci siano quattro giri di differenza tra di loro e che Settantasette, al momento, non abbia la possibilità di recuperare.»
    Maelle non era per nulla interessata a loro, in quel momento.
    «Ci serve Rosso Ventisette. Ci serve renderlo mediatico. Ci serve la possibilità di guadagnare più soldi quando morirà.»
    Carl rise.
    «Non vorrei essere al posto di Rosso Ventisette» intervenne. «Rimango del parere che la morte di qualcuno che non si è mai fatto notare sarebbe più giusta e più coerente con il concetto di spettacolo, ma a volte bisogna accettare dei compromessi. Mi raccomando, non dimenticatevi di far sapere al CEO che anch'io ho avuto una parte rilevante nel firmare la sua condanna a morte.»
    «Non esagerare» lo pregò Maelle. «Credo che sia meglio fare meno castelli in aria. Per il momento la sua morte e l'aumento dei nostri stipendi fanno parte soltanto delle nostre fantasie. Ci sarà da lavorarci parecchio, per arrivare al risultato. Non sono convinta che il CEO ci prenda in considerazione subito. Sarà necessario sopportare che ci mandi a fanculo, una volta o due, prima che ci prenda in considerazione.»
    «È qualcosa che possiamo sopportare, se ci sarà utile in futuro, non credi?»
    «Sì che lo credo. Non...» Maelle si interruppe. «Ecco Rosso Ventisette, finalmente!»
    Il rookie si stava facendo largo tra le vetture che erano partite dalla seconda metà della griglia di partenza.
    «Va veloce» osservò Carl. «Peccato che porti il numero Ventisette e che lo porti sulla vettura sbagliata. Rimango del parere che, in una classifica dei piloti che più di ogni altro meritano di morire, non starebbe nemmeno tra i primi cinque.»
    Maelle lo ignorò.
    «Pat, riesci a passarmi subito qualche inquadratura?»
    «Un po' di pazienza» la pregò Patrick.
    «Mi è difficile essere paziente, dopo quello che hai suggerito.»
    «Invece ci toccherà essere pazienti. Dubito che Rosso Ventisette morirà nel corso di questa stagione. Sarà necessario aspettare l'inizio della prossima, vedere come si mettono le cose...»
    Maelle smise di ascoltarlo.
    Aveva ricevuto il primo file, che condivise subito sul profilo ufficiale della A+ Series.
    I like iniziarono a fioccare.
    «Ho l'impressione che ormai Rosso Ventisette non sia più indifferente a nessuno» osservò, con una certa soddisfazione. «Siamo proprio sicuri che non sia possibile convincere il CEO a farlo morire alla fine del mese a Montecarlo? Sarebbe bellissimo se succedesse.»
     
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    Capitolo 7
    A quattro giri dal traguardo


    Lord of Fanboys:
    Secondo me dovresti essere deliziato da quello che succederà. Ti assicuro che Argento Novantuno è uno stronzo come pochi.
    Chinese Dragon:
    Ci tengo a ricordarti che non ti è data la possibilità di sapere quanto siano stronzi gli altri. Magari Viola Settantasette si sarebbe comportato allo stesso modo, se ci fosse stato lui al posto di Argento Novantuno.
    Lord of Fanboys:
    Ho ascoltato qualche loro intervista e Viola Settantasette mi pare molto più controllato e rispettoso di Argento Novantuno. Non gli ho mai sentito fare dichiarazioni così estremiste, né mi ha mai infastidito, personalmente. In conclusione può darsi che sia stronzo uguale, ma la cosa non mi tocca.
    Chinese Dragon:
    Quando raggiungerò la A+ Series, dovrò fare attenzione a come mi comporto, con te... finiresti per farmi cappottare in tribuna, se ti facessi indispettire.
    Lord of Fanboys:
    Sì, magari ti farei anche trucidare un bel po' di spettatori, così la gente che guarda le gare da casa direbbe che finalmente la A+ Series ha raggiunto gli standard desiderati, a proposito di pericolo. Sembra che non vedano l'ora che accada una strage.
    Chinese Dragon:
    Quello che pensa la gente non è affare nostro. Mi sembrerebbe esagerato volere vedere morire anche dei miseri spettatori...
    Ho l'impressione che, chi commenta le gare dall'esterno, non ci capisca proprio niente di come funzionano le gare.
    Lord of Fanboys:
    Non c'era bisogno che me lo facessi notare, riesco ancora a riconoscere ciò che è ovvio.
    Chinese Dragon:
    Quello che non è ovvio è il modo in cui la gente sembra non preoccuparsi del fatto che siamo solo colori e numeri. Non mi sembra un comportamento coerente.
    Lord of Fanboys:
    Effettivamente i piani alti sono riusciti a fare un bel lavaggio del cervello a tutti, se sono riusciti a convincere il tifoso medio a seguire una competizione in cui, di fatto, non ci sono né team con una storia né piloti con una personalità.
    Chinese Dragon:
    I tempi cambiano.
    Lord of Fanboys:
    Cambieranno anche i tempi, ma non credo che la natura delle persone possa davvero cambiare così tanto.
    Chinese Dragon:
    Non lo credo nemmeno io, ma non c'è niente che possiamo fare. Ci toccherà trascorrere tutta la nostra carriera andando in giro in tuta e casco, venendo identificati per anni e anni con lo stesso numero e vestendo sempre gli stessi colori, dopo il passaggio in A+ Series.
    Lord of Fanboys:
    Non è detto...
    Chinese Dragon:
    Invece mi sembra decisamente detto. Il regolamento prevede chiaramente che, quando un pilota viene promosso in A+ Series, deve rimanere nello stesso team per tutta la durata della sua carriera.
    Lord of Fanboys:
    Non proprio. Il regolamento dice che, chiunque gareggi in maniera continuativa, deve rimanere sempre e indissolubilmente presso lo stesso team.
    Metti che un pilota rimanga infortunato, che salti delle gare, che venga rimpiazzato da un pilota neo-promosso e che, superato l'infortunio, superi il test in cui dimostra di avere ancora le capacità di gareggiare nell'A+ Series...
    Chinese Dragon:
    Succedeva tanto tempo fa. Non credo che, dopo lo scherzo che ha combinato Sette dopo il suo ritorno, qualcuno sarebbe in grado di superare il test senza essere osteggiato... o peggio. Sette ha rischiato di minare la serietà della A+, quando è riuscito a vincere mondiali con vetture di due colori diversi.
    Lord of Fanboys:
    E pensare che ai vecchi tempi c'erano piloti che cambiavano squadra quasi ogni anno. Ce ne sono stati altri che hanno vinto regolarmente titoli con due squadra diverse...
    Chinese Dragon:
    Dobbiamo metterci in testa che i vecchi tempi sono morti e sepolti.
    Lord of Fanboys:
    Non penso che siano davvero così tanto morti e sepolti. Forse è possibile farli rivivere, in un modo o nell'altro. Chissà, magari quando la nostra carriera sarà finita, tutti quanti faremo quello su cui Viola Settantasette ha scherzato qualche volta.
    Chinese Dragon:
    Non credo che Viola Settantasette farà davvero quello che ha detto.
    Lord of Fanboys:
    Magari non scherzava.
    Chinese Dragon:
    Il motivo della sua popolarità è l'essere avvolto nel mistero e avere un paio di occhi che non lasciano per niente indifferente gran parte del pubblico.
    Lord of Fanboys:
    C'è chi lo accusa di favoritismi grazie al fatto di piacere tanto alle fangirl.
    Chinese Dragon:
    Non mi riferivo a questo, quanto piuttosto al fatto che, semplicemente, i suoi occhi tendono ad essere ricordati. Non ho mai pensato che gli aprissero la strada in qualche modo.
    Lord of Fanboys:
    Se davvero pensa che il mistero sia una gabbia, potrebbe davvero prendere in considerazione l'idea di svelarsi, una volta che si sarà ritirato dalle competizioni.
    Chinese Dragon:
    La più grande incertezza è quando lo farà.
    Lord of Fanboys:
    Se lo farà...
    Chinese Dragon:
    Non essere pessimista. Di solito è più probabile che muoiano i backmarker.
    Lord of Fanboys:
    Ci sono più backmarker che pluricampioni del mondo. Penso che la statistica stessa possa spiegare questo fatto.

    ***

    C'erano momenti in cui Viola Settantasette sognava ad occhi aperti.
    Aveva trentatre anni, non sapeva ancora quanta parte della sua carriera avesse già consumato, ma sapeva che la fine era più vicina dell'inizio.
    Aveva trascorso gli anni a nascondere i propri occhi dietro un paio di lenti a contatto, ma sapeva di non potersi nascondere per sempre: non si trattava di una scelta volontaria, ma aveva il dovere morale di mostrarsi pubblicamente, una volta che la sua carriera fosse terminata.
    Aveva cercato più di una volta di immaginare le tempistiche e il modo, o quanti titoli mondiali sarebbe riuscito a vincere, prima di quel momento.
    Ogni volta la sua immaginazione aggiungeva o toglieva qualcosa e, se non altro, la sua fervida fantasia a volte era compensata dalla realtà: tante volte aveva sognato, senza mai crederci davvero, di potere vincere il titolo al termine di quella stagione, di aggiungerlo al proprio palmares, in attesa della fine, ma soltanto dopo Imola aveva realizzato che non si trattava soltanto di un desiderio destinato a rimanere astratto, ma che era possibile.
    Argento Novantuno aveva quattro giri di vantaggio, che sarebbero stati più che sufficienti per vincere il titolo: gli sarebbe bastato completare senza problemi i settantacinque giri di Magny-Cours e i cento di Montecarlo e avrebbe avuto il campionato tra le mani.
    "La realtà, però, non è così semplice."
    C'erano tanti fattori che potevano intervenire, come l'affidabilità, gli incidenti e la capacità di adattarsi alle perdite e agli incrementi repentini di potenza che arrivavano a caso, nel corso della percorrenza, per effetto dei sondaggi online ai quali i follower votavano con tanta diligenza e ardore.
    Viola Settantasette non era convinto che la ruota avesse davvero iniziato a girare dalla sua parte, ma di certo stava girando un po' meno del previsto a favore di Argento Novantuno.
    C'erano momenti in cui Viola Settantasette sognava ad occhi aperti un futuro che non era proprio dietro l'angolo, mentre ce n'erano altri in cui tornava alla realtà.
    Abbassò la visiera del casco.
    Mancavano appena cinque minuti alla partenza della tappa francese.
    "Sto venendo a prenderti, Argento Novantuno" si disse. "Sto venendo a prenderti e ti farò a fette, prima o poi."
    La sua ambizione, al momento, era quella di essere il primo a completare i settantacinque giri previsti. Se tutto fosse filato liscio, per il suo avversario, quattro giri li avrebbero ancora separati, ma non gli avrebbe lasciato la soddisfazione di chiudere quella tappa davanti a tutti.
    Nonostante il campionato fosse un susseguirsi di tappe invece che di gare, come avveniva ai vecchi tempi, quando chi non vinceva il titolo poteva accontentarsi di collezionare vittorie, Viola Settantasette aveva la convinzione che ci fossero attimi che andavano vissuti e goduti fino in fondo, anche se l'ignoranza del follower medio non avrebbe permesso a molti tifosi di capire.
    I tifosi erano l'ultimo problema di Viola Settantasette. Che lo amassero o che lo odiassero, non sarebbe cambiato nulla: non erano altro che un branco di pecore, convinti di sapere tutto ciò che altri avevano dichiarato di sapere.

    ***

    Chinese Dragon:
    In ogni caso voglio essere ottimista, sperare che Viola Settantasette sopravviva e che si sveli. Mi piacerebbe vedere l'aspetto di colui che viene tanto ammirato per i suoi meravigliosi occhi. Ti immagini come ci rimarrebbero male le sue tifose se si rivelasse un uomo di dubbia bellezza, per non dire brutto?
    Lord of Fanboys:
    Non mi ero mai posto il problema, ma potrebbe essere divertente leggere i loro commenti, a quel punto.
    Chinese Dragon:
    Chissà quanti anni ha Viola Settantasette. Deve essere più vecchio di noi. Che cosa ne pensi?
    Lord of Fanboys:
    Come faccio a saperlo? Non ho la più pallida idea di quanti anni hai, figurarsi se posso sapere se Viola Settantasette è più giovane o più vecchio di te.
    Chinese Dragon:
    Ne ho ventisette. Ne compirò ventotto prima della fine dell'anno solare.
    Lo so, immagino che dirai che sono vecchio, ma non sono stato esattamente un enfant prodige. Ho avuto bisogno dei miei tempi per fare strada.
    Lord of Fanboys:
    Ti confido un segreto, sono più vecchio di te.
    Chinese Dragon:
    Quanti anni hai?
    Lord of Fanboys:
    Penso che questo dettaglio dovrebbe rimanere riservato.
    Chinese Dragon:
    Non erano le donne quelle a cui non si chiedeva l'età? Non pensavo che non si potesse chiedere nemmeno ai piloti!
    Lord of Fanboys:
    Stando a quanto riferisci, dovrei avere due anni in più di te.
    Chinese Dragon:
    Sei vicino ai trenta?
    Lord of Fanboys:
    Dipende da cosa intendi per vicino.
    Chinese Dragon:
    Va bene, preferisco non indagare. Pensavo che fossi più giovane.
    Lord of Fanboys:
    Ti davo l'impressione di essere uno di quei ragazzini a cui non è ancora spuntata la barba?
    Chinese Dragon:
    No, piuttosto uno di quelli che si fanno spuntare la barba per sembrare più maturi, anche se in realtà sono giovanissimi.
    Lord of Fanboys:
    Mi dispiace deluderti.
    Chinese Dragon:
    Non fa niente, tanto sono abituato a immaginarti con il casco in testa.
    Lord of Fanboys:
    Dovere tenere nascosta la propria identità potrebbe avere anche dei vantaggi. Ogni volta che qualcuno rimane molto a lungo, c'è sempre qualcuno che tira fuori il fatto che è troppo vecchio per la A+ Series. C'è chi ci vorrebbe ritirati quando ancora non sentiamo il bisogno di ritirarci.
    Chinese Dragon:
    Questo sì... dall'altro lato, tuttavia, ci sono anche dei lati negativi: anche con il casco in testa, si vede che sono asiatico e, in quanto tale, sono costretto a sopportare i pregiudizi che un tempo esistevano sui piloti giapponesi. Oserei dire che non si sono esauriti, anche se nessuno può essere collegato esattamente al Giappone.
    Lord of Fanboys:
    Per il tifoso medio chiunque sia asiatico e abbia gli occhi a mandorla è giapponese.
    Chinese Dragon:
    Esattamente. Hanno deciso che i giapponesi sono scarsi, che io sono giapponese e che, di conseguenza, sono scarso!
    Lord of Fanboys:
    Vedrai che cambieranno idea, quando arriverai in A+.
    Chinese Dragon:
    Speriamo di arrivarci, piuttosto...
    Lord of Fanboys:
    Sono convinto che ci arriverai, Trentadue-san.
    Chinese Dragon:
    Non chiamarmi a questo modo, almeno in chat. Se qualcuno dovesse trovare il mio computer, riuscire ad accedervi nonostante la password e leggere questa chat, sarebbe la fine. Finché non vengo definito con il mio numero di gara, nessuno potrà dimostrare che sono davvero io.
    Lord of Fanboys:
    Mi sembra molto improbabile che qualcuno possa risalire a questa conversazione.
    Chinese Dragon:
    Anche a me, ma non posso mandare la mia carriera a puttane per una chat.
    Lord of Fanboys:
    Questa è stata una chat di alto contenuto, finora, qualcosa per cui vale la pena di rischiare un po'. E poi anch'io mi sono svelato.
    Chinese Dragon:
    Non mi sembra di avere letto il tuo numero di gara da nessuna parte.
    Lord of Fanboys:
    Ho scritto che domani mi vendicherò di quello che ha fatto Argento Novantuno. Oggi non sono riconoscibile, domani lo sarò.
    Chinese Dragon:
    Ci sono tanti piloti che sarebbero ben lieti di tirare una sportellata ad Argento Novantuno, secondo me.
    Lord of Fanboys:
    E tanti piloti che potrebbero essere quasi telecomandati contro di lui.
    Chinese Dragon:
    Ecco, appunto. Pensa, magari potresti essere uno di loro.
    Lord of Fanboys:
    Non penso che mi sarà tanto facile incontrarlo in pista, ma troverò un modo. Non permetterò a un sondaggio online stabilire che cosa devo fare, sarò io ad agire in prima persona.
    Chinese Dragon:
    Stanotte potresti avere l'ispirazione i trattenerti e di non fare danni.
    Lord of Fanboys:
    Non lo farò. Argento Novantuno si è messo contro la persona sbagliata.
    Chinese Dragon:
    Nel caso tu non te ne sia accorto, la pista non è un campo di battaglia dove vendicarsi dei torti subiti.
    Lord of Fanboys:
    Non accetto che un giapponese mi dica come si guida!
    Chinese Dragon:
    Allora potrei accusarti di appropriarti della mia cultura...
    Lord of Fanboys:
    I giapponesi sono sicuramente degli sfasciacarrozze, ma non sono i soli. Il caos appartiene a tutte le culture.
    Chinese Dragon:
    Che bella considerazione... noi asiatici siamo ancora pericolosi, ma quantomeno non siamo i soli.
    Lord of Fanboys:
    Non mi ritengo pericoloso. Chi si comporta con le dovute maniere non ha niente da temere, da me.
    Chinese Dragon:
    Hai mai pensato seriamente al fatto che Argento Novantuno potrebbe essere una bravissima persona, quando si toglie la tuta e il casco?
    Lord of Fanboys:
    Sì, ma la cosa non mi tocca.

    ***

    Argento Novantuno completò il settantesimo dei settantacinque giri previsti.
    Era alle spalle di Viola Settantasette, ma in quel momento non gli importava. Quello che contava era completare gli ultimi cinque giri e conservare il vantaggio di quattro nei confronti del suo avversario.
    Le cose avrebbero potuto andare meglio, ma non era tempo di recriminare: quantomeno i backmarker avevano sempre girato al largo e non l'avevano intralciato nemmeno per un momento.
    Per quanto Argento Novantuno fosse certo che il sorpasso che aveva subito da Viola Settantasette fosse stato dovuto a una carica di potenza maggiore ottenuta dall'altro dopo una votazione online, sentiva di avere ancora la situazione sotto controllo: non avrebbe avuto la certezza matematica di vincere il titolo se non alla fine della tappa di Montecarlo, ma poteva permettersi una simile attesa.

    ***

    Chinese Dragon:
    Un tempo innescare un incidente di proposito non sarebbe stato un comportamento accettabile.
    Lord of Fanboys:
    È per questo che vengono chiamati secoli bui. E comunque c'è modo e modo di innescare un incidente di proposito: il giudizio negativo tocca soltanto a chi non riesce a raggiungere il proprio scopo, chi invece ottiene quello che vuole è passato per una fase di male necessario.
    Chinese Dragon:
    Erano davvero secoli bui, secondo te?
    Lord of Fanboys:
    Non rispondo a domande filosofiche a quest'ora e mentre penso ad Argento Novantuno e a un modo per annientarlo.
    Chinese Dragon:
    Invece ti converrebbe sforzarti di cercare una risposta. Se non sbaglio, ci eravamo dati appuntamento in chat per parlare di passato e di quello che ci stanno nascondendo.
    Lord of Fanboys:
    Che cosa fosse accettabile e che cosa non lo fosse ai vecchi tempi è risaputo. Non si tratta di qualcosa che non conosciamo. Non c'entra niente con la ragazza del video dell'ombrello degli anni '90.
    Chinese Dragon:
    Quella ragazza ha un chiosco di piadine vicino al circuito di Imola.
    ...
    ...
    ...
    ...
    Ehi, sei ancora in linea?
    Lord of Fanboys:
    Scusa, ero andato un attimo a bere un bicchiere d'acqua.
    Sei sicuro che sia proprio lei?
    Chinese Dragon:
    Ti assicuro che l'ho riconosciuta. E c'è di più: avevo trovato un suo profilo social, subito dopo Imola. Ci sono appena entrato, tanto per curiosità, e ho scoperto che, dall'ultima volta, ha cambiato radicalmente la propria acconciatura.
    Lord of Fanboys:
    Non mi sembra un dettaglio importante.
    Chinese Dragon:
    Si è tagliata i capelli e se li è tinti.
    Lord of Fanboys:
    Tante donne lo fanno... e anche tanti uomini.
    Chinese Dragon:
    Pare che abbia cancellato dal proprio profilo gran parte delle foto che avevo visto tempo fa. Ha lasciato quasi solo fotografie in cui ha il nuovo taglio di capelli.
    Lord of Fanboys:
    Mi stai tenendo in chat a parlare dei capelli di una venditrice di piadine la notte prima di un evento decisivo del campionato?
    Chinese Dragon:
    Ho l'impressione che quella ragazza abbia paura di essere riconosciuta.
    Lord of Fanboys:
    Da chi?
    Chinese Dragon:
    Gente del nostro ambiente. Non è un caso, secondo me, che questo cambiamento radicale sia avvenuto in seguito al passaggio della A+ Series dalle sue parti.
    Lord of Fanboys:
    Stai pensando per caso di contattarla e di chiederle spiegazioni?
    Chinese Dragon:
    Non voglio spaventarla. Ho l'impressione che, se ha accettato di prendere parte a quel video fake, non l'abbia fatto con cattive intenzioni.
    Probabilmente per lei era un lavoro come un altro, sarebbe stato uguale fare la pubblicità di un prodotto o apparire in un video del genere. In tal caso, è giusto che viva la propria vita senza che nessuno la disturbi, anche se ha contribuito a falsare la storia conosciuta del motorsport.
    Lord of Fanboys:
    Allora ti consiglio di lasciarla perdere e di concentrarti sul presente.

    ***

    Argento Novantuno completò il settantunesimo giro, con la certezza che tutto potesse filare liscio per altri quattro.
    La vettura che lo affiancò apparve all'improvviso.
    Doveva essere quella di un backmarker, che non aveva niente né da perdere né da guadagnare.
    Senza che Argento Novantuno potesse fare nulla, finirono insieme in una via di fuga.
    Soltanto quando scese dalla monoposto, si rese conto con orrore che si trattava di Rosso Ventisette.
     
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    Alla fine è successo: la vendetta è compiuta e chi vuole far morire rosso 27 si frega le mani.

    Il chiosco delle piadine vince l'Oscar come miglior attore non protagonista!
     
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    Il chiosco delle piadine ci farà sicuramente visita più avanti, il suo ruolo non è finito qui!

    Per quanto riguarda 27, gli converrebbe toccare ferro.
     
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    Capitolo 8
    Fine stagione


    Era incredibile come in pochi istanti il destino di un intero campionato potesse cambiare: era bastata una manovra avventata di Rosso Ventisette per annullare i quattro giri di vantaggio di Argento Novantadue nei confronti di Viola Settantasette.
    Il campione del mondo in carica era ancora secondo in classifica, in quanto i due avevano completato lo stesso numero di giri, ma Argento Novantuno era stato il primo a completarli: questo significava che sarebbero partiti affiancati in prima fila nella tappa che avrebbe messo fine alla stagione e che qualsiasi cosa sarebbe potuta succedere.
    "Saranno cento giri terribili, sempre ammesso di completarli tutti."
    La tappa di Montecarlo, la tredicesima della stagione, era la più lunga di tutte: le prime dodici erano strutturate con un totale di settantacinque giri ciascuna, mentre nel Principato se ne percorrevano cento, un decimo della percorrenza totale di tutto il campionato.
    Argento Novantuno guardò Rosso Ventisette che si allontanava, dopo il doppio ritiro, chiedendosi quale fosse la reazione che il pubblico avrebbe gradito maggiormente, in modo da guadagnare consensi in vista del finale di stagione.
    Decise di limitarsi ad alzare la visiera del casco e ad essere sicuro che il suo sguardo sconsolato venisse lungamente ripreso dalle telecamere.
    Inveire contro il rookie e contro l'avversario per il titolo non aveva dato i suoi frutti e Viola Settantasette aveva continuato a godere dell'apprezzamento dei follower, pertanto doveva cambiare strategia.
    "Mi limiterò a lamentarmi, stavolta. Parlerò di tutti i sacrifici che ho fatto per arrivare a questo livello e di come ci siano state una lunga serie di ingiustizie nei miei confronti che mi hanno privato dei risultati che meritavo come ricompensa per il mio duro lavoro."
    Occhi azzurro shocking contro dichiarazioni strappalacrime: Argento Novantuno era sicuro che quella fosse la strada giusta. Con un po' di fortuna ci sarebbe stato un salvifico intervento che minasse la gara di Viola Settantasette e che gli facesse perdere i giri che aveva recuperato, senza alcuna fatica, a Imola e a Magny-Cours.
    Aveva pensato di farsi riaccompagnare ai box sul motorino dei commissari di percorso, ma rinunciò a quell'intento: venire immortalato in qualche meme di dubbia simpatia non gli sarebbe convenuto tanto quanto farsi inquadrare mentre vagava come un'anima in pena nei pressi della sua monoposto incidentata.
    Soltanto quando la gara era già terminata si incamminò, a piedi, verso la pitlane, andando a cercare giornalisti addetti alle interviste: voleva parlare subito, rubare la scena a Viola Settantasette e a tutti gli altri.
    Fu fortunato.
    Gli venne piazzato un microfono davanti al casco.
    «Settanta giri mediamente positivi, poi un incidente clamoroso. Come commenti quanto successo?»
    Argento Novantuno fu costretto a mordersi la lingua e a fare un profondo respiro prima di pronunciare anche una sola parola.
    Infine rispose, in tono calmo e pacato: «Precisando che i giri che ho percorso sono stati settantuno e non settanta, trovo quanto accaduto molto deprimente. Non so spiegarmi come sia potuto succedere. Ho passato tanti anni a sperare di potere arrivare ad alto livello, a lavorare per questo risultato... e quando mi sembrava di avere finalmente raggiunto quello che desideravo, ho avuto un colpo di sfortuna pazzesco. Non saprei dire come sia successo che io e l'altra auto ci siamo toccati... è stata una svista clamorosa, sia da parte mia sia da parte sua. Purtroppo avevo danneggiato uno specchietto, in precedenza, e non ho visto la vettura che mi affiancava. Se me ne fossi accorto, gli avrei ceduto la posizione: era una delle auto rosse, che non sono mie dirette concorrenti, e non avrei avuto niente da perdere, dato che avrei avuto ancora quattro giri di vantaggio nei confronti di Viola Settantasette.»
    «Hai spesso accusato il tuo rivale di essere il favorito. Pensi che l'incidente di oggi sia stata la prova di un complotto contro di te?»
    «Ma no, figuriamoci, quale complotto... Ammetto di avere criticato piuttosto aspramente Viola Settantasette, anche all'inizio di questo weekend, ma questo non c'entra nulla. È vero, Viola Settantasette non è uno con cui andrei a bere qualcosa dopo la gara, anche se fosse consentito, e ho sempre dichiarato apertamente di non avere una grande stima nei suoi confronti, ma stavolta non c'entra niente. Anzi, credo proprio che mi tocchi fargli i complimenti per come ha gestito i settantacinque giri di questa tappa. Non si tratta di favoritismi: Settantasette, a quanto pare, è nato sotto una buona stella, mentre io... credo che si sia notato chiaramente che ho una certa sfortuna e che, finché non riuscirò in qualche modo a sbarazzarmene, faticherò più degli altri.»
    Quando l'intervista terminò, si sentiva a posto con sé stesso.
    Non credeva ad una sola parola di quelle che aveva pronunciato ed era convinto che Rosso Ventisette l'avesse speronato di proposito, ma in quel momento non gli sembrava opportuno mettersi a fare polemica: se non aveva pagato quel giorno, non avrebbe pagato neanche al successivo appuntamento.

    ***

    Lord of Fanboys:
    Hai visto che ce l'ho fatta?
    Chinese Dragon:
    Perché mi hai scritto? Non ci eravamo dati appuntamento.
    Lord of Fanboys:
    Lo so, ma ti ho visto in linea e mi sembrava bello scambiare due chiacchiere.
    Chinese Dragon:
    Okay, ma non tanto, perché sono piuttosto stanco. Lord of Fanboys:
    Non preoccuparti, ho in programma di uscire, stasera, quindi tra dieci minuti al massimo ti lascerò andare a letto.
    Chinese Dragon:
    Mi fa piacere.
    Ho visto il tuo incidente, ma non ho capito se l'hai fatto apposta oppure no.
    Lord of Fanboys:
    Questa considerazione mi fa piacere. A quanto pare non mi sono fatto cogliere sul fatto.
    Chinese Dragon:
    Mi sorprende che tu-sai-chi non ti abbia inseguito atteggiandosi a toro inferocito.
    Lord of Fanboys:
    Forse non l'ha fatto perché, all'ultimo, si è reso conto di non potermi infilzare con le corna, essendone sprovvisto.
    A parte gli scherzi, stando a quanto ho capito ha reagito molto civilmente. Si è messo a piagnucolare come un bambino lamentandosi di essere stato sfortunato, ma almeno non se l'è presa con nessuno, se non con la sua sfiga colossale, a suo dire.
    Chinese Dragon:
    Pare che sia diventato un frignone da un giorno all'altro, ma che almeno sia sulla buona strada per diventare una persona civile.
    Lord of Fanboys:
    Non ho mai molta fiducia in questi cambiamenti repentini, ma tutto può succedere.
    Chinese Dragon:
    Scusami se ti contraddico, ma secondo me ci sono cose che possono succedere e altre no.

    ***

    Maelle portò il bicchiere alla bocca e bevve un sorso, prima di affermare: «Credo proprio che siamo sulla buona strada.»
    Patrick la guardò con la fronte aggrottata.
    «Per che cosa?»
    «Per guadagnare più soldi.»
    Carl sospirò.
    «Dovete sempre parlare di lavoro, voi due?»
    Patrick ridacchiò.
    «La colpa è tutta di Maelle.»
    «Lo vedo, lo vedo...»
    «Non posso farci niente se siamo di fronte alla gallina dalle uova d'oro» replicò Maelle. «Non è nemmeno necessario mettere Rosso Ventisette in vista più del dovuto, ci riesce benissimo anche da solo. Ho controllato quanti like hanno avuto i video del suo incidente con Argento Novantuno... questo è un pezzo pregiatissimo della A+ Series!»
    «Appunto per questo, secondo me, dovreste sbrigarvi e decidervi a parlare con il CEO» puntualizzò Carl. «Ci sono ben poche probabilità che non ci pensi anche da solo.»
    «A cosa?»
    «A farlo morire, prima che diventi troppo personaggio.»
    «Eppure eravamo d'accordo sul fatto che ci volesse pazienza» obiettò Maelle, «Che dovesse entrare nei cuori dei follower e poi che dovesse essere soppresso...»
    «Eravamo d'accordo, lo so» convenne Patrick, «Ma ha ragione Carl. Dobbiamo sbrigarci, se vogliamo avere qualche possibilità di ricavare dei soldi dalla sua morte.»
    Maelle rifletté per qualche istante, poi annuì.
    «Inizio a pensare che abbiate ragione voi. Il suo incidente con Argento Novantuno ha cambiato le cose e ha reso necessario anticipare i tempi.»

    ***

    Lord of Fanboys:
    Mi stai dicendo che non credi a tutte le frasi motivazionali che sostengono che, se credi veramente in qualcosa, poi riuscirai a realizzarlo?
    Chinese Dragon:
    Desideravo con tutte le mie forze essere in testa alla classifica della seconda divisione, il giorno in cui c'eri tu, ma non ha funzionato neanche lontanamente.
    Lord of Fanboys:
    Anch'io lo desideravo. Nel mio caso ha funzionato!
    Chinese Dragon:
    Sei l'unico caso in cui ha funzionato. Tutta la seconda divisione avrebbe desiderato essere al posto tuo.
    A proposito, penso che anche tutti i piloti della A+ Series vorrebbero essere al posto tuo: sembra che tu sia diventato il pilota più popolare... e sei solo alla tua seconda apparizione.
    Lord of Fanboys:
    Nessuno è popolare, in A+.
    Chinese Dragon:
    Beh, tu lo sei. Non so che cosa stia succedendo, ma credo che tu abbia il potere di cambiare le cose.
    Lord of Fanboys:
    Non essere ridicolo.
    Chinese Dragon:
    Cinquantadue diceva che serviva qualcuno che catalizzasse l'attenzione. Tu ce l'hai fatta. Non so se è il tuo numero, come osserva qualcuno, non so se è il modo in cui ti poni, non so se è il tuo modo di guidare, ma potresti cambiare la storia dell'impersonale A+ Series e renderla una serie con dei personaggi, invece che con dei numeri.
    Lord of Fanboys:
    È meglio che finisca di prepararmi, più che stare a leggere i tuoi discorsi sul mio carattere rivoluzionario.
    Non voglio rivoluzionare un bel niente, voglio solo vincere il prossimo campionato e metterlo in quel posto ad Argento Novantuno e a chiunque altro contro cui mi ritroverò a gareggiare.

    ***

    Dopo Imola, Yannick non aveva cercato Alysse, convinto che stare lontano da lei fosse la soluzione migliore.
    Non si sarebbe aspettato di vederla comparire di fronte a lui, la sera dopo la tappa di Magny-Cours. Non si era allontanato abbastanza dal circuito, a quanto pareva, e il risultato era che lui e la ragazza che ci teneva a evitare erano in quel momento all'interno dello stesso pub.
    Yannick, che stava bevendo un cocktail analcolico, posò il bicchiere sul tavolo e la fissò.
    «Cosa vuoi?»
    Alysse parve non notare il suo tono brusco.
    «Posso sedermi?»
    Yannick non fece in tempo a rispondere: la presunta PR si era già accomodata.
    «Non mi pare di averti dato appuntamento» obiettò Yannick. «Cosa faresti se ti dicessi che aspetto qualcuno?»
    Alysse non rispose.
    Gli chiese, piuttosto: «Aspetti davvero qualcuno?»
    «No.»
    «Allora, se non hai niente in contrario, ordino qualcosa e ti faccio compagnia.»
    Yannick scosse la testa.
    «Mi dispiace, Alysse, ma mi sono reso conto di come stanno le cose.»
    Alysse spalancò gli occhi.
    «Di cosa parli?»
    «Non prendermi in giro.»
    «Non ti sto affatto prendendo in giro. Mi rendo conto che la A+ Series possa essere stressante e che oggi potrebbe esserti andata male, ma non per questo è giusto che tu te la prenda con me.»
    Yannick si irrigidì.
    «Che cosa sai del mio risultato di oggi?»
    «Non so niente» rispose Alysse. «Non ho la più pallida idea di chi tu sia.»
    «Neanch'io ho idea di chi sei tu» puntualizzò Yannick, «E questo mi infastidisce. Per che team lavori?»
    «Non ti riguarda.»
    «Fai davvero la PR o hai un altro ruolo?»
    «Non ti riguarda nemmeno questo.»
    «Non è giusto che tu non voglia dirmi niente» obiettò Yannick. «Io ti ho detto che cosa faccio.»
    «Me l'hai detto senza che io te lo chiedessi. Non ho obblighi, nei tuoi confronti. Anzi, per il bene di tutti e due, è meglio non parlare più di chi sono io o di chi sei tu per la A+ Series. Tu sei Yannick e io sono Alysse: questo dovrebbe bastarci.»
    «A me è sempre bastato» rispose Yannick, «Ma non sono sicuro che sia mai bastato a te. Diversamente da te, il mio futuro dipende strettamente dalla segretezza a proposito della mia identità.»
    «Con me sei in una botte di ferro» lo rassicurò Alysse. «Non ho l'abitudine di raccontare in giro fatti compromettenti altrui.»
    «Questo lo dici tu.»
    «Certo che lo dico io. So come ho l'abitudine di comportarmi.»
    «Io, invece, non lo so. Chi mi dice che tu non stia cercando di rovinarmi? L'altra volta, quando ti sei messa a parlare dei titoli della Williams...»
    Alysse lo interruppe: «Lascia perdere, era un'idea strana che mi è venuta in mente, non farci caso.»
    «Invece ci faccio caso» insisté Yannick. «Sai cosa potrebbe succedermi se qualcuno mi sentisse dire che la Williams non ha vinto sei titoli consecutivi e che, di conseguenza, qualcosa del passato è stato artefatto?»
    «Questo l'ho insinuato io, non certo tu.»
    «Qualcuno avrebbe potuto sentirci e travisare.»
    «Adesso stai esagerando.»
    «No, sei tu che hai esagerato e che a Imola ti sei spinta troppo oltre. Ho capito che cosa vuoi.»
    Alysse scosse la testa.
    «Certo, come no. Voglio portarti sulla cattiva strada per farti cacciare via, come è successo a Rosso Cinquantadue.»
    «Ormai è solo Cinquantadue.»
    Alysse ignorò quella piccola precisazione.
    «Spero che tu ti renda conto che quello che affermi è nonsense allo stato puro.»
    «Chi me lo assicura?»
    «Dovresti averlo capito.»
    «Tutto ciò che ho capito è che gli anni passano, ma nulla cambia davvero. Le belle ragazze vengono ancora utilizzate per far cadere nella propria rete poveri sprovveduti che abboccano all'amo.»
    «Quindi non sarei più una PR, ma una semplice modella che ti ha attirato per carpirti informazioni a proposito della tua identità o del tuo modo di pensare, per stroncare la tua carriera nella A+ Series?»
    «Se non sei questo, cosa sei allora?»
    «Di solito le modelle sono molto più belle di me.»
    «Magari ne hanno scelta una nella media per renderla più credibile.»
    «Quindi stai insinuando che, senza una ragione ben precisa, la mia squadra mi abbia incaricato di scoprire chi sei per farti cacciare dalla A+ Series?»
    «Se non è così, raccontami la tua versione dei fatti.»
    «La mia versione dei fatti sarebbe molto diversa dalla tua e non penso che mi crederesti, se ti dicessi che ho continuato a vederti per mesi perché mi trovo bene con te. Tuttavia anche la tua non mi sembra molto verosimile: potresti essere il più scarso dei backmarker, uno che non dà fastidio a nessuno. Senza sapere chi sei, che ragioni dovrei avere per scoprire la tua vera identità?»
    Effettivamente quell'osservazione aveva un certo fondamento logico, ma Yannick non se ne preoccupò.
    «Se non sei quello che credo, allora dimostramelo.»
    «Come?»
    «Esci dalla mia vita. Non cercarmi più.»
    «Se pensi che sia qualcosa che possa fare a cuore leggero, allora non hai capito niente di me. Dopotutto, se avessi compreso almeno una minima parte di quella che sono, non te ne saresti uscito con una storia così insensata.»
    «Esci dalla mia vita, Alysse.»
    Alysse rimase in silenzio per qualche istante, poi, guardandolo negli occhi, affermò: «Penso che tu te la stia prendendo con me proprio perché sei il peggiore dei backmarker e le cose ti sono andate male. Anzi, no, i backmarker sono abituati ad andare male, quindi per loro sarebbe semplice routine. Tu non sei un backmarker, sei uno che conta, a cui le cose sono andate male contrariamente alle sue aspettative. Per caso sei Argento Novantuno?»
    Yannick sussultò.
    «Come hai detto?»
    «Ho detto che, secondo me, sei Argento Novantuno.»
    «Fottiti, Alysse. Lasciami in pace e, se non sai cosa fare, ammazzati.»
    «Stronzo in pista, stronzo anche nella vita, a quanto vedo.»
    D'istinto, Yannick afferrò il bicchiere e le lanciò addosso il contenuto restante.
    Alysse si alzò in piedi.
    «Sì, sei proprio stronzo. Mi auguro che Rosso Ventisette ti butti fuori un'altra volta, a Montecarlo, e che Viola Settantasette vinca il mondiale.»
    «Io, invece, mi auguro che tu prenda in considerazione il mio suggerimento. Ammazzati, Alysse, sono certo che nessuno ti rimpiangerebbe. Io no di certo.»
    «Ammazzati tu» replicò Alysse, prima di andarsene. «La tua vita vale molto meno della mia.»
    Yannick non si preoccupò di replicare, conscio che Alysse non l'avrebbe nemmeno ascoltato, né sarebbe tornata indietro.
    Si concentrò sulla donna che stava seduta da sola al tavolo vicino. Aveva lunghi capelli neri e occhi scuri e, dai lineamenti, poteva essere una sudamericana. Yannick scommise con se stesso che avrebbe coronato la serata portandosela a letto.

    ***

    Chinese Dragon:
    Di nuovo in linea anche la notte prima della fine del campionato?
    Lord of Fanboys:
    E tu sei in linea dopo avere vinto il campionato della seconda divisione dopo che tutti i tuoi avversari si sono auto-eliminati?
    Dovresti festeggiare l'incremento delle possibilità di passare in A+ fin dall'inizio della prossima stagione.
    Chinese Dragon:
    Sono un bravo ragazzo, i festeggiamenti in grande stile non fanno per me.
    Lord of Fanboys:
    Dì piuttosto che preferisci stare qui a pavoneggiarti per i tuoi risultati davanti a me, mentre fuori non potresti farlo perché non devi rivelarti.
    Chinese Dragon:
    Fino a questo momento non mi sono pavoneggiato più di tanto. Sei stato tu a tirare fuori i miei risultati.
    Lord of Fanboys:
    Okay, lo ammetto.
    Chinese Dragon:
    Parliamo un po' di te, piuttosto. Che cosa pensi di fare domani?
    Lord of Fanboys:
    Di fare una bella gara. Montecarlo è sempre stato un circuito che ho amato, voglio dare il meglio di me stesso.
    Chinese Dragon:
    Non butterai fuori uno dei contendenti al titolo, quindi?
    Lord of Fanboys:
    Mi piacerebbe farlo, ma c'è bisogno di un po' di contegno, nella vita. Non posso mandare in vacca la mia gara per Argento Novantuno ogni volta, anche se mi piacerebbe.
    Chinese Dragon:
    Sei diventato un uomo saggio. Mi fa molto piacere per te e per il campionato. Chi pensi che vincerà?
    Lord of Fanboys:
    Non è rilevante, dopotutto, anche se non ho ancora perdonato Argento Novantuno per le sue minacce a Magny-Cours.

    ***

    Cento giri trascorsi a temere che Rosso Ventisette uscisse dal nulla e che lo speronasse un'altra volta, mettendo fine ai suoi sogni di gloria, quella fu la storia dell'ultima tappa stagionale per Argento Novantuno.
    Partito al fianco di Viola Settantasette, mantenne la testa della gara per novantacinque giri, con il suo avversario sempre negli scarichi.
    Sapeva che Viola Settantasette poteva attaccarlo da un momento all'altro. A quanto pareva gli piaceva rischiare di non farcela, piuttosto che superarlo - ne aveva la capacità, Argento Novantuno ne era certo - e tentare di andare a fare l'andatura.
    Mancavano meno di cinque giri al termine, quando Viola Settantasette lo affiancò.
    Argento Novantuno tentò di resistere, ma non ci fu nulla da fare.
    Fino al termine della tappa e della stagione tentò di riprendersi una posizione determinante per il mondiale.
    Era già vicino alla linea del traguardo, quando lo raggiunse.
    Passarono sotto la bandiera a scacchi al photofinish e il cronometro assegnò la vittoria a Viola Settantasette.
    Era tutto finito.
    Era tutto svanito, ma Argento Novantuno non era in grado di attribuire la responsabilità a qualcuno nello specifico.
    Era colpa di Rosso Ventisette o delle occasioni perdute?
    Era colpa dei sondaggi e degli occhi di Viola Settantasette?
    La parte peggiore fu dovere dimenticare tutto quando smise di essere Argento Novantuno e ricominciò ad essere Yannick.
    Trascorse parte della serata in un locale in cui, a sorpresa, incontrò di nuovo la sudamericana di Magny-Cours.
    Qualche settimana prima Yannick aveva perso la scommessa con se stesso: Tina gli aveva rivelato di essere sposata e di non essere in cerca di avventure.
    Yannick non l'aveva collegata al mondo della A+ Series, ma il fatto che fosse presente anche a Monaco cambiava tutto.
    "Per fortuna mi ha detto di no" realizzò Yannick, "altrimenti poteva finire proprio come con Alysse."
     
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    Vorrei essere nella testa del CEO ora e leggere i suoi pensieri, dopo questo capitolo
     
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    CITAZIONE (Pilotimotori @ 6/2/2019, 01:57) 
    Vorrei essere nella testa del CEO ora e leggere i suoi pensieri, dopo questo capitolo

    Sarai accontentato almeno in parte in tempi brevi: avremo a che fare con lui nel prossimo capitolo!
     
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    Capitolo 9
    Le idee di Maelle


    Il cartello che avvertiva che l'accesso al corridoio era vietato per lavori in corso era in posizione.
    Era molto probabile che Maelle attendesse in ufficio, verso il quale il CEO si diresse, tenendo in mano un vassoio con due bicchieri di plastica.
    La porta dell'ufficio era aperta.
    Maelle era al computer: stava senz'altro pubblicando qualche post a proposito della stagione imminente, soffermandosi in particolare sull'idolo delle folle, Rosso Ventisette.
    La donna alzò lo sguardo solo quando il CEO si schiarì la voce per attirare la sua attenzione.
    Maelle lo accolse con un radioso sorriso.
    «Salve. Non sapevo che fosse qui in sede, oggi.»
    «In effetti» ammise il CEO, «Non dovrei essere qui. Tuttavia ci sono alcune questioni contrattuali che devono ancora essere definite.»
    «Oh, non c'era fretta.»
    «Per me sì. Ha fatto quello che le ho chiesto?»
    «Non ho fatto quello che mi ha chiesto di non fare, vuole dire?»
    Il CEO fece un mezzo sorriso.
    «Se le piace di più questa sfumatura...»
    «Non ho detto a nessuno, nemmeno ai miei familiari o ai miei amici più stretti, della promozione. Nemmeno i miei colleghi ne sono informati.»
    «I suoi colleghi, o per meglio dire, ex colleghi, sono stati trasferiti alla sezione "storia del motorsport". Guadagnano entrambi più soldi di prima e hanno smesso di farsi fantasie a proposito della morte di Rosso Ventisette.»
    «Meglio così.»
    «Già. Può considerarsi una donna fortunata, Maelle. La morte di Rosso Ventisette e tutte le altre belle idee che mi ha fornito faranno di lei una dei miei collaboratori più stretti. So che cosa si dice di me, ma è tutto falso: come le sto dimostrando, so apprezzare il talento allo stesso modo in cui lei sa apprezzare gli incarichi di responsabilità.»
    Maelle fu costretta ad ammettere: «All'inizio non pensavo a tutto quello che abbiamo pianificato. Non...»
    Il CEO la interruppe: «Non si preoccupi che cosa pensava all'inizio.» Si sedette di fronte a lei e appoggiò il vassoio sulla scrivania. «Mi sono permesso di portarle un tè al limone. Non lo beva subito, è bollente. Prima le conviene fare l'annuncio ufficiale.»
    Maelle aggrottò le sopracciglia.
    «Quale annuncio ufficiale?»
    «Ha un profilo social?»
    «Più d'uno.»
    «Allora lo scriva. Scriva "la mia vita ha sempre fatto schifo, sono stanca e per fortuna tutto questo sta per finire" o qualcosa del genere. Non le pare un bel modo di annunciare che qualcosa di immenso sta per accadere nella sua vita?»
    Maelle annuì.
    «Come morire e poi rinascere.»
    «Esatto, parole che colpiscono nel segno» convenne il CEO. «La fine della vecchia vita e dei vecchi incarichi intesa come una sorta di morte.»
    Maelle lo guardò negli occhi.
    «Lei è un poeta.»
    «Si figuri, piuttosto la poetessa è lei» ribatté il CEO.
    Maelle afferrò il bicchiere.
    «Lo posi, è bollente» insisté il CEO. «So che le piace quando si raffredda.»
    Maelle osservò: «Sa molte cose di me.»
    «So molte cose di lei, perché la apprezzo» confermò il CEO. «Credo che nessuno abbia mai avuto un intuito sopraffino come lei.»
    «Non esageriamo. Se non fosse stato per Patrick e Carl, non avrei avuto certe idee e...»
    «Lasci perdere Patrick e Carl» la pregò il CEO. «Come devo spiegarglielo che è lei l'unica che mi ispira fiducia? Quei due sono si sono dimenticati di Rosso Ventisette non appena hanno avuto un aumento di stipendio per occuparsi di tutt'altro, mentre lei non si è lasciata ingannare. Ha insistito con Rosso Ventisette, mi ha fornito altri meravigliosi spunti... e merita che il suo talento sia ricompensato. In questo momento il suo collega Patrick sta estrapolando degli highlight per un servizio da trasmettere in vista delle qualificazioni di Silverstone, in cui spiegherà in che modo viene stilata la griglia di partenza della prima tappa stagionale a Zeltweg, e da quanti anni è stato scelto questo format vincente. Sono certo che lei sarebbe sprecata, in una simile posizione, Maelle.»
    «In effetti» ammise Maelle, «Non è il ruolo che preferirei occupare, se mi è permesso di essere sincera.»
    «Certo che le è permesso essere sincera. E ora sia sincera con i suoi follower: hanno bisogno di sapere che la vecchia Maelle sta per morire e che una nuova Maelle sta per nascere. Anzi, no, scriva solo che Maelle sta per morire. Il post della rinascita sarà meglio pubblicarlo al momento opportuno: una volta che avrà firmato il contratto. Magari potrà fotografare la sua copia e pubblicarla.»
    Gli occhi di Maelle brillavano.
    «Ha ragione. Mi scusi se le sto facendo perdere tempo.»
    Il CEO rise.
    «Si figuri. Tutto questo è soltanto il nostro lavoro, un lavoro che entrambi amiamo e che tutto il mondo ama.»
    Maelle apparve sempre più soddisfatta.
    «Davvero, non riesco a credere che i miei ex colleghi si siano accontentati di così poco. Raccontare come funziona il sistema di qualificazione della A+ Series non è certo il massimo che si possa avere nella vita.»

    ***

    Rosso Ventisette non si era mai chiesto che cosa si provasse nel non portare nemmeno il proprio unico segno di riconoscimento, il numero di gara visibile sia sul casco sia sulla vettura.
    In qualità di rookie, il sistema di qualifiche della A+ Series era stato, fino a quel momento, qualcosa di completamente astratto.
    Nella seconda divisione, dove le vetture erano tutte nere e il concetto di team non esisteva, la griglia di partenza per la prima tappa della stagione veniva stilata sulla base dei tempi ottenuti nel test che si svolgeva verso la metà di giugno. Nella A+ Series, in cui il concetto di team esisteva, invece, ciascuno disputava il test soltanto per il team e non per se stesso. Veniva stilata una top-ten delle squadre, sulla base del miglior tempo ottenuto da ciascuna di esse, poco importava chi fosse il pilota che l'aveva ottenuto. Un sondaggio online della durata di una settimana permetteva ai tifosi di scegliere a quale pilota di ciascun team assegnare il miglior tempo. I vincitori di tali sondaggi andavano a comporre la prima parte della griglia di partenza, sulla base della casella della griglia ottenuta da ciascun team. I loro compagni di squadra, usciti sconfitti dagli scontri incrociati online, avrebbero occupato a parti invertite il resto della griglia di partenza.
    Come facilmente prevedibile, i team Argento e Viola avevano infilato una successione di ottimi tempi. Non era chiaro chi stesse ottenendo quegli specifici tempi, ma Rosso Ventisette era disposto a credere, senza troppe difficoltà, che si trattasse di Novantuno e di Settantasette. Mentre Settantasette avrebbe avuto buone chance di vincere il sondaggio online contro il suo compagno di squadra, non era detto che a Novantuno toccasse lo stesso onore. Da quando aveva perso il titolo contro l'avversario con gli occhi azzurri, il suo consenso tra i fan era drasticamente diminuito. Le polemiche con Rosso Ventisette, che sembrava molto apprezzato dai follower, avevano contribuito a far crollare ancora di più la sua reputazione.
    "Sarebbe divertente" realizzò Rosso Ventisette, "se Argento Trentanove vincesse il sondaggio online e lo relegasse tra le ultime posizioni della griglia di partenza."
    Cihssà come avrebbe reagito Argento Novantuno: le polemiche erano il suo forte, ma non era ben accetto fare polemica nei confronti del proprio compagno di squadra. Non potere accusare Trentanove di avere in qualche modo approfittato di un trattamento non paritario o di essere il beneficiario di un complotto sarebbe stato traumatico per uno come lui.
    Poi tutti i pensieri scomparvero.
    Rosso Ventisette abbassò la visiera del casco e scese in pista per l'ultimo tentativo.
    In pista c'era anche Rosso Quindici e chi fosse l'autore di uno specifico tempo non era noto nemmeno ai piloti stessi, ma Rosso Ventisette terminò la sessione di qualificazione con il miglior giro della propria vita.
    Il team Rosso superò Argento e Viola in classifica: a quel punto sarebbero stati i follower a decidere a chi assegnare la pole position.

    ***

    Maelle sorrideva ancora, mentre compilava il post.
    Lo lesse ad alta voce.
    Andava benissimo.
    Il CEO glielo disse, poi le chiese: «Che cosa ne pensa dell'attuale sistema di qualificazione della A+ Series?»
    Maelle spalancò gli occhi.
    «Cosa ne penso?»
    «Sì, esatto, cosa ne pensa?»
    «Penso che sia un sistema perfetto, dal momento che combina sia i risultati in pista sia la volontà dei follower. Non dobbiamo mai perdere di vista i follower: se non ci fossero loro, gli sponsor non sarebbero così felici di sborsare così tanti soldi. La A+ Series finirebbe per rimetterci.»
    Maelle era una donna di sani principi, quella era l'ennesima conferma. Aveva chiaro che il profitto doveva venire prima di tutto, ma che non era bene spiattellarlo in faccia ai follower. Se volevano un pilota in pole position piuttosto che un altro era giusto che l'avessero. Se volevano che la loro volontà condizionasse i risultati di gare e campionati, dovevano avere l'illusione che il loro parere fosse ancora più importante di quanto non fosse realmente: gli addetti ai lavori avrebbero compreso senza esitare che, nella maggior parte delle occasioni, i risultati dipendevano prevalentemente dalle performance dei piloti, ma grazie anche alle polemiche scatenate dai piloti stessi era più difficile che un simile concetto arrivasse fino ai follower.
    Il CEO si accorse di avere taciuto troppo a lungo nel notare che Maelle lo stava fissando.
    In più, gli domandò: «Ho detto qualcosa di male?»
    «No, affatto» rispose il CEO, con naturalezza. «Piuttosto, non riesco a capacitarmi del fatto che una mente così brillante come la sua sia stata relegata per anni in un polveroso ufficio.»
    Maelle obiettò: «Il passato non ha importanza. Avrei dovuto trovare il coraggio di parlarle prima. Purtroppo soltanto l'arrivo di Rosso Ventisette ha risvegliato la mia mente fino al punto da farmi capire che qualcosa stava cambiando.»
    «Non è cambiato nulla» replicò il CEO. «Tutto è sempre stato uguale. Il cambiamento è solo un'illusione. Le consiglio di lasciare questa illusione alla gente di poco spessore come i suoi ex colleghi. Lei vale di più, Maelle. Penso che, se fosse riuscita a convincere i miei sottoposti, invece che me, a mettere in pratica il suo suggerimento, sarebbero riusciti a depormi e a mettere lei al mio posto.»
    Maelle fece un mezzo sorriso.
    «Non le sembra di esagerare?»
    «Forse, ma non deve sottovalutarsi.»
    «Le ho solo fatto presente che Rosso Ventisette deve morire.»
    «Non parlavo di Rosso Ventisette, quanto del suo programma per il giorno in cui lei-sa-chi si ritirerà dalle competizioni. La vera bomba non è Rosso Ventisette, è l'altra sua intuizione. Ha mai avuto paura che io potessi ucciderla per rubarle l'idea e spacciarla per mia con i miei collaboratori?»
    Maelle rise.
    «No, non sono così paranoica.»
    «Meglio così» rispose il CEO. «Piuttosto, continuiamo a parlare del sistema di qualifiche. Chi pensa che otterrà la pole position?»
    Maelle parve sorpresa.
    «Davvero lo vuole sapere?»
    «Sì.»
    «Pensavo che fossimo qui per parlare di questioni più serie.»
    «Ogni cosa a suo tempo.»
    «Ha ragione, ogni cosa a suo tempo.» Maelle si alzò in piedi. «Secondo me partirà dalla pole position Argento Trentanove.» Si avvicinò alla finestra. «Tutto sommato mi mancherà un po' il misero panorama che si vede da qui, quando mi trasferirò nella mia nuova postazione.»
    La situazione stava volgendo al meglio.
    Il CEO decise di non indagare, di non chiederle perché pensasse che Trentanove uscisse vincitore dal sondaggio con un tipo che sapeva farsi notare come Novantuno. Non era importante. Quello che importava era che Maelle continuasse a voltare le spalle al bicchiere con il tè e a guardare fuori dalla finestra.
    «Vede qualcosa di bello, Maelle?»
    «Di bello? No, non mi pare.»
    Il CEO infilò una mano nella tasca dei pantaloni.
    «Niente piccioni? Niente tortore? Niente pennuti ignari della bellezza del motorsport?»
    «Sì, vedo una tortora, in effetti.»
    Il CEO prese fuori ciò che teneva in tasca.
    Poco dopo Maelle si girò, ma era già troppo tardi.
    Si sedette di nuovo alla scrivania.
    Guardò il bicchiere con il tè.
    «Chissà se si è già raffreddato.»
    Il CEO prese in mano il proprio.
    «Mi sembra ancora piuttosto caldo. Le consiglio di lasciarlo raffreddare un altro po'.»
    Bastò parlare del più e del meno per qualche minuto ancora.
    Infine bevvero il tè.
    Il CEO bevve il suo, innocuo.
    Maelle bevve quello in cui il CEO aveva gettato una compressa solubile di cianuro.
    Nessuna telecamera era in funzione, in quel lato dell'edificio. Il CEO avrebbe portato via il vassoio con il proprio bicchiere e nessuno avrebbe mai saputo che erano stati in due, in quella stanza.
    Sul bicchiere di Maelle ci sarebbero state soltanto le sue impronte, in caso di verifiche. In più un post su uno dei suoi profili social recitava testualmente che era ormai stanca della vita che aveva condotto fino a quel momento e che era giunta l'ora di farla finita.

    ***

    Trentadue si era qualificato in pole position per il primo evento della stagione.
    Nessun pilota di seconda divisione era salito in A+ Series e tutti sarebbero ripartiti da zero: era fondamentale iniziare la stagione con il piede giusto, in caso ci fosse stata una convocazione in corso d'opera.
    Era successo quasi sempre, quindi Trentadue era fiducioso. Non aveva idea di chi fossero i candidati più probabili per un'eventuale uscita di scena, ma non importava: vestire un colore o un altro era del tutto irrilevante, erano solo colori e la possibilità di gareggiare in A+ veniva prima di tutto.
    Rosso, Argento, Viola, Bianco, Giallo, Rosa, Blu, Arancione, Verde, Turchese: quello era il risultato della sessione di Silverstone della A+ Series.
    Trentadue avrebbe pagato qualunque cifra per potere accedere a quella griglia di partenza, anche se correva il rischio che il suo compagno di squadra potesse usurpare la sua posizione in griglia.
    Presto il risultato sarebbe stato ufficializzato: i sondaggi erano già chiusi.
    Trentadue aveva votato per Rosso Ventisette, nel suo scontro con il compagno Quindici, per Argento Trentanove e per Viola Settantasette.
    L'idea di vedere Argento Novantuno partire penultimo, con i suoi principali avversari nelle posizioni che contavano, gli metteva allegria.
    Sperando che i suoi desideri si realizzassero, attese con pazienza la pubblicazione della griglia di partenza.

    ***

    Boris sentì le lacrime pizzicargli gli occhi.
    Non riusciva a capacitarsi del risultato del sondaggio.
    Quello era indubbiamente uno dei giorni più belli della sua vita e sentiva il bisogno di condividerlo con qualcuno.
    Andò da sua madre, che stava sfogliando una rivista.
    Era stata la sua più grande sostenitrice, che l'aveva visto realizzare i sogni ai quali invece lei aveva dovuto rinunciare.
    Le aveva confidato di avere avuto accesso alla A+ Series, quando era arrivato il momento, ma non le aveva detto chi fosse.
    Si spinse oltre, si spinse più in là di quanto consentito.
    «Mamma, partirò in prima fila.»
    La vide alzare lo sguardo dal giornale e sorridere.
    «In pole?»
    Boris fece un sospiro.
    «Non credo di potertelo dire. Però sai quando ho debuttato. Ti sarà molto facile capire se sono Rosso Ventisette o Argento Trentanove.»
    Sua madre continuò a sorridere.
    «Lo sapevo.»
    «Che cosa?»
    «Sapevo chi eri. Quando da bambina mio zio mi portò a correre sui kart, il mio kart era grigio argento. Sono felice che tu abbia ereditato il mio colore.»
    «Mi raccomando» la supplicò Boris, «Non dire niente a nessuno. Se qualcuno dovesse scoprire che ti ho confidato una cosa del genere, rischierei di finire fuori. Non voglio essere costretto a tornarmene in Russia e a finire i miei giorni scolandomi vodka nel ripensare ai bei vecchi tempi in cui ero una stella del motorsport.»
    «Non succederà» lo rassicurò sua madre. «Manterrò il segreto. Semplicemente, sarò felice dei tuoi successi.»
    «Sperando che arrivino.»
    «Ne sono certa.»
    «Mi sopravvaluti.»
    «No, non ti sopravvaluto. È vero, finora sei stato un po' in difficoltà rispetto ai top-driver, ma è arrivato il momento di tirare fuori le palle.»
    «Non dovresti parlare così. Non è così che parlano le madri.»
    Sua madre rise.
    «Io parlo come mi pare, specie quando si tratta di motori. Se non ti sembro una signora elegante e perbene, pazienza, non ho mai voluto diventare una signora elegante e perbene.»

    ***

    Quella di Zeltweg era stata la prima tappa senza Maelle.
    «Non riesco a crederci» osservò Patrick, portando il bicchiere alla bocca. «Fino a maggio, io, te e lei uscivamo sempre insieme la sera dopo la gara, mentre adesso...» Sospirò, lasciando la frase in sospeso. «Mi sembra tutto così assurdo.»
    «Anche a me sembra assurdo» replicò Carl, «Ma che importanza ha? Ormai è successo. A parte qualche chiacchiera al bar, non sappiamo molto di lei come persona. Se ha scritto un messaggio di addio e si è versata un bicchiere di tè al cianuro, probabilmente aveva le sue buone ragioni.»
    Patrick scosse la testa.
    «Quali buone ragioni possono portare una persona a prendere una simile decisione? Maelle era piena di vita. L'unica morte che desiderava era quella di qualche pilota di tanto in tanto, come tutti noi, per realizzare un obiettivo di maggiore spettacolo.»
    Carl azzardò: «Magari si è convinta che la sua stessa morte sarebbe stata spettacolare e ha deciso di metterla in pratica.»
    «Non essere ridicolo.»
    «Non sarei ridicolo, se tu non mi costringessi a parlare di lei. Non possiamo parlare della tappa, piuttosto?»
    Patrick alzò le spalle.
    «Ma dai, parlare di lavoro anche al bar...»
    «Fino a poco tempo fa non parlavamo mai delle tappe perché le commentavamo insieme mentre lavoravamo, ma adesso che siamo stati affidati a nuovi incarichi non è più così.»
    «Maelle sarebbe rimasta impressionata da Rosso Ventisette.»
    Carl rise.
    «Non abbastanza da rinunciare al proposito della sua morte.»
    Patrick obiettò: «Adesso non conta più. Abbiamo comunque ottenuto quello che volevamo, senza che qualcuno morisse. Chissà, magari Maelle l'ha fatta finita perché, diversamente da noi, non ha avuto alcuna promozione.»
    «Rosso Ventisette ha mantenuto la lucidità dall'inizio alla fine.» Carl insisté a mettere da parte l'argomento Maelle. «Anche quando Viola Settantasette gli è arrivato negli scarichi, ha saputo difendersi bene.»
    Patrick si arrese: tanto valeva parlare di questioni professionali.
    «Viola Settantasette non ha iniziato bene la stagione, se ci pensi bene: ha speronato quel povero Trentanove, per una volta che partiva da una posizione di spessore, e l'ha messo fuori dopo neanche mezzo giro.»
    «Ciò nonostante è riuscito ad arrivare secondo.»
    «Sì, ed è stato uno dei cinque piloti a pieni giri in totale. Rosso Ventisette, Viola Settantacinque, Bianco Cinquantuno, Verde Quaranta e, a sorpresa, Turchese Venticinque. Tempo un paio di gare e nessuno avrà completato tutti i giri.»
    «Intanto Argento Novantuno non li ha completati oggi.»
    «Ha dato la colpa ai follower che non l'hanno votato ai sondaggi.»
    «Non ha tutti i torti: se non si fosse trovato in lotta con Turchese Ottantacinque, non si sarebbe ritirato in corso d'opera dopo avere completato solo tredici giri, a causa di una manovra azzardata di quest'ultimo.»
    «Cose che capitano. Argento Novantuno farebbe meglio a lamentarsi di meno e a concentrarsi già su Hockenheim.»

    ***

    Tredici giri percorsi a Zeltweg.
    Quarantasette giri percorsi a Hockenheim.
    Argento Novantuno aveva completato Sessanta giri su un totale di centocinquanta disputati e non era il modo migliore di iniziare la stagione.
    Prima un incidente, poi un problema tecnico...
    Rosso Ventisette, nel frattempo, era in testa alla classifica, ormai unico pilota a pieni giri: partito dalla prima posizione, l'aveva mantenuta fino al traguardo, mentre Viola Settantasette era rimasto coinvolto in un incidente con Bianco Cinquantuno e Verde Quaranta. Era riuscito a proseguire e, dopo un pitstop, si era ritrovato sotto di un giro.
    Era secondo in classifica, con centoquarantanove giri percorsi, lontano un abisso dalla posizione in cui si trovava Argento Novantuno.
    Se non altro il suo compagno di squadra Trentanove non era riuscito, ancora una volta, a completare nemmeno il primo giro: avere percorso sessanta giri quando in squadra con lui c'era chi non ne aveva completato nemmeno uno poteva essere d'aiuto per riconquistare consensi tra i follower che non l'avevano votato per la griglia di partenza.
    Con un po' di fortuna, alla fine di agosto, in Belgio tutto si sarebbe sistemato: se sia Rosso Ventisette sia Viola Settantasette fossero incappati in qualche disgrazia, forse la storia del campionato sarebbe cambiata. Altri avversari seri non c'erano: Argento Novantuno non prendeva in considerazione né il proprio compagno di squadra né quelli dei due avversari che temeva.
    Quando tornò ad essere Yannick, mise da parte le proprie preoccupazioni.
    Trascorse la serata in un bar non lontano dal circuito.
    Vide Alysse, che non lo salutò nemmeno.
    Yannick non andò a cercarla e finse di non averla notata.
    C'era anche Tina, il che confermava il suo sospetto: anche quella ragazza lavorava per la A+ Series. Si scambiarono un rapido saluto, che non ebbe un seguito.




    Questa fanfic non è suddivisa in "parti", ma se lo fosse il capitolo 9 segnerebbe la fine di una parte e il prossimo l'inizio di un'altra.
    Se nel 9 abbiamo potuto approfondire un po' che cosa succede ai piani alti, a partire dal 10 inizieremo a scoprire un po' i "piani bassi". A parte Novantuno, Settantasette, Ventisette e Trentadue, finora, non abbiamo conosciuto quasi per niente i piloti.
    A partire dal prossimo capitolo, quindi, suggerisco di fare attenzione. :D Ci saranno un po' di cosiddetti "messaggi subliminali". Chissà che qualcuno dei piloti noti soltanto per numero non ci ricordino qualche pilota che conosciamo per nome. :rolleyes: E il 10 sarà solo l'inizio.
     
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    Sempre più, mentre andremo avanti, capiterà di riconoscere qualche personaggio, anche se iniziamo in modo soft, facendo tornare in scena Cinquantadue, precedentemente noto come Rosso Cinquantadue. :rolleyes:




    Capitolo 10
    Cinquantadue


    Non era stato facile sbarazzarsi di quel maledetto Yannick, che di tanto in tanto usciva fuori dal nulla e che, dopo il loro incontro di Hockenheim, si era presentato all'improvviso anche in un bar nel tardo pomeriggio del mercoledì di Spa Francorchamps.
    Nelle altre occasioni, Tina se ne era mai preoccupata granché: da quando gli aveva riferito di essere sposata, Yannick non le aveva più fatto delle avance, tuttavia quel giovane tormentato non la convinceva troppo. Non era chiaro che cosa gli passasse per la testa, ma era chiaro che, a lungo andare, non sarebbe stato portato per un mondo che gli chiedeva di mantenere segreta la propria identità. Tina non aveva idea di chi fosse, né era certa che si trattasse proprio di un pilota, ma se lo era, il suo stato mentale poteva essere la ragione dei suoi fallimenti.
    Per fortuna, dopo una breve conversazione, Yannick si decise ad allontanarsi.
    Tina guardò l'orologio. La persona che stava aspettando doveva già essere lì.
    Si guardò intorno, nella speranza di scorgerlo. Difficile riuscirci: non aveva la più pallida idea di quale fosse l'aspetto di Cinquantadue, l'aveva visto soltanto in tuta e casco e sarebbe stato molto complicato riconoscerlo a distanza dal taglio degli occhi.
    C'era un uomo che la fissava con insistenza. Non era come Tina si era immaginata l'ormai deposto Rosso Cinquantadue, le sembrava troppo vecchio per essere un pilota che, fino a pochi mesi prima, era ancora in attività nella A+ Series.
    Quando le fu vicino, lo rivalutò: se si fosse rasato la barba, probabilmente avrebbe dimostrato dieci anni di meno.
    Si sedette di fronte a lei e dichiarò, senza mezzi termini: «Tu dovresti essere la giornalista brasiliana che mi ha contattato qualche tempo fa.»
    Tina annuì.
    «Tu, invece, dovresti essere Cinquantadue. Dopo avere sentito la tua voce, è bello anche vedere la tua faccia.»
    «Sono contento che ti piaccia la mia faccia, ma non sono qui per perdermi in convenevoli.»
    «Nemmeno io sono qui per perdermi in convenevoli e, se devo essere sincera, non trovo niente di particolarmente intrigante nella tua faccia.»
    «Io non trovo niente nella tua, così siamo pari. A proposito, controlli mai lo stato del tuo trucco? Dai tuoi occhi cola qualcosa di scuro.»
    «Deve essere mascara. Adesso, però, che abbiamo approfondito le mie scarse doti per quello che riguarda il make-up, possiamo parlare di cose serie? Mi chiamo Tina Menezes e lavoro per...»
    Cinquantadue la interruppe, provvidenzialmente: «Non ti ho chiesto per chi lavori. Non sono nemmeno sicuro che tu possa fare qualcosa per aiutarmi.»
    «Non voglio aiutare te» replicò Tina. «Voglio che, grazie ai miei contatti, la verità venga alla luce.»
    «Interessante.»
    «A proposito di verità, che cosa ne pensi di dirmi come ti chiami?»
    Cinquantadue rise, sprezzante.
    «Che importanza avrebbe il mio vero nome? Non è con quello che mi conosce la gente. Lo rivelerò quando mi sarò ricostruito un'identità come pilota.»
    Tina lo guardò negli occhi.
    «Pensi davvero che il CEO faccia un passo indietro? Non è mai successo.»
    «No, non mi illudo.»
    «Allora dovresti sapere meglio di me che la tua carriera è finita.»
    «Capisco che tu abbia trovato la tua laurea in giornalismo in omaggio con una rivista di make-up che non hai mai letto, ma non puoi cadere così in basso da pensare che, oltre alla A+ Series e a tutto il suo background, non esista nulla.»
    «Non è che non esiste nulla, è che la A+ Series e tutto il suo background sono le uniche serie alle quali viene concessa attenzione a livello mondiale.»
    Cinquantadue annuì.
    «Questo è vero, ma non pensi che sarebbe molto intrigante, per la stampa internazionale, seguire quello che farò una volta che avrò trovato un ingaggio altrove? Mi rendo conto che serie come endurance, Indycar, NASCAR e quant'altro non vengano seguite tanto, ma io potrei cambiare le cose. Hai idea di quanto farebbe parlare di sé un pilota escluso dalla A+ Series che riesce a sorpresa a procacciarsi un volante oltre oceano?»
    «Indycar o NASCAR?»
    «Questi, se permetti, non sono affari tuoi» ribatté Cinquantadue, secco. «Lo ammetto, all'inizio sono rimasto spiazzato, quando sono stato cacciato via a calci nel culo. Però faceva parte del mio gioco.»
    Tina spalancò gli occhi.
    «Quindi non ti importa davvero del passato?»
    «Certo che mi importa. Mi infastidirebbe molto se qualcuno, un giorno, dovesse attribuire ad altri dei campionati vinti da me. Mi sembra giusto che, se qualcuno è stato deprivato dei propri risultati, il suo nome sia riabilitato. Però mi piace unire l'utile al dilettevole.»
    «Cos'è per te il dilettevole?»
    «Allontanarmi da una serie che non mi ha dato tutto quello che meritavo apparendo come una vittima invece che come un ingrato. Sfruttare la mia popolarità per ottenere un ingaggio in un altro campionato e vedere se, grazie alla mia presenza, riesco da solo a far parlare di me più di quanto la A+ Series faccia parlare del proprio campionato. Cose di questo genere, per intenderci.»
    «Battere gli americani a casa loro no?»
    Cinquantadue ridacchiò.
    «Gli americani hanno già iniziato molto tempo fa a farsi battere in casa loro.»
    «In Indycar sì, in NASCAR no.»
    Cinquantadue la ignorò.
    «In ogni caso, non me ne importa niente della nazionalità di chi arriva dalla seconda posizione in poi. Quello che conta è finire davanti a tutti loro.»
    «Mi sembri un tipo molto determinato» fu costretta ad ammettere Tina. «Sarai l'ennesimo latino-americano che vince negli States, se questa tua sicurezza si trasforma in performance al volante.»
    «Cosa ti fa pensare che io sia latino-americano? La mia identità è ancora coperta dal riserbo più assoluto, per te sono solo Cinquantadue.»
    «È vero, non ho visto il tuo passaporto e per me rimani sempre e solo Cinquantadue, ma il tuo accento dice che sei di madrelingua spagnola. Quindi ho tirato a indovinare: un europeo difficilmente vedrebbe i campionati statunitensi come il proprio obiettivo, mentre per un sudamericano...»
    Cinquantadue non la lasciò finire.
    «Non sono venuto qui per sentirti fare congetture sulla mia nazionalità. Dobbiamo parlare di cose serie o sbaglio?»
    Tina fece un sospiro.
    «Non sbagli.»
    «Bene. Come ti dicevo, sono stato colto di sorpresa: pensavo di potere durare un altro po', nella A+ Series, ma le voci corrono troppo in fretta. Non pensavo che la caduta dell'ombrello catalizzasse l'attenzione fino a questo punto, ma a quanto pare, essendo l’episodio fake più antico in termini di calendario, l'ho sottovalutata.»
    Tina rifletté qualche istante, prima di porgli una domanda scottante.
    «Sai cosa successe?»
    Cinquantadue annuì.
    «Certo che sì. Non cadde alcun ombrello sulla pista e la safety car rientrò prima di quanto i filmati fake vogliano farci credere.»
    «Quella safety car deve avere cambiato molto le cose, no?»
    «Esatto.»
    «Perfetto» decretò Tina. «Vedo che sappiamo tutti e due che cosa sia davvero successo.»
    «Non ne sono così certo» obiettò Cinquantadue. «Tu cosa sai?»
    «Che quell'ombrello non cadde, proprio come te. Che in uno dei giri che ci viene fatto credere si sia svolto in regime di safety car è accaduto qualcosa di diverso da quello che ci è stato tramandato fino al giorno d'oggi. Che a volte, per modificare i risultati dei campionati per venire incontro alla volontà popolare, è necessario spostare certi eventi più avanti nel tempo. Che per fare in modo che certi eventi abbiano meno risalto mediatico serve qualcosa che abbia maggiore clamore mediatico.»
    Cinquantadue fece un mezzo sorriso.
    «È qui che sbagli, Tina.»
    «Su cosa?»
    «Nessuno voleva far sì che un certo evento avesse meno clamore mediatico, spostandolo avanti nel tempo di alcuni anni e facendolo accadere pochi mesi prima di un avvenimento devastante. Ci ho riflettuto molto e sono giunto alla conclusione che non tutto converga intorno a quello che ci sembra il punto di partenza e che a volte si tenda a confondere la causa con l’effetto.»
    Tina aggrottò la fronte.
    «Non sono sicura di capire.»
    Cinquantadue le spiegò: «Voglio dire, se qualcuno, dall'alto, si è preoccupato di falsificare la storia del motorsport, non l'ha fatto soltanto per modificare uno specifico evento. Ne ha cambiato più di uno, magari per far passare inosservati personaggi che avrebbero potuto destare dei dubbi a proposito di altri eventi. Non tutto quello che è stato modificato era strettamente necessario per arrivare all’obiettivo centrale e non dobbiamo correre il rischio di fare confusione. Hai presente, no, le teorie del complotto generiche? Quelle sulla fine del mondo, sull’allunaggio...»
    Tina annuì.
    «Non sono un’appassionata del genere, ma so di cosa stai parlando. Gli alieni hanno costruito le piramidi egizie, hanno combattuto le crociate, hanno fatto affondare il Titanic, hanno rapito astronauti sovietici che hanno disperso nello spazio, hanno fatto uscire di strada l’auto della Principessa Diana, hanno abbattuto il World Trade Center e, quando non erano particolarmente impegnati, ne hanno approfittato per comporre “I will always love you” di Whitney Houston.»
    «Esatto. Le teorie del complotto sul motorsport sono pur sempre teorie del complotto. Non si distanziano particolarmente da quelle di altro stampo, anche se le argomentazioni sono più circoscritte e tendono a non scendere neanche tanto nel ridicolo, rispetto ad altre, in cui c'è un immenso calderone in cui vengono piazzati completamente a caso alieni con la coda, politici, banchieri, leader religiosi, cantanti pop e ideatori di videogiochi. Ci manca solo che qualche nonnina che va a fare la spesa in bicicletta tutte le mattine alle sette venga tacciata di essere l’Anticristo, poi abbiamo personaggi di qualunque genere messi tutti insieme.»
    «Quindi» dedusse Tina, «Mi stai dicendo che un grosso errore da parte di chi cerca di scoprire la verità è quello di partire dalla caduta dell'ombrello e pensare che, solo perché è più lontana nel tempo, debba per forza essere l'inizio di tutto?»
    «Qualcosa del genere: la caduta dell’ombrello non è la causa di tutto quello che è venuto dopo, ma è una conseguenza di avvenimenti accaduti molto più tardi.»
    «Da dove dobbiamo partire, allora? Qual è la causa?»
    «La causa è il disastro di Monza.»
    Tina rifletté, mordicchiandosi un labbro.
    «Sì, può darsi. Il disastro di Monza è l'ultimo evento conosciuto della vecchia era, quello che ha trasformato il mondo dell'automobilismo e ha delineato la spaccatura tra il prima e il dopo, la fine della Formula 1 e l’inizio della A+ Series. Se non ho capito male, il punto a cui vuoi arrivare è che, mentre la caduta dell’ombrello non è stata determinante per questo passaggio, il disastro di Monza lo è stato: di per sé, la semplice caduta dell’ombrello era irrilevante per la nascita della A+ Series.»
    «Qualcosa del genere. La caduta dell'ombrello ha cambiato la storia di un pilota o di un team e i risultati di gran premi e campionati, ma non è stata determinante per la sopravvivenza o la scomparsa di un intero campionato. Il disastro di Monza, invece, ha fatto sì che la Formula 1 smettesse di esistere e che venisse rimpiazzata dalla A+ Series. Si potrebbe dedurre che ai piani alti volessero ottenere questo obiettivo. La caduta dell'ombrello è stata, tra le varie cose, un bonus per avere maggiori consensi dal grande pubblico, così come i risultati alterati. Se ci fosse stata un'altra strada, ne sarebbe stata percorsa un'altra, senza che i piani alti si mettessero troppe preoccupazioni. Il disastro di Monza, invece, aveva uno scopo ben diverso, ovvero quello di far cambiare il mondo, di fatto: senza quello, ci sarebbe ancora la Formula 1.»
    «Inoltre» realizzò Tina, «la caduta dell’ombrello si è trasformata in un perfetto specchietto per le allodole. Invece di concentrarsi su fatti rilevanti per il destino del motorsport, in molti si focalizzano su quelli che, di fatto, non hanno determinato la cancellazione della Formula 1.»
    «Esatto. Il disastro di Monza è stato gestito in modo totalmente irrealistico, ma perché mai qualcuno dovrebbe porsi delle domande? È più facile concentrarsi su altre cose, come il fatto che in molti si ricordano che cosa sia davvero successo, al posto della caduta dell’ombrello. Quindi, se c’è da cercare del marcio, viene cercato del marcio solo ed esclusivamente nella caduta dell’ombrello. Come si suole dire, Illuminati confirmed.»
    «Eh?»
    «Niente, lascia stare. In un anno ci sono trecentosessantacinque giorni, di cui uno solo è l'anniversario della fondazione degli Illuminati. Se qualcosa capita malauguratamente proprio quel giorno, la fantasia umana si scatena più del dovuto e ci ritroviamo con gli Illuminati che hanno deciso di modificare la storia della Formula 1 perché... suvvia, non preoccupiamoci del perché. È una vera fortuna che almeno il disastro di Monza sia avvenuto in settembre.»
    «Tutto merito del calendario della Formula 1 dell’epoca» obiettò Tina. «Il gran premio d’Italia era sempre in settembre, non poteva andare diversamente.»

    ***

    Yannick faticava a distogliere lo sguardo da Tina, la donna che spuntava dappertutto da qualche mese a quella parte.
    Avevano scambiato qualche chiacchiera, una decina di minuti prima, ma gli era apparso evidente fin dal primo momento che la sua interlocutrice non vedeva l'ora di toglierselo di torno.
    Come darle torto? Sembrava assorta in un'intensa conversazione con l'uomo che si era seduto di fronte a lei. Chissà, magari era quel fantomatico marito di cui gli aveva parlato in occasione del loro primo incontro...
    Una voce, alle sue spalle, lo fece sobbalzare sulla sedia.
    «Per caso qualcuna ti sta ignorando?»
    Yannick si girò di scatto.
    «Cosa ci fai qui, Alysse?»
    La ragazza gli rispose con naturalezza: «Sono venuta a trascorrere le mie ultime ore di libertà in santa pace. Si sta avvicinando un weekend di duro lavoro e...»
    Yannick la interruppe: «E il tuo lavoro è già iniziato, vero? Perché mi ronzi intorno? Si può sapere che cosa vuoi da me?»
    «Non ti sto affatto ronzando intorno» replicò Alysse. «Se tu ti fossi comportato un po' più civilmente, nei miei confronti, forse avrei preso in considerazione l'idea di lasciarti in pace.»
    «Non capisco. Cos'ho fatto di incivile?»
    «Il modo in cui mi hai trattata non è stato molto di classe, sai? Non so, magari avresti potuto inventarti di esserti trovato una fidanzata che ti impediva qualsiasi genere di interazione con altre donne.»
    «Mi ritieni il tipo che si mette insieme a una del genere?»
    «No, ma almeno avrei apprezzato il tuo sforzo, se ti fossi allontanato da me senza farti dei film come quelli che ti sei fatto.»
    Yannick sbuffò.
    «Sei stata tu a parlarmi dei titoli della Williams!»
    «Che cosa vuoi che me ne importi di quello che pensi dei titoli della Williams» obiettò Alysse. «Io e te stavamo bene, prima di questa storia. Perché non può tornare tutto come prima? Ciascuno ha i suoi segreti, ciascuno non fa niente per scoprire quelli dell'altro... una cosa così, se...»
    Yannick non la lasciò finire.
    «No.»
    «Per caso ti sei innamorato di quella tizia? Non fai altro che guardarla con la bava alla bocca. Guarda che ti capisco, se mi dici che preferisci le brune.»
    A Yannick sfuggì un sorriso.
    «Il colore di capelli, in una donna, non è il dettaglio che mi attrae maggiormente.»
    «Per caso punti tutto sugli occhi?»
    «Nemmeno.»
    «Finalmente uno sincero. Per tutta la vita sono stata a sentire ragazzi che non facevano che ripetermi che ho dei begli occhi, ma in realtà volevano semplicemente dire che erano attratti dal mio fondoschiena.»
    «Per caso apprezzi la sincerità soltanto in certi momenti, a tua discrezione, mentre quando non ti fa comodo preferisci le fidanzate isteriche che impediscono ai loro compagni di avere interazioni con altre donne?»
    Alysse non replicò a quella provocazione.
    Gli chiese, piuttosto: «Cosa ti fa pensare che io voglia fregarti?»
    Yannick le ricordò: «Sai che sono un pilota.»
    Alysse insisté: «Lo so perché me l'hai detto tu.»
    «Hai fatto insinuazioni a proposito della mia identità» le ricordò Yannick. «Era di più di quanto potessi tollerare.»
    Alysse sorrise.
    «Per caso ci ho azzeccato? Mi pare di averti attribuito l'identità di Argento Novantuno, qualche tempo fa. In tal caso si spiegherebbe come mai ti comporti così da stronzo: sei abituato a farlo quando hai il casco in testa e continui a farlo anche quando sei senza.»
    «Se ti dicessi che non sono quello stronzo mi crederesti?»
    «No. Il fatto che tu l'abbia definito uno stronzo me ne convince ancora di più.»
    «Se fossi io, non ci terrei così tanto a parlare male di me stesso.»
    Alysse lo guardò negli occhi con insistenza.
    «Non sono nata ieri. Quando vi infilate la tuta e il casco diventate personaggi. Certo, rimanete personaggi più anonimi, rispetto a quelli di un tempo che sbandieravano ai quattro venti il loro nome e cognome e che nell'era dei social avrebbero fatto cose tipo pubblicare foto in mutande sui loro profili o raccontare a tutti che cos'hanno mangiato per colazione, ma siete pur sempre personaggi. Qual è il modo migliore per farsi notare, se non comportarsi in una maniera che salti all'occhio? Quindi c'è chi si comporta costantemente da gentleman e chi si comporta costantemente da stronzo. Tu appartieni alla seconda categoria, perché Argento Novantuno sei tu.»
    «Grazie per la lezione di psicologia. Adesso possiamo bere qualcosa?»
    «Sì, purché sia analcolico.»
    «Sono una persona saggia, Alysse. Magari potrò anche interpretare la parte dello stronzo, ma non mi va proprio di passare alla storia come un ubriacone.»
    Alysse si sedette di fronte a lui.
    «Sono contenta che tu abbia cambiato idea.»
    «Non ho cambiato idea» replicò Yannick. «Ho solo pensato che sì, forse mi vuoi fregare, ma posso cercare di evitarlo.»
    Alysse gli strizzò un occhio.
    «È già un passo avanti.»
    «O indietro, a seconda della prospettiva con cui guardi le cose.»
    «Di prospettiva ce n'è una sola ed è quella che siamo qui, uno di fronte all'altra, e che all'improvviso la donna dai capelli neri e il suo accompagnatore fanno parte di un mondo che non ci riguarda.»
    Yannick scosse la testa.
    «Per niente. Quella donna non mi convince. Lavora per la A+.»
    «Da come ne parli, sembra che la A+ sia un covo di vipere pronte a scagliarsi contro chiunque.»
    «Esageri nel definirla con quei termini, ma non c'è tanta differenza, temo.»
    «Può darsi, ma che differenza fa? Per caso quella donna ha a che vedere con te in qualche modo?»
    «No.»
    «E il tipo che c'è con lei?»
    «Non so chi sia, ma ha un'aria familiare. Mi piacerebbe scoprire chi fosse.»
    Alysse gli indicò la donna che si alzava e si allontanava dal tavolo.
    «Sta andando in bagno.»
    «E allora?»
    «E allora ho un gran bisogno di andare in bagno anch'io. Se vuoi approfondire la questione, puoi approfittare della mia presenza.»
    Si alzò in piedi a sua volta.
    «Dove vai?» volle sapere Yannick.
    «Che domanda. Vado in bagno!»

    ***

    Il corridoio che conduceva alla toilette era più lungo di quanto Alysse potesse immaginare.
    Il bagno delle donne era proprio in fondo.
    Alysse percorse i metri che la separavano dall’obiettivo chiedendosi come potesse avvicinare la donna dai lunghi capelli scuri senza destare sospetti. Non era normale interpellare una perfetta sconosciuta per chiederle per chi lavorasse, quindi doveva tenere a freno la lingua, se non voleva rischiare di essere mandata al diavolo dopo due secondi contati.
    Era ancora immersa in quelle riflessioni quando qualcuno la afferrò per un braccio.
    Alysse si fermò di scatto, travolta da un brivido.
    «Vieni con me» le ordinò una voce maschile.
    Parlava in inglese con un forte accento latino, probabilmente spagnolo.
    «Chi sei?» chiese Alysse. «Cosa vuoi?»
    «Non importa chi sono io» rispose l’uomo.
    Girandosi verso di lui, Alysse lo riconobbe come l’accompagnatore della donna che si era diretta verso la toilette.
    «Quello che importa» riprese lui, in tono beffardo, «È chi sei tu. Ti sembrerà strano, ma non appena ti ho vista muoverti ho capito chi fossi.»
    Alysse, che aveva ritrovato la propria sicurezza, non si scompose.
    «Non ho idea di che cosa tu stia parlando.»
    «Fidati di me. Ti ho riconosciuta. Non so se si tratta dei tuoi passi, non so se si tratta di come ti muovi, ma... insomma, te lo ribadisco, so chi sei e ti chiedo di seguirmi fuori.»
    Alysse si tirò indietro, liberandosi dalla sua stretta.
    «Io non ti seguo da nessuna parte.»
    «Invece ti conviene farlo anche subito. C’è un’uscita secondaria, da questa parte. Nessuno deve vederci.»
    «Molto tempo fa mia madre mi ha insegnato che non devo andare da nessuna parte insieme a chi non conosco.»
    «Alla tua età sei grande abbastanza per dire a tua madre che deve badare ai fatti suoi. Avanti, vieni con me, non costringermi a trascinarti fuori con la forza. Ti assicuro che, per una giusta causa, lo potrei fare.»
    «Qual è la giusta causa?»
    «Che hai i giorni contati, o forse i minuti. Ti sei cacciata in un grosso casino e, se ascolti quello che ho da dirti, esiste qualche possibilità che tu possa salvarti.»
    Alysse strabuzzò gli occhi.
    Quel tipo doveva essere un megalomane.
    Meglio così: i megalomani, di solito, non avevano la reputazione di essere pericolosi. Avrebbe potuto seguirlo fuori dal bar, passando per un’uscita secondaria, senza temere per la propria incolumità.
     
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    Tabagi's father

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    Oh, finalmente sono riuscito a leggere i capitoli mancanti!

    La storia fila come un treno, ora voglio proprio vedere cosa accadrà!
     
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    CITAZIONE (Pilotimotori @ 23/2/2019, 00:52) 
    Oh, finalmente sono riuscito a leggere i capitoli mancanti!

    La storia fila come un treno, ora voglio proprio vedere cosa accadrà!

    Effettivamente quei capitoli li ho scritti anch'io dritta come un treno. :D
    Poi ho rallentato un po' (ho dedicato più spazio alle presentazioni e ai test, poi XD), anche se comunque sono già a buon punto. Penso che stasera aggiornerò a breve. :D
     
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    Capitolo 11
    Blackout


    Alysse si risvegliò con un odore forte che le arrivava alle narici.
    Non aveva idea di che cosa stesse accadendo intorno a lei.
    Era sdraiata, coperta da un lenzuolo.
    Non aveva freddo, ma nemmeno caldo.
    Aveva le braccia rivolte verso l'alto, i polsi saldamente legati al letto.
    Dov'era?
    Aveva la mente confusa e tutto ciò che ricordava era di avere seguito un uomo fuori da un bar di Spa.
    Era mercoledì, era il tardo pomeriggio e di lì a qualche giorno si sarebbe svolta la tappa belga del campionato della A+ Series.
    "Per Yannick" realizzò Alysse, "Si tratta di una sorta di gran premio di casa, anche se Argento Novantuno non ha una nazionalità."
    Quel pensiero la sorprese in positivo: aveva la mente annebbiata, ma riusciva a ricordare la sua congettura a proposito dell'identità che Yannick assumeva quando scendeva in pista.
    L'aveva incontrato al bar.
    Avevano parlato e Yannick, ancora una volta, aveva proferito in accuse senza né capo né coda.
    Diversamente da quanto accaduto in passato, tuttavia, era stato più accomodante. Probabilmente desiderava mostrarsi alla graziosa donna dai capelli neri in dolce compagnia, incurante del fatto che la graziosa donna dai capelli neri fosse immersa in una fitta conversazione con il suo cavaliere - l'uomo con la barba che aveva condotto Alysse fuori dal bar, blaterando qualcosa a proposito della sua fine imminente, se non l'avesse degnato della giusta attenzione - e che in quel momento Yannick fosse con tutta probabilità l'ultimo dei suoi pensieri.
    Cos'era successo dopo?
    Era stato l'uomo con la barba a ridurre Alysse in quello stato?
    Era un pensiero assurdo.
    Era molto più probabile essere nel bel mezzo di un'amnesia: l'essere uscita dal bar insieme a quel tizio doveva essere l'ultima cosa che riusciva a ricordare, ma non l'ultima che le era successa prima di ritrovarsi lì.
    Non era possibile scomparire che fosse scomparsa nel nulla e che Yannick non fosse andato a cercarla.
    Un pensiero spiazzante la folgorò: "Oppure potrebbe non avermi trovata."
    Mosse le braccia.
    Tentò di allentare le corde, ma non c'era nulla da fare.
    Chi l'aveva legata lì voleva essere certo che non se ne andasse.
    Dov'era Yannick?
    Quanto tempo era passato dal momento del suo ultimo ricordo?
    Dalla finestra entrava la luce del giorno.
    Era ancora mercoledì?
    Era già giovedì mattina?
    Aveva dormito un'intera notte?
    Le sembrava impossibile, si sentiva stanca. Aveva solo voglia di abbassare le palpebre, di sprofondare nel sonno e di dimenticare...

    ***

    Yannick fissava con insistenza l'orologio.
    Erano passati esattamente sedici minuti e mezzo da quando Alysse si era alzata e si era diretta verso la toilette.
    Non solo, ne erano passati ben nove dal momento in cui Tina era tornata al proprio tavolo e aveva ordinato da bere.
    Il suo accompagnatore sembrava essersi volatilizzato, mentre Tina sorseggiava il contenuto colorato di un bicchiere di vetro.
    Yannick lasciò il proprio tavolo e la raggiunse.
    «Posso disturbarti un attimo?»
    «Dimmi.»
    «Hai incontrato Alysse, in bagno?»
    «Chi?»
    «La ragazza che era con me. Quella bionda, con...»
    Tina lo interruppe: «Sì, sì, ho capito. No, non l'ho vista.»
    Yannick le indicò la sedia vuota dell'uomo che era stato seduto a quel tavolo in precedenza.
    «Dov'è il tuo amico?»
    «È andato via.»
    «Quando?»
    «Un po' di tempo fa. Ci siamo salutati, poi io sono andata in bagno e...»
    Yannick non era interessato a quell'aspetto: se quell'uomo se n'era andato, non era più di suo interesse.
    «Sei proprio sicura di non avere visto Alysse in bagno? Doveva parlarti.»
    Tina aggrottò la fronte.
    «Ah, sì? E di che cosa?»
    «Della A+ Series. Tu lavori per il campionato, vero?»
    «Per chi lavoro non sono affari né tuoi né della tua amica» replicò Tina. «Se non la trovi, perché non provi a contattarla sul cellulare?»
    «Perché l'ha infilato nella tasca della giacca davanti ai miei occhi e, quando si è alzata per andare in bagno, ha lasciato la giacca sulla sedia.»
    «Non sarà andata lontano, immagino. Hai pensato di andare in bagno a controllare?»
    «Andare nel bagno delle donne?»
    «Suvvia, Yannick, non siamo negli Stati Uniti, dove tutti sembrano ossessionati da chi entra in quale bagno, al punto da legiferare in proposito. Comunque, se non vuoi andarci da solo, verrò con te.»
    «Hai idea di che idee potrebbe farsi la gente, se ci vedesse?»
    «Se qualcuno ci vedrà, dirai che sono tua moglie, che sono incinta, che non mi sento bene e che, per questa ragione, mi hai accompagnato in bagno.»
    «Sei sicura che funzionerà?»
    «Il tuo scopo non è quello di farti credere da eventuali sconosciuti che si fanno dei film, quanto piuttosto quello di trovare la ragazza, mi pare di capire. È questo che deve funzionare.»
    Non funzionò.
    Non vi era alcuna traccia di Alysse, all'interno del bar.
    Yannick arrivò a pensare che si trattasse di uno scherzo di quella diabolica ragazza.
    Lasciò la sua giacca e il suo cellulare in custodia al barista, su suggerimento di Tina.
    Il giorno dopo si presentò a chiedere se Alysse fosse tornata. Si sentì rispondere che era venuta accompagnata da un uomo con la barba, nelle prime ore della serata, chiedendo se qualcuno avesse trovato i suoi effetti personali che aveva lasciato incustoditi. Il barista si era accertato della sua identità: l'aveva riconosciuta sia nelle fotografie sui documenti, sia in quella che teneva come sfondo nello schermo dello smartphone.
    Yannick si pentì del tempo sprecato: qualunque fosse l'intenzione di Alysse, non aveva senso stare dietro a quello che faceva. Il suo comportamento inspiegabile non lo riguardava più.

    ***

    Alysse era sdraiata sul letto, nell'attesa, senza preoccuparsi che la sua impeccabile acconciatura potesse rovinarsi o che l'abito da sera scarlatto potesse sgualcirsi.
    Attendeva Alex, che sembrava non arrivare mai.
    Aveva sicuramente fatto tardi per questioni lavorative: essere il segretario del CEO della A+ Series era impegnativo, ma lo stipendio era ottimo.
    Negli ultimi tempi Alex aveva preso a guadagnare molto di più. Quando Alysse gli aveva chiesto delucidazioni, era stato piuttosto evasivo. D'altronde anche lei aveva i suoi segreti, lavoro e vita privata non dovevano mai fondersi troppo.
    Quella sera non avrebbero parlato di lavoro... se Alex fosse tornato e fossero usciti a festeggiare il loro anniversario, come avevano programmato.
    Una voce, dentro di lei, le suggeriva che Alex non sarebbe tornato, che l'oblio l'avrebbe risucchiato...
    ...
    ...
    ...oblio, oblio, oblio. Le venne da pensare a una leggenda di cui aveva sentito parlare, da qualche parte: il loto veniva definito fiore dell'oblio, perché si narrava che quello fosse l'effetto che faceva a chi ne inalava l'esalazione.
    Alysse non aveva idea di quale odore avessero i fiori di loto.
    Non aveva nemmeno la più pallida idea di che cosa le stesse facendo pensare ai fiori di loto.
    La porta si aprì e ne entrò Alex.
    La mente di Alysse si mise alla ricerca di associazioni di idee.
    Chiuse gli occhi.
    Quando li riaprì, era legata a un letto sconosciuto.
    Chiuse gli occhi un'altra volta.
    Li riaprì nuovamente.
    Loto.
    Lotus.
    Nero e oro.
    John Player Special.
    Alex aveva acceso il televisore di fronte al letto.
    Una monoposto dei primi anni novanta veniva inquadrata in primo piano.
    L'inquadratura sparì in fretta, ma Alysse fece in tempo a realizzare di che vettura si trattasse. Ormai gli anni della livrea nera e oro erano passati da tempo, la Lotus non era più sponsorizzata dallo storico marchio di tabacco e soprattutto non era più una squadra sulla cresta dell'onda, bensì un team dei bassifondi, forse destinato a una mesta fine.
    «Dobbiamo uscire, Alex» dichiarò. «È già tardi, non possiamo guardare la gara.»
    «Non è una gara» replicò Alex. «È un review. Ci sono alcune scene inedite. È questa la ragione del mio aumento di stipendio.»
    Alysse raggelò.
    «Perché sei qui?» domandò. «Avresti dovuto fare tardi, oggi. Avresti dovuto non arrivare mai. Avrei dovuto accendere il computer e trovare una tua e-mail, in cui mi dicevi che l'avresti fatta finita.»
    Il tè.
    Il veleno.
    Maelle, la social media manager di cui qualcuno, di tanto in tanto parlava ancora.
    Le immagini si susseguirono rapide nella mente di Alysse.
    Cinquantadue.
    Maelle.
    Cinquantadue le aveva parlato di Maelle, quando erano usciti dal bar.
    Alysse aveva appena notato di non avere portato con sé né la giacca né il cellulare. Voleva tornare dentro a prenderli, ma l'uomo che le aveva detto di essere Cinquantadue si era messo a parlare di Maelle e Alysse aveva rinunciato, convinta che quello che quel tizio aveva da dirle fosse più importante del suo telefono.

    ***

    Il cellulare si mise a squillare proprio nel momento meno opportuno: Cinquantadue stava per contattare il suo agente, il quale avrebbe dovuto comunicargli notizie importanti a proposito del suo futuro negli Stati Uniti.
    Riconobbe il numero di Tina Menezes e si domandò che cosa desiderasse ancora da lui quella donna.
    Rispose.
    «Sì?»
    «Cinquantadue, meno male che ti ho trovato.»
    «Cosa vuoi?»
    «Si tratta di Alysse.»
    «Chi?»
    «La ragazza che stava al bar insieme al tipo che era seduto accanto a me quando sei entrato.»
    Giusto, Alysse. Cinquantadue aveva compreso male quale fosse il suo nome e l'aveva ormai etichettata come Alice.
    «La conosci?»
    «No, ma ho bisogno di sapere se l'hai vista uscire dal bar.»
    «Sì» rispose Cinquantadue. «È venuta fuori insieme a me.»
    «Yannick la stava cercando. Si è preoccupato.»
    «Io e Alysse stavamo parlando di affari e non volevamo essere disturbati. Se il suo fidanzato, o quello che è, ha qualcosa da ridire, che se la sbrighi da solo senza rompere i coglioni. Ah, naturalmente lo stesso vale anche per te. Ora scusami, ma ho qualcosa di importante da fare.»
    Fece per riattaccare, ma sentì la voce di Tina che replicava: «Anche la presunta scomparsa di Alysse potrebbe essere importante. Per caso sai dov'è?»
    «No.»
    «Ne sei certo?»
    «Sì, che ne sono certo. Insomma, non me la sto scopando, se è questo che ti preoccupa. Perché dovrebbe preoccuparti, poi? In ogni caso ti saluto. Addio, Tina. Quando vincerò la Cinquecento Miglia di Indianapolis ti dedicherò la vittoria.»

    ***

    Due luoghi diversi si sovrapponevano, tanto che Alysse faticava a comprendere quale dei due fosse reale.
    Sapeva che Alex e il televisore sul quale stavano seguendo il review non c'erano, ma si rifiutava di accettare quella consapevolezza.
    Vetture dai colori scintillanti attiravano la sua attenzione, tanto che attendeva le sporadiche inquadrature dei pre-gara e dei post-gara per rivolgere lo sguardo ad Alex.
    «Non capisco. Cos'hai fatto?»
    Alex sorrise.
    Non smetteva più di sorridere e Alysse lo trovava insopportabile.
    «Non capisci?»
    «No, non capisco.»
    «Cosa vedi?»
    «Hockenheim. Un incidente. Un enorme incidente. L'ha innescato un giovane e spregiudicato combinaguai al volante di una vettura bianca e rossa.»
    La vettura bianca e rossa, all'improvviso, aveva un nome e un main sponsor.
    McLaren.
    Marlboro.
    Per quanto tempo quei nomi erano rimasti seppelliti nella sua mente, aspettando il momento propizio per uscire prepotentemente allo scoperto?
    Ai box le fiamme si alzavano da una monoposto verde e azzurra: un pitstop era andato leggermente storto, anzi, molto di più che leggermente.
    «Quello è un top team» mormorò Alex, «Ma quel tipo non mi pare un top driver. Chissà, magari un giorno avrà la propria rivincita.»
    «Ne dubito» obiettò Alysse. «Nel motorsport le rivincite non esistono. Chi nasce per fare il backmarker continua a fare il backmarker.»
    «Non sono così romantico da pensare che da un giorno all'altro tutto possa cambiare» replicò Alex, «Ma c'è tipo e tipo di vendetta. Magari quel pilota potrebbe avere avuto un figlio...»
    «Capisco cosa vuoi dire. Il figlio potrebbe avere risultati eccellenti e fare dimenticare i maldestri tentativi del padre di fare altrettanto.»
    «Qualcosa del genere.»
    «Peccato che nessuno lo scoprirà mai. Un ipotetico figlio di quel pilota si chiamerebbe comunque Cinquanta, Sessanta, Settanta, Settantuno o qualcosa del genere, per il grande pubblico, per gli addetti ai lavori e per chiunque a parte per se stesso. Nemmeno suo padre potrebbe sapere che si tratta di lui.»
    «Hai ragione» convenne Alex. «Non ci avevo pensato.»
    «Non sarebbe stato meglio» gli domandò Alysse, «Se tutto fosse rimasto com'era prima?»
    «E perché avrebbe dovuto rimanere come prima? Erano tempi bui, in cui...»
    Alysse non lo lasciò finire.
    «No, Alex, non erano tempi bui. All'epoca era tutto diverso, non c'era bisogno di nascondersi e...»
    «E accadevano cose come il disastro di Monza.»
    «Non dire assurdità. Il disastro di Monza non è mai esistito. Lo sai bene anche tu, non prendermi in giro.»
    Non aveva mai affermato nulla di tutto ciò davanti ad Alex, ma c'era sempre una prima volta.
    «Quindi» realizzò Alex, «Le mie doti di comparsa non sono passate inosservate.»
    «Comparsa?»
    Alysse non comprese.
    Concentrò l'attenzione sullo schermo: ormai la Benetton sponsorizzata Mildseven in fiamme era solo un ricordo molto lontano.
    Un paio di minuti avevano fatto volare via mesi e una Williams blu sponsorizzata Rothmans stava tagliando il traguardo di Estoril in prima posizione.
    Il mondiale si stava lentamente avviando verso l'epilogo ad Adelaide, ma doveva prima passare per Suzuka.
    «È quasi finito» osservò Alysse. «Tra poco potremo uscire.»
    «No, affatto» replicò Alex. «Questa prima parte comprende tre anni, gli anni dei mondiali. Ce la vedremo tutta.»
    «Ma l'anniversario...»
    «L'anniversario può attendere. Non pensi a quanti soldi sono entrati in casa nostra, questo mese?»
    «Sì, ci penso, ma ne vale la pena?»
    «Non lo so, non mi sono fatto queste domande. Ho solo dovuto pettinarmi come dicevano loro, indossare una tuta da pilota e posare per qualche inquadratura da lontano o da dietro. Mi sono entrate in tasca migliaia di euro, per un lavoro così semplice. Non possiamo fare niente per far tornare indietro il passato. Anche se qualcuno dovesse accusare la A+ Series e i suoi vertici di avere diffuso dei fake, non si potrebbe più tornare indietro: l'epoca in cui non c'erano televoti, in cui le squadre avevano un nome e una storia, in cui i piloti avevano un nome e in cui tutti iniziavano ad avere chiaro che per la sicurezza era stato fatto tanto, ma non abbastanza, non torneranno mai più. Non possiamo interrogarci su quello che sarebbe successo, senza il disastro di Monza.»
    «Invece possiamo» insisté Alysse. «Quell'epoca non era così brutta come la si descrive. Si poteva salvare il salvabile e...»
    «E vivere vent'anni, cinque mesi e quattro giorni di tregua» rispose Alex. «Vent'anni, cinque mesi e quattro giorni di gente che si lamentava che lo spettacolo non era più piacevole come un tempo.»
    «Vent'anni, cinque mesi e quattro giorni?» ripeté Alysse. «Di cosa parli, Alex?»
    «Non lo so di cosa parlo, il tempo ho provato a quantificarlo così, a caso» ammise Alex, «Ma ogni tregua, prima o poi, finisce. Per quanto ci si impegni a tenere lontani certi fantasmi, prima o poi trovano una fessura da cui intrufolarsi. Per quanto sia possibile arrivare all'illuminazione, rimarrà sempre un po' di buio. Ci sarà sempre un momento in cui si sottovaluterà qualcosa e quell'errore avrà conseguenze fatali.»

    ***

    Il CEO sorrise.
    «Più vedo questi filmati e più rimango colpito dalla sua interpretazione magistrale, signor Mercier.»
    Alex scosse la testa.
    «No, non ho fatto nulla di speciale. È tutto merito dei truccatori e delle inquadrature. Chiunque altro potesse essere camuffato per quel pilota poteva avere successo. La mia interpretazione non è stata poi così eccezionale.»
    «Lo ribadisco, è stato eccellente: nessuna personalizzazione, nessun momento in cui lei sia stato Alexandre Mercier.»
    «Appunto.» Alex ridacchiò. «Quando farò vedere a mia moglie gli highlights, non si accorgerà nemmeno che sono io.»
    Si pentì immediatamente di avere pronunciato quelle parole. Era certo che significassero la fine per lui e che il CEO avrebbe preso provvedimenti nei suoi confronti. L’unico provvedimento che gli veniva in mente era una grossa riduzione di stipendio.
    Cercò di non mostrarsi troppo sorpreso, quando il CEO non replicò e si limitò a invitarlo a non lasciare diventare troppo freddo il suo tè.
    Alex portò alla bocca il bicchiere che proveniva dai distributori automatici.
    Gliel’aveva portato il CEO poco prima.
    Bere quel tè fu il più grave errore della sua vita... e fu l’ultimo.

    ***

    Illuminazione.
    Buio.
    Conseguenze fatali.
    Il review mostrava vetture che a primo impatto non avevano un’identità ben precisa. Tutti i piloti di casa erano già fuori, dopo pochi giri e non solo loro.
    Un giapponese scendeva da una vettura con il numero 32.
    Ad Alysse venne da pensare a Trentadue, che dopo le prime due tappe si era portato prepotentemente in testa alla classifica della seconda divisione.
    Il giapponese con il numero 32 immortalato nel review non doveva avere avuto altrettanto successo, ai suoi tempi.
    Alysse si girò a guardare Alex, per l’ennesima volta.
    «Perché sei qui?»
    «Dove dovrei essere?» replicò Alex, con lo stesso tono piatto con cui avrebbe potuto chiederle di passargli una bottiglia d’acqua.
    «Non lo so» rispose Alysse. «So solo che i morti non guardano highlights di vecchi campionati. Non ti eri suicidato?»
    Alex rise.
    «Mi stai dicendo che, se qualcuno venisse a dirti che mi sono suicidato, crederesti a quella versione dei fatti senza mezzi termini?»
    «Non lo credo» puntualizzò Alysse, «Ma se fossi messa di fronte al fatto compiuto...»
    Alex non disse nulla.
    Alysse si concentrò sul televisore: un’auto bianca e rossa era finita fuori pista.
    «Sono arrivato a una conclusione, Alysse» borbottò Alex, a quel punto.
    «Ovvero?»
    «Ovvero che non importa il passaggio da una serie all’altra. Può succedere tutto allo stesso modo, anche se non negli stessi tempi. Non scopriremo mai i nomi dei piloti, ma chi sarebbe stato in grado di vincere in Formula 1 potrà vincere anche nella A+ Series.»
    «E i morti?» obiettò Alysse. «Pensi che i morti potranno tornare indietro?»
    «No, ma anche in Formula 1 non si sarebbe mai raggiunto uno status in cui la morte era impossibile. Non puoi chiedere un campionato di automobilismo in cui c’è la certezza che non morirà mai nessuno.»
    «Infatti non lo chiedo, ma c’è una notevole differenza tra il fare qualcosa per evitare la morte e il tentare di innescare incidenti mortali di proposito.»
    «Non sei tu quella che dice sempre che gli incidenti possono essere evitati e che sta tutto nell’abilità del pilota?»
    Alysse annuì.
    «Sì, i piloti migliori possono essere reattivi abbastanza da evitare molti incidenti. Questo non significa, però, che i più scarsi debbano essere carne da macello.»
    Il televisore non trasmetteva più immagini da Suzuka, la scena si era spostata su Adelaide.
    Poi l’incanto si spezzò: Alex non c’era più, Alysse non portava più l’abito da sera scarlatto ed era di nuovo legata al letto.
    Aveva sognato.
    Un dettaglio che richiamava la realtà, tuttavia, c’era: sulla parete ai piedi del letto c’era un grande televisore ultrapiatto. Stava trasmettendo la terza tappa del campionato, quella di Spa Francorchamps.

    Edited by Milly Sunshine - 23/2/2019, 01:52
     
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    Lo schermo era proprio sulla parete, di fronte al letto. Soltanto chiudendo gli occhi Alysse avrebbe potuto evitarlo, ma si stava sforzando di tenere gli occhi aperti.
    Era legata a un letto, non aveva idea di come fosse finita lì e, a giudicare dal fatto che si sentisse sempre più indolenzita con il passare del tempo, doveva essere stata sedata e l'effetto dell'antidolorifico iniziava a sfumare.
    Si aspettava che qualcuno le facesse visita e che le offrisse qualche genere di spiegazione, ma nessuno si degnava di raggiungerla.
    Era chiaro che non era più giovedì.
    Si stava svolgendo la tappa di Spa Francorchamps, quindi doveva essere domenica... oppure la domenica era già passata: senza il supporto dei social network era impossibile determinare se una trasmissione avvenisse live o in differita, pertanto poteva essere anche lunedì o qualsiasi altro giorno.
    Per quanto Alysse non avesse il benché minimo sospetto a proposito di chi o che cosa l'avesse condotta lì, era certa che prima o poi tutto sarebbe apparso più chiaro: se era lì, impossibilitata ad allontanarsi dal letto, doveva esserci qualcuno che aveva bisogno di lei, anche se non era chiaro che tipo di bisogno.
    Una voce, dentro di lei, insisteva a farle credere che il peggio fosse passato.
    Era un pensiero assurdo.
    Alysse non riusciva a capacitarsi del perché, in un simile momento, non riuscisse a fare altro che pensare ad Alex, al sogno che aveva fatto e alla tappa che stava per partire.
    Con Alex aveva parlato di quello che sarebbe successo, potenzialmente, se il vecchio campionato non fosse stato sostituito da quello nuovo.
    Secondo Alex - o meglio, secondo l'inconscio della stessa Alysse, che in sogno aveva assunto la forma di Alex - tutto quello che doveva succedere si sarebbe verificato ugualmente.
    Significava che nessuno poteva sottrarsi al proprio destino?
    Oppure significava che la A+ Series non poteva mutare il destino di nessuno?
    Il processo di selezione seguiva regole ben precise e tendeva a penalizzare chi si trovava nel posto sbagliato al momento sbagliato: vari piloti di seconda divisione avevano vinto il campionato, ma non erano riusciti a passare oltre perché non c'erano posti disponibili per loro in quello specifico momento. Altri, per contro, erano stati in cima alla classifica una volta soltanto, al momento giusto, ed erano stati promossi.
    "Chissà quanti talenti sono stati stroncati a quella maniera" realizzò Alysse. "Un tempo si parlava tanto degli sponsor e del fatto che chi non li aveva fosse penalizzato, ma trovare degli sponsor era più facile che trovarsi nel posto giusto al momento giusto sempre e comunque, correndo il rischio di vedere svanire tutto solo per un singolo momento negativo."
    Era assurdo formulare quel pensiero, lì in quella stanza, mentre era legata a un letto e le vetture erano schierate sulla griglia di partenza di Spa Francorchamps, ma era sempre meglio che pensare ad Alex.
    Quello che gli era successo, a distanza di cinque anni, era ancora inspiegabile. Aveva sciolto una compressa di cianuro solubile in un bicchiere di tè dei distributori automatici e si era avvelenato. Era accaduto nella sede centrale della A+ Series, in un ufficio in cui si era intrufolato chissà per quale ragione.
    Alysse non aveva mai perso troppo tempo a chiedersi com'era possibile che Alex si fosse procurato una compressa di cianuro e si fosse tolto la vita, perché era sempre stata molto pragmatica e sapeva bene che non le sarebbe piaciuta per niente la risposta. Aveva sempre preferito guardare oltre, anche se sapeva che nessuno sarebbe mai stato come Alex, per lei. Nessun uomo avrebbe mai avuto con lei quello stesso legame, ma non le era mai importato.
    Poteva rimanere sola.
    Poteva avere partner occasionali, oppure un fidanzato che non avrebbe mai amato come Alex.
    Non le importava niente, era già completa e una vita di coppia stabile non era l’ideale per chi viveva avvolto nel mistero.
    In più, era meglio evitare i legami troppo stretti: non avrebbe tollerato l'idea di assistere di nuovo alla fine improvvisa di qualcuno.
    Alex aveva tutto.
    Aveva appena ricevuto un aumento di stipendio piuttosto consistente.
    Non aveva dovuto fare nulla, tranne prestare la propria immagine, chissà per che cosa.
    Alysse non aveva mai voluto chiedersi dove fossero stati immortalati il suo volto lentigginoso e la sua espressione vagamente malinconica.
    Era servito un sogno per rendersi conto di averlo sempre saputo, un sogno dal quale avrebbe voluto fuggire a gambe levate.
    «Alex, devi andartene» mormorò Alysse.
    La voce usciva dalla sua bocca, come se nulla fosse.
    Dopotutto, perché non avrebbe dovuto potere parlare? Era sola, abbandonata e immobilizzata in una stanza a lei sconosciuta, sequestrata da chissà chi, ma questo non le aveva tolto la voce.
    Guardò il teleschermo.
    Era questione di minuti, ormai: i motori si sarebbero accesi e i settantacinque giri di Spa Francorchamps - un’infinita, per un circuito di quella lunghezza - sarebbero iniziati.
    Si concentrò su quello che vedeva.
    Due vetture grigio argento.
    Due vetture rosse.
    Due vetture viola.
    Due vetture gialle.
    Due vetture rosa.
    Due vetture blu.
    Due vetture arancioni.
    Due vetture turchesi.
    Due vetture verdi.
    Non era tanto diverso dai "vecchi tempi", quelli che non sarebbero più tornati. C'erano venti vetture di colori sgargianti e, da qualche parte del mondo, doveva esserci qualcuno che si lamentava che quei colori non erano sgargianti abbastanza, se confrontati con quelli di un passato che, a seconda delle occasioni, poteva anche essere esaltato, invece che demonizzato in quanto indicatore di un’epoca in cui c’era poco spettacolo.
    C'era qualcosa di ciclico nel motorsport, o forse c'era qualcosa di ciclico nei telespettatori, che non erano mai contenti. Avevano avuto l'illusione del controllo, ma ancora una volta, l'illusione del controllo non bastava, come non era mai bastato tutto il resto: c'era chi, parlando di tonalità, si lamentava addirittura del colore “poco appariscente” delle vetture verde smeraldo che tendenzialmente trascorrevano più tempo sul fondo che in cima alle classifiche.
    C'era qualcosa di ciclico anche nei colori stessi: i vecchi tempi erano terminati con Ferrari e McLaren che lottavano per il campionato, mentre nel periodo storico che Alysse stava vivendo la vettura scarlatta di Rosso Ventisette tentava di insidiare quella grigia di Argento Novantuno.
    Chissà cosa sarebbe successo, se le cose non fossero cambiate, come avevano accennato lei e Alex - lei e il suo inconscio, nei panni di Alex - nella loro conversazione, in sogno.
    Era assurdo chiederselo in un momento come quello, ma la mente di Alysse iniziò a interrogarsi sui possibili scenari di un'epoca contemporanea in cui tutto funzionava ancora come nei secoli bui.
    Chissà, forse la Mercedes avrebbe rilevato la McLaren.
    Oppure l'avrebbe abbandonata, rilevando un altro team.
    Per qualche motivo, quella teoria le appariva più intrigante. Chissà, magari in un alternate universe in cui la Formula 1 non era morta, la McLaren si sarebbe ritrovata nelle zone basse della classifica, con una vettura colorata di arancione, il suo colore storico, mentre un'argentea Mercedes collezionava vittorie in serie.
    «Sei proprio rintronata, Alysse» si disse. «Dovresti urlare, sperando che qualcuno ti senta e venga a liberarti.»
    Si rese conto, all'improvviso, del perché quell'aspetto non la preoccupasse più di tanto: era certa che, alla fine della tappa che veniva trasmessa alla televisione, qualcuno si sarebbe degnato di fornirle le spiegazioni che cercava e, chissà, magari anche di liberarla.
    Non c'era bisogno di preoccuparsi.
    Non c'era bisogno di fare alcunché, a parte pregare che arrivasse presto un'altra dose di antidolorifici, perché si sentiva sempre peggio.
    Poteva concentrarsi sulle immagini televisive che, più nitide che mai, in quel momento mostravano la vettura numero Tredici, proprio una di quelle del colore che Alysse aveva appena associato alla McLaren.
    Chissà che cosa ne sarebbe stato di Tredici, se la storia del motorsport non fosse cambiata radicalmente dopo il disastro di Monza...

    ***

    Pochi minuti, poi la terza tappa del campionato sarebbe ufficialmente partita.
    Arancione Tredici aveva già capito da tempo, forse ancora prima che dall'inizio della stagione, che anche quello sarebbe stato un anno ricco di sofferenze, proprio come gli anni precedenti.
    Più di una volta gli era sembrato di avere bruciato la propria occasione.
    Era stato in testa alla classifica della seconda divisione a lungo, diversi anni prima, all'epoca in cui Cinquantadue aveva vinto quei suoi due titoli mondiali a cui non c'era mai stato un seguito, essendo stato soppiantato nella scala gerarchica da giovani emergenti e da vecchie glorie che non si erano mai rassegnate a non portarsi a casa ciò che ritenevano un loro diritto.
    Era stato in testa alla classifica, aveva addirittura vinto un campionato, ma non era servito a niente: non si erano liberati posti, in quel momento, e ogni volta in cui, in seguito, c'era stato un ricambio generazionale, non era mai arrivata la sua occasione. Sembrava che tutti uscissero di scena proprio quando aveva avuto qualche sventura e si era ritrovato scavalcato da altri in cima alla classifica della seconda divisione.
    Poi era arrivato il suo momento.
    Era arrivato alcuni anni prima, a stagione in corso, e si era detto che l'anno successivo sarebbe venuto il suo momento di gloria.
    Il momento di gloria non era mai arrivato e, in più, l'arancione non sembrava un colore che colpiva l'immaginario collettivo.
    Avrebbe potuto speronare avversari con la stessa grazia di Rosso Ventisette, lamentarsi costantemente e vedere complotti come Argento Novantuno o avere un bel paio di occhi azzurri come Viola Settantasette - non che il suo background etnico rendesse probabile un simile colore per le sue iridi, ma quello era un dettaglio secondario - senza essere al centro dell'attenzione.
    Era uno dei tanti che stavano nel posto sbagliato al momento sbagliato, ma Arancione Tredici era sempre stato sicuro, fin da quando si chiamava ancora solo Tredici, in seconda divisione, di essere destinato a un futuro fatto di successi.
    Erano in tanti, quelli pronti ad affermarlo, ma la maggior parte di loro si limitavano a sopravvalutare le proprie capacità. Tredici sentiva di essere superiore a gran parte di loro, anche se non aveva ancora avuto la possibilità di dimostrarlo.
    Quello, tuttavia, non era il momento migliore per recriminare o per farsi viaggi mentali a proposito di un presente alternativo.
    La terza tappa stagionale lo stava attendendo e, come ogni volta, Arancione Tredici avrebbe fatto il possibile per sottrarsi al suo destino di apparente mediocrità.

    ***

    I ricordi, a poco a poco, iniziarono a riaffiorare.
    Un contatto alla partenza: le vetture di Rosso Ventisette e di Viola Dodici che venivano a contatto...
    C'era qualcosa di familiare, in quello che Alysse vedeva sul teleschermo, che la convinceva che doveva essere accaduto qualcosa - che dovevano essere accadute molte cose - tra il momento in cui era uscita dal retro del bar insieme al sedicente Cinquantadue e quello in cui si era risvegliata su quel letto.
    Se non altro c'erano elevatissime probabilità che Cinquantadue non avesse nulla a che vedere con il suo rapimento, e quella era una prospettiva che la allietava.
    L'uomo con la barba che si era presentato come Cinquantadue le sembrava un po' troppo altezzoso, per i suoi gusti, e un po' troppo sicuro di se stesso, ma a parte questo le aveva dato l'impressione di essere una brava persona. Non le restava che sperare che lo fosse davvero e che fosse facilmente suggestionabile.

    ***

    Le inquadrature andavano a cercare Rosso Ventisette, anche se era sprofondato nelle retrovie poco dopo lo start, coinvolto in un contatto con il compagno di squadra di Viola Settantasette.
    Cinquantadue era convinto che Argento Trentanove, per una volta che stava combinando qualcosa di positivo, meritasse di essere il fulcro dell'attenzione della regia, ma quella sua sensazione non si stava concretizzando in realtà.
    C'era solo Rosso Ventisette.
    Non aveva importanza, prima o poi la sua fama sarebbe sfumata, succedeva sempre a tutti.
    "Solo io non sfumerò ancora per molto tempo" realizzò Cinquantadue.
    Non c'era ancora niente che fosse nero su bianco, ma era ormai certo di avere un ingaggio.
    Presto sarebbe avvenuto il suo debutto nel maggiore campionato a ruote scoperte degli Stati Uniti. La sua presenza l'avrebbe fatto tornare alle luci della ribalta, così come lui stesso: sarebbe stato di nuovo al centro dell'universo, come aveva tanto desiderato e come aveva avuto l'illusione che fosse accaduto quando era più giovane.
    Chissà, magari la A+ Series sarebbe tornata a cercarlo, annullando la squalifica vita natural durante in nome del suo successo.
    Prima o poi Rosso Quindici si sarebbe deciso ad andare in pensione - si narrava che fosse giovane, ma un ambiente competitivo come la A+ Series non faceva per lui - e Cinquantadue sarebbe tornato nel proprio team.
    Non che il colore della monoposto fosse il centro del mondo. Guidare una vettura rossa non significava guidare per un marchio storico come la Ferrari... e poi, in ogni caso, da bambino non era mai stato ferrarista, ma anzi, tifava McLaren. Se gli fosse riuscito di approdare ad un'altra squadra e fosse riuscito a vincere un mondiale con un team diverso, come aveva fatto Sette molti anni prima, sarebbe divenuto ancora di più una figura iconica dell'automobilismo moderno.
    Quelle considerazioni facevano trapelare un certo grado di ottimismo che, fino a pochi giorni prima, Cinquantadue non avrebbe avuto né immaginato di poter avere in tempi brevi. La quasi certezza di potere gareggiare a Indianapolis, nel mese di maggio dell'anno successivo, gli aveva restituito quella serenità che per lungo tempo non era stato certo di potere trovare.
    Rimanere fuori dai giochi prima del tempo, con l’esclusione dalla A+, era stato un duro colpo, per lui, ma si era ripreso alla grande. Si era accorto che un'altra stagione di alti e bassi - non era più popolare come un tempo, i voti contro di lui erano di più rispetto a quelli a suo favore - sarebbe stata una perdita di tempo. Ormai la A+ Series, che lo snobbava come se non fosse stato un ex campione del mondo, non faceva più per lui. Non sarebbe tornato, se non ci fosse stato qualche genere di cambiamento... o forse sì, perché sarebbe stato lui stesso il cambiamento.
    Sorrise, ripensando ad Alysse.
    Se quella ragazza avesse potuto leggergli nella mente, probabilmente gli avrebbe suggerito di darsi meno arie.
    Non capiva.
    Non poteva capire.
    Non aveva capito nemmeno un concetto così semplice come il suo essere in pericolo...
    A proposito, il fatto che Alysse potesse essere in pericolo non era da tralasciare.
    L'ottimismo che aveva invaso Cinquantadue fino a pochi istanti prima lasciò il posto a un vago senso di inquietudine.
    Qualcosa di terribile stava per succedere, ne era certo.

    ***

    Ad Annika bastava poco per sentirsi al settimo cielo.
    Quando era bambina e suo zio la portava a correre sui kart aveva sognato tanto a lungo di essere laddove si trovava Boris in quel momento.
    I suoi genitori gliel'avevano impedito: una ragazzina di buona famiglia non poteva diventare pilota, quindi aveva dovuto farsene una ragione.
    Annika aveva odiato i suoi familiari per quella ragione, ma era passato tanto tempo.
    Se rinunciare ai propri sogni era servito per vedere Boris realizzare i propri, allora ne era valsa la pena.
    Era sotto di tantissimi giri, ma vederlo davanti a tutti era qualcosa di indescrivibile. Era un vero peccato che il concetto di gran premio fosse stato cancellato con il passaggio dalla Formula 1 alla A+ Series: in un contesto in cui non contava soltanto il mondiale, quel giorno Boris, altresì noto come Argento Trentanove, poteva giocarsi la vittoria.
    Poi accadde qualcosa.
    Annika si distrasse un attimo, attirata da un rumore che proveniva da fuori dalla finestra.
    Quando tornò a posare gli occhi sul televisore, la vettura argentea di suo figlio stava finendo in testacoda proprio alla fine del rettilineo del Kemmel.

    ***

    In una situazione normale, il CEO lo sapeva, il mondo si sarebbe spaccato in due: una parte avrebbe dichiarato che i soccorsi erano stati tempestivi e che quindi la A+ Series aveva la coscienza pulita, un'altra parte, i soliti guastafeste, avrebbero fatto polemiche senza né capo né coda.
    Naturalmente la parte predominante sarebbe stata la prima e tutti si sarebbero lasciati guidare dalla saggezza.
    Nessuno, all'esterno, poteva essere in grado di capire che il personale intervenuto per soccorrere il pilota non lo stava davvero soccorrendo.
    Quello non era un caso normale: tutti sarebbero stati convinti che Argento Trentadue venisse condotto al centro medico e poi in ospedale.
    Non sarebbe andata così, e non sarebbe andata così proprio perché Argento Trentanove poteva essere salvato: proprio per quella ragione bisognava evitare i soccorsi, per lasciarlo morire.
    Nessuno avrebbe mai saputo la verità.
    Se il piano fosse riuscito, e il CEO era certo del successo, nessuno al mondo si sarebbe accorto della dipartita del giovane pilota conosciuto come Argento Trentanove.
    Bastava premere qualche pulsante.
    Bastava poco per realizzare l'obiettivo.
    Era un vero peccato che l'uccisione di Maelle si fosse resa necessaria: se quella donna fosse stata meno scaltra, avrebbe potuto vivere abbastanza a lungo per ammirare ciò che lei stessa, insieme ai suoi colleghi, che si erano accontentati di un ruolo di maggiore spessore dimenticandosi di Rosso Ventisette, aveva sperato che potesse accadere.
    Mancavano ancora quarantanove giri di gara, ci sarebbe stato tutto il tempo per intervenire, ma era meglio non aspettare tanto: poteva accadere qualunque genere di imprevisto e, se il pilota incriminato si fosse ritirato prima del tempo, sarebbe stato tutto inutile.

    ***

    Dopo il contatto con Viola Dodici al via, Rosso Ventisette si era fatto largo risalendo una posizione dopo l'altra.
    Ai vecchi tempi ci si sarebbe avvicinati alla zona punti, con una rimonta come quella, ma il concetto di zona punti era andato perduto con l'avvento della A+ Series.
    Tutto sembrava procedere nella giusta maniera, ma il destino aveva disposto diversamente.
    Quando la potenza iniziò ad aumentare a scatti, Rosso Ventisette comprese che c'era qualcosa che non andava.
    Perse il controllo nello stesso punto in cui, diciassette giri prima, era uscita di scena una delle due vetture color argento.
    Tentò di evitare le barriere, ma era ormai impossibile fare alcunché.
    Si schiantò e tutto fu buio.

    ***

    I replay continuavano a susseguirsi, uno dietro l'altro. Alysse aveva già visto almeno una ventina di volte il botto di Rosso Ventisette contro le barriere di protezione.
    La monoposto era ridotta in condizioni pietose e il telecronista non faceva altro che alludere al fatto che, chissà, forse anche il pilota avrebbe potuto essere messo male tanto quanto la vettura al volante della quale era andato a sbattere.
    Poi la porta si aprì.
    Ne entrò una figura familiare, un uomo che Alysse conosceva bene.
    «Vedo che è sveglia, signorina Alysse.»
    L'immagine di Alex le apparve chiara e ben definita nella mente.
    Anche se era morto nel giorno del loro primo anniversario di matrimonio, questo non la rendeva nubile.
    «Signora» precisò.
    «Vedo che è sveglia, signora Alysse» si corresse l'uomo, sprezzante. «Le piace guardare al capello, a quanto pare. Peccato, perché stavo per farle una proposta che forse va ben oltre il suo concetto di precisione e la sua volontà di avere ruoli ben definiti.»
    «Di cosa parla?»
    «Ha visto la gara, immagino.»
    «Sì.»
    «Ha visto Rosso Ventisette uscire di pista, quindi.»
    Alysse rabbrividì.
    Una sensazione terribile si fece largo dentro di lei.
    Quasi balbettava, quando domandò: «C-cos'è successo a R-rosso Ventisette?»
    L'uomo che aveva di fronte sorrise.
    «È morto.»
    Alysse spalancò gli occhi.
    «Cosa?!»
    «È morto sul colpo, senza soffrire.»
    «No, non è possibile.»
    «Certo che lo è. O almeno è possibile che la gente lo creda.»
    «È assurdo.»
    «Tutto ciò è meno assurdo di quanto possa sembrare a primo impatto. Anzi, credo che ci sarà un immenso ritorno commerciale. Cose del genere potrebbero succedere ovunque, ma a volte succedono nel posto giusto... più o meno. Spa rimane sempre Spa, però il fatto che sia avvenuto in Belgio lo rende mille volte più affascinante che se fosse capitato altrove.»
    Alysse comprese l’allusione più in fretta di quanto avrebbe potuto pensare e si sentì subito invadere da un fortissimo senso di nausea.
    «Che cosa sta dicendo? Come...» Non trovava nemmeno le parole per esprimere il proprio disgusto, ma sentiva di dovercela fare, senza essere troppo diretta. «Tutto ciò è assurdo. Quell'incidente è stato innescato di proposito e Rosso Ventisette non è...»
    Fu interrotta.
    «A tutto c'è una soluzione.»
    «Non credo.»
    «Eccome se c'è, basta solo trovarla. Sappiamo bene entrambi che cosa sia davvero successo, immagino. Io sono venuto qui per proporle una soluzione su un piatto d'argento. Credo che le converrebbe ascoltarmi, signora Alysse.»
    Alysse ascoltò.
    A parte un dettaglio agghiacciante, tutto filava liscio.
    «Se accetta» le venne spiegato, alla fine, «la farò slegare e, quando starà meglio, potrà addirittura tornarsene a casa.»
    Alysse parlò come un automa.
    «Accetto.»
    Si guadagnò un sorriso che le fece gelare il sangue nelle vene. Poi il visitatore si allontanò, borbottando, tra sé e sé: "Salut, Alysse".
     
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    L'intrigo si fa intrigante!

    La storia ha preso la piega di Alysse e c'è l'aria di un regolamento di conti.

    Mi dispiace aver atteso molto per leggere i capitoli che mi mancavano, e magari è anche per quello se magari ho perso dei pezzi di comprensione: infatti c'erano alcuni tratti del capitolo 12 che non ero riuscito a collegare bene: ho dovuto leggerli un'altra volta.

    Forse si potrebbe trovare un modo per staccare maggiormente i ricordi del passato da quello che sta succedendo nella gara attuale.
     
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    CITAZIONE (Pilotimotori @ 12/3/2019, 22:58) 
    L'intrigo si fa intrigante!

    La storia ha preso la piega di Alysse e c'è l'aria di un regolamento di conti.

    Mi dispiace aver atteso molto per leggere i capitoli che mi mancavano, e magari è anche per quello se magari ho perso dei pezzi di comprensione: infatti c'erano alcuni tratti del capitolo 12 che non ero riuscito a collegare bene: ho dovuto leggerli un'altra volta.

    Forse si potrebbe trovare un modo per staccare maggiormente i ricordi del passato da quello che sta succedendo nella gara attuale.

    Obiettivamente parlando mi rendo conto che questo capitolo possa apparire confusionario. Forse sarebbe stato meglio cambiare font (difficile da riportare sul forum) o usare il corsivo. Non ci ho pensato, vista la mia abitudine di usare solo il font standard. :unsure:

    Sono contenta che l'intrigo ti sembri intrigante - cit., credo che in questi ultimi capitoli ci sia stata la svolta che mi ha fatto capire dove volevo andare a parare. :lol:


    PS. Il titolo del capitolo 12, "Live on tv you can watch them die" è ispirata a una canzone anni '80 di un gruppo canadese chiamato The Box, i cui componenti dichiararono che una delle fonti di ispirazione per il testo della canzone era stato vedere l'incidente mortale di Gilles Villeneuve in diretta televisiva.
     
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