Redbull Angel

La vera storia di Tina Menezes

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    Alla Red Bull non sono molto svegli. Dovrebbero saperlo loro in primis che retrocedere Tina ad un ruolo in Toro Rosso o, peggio, licenziarla solo per un po' di gossip potrebbe essere solo cattiva pubblicità per loro, ancor peggio delle dicerie sul suo conto, visti i risultati che sta ottenendo. Si vede che ci sono pregiudizi anche per il fatto che è donna, strega seduttrice e ambiziosa, altrimenti non la tratterebbero in quel modo (io la vedo così).
    Mi è piaciuta molto l'apparizione di MSC. Ha ragione, la gente dovrebbe rendersi conto che non è più quello di un tempo, e che vuole essere preso in considerazione solo come un pilota come tutti gli altri (anche se nel 2011-2012 ha fatto anche delle belle corse, bisogna dirlo, ma tante altre purtroppo gli sono andate male a causa del mezzo).
     
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    Eh, bisogna vedere se Horner intende davvero licenziarla/retrocederla oppure semplicemente metterle un po' di pepe sotto al cu*o. Wait and see. :lol:

    Per quanto riguarda il ritorno di MSC credo che a volte abbia lasciato desiderare anche lui, ma che la cosa sia andata a periodi. Il 2010 è iniziato abbastanza male anche per alcune sue qualifiche non eccezionali e gare che dipendevano molto anche da questo, però nel corso della stagione i suoi risultati sono migliorati e il 2011 è stata una stagione molto buona.

    Il 2012 è iniziato molto bene ed è finito un po' meh e in certi momenti ci ha messo del suo (tipo il volo su Vergne), però ciò non toglie che il 2011 sia stata una buona stagione.
     
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    CITAZIONE (Milly Sunshine @ 7/7/2019, 20:27) 
    Eh, bisogna vedere se Horner intende davvero licenziarla/retrocederla oppure semplicemente metterle un po' di pepe sotto al cu*o. Wait and see. :lol:

    Per quanto riguarda il ritorno di MSC credo che a volte abbia lasciato desiderare anche lui, ma che la cosa sia andata a periodi. Il 2010 è iniziato abbastanza male anche per alcune sue qualifiche non eccezionali e gare che dipendevano molto anche da questo, però nel corso della stagione i suoi risultati sono migliorati e il 2011 è stata una stagione molto buona.

    Il 2012 è iniziato molto bene ed è finito un po' meh e in certi momenti ci ha messo del suo (tipo il volo su Vergne), però ciò non toglie che il 2011 sia stata una buona stagione.

    Spero vivamente che Horner non sia così "genio" (cit.) da lasciarsi influenzare da un po' di gossip. In quel caso avrei dubbi sulla serietà della Red Bull come squadra. :lol:
    Il 2010 è stato sicuramente il peggior anno in assoluto di MSC, a causa di vari fattori (lontananza dalle corse e, come hai detto te, qualifiche non buone), il 2011 poteva andargli decisamente meglio (in Canada meritava il podio, mentre a Spa se non avesse avuto l'incidente in qualifica secondo me avrebbe potuto aspirare pure alla terza posizione). Il 2012, come hai detto te, è andato a periodi alterni, anche se personalmente ricordo che nel complesso sia andato abbastanza bene (se non avesse avuto tutti quei problemi meccanici sarebbe arrivato non tanto lontano da Rosberg, secondo me).
     
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    Spero vivamente che Horner non sia così "genio" (cit.) da lasciarsi influenzare da un po' di gossip. In quel caso avrei dubbi sulla serietà della Red Bull come squadra.

    Wait and see, lo ripeto. ;)
    Certo vhe ingaggiare il DJ potrebbe non essere una buona idea. :rolleyes:
     
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    Capitolo 10
    Un’occasione perduta


    [Yeongam, 24.10.2010]
    Avevo l'impressione che il tempo stesse scorrendo via troppo velocemente: mancavano una ventina di giorni alla conclusione del campionato.
    Era la domenica mattina di quello che poteva essere il giorno della svolta aspettato per tanto tempo, quello in cui avrei potuto finalmente riprendere ad allungare in classifica su tutti i miei avversari.
    Il cielo non prometteva nulla di buono, la qualifica del giorno precedente sì e, ammesso che ci fossero le condizioni meteo tali per far partire la gara, sarei scattata dalla pole position.
    Per mia fortuna, nelle due settimane che erano intercorse tra il gran premio del Giappone e quello della Corea, i gossip sul mio conto si erano notevolmente affievoliti e, all'improvviso, sembrava che a nessuno importasse più nulla di quello che succedeva tra me e Jaime.
    Il mio contratto gara per gara era stato regolarmente allungato, ormai fino al termine della stagione, e tutto rimaneva fermo sul fronte 2011. Dentro di me avevo ricominciato a sperare e non volevo pensare che le mie chance fossero quasi finite.
    Ero in lotta per il titolo.
    Ero in testa alla classifica.
    Il giorno precedente mi ero messa dietro senza problemi Vettel, Alonso e Hamilton, che avrebbero completato le prime due file. Button era addirittura in quarta fila, sempre più lontano dalla possibilità di ripetersi e diventare per la seconda volta campione del mondo.
    Non potevo lasciarmi prendere dallo sconforto e non nascosi il mio ottimismo, nell'intervista che rilasciai per la televisione italiana in tarda mattinata.
    «Per oggi pomeriggio è prevista pioggia torrenziale. Per te che parti dalla pole position potrebbe essere un vantaggio, dato che sarai l'unica a non essere disturbata dallo spray che si alza dalle altre vetture, però sei alla tua prima stagione e non hai mai guidato in condizioni così estreme come quelle che sono previste per oggi pomeriggio. Ti vedi come la favorita oppure pensi che possano esserci delle difficoltà?»
    «Ci sono sempre delle difficoltà» risposi, «Ma ci sono per tutti. Stando a quello che dicono le previsioni meteo, oggi sarà un disastro, ma non sono particolarmente preoccupata: così come sarà un disastro per me, sarà un disastro per tutti.»
    «Si parla di un possibile rain delay.»
    «Basta che si riesca a partire a un orario tale per cui si possa percorrere almeno il settantacinque per cento dei giri totali entro il tramonto, in modo da ottenere il punteggio completo e per me va bene partire a qualsiasi ora.»
    Qualcuno avrebbe potuto pensare che mi sentissi troppo sicura di me stessa. Con tutta probabilità anche la pole position ottenuta al sabato pomeriggio era un'arma a doppio taglio e, ancora una volta, mi ero messa in testa di avere la situazione sotto controllo.

    ***

    Non impazzivo dal desiderio di parlare con Jaime, ma non feci in tempo a evitarlo.
    Vidi qualcuno che camminava lungo la pitlane sotto a un enorme ombrello della Toro Rosso e non riuscii a riconoscere il pilota fintanto che non lo sollevò abbastanza da mostrarsi.
    Mi si avvicinò di scatto.
    «Tina, cosa ci fai senza ombrello?»
    Mi limitai a un mezzo sorriso, un po' forzato.
    «Non l'ho portato con me e ha ricominciato a piovere.»
    «Vieni sotto.»
    «No, non importa.»
    «Vieni sotto» ribadì Jaime, avvicinandosi a me prima che potessi scappare a gambe levate. «Ti verrà un accidente.»
    «L'importante è che mi venga dopo la gara» replicai. «Come vedi, mentre tu cerchi di farmi terra bruciata intorno, io sono davanti a tutti e posso ancora lottare per la vittoria.»
    Jaime mi guardò storto.
    «Di cosa parli?»
    «Non essere ridicolo, sai benissimo di cosa parlo. Quello che hai raccontato alla stampa...»
    «Quello che ho raccontato alla stampa» mi interruppe Jaime, «Non ha niente a che vedere con quello che succedeva in pista. Ho pensato di doverlo fare, era l'unico modo per farti capire che, con te, ho sempre fatto sul serio.»
    «Veramente» obiettai, «Mi hai detto l'esatto contrario, il mese scorso, a Singapore, che all'inizio era solo una scommessa.»
    «Sì, ma è stato un sacco di tempo fa. Adesso le cose sono cambiate e lo sono da molto tempo. Quella sera di maggio, a Barcellona...»
    «Conosco la storia ormai a memoria.»
    «Allora perché non ti decidi a chiudere con Sebastian e a renderti conto una volta per tutte che il vero amore della tua vita sono io?»
    Scoppiai a ridere.
    «Non ho mai sentito così tante stronzate in una sola frase. Non so che film tu ti sia fatto, ma ti assicuro che non c'è alcun grande amore della mia vita.»
    «Quindi non stai insieme a Sebastian?»
    «No.»
    «Meglio così.»
    «Concordo, meglio così, ma questo non ha niente a che vedere con noi due. Tu non mi interessi per niente.»
    «Quando mi hai invitato a salire nella tua stanza, a Marina Bay, non sembrava che non ti interessassi.»
    «Sì, hai ragione, ho pensato che passare la notte con te potesse essere piacevole. Però sarei potuta arrivare alla stessa conclusione con qualsiasi altro ragazzo gradevole, quindi non farti delle illusioni.»
    Jaime rimase in silenzio abbastanza a lungo da lasciarmi credere che si fosse rassegnato.
    Non doveva esserlo, dal momento che, quando parlò, mise in chiaro quello che pensava.
    «Non ti credo.»
    Allargai le braccia e feci un sospiro.
    «Non credermi, me ne farò una ragione.»
    «Anch'io proverò a farmene una ragione, ma tutto ciò che ho capito è che tu non vuoi proprio sforzarti di essere felice. A quanto pare preferisci soffrire in silenzio piuttosto che ammettere i tuoi sentimenti.»
    «Lo vuoi capire che non ho niente da ammettere?» sbottai. «Non mi sembra un concetto così complicato. Rassegnati. Io sono solo una tua collega, della quale peraltro vuoi prendere il posto quanto prima!»
    «Per quest'anno non succederà» ribatté Jaime, «E nemmeno per l'anno prossimo, dato che ho già firmato il rinnovo con la Toro Rosso.»
    «Sul serio?»
    «Sì.»
    «Oh...»
    «Avevi davvero paura che venissi promosso al posto tuo? Beh, puoi stare tranquilla, non succederà. Evidentemente non sono ancora pronto per fare il salto di qualità. Continua a sfuggirmi perché tu te la sia cavata soltanto con un test, mentre a me non basti avere disputato una stagione positiva, ma è così che va la vita. Evidentemente le tue qualità hanno colpito tutti in positivo.»
    «Talmente in positivo che, finora, mi hanno rinnovato il contratto gara per gara e che soltanto all'inizio della settimana abbia scoperto che rimarrò con il team fino alla fine della stagione... il tutto mentre sono in testa alla classifica.»
    Jaime mi strizzò un occhio.
    «Ancora per poco.»
    «Grazie per il pensiero gentile.»
    «È patriottismo. Sai, essendo spagnolo, mi viene spontaneo tifare per Fernando...»
    «Intanto Fernando per questo weekend guarderà il culo un'altra volta sia a me sia a Sebastian... e Sebastian, ovviamente, guarderà il mio.»
    «Finché lo fa mentre sei a bordo di una vettura non mi importa niente.»
    Ignorai la sua ennesima allusione e mi allontanai.
    Jaime tentò di trattenermi.
    «Aspetta, Tina, ti inzupperai d'acqua.»
    Mi girai per fargli un gesto volgare, ma mi trattenni appena in tempo.
    Tornai a voltarmi, di scatto, con il risultato che finii addosso a qualcuno.
    Caddi a terra e mandai a quel paese il malcapitato.
    Per mia fortuna al mondo c'erano persone più eleganti di me e colui che avevo appena travolto mi aiutò a rimettermi in piedi e si limitò a precisare: «Sei tu che ti sei ribaltata.»
    Alzai gli occhi.
    Era Mark Webber, ospite nel box della Redbull per tutto il weekend.
    Non gli avevo mai parlato, fino a quel momento, e quella fu la prima occasione.
    «Ho visto qualcuna delle tue gare» gli confidai. «Non sei andato male, ma continuo a non capire perché tu abbia deciso di passare in Indycar. Voglio dire, la vettura di quest'anno lascia pensare che avresti fatto meglio a rimanere qua.»
    «Se permetti so io che cosa sia meglio per me» replicò Mark. «Ogni tanto nella vita si ha bisogno anche di nuove sfide.»
    «E non vincere in Indycar è una nuova sfida, per te?»
    «Lo è, perché ogni giorno che passa è un giorno in meno che mi separa dalla mia prima vittoria.»
    «Sogna, sogna...»
    «Sebastian mi aveva avvertito che sei acida, ma non pensavo così tanto.»
    «Perché, adesso quel coglione del mio compagno di squadra mette in guardia la gente su di me?»
    «No, non penso che ripeta le stesse cose a tutti. Ieri gli ho semplicemente detto che mi avevi fatto una buona impressione e che ti trovo una ragazza carina ed educata, così ci ha tenuto a puntualizzare che non sei proprio quella che sembri.»
    «Quindi sono carina ed educata, eh?» Mi sfuggì una risatina. «Per caso ci vuoi provare con me anche tu come Jaime?»
    «No. Non ho l'abitudine di fare delle avance a delle sconosciute, in più sono felicemente impegnato con un'altra persona.»
    Annuii.
    «Sì, ricordo di averla vista in TV, è una vecchia.»
    Mark avvampò.
    «Anne non è una vecchia.»
    «Avrà almeno vent'anni più di te.»
    «Quindici.»
    «Stai insieme a lei soltanto perché quando eri un ragazzino brufoloso non avevi un soldo e poteva procurarti degli sponsor. Quello che non capisco è perché ti ostini a stare con lei anche adesso che sei ricco e famoso.»
    «Tu non hai proprio peli sulla lingua, vero?»
    «Dico quello che penso. La sincerità non è un difetto.»
    «Fintanto che si è sinceri senza essere stronzi non lo è.»
    «Dai, Mark, non essere ridicolo. Non puoi amare davvero quella racchia. Stai con lei soltanto per riconoscenza, perché sei un uomo senza carattere.»
    Mark mi guardò negli occhi.
    «E se anche fossi un uomo senza carattere, quale sarebbe esattamente il tuo problema? Che cosa vuoi da me? Mi sei venuta addosso, mi hai insultato per non averti schivata quando eri tu che non stavi guardando, adesso ti metti anche a sindacare sulla mia vita privata... Non hai cose più importanti di cui preoccuparti?»
    «Volevo solo aiutarti» replicai. «Farti capire che non c'è nulla che tu possa fare per cambiare le cose. Ormai sei un perdente, non c'è niente che ti possa risollevare dal tuo status. Non vincerai mai in Indycar. Non sei abbastanza veloce per competere con i piloti che ci sono là. Sugli ovali sei scarso. Faresti meglio a cambiare sport e a dedicarti a tempo pieno ad ascoltare gli sfoghi di quel bimbominchia del mio compagno di squadra.»
    «Quindi ce l'hai con lui e te la prendi con me?»
    «Se hai qualche problema puoi anche lasciarmi in pace. Puoi andartene e continuare a vivere nel tuo mondo perfetto, in cui tu diventerai un campione di Indycar e in cui potrai goderti la vita con una bella donna al tuo fianco soltanto quando la tua Ann sarà morta di vecchiaia, ma all'epoca sarai vecchio anche tu e la tua nuova fiamma starà con te soltanto per soldi.»
    «Almeno io sto con una donna» ribatté Mark. «Tu, invece? C'è qualcuno che ti prende in considerazione o sei troppo stronza per trovarti un fidanzato?»
    Probabilmente Mark pensava che me ne sarei andata con la coda tra le gambe.
    Non lo feci.
    O meglio, me ne andai, lasciandolo finalmente in pace, ma solo dopo averlo insultato un'altra volta.
    Odiavo il fatto che fosse a Yeongam.
    Odiavo il fatto che in Indycar non fosse riuscito non solo a dominare, ma neanche ad andare in victory lane almeno una volta.
    Non era Jaime colui da cui mi dovevo guardare per il futuro, era Mark: se gli fosse stato proposto di tornare in Redbull per il 2011, non avevo dubbi che potesse decidere di abbandonare il progetto Penske e di riprendere il suo posto nel team.
    A quel punto sarei stata messa alla porta, qualunque fosse stato il risultato finale. Era una ragione in più per fare il possibile per vincere il mondiale.

    ***

    La direzione gara annunciò che lo start sarebbe stato rimandato.
    Partimmo quarantacinque minuti dopo l'orario previsto e solo perché non era possibile rimandare ulteriormente, dato che prima o poi sarebbe scesa la sera.
    La partenza fu dietro la safety car, per una lunga serie di giri.
    La pista era impraticabile, ma secondo Meteo France la pioggia sarebbe progressivamente diminuita e, per una volta, il servizio meteo sembrava avere ragione.
    Mentre la pioggia calava, non potevo fare a meno di focalizzarmi su quello che sarebbe successo dopo il restart.
    Dietro di me c'era il mio compagno di squadra.
    Dietro di lui c'era il pilota di punta della Ferrari.
    Ancora più indietro c'era il più altolocato dei due piloti della McLaren.
    La situazione aveva i propri evidenti svantaggi, ma anche qualche vantaggio: erano tutti piloti che lottavano per il mondiale e c'erano buone probabilità che non commettessero azioni avventate, per non vedere sfumare le proprie speranze in termini di classifica. Nonostante l'evidenza, nessuno si sarebbe convinto di essere ormai fuori dai giochi fintanto che la matematica non l'avesse condannato in via definitiva.
    Passai un'infinità di tempo a seguire la vettura di sicurezza, poi ricevetti finalmente un annuncio che mi allettava.
    «La safety car rientrerà al termine di questo giro.»
    «Bene.»
    Il mio ingegnere proferì con le solite raccomandazioni a proposito del fatto che la pista fosse bagnata...
    ...
    ...
    ...
    ...come se potessi non rendermi conto anche da sola!
    Quando la gara riprese, la pista era ancora in condizioni pietose, seppure la situazione fosse molto migliorata nelle ultime decine di minuti.
    Aveva ragione Stella Bruno, non avere vetture davanti, senza schizzi d'acqua che oscurassero la visuale più del dovuto, poteva favorire di gran lunga la mia ascesa.
    Guardai negli specchietti.
    Non vedevo nessuno e non sapevo se fosse per le pessime condizioni meteo o perché erano già lontani.
    Per l'ennesima volta nel corso di quel weekend sentii di avere la situazione sotto controllo, anche quando la safety car tornò in pista per un incidente.
    Chiesi chi fossero i piloti coinvolti.
    Se non fossi stata al volante di una Formula 1 nel corso di un gran premio disputato sotto la pioggia, probabilmente sarei arrivata vicina all'orgasmo: il mio compagno di squadra si era levato di torno!
    Purtroppo le belle notizie non erano mai belle fino in fondo: Vettel era andato a strisciare contro le barriere ed era rimbalzato in pista, andando a sbattere contro una delle vetture che sopraggiungevano, ma purtroppo la vettura in questione era quella di Rosberg e non quella di uno dei piloti che lottavano per il mondiale. Peccato, sarebbe stata un'occasione unica per sbarazzarsi in un colpo solo anche di Alonso o di Hamilton, ma non era andata bene.
    Attesi pazientemente che la pista venisse ripulita, con la certezza che tutto sarebbe andato bene.
    Fu proprio così.
    Andò davvero tutto bene.
    Superai senza problemi il momento in cui passammo dalle gomme da bagnato estremo a quelle intermedie.
    Fernando e Lewis erano stabilmente in seconda e terza posizione e nessuno dei due accennava a commettere il benché minimo errore, ma non era necessario. Nessuno dei due riusciva ad avvicinarsi abbastanza per essere pericoloso. Mentre il tramonto era sempre più vicino, dentro di me cresceva la consapevolezza dell'ormai imminente vittoria.

    ***

    Non mi accorsi di nulla, se non all'ultimo momento.
    Un attimo prima ero in testa al gran premio della Corea e mi sentivo sul punto di salire sul tetto del mondo.
    Un attimo dopo la mia vettura perdeva fumo dal retrotreno e avevo una sola certezza: mancavano ancora undici giri, che tuttavia non sarei riuscita a percorrere.
    Fernando si appropriò di quella che fino a pochi istanti prima era stata la mia leadership, pronto a portare a casa la vittoria a Yeongam e la vetta della classifica piloti.
    Duecentotrentuno contro duecentoventi, con Lewis che saliva a quota duecentodieci grazie alla seconda posizione. Se non altro almeno Jenson non figurava tra i piloti della top-ten, quindi almeno uno era già sul punto di non essere più un problema.
    L'unica presenza brasiliana sul podio fu quella di Felipe, che era arrivato terzo. Nel salirvi inciampò sui gradini. Se lo meritava, dopotutto stava usurpando una posizione che non gli spettava, come tutti gli altri.
    Tutto il resto della zona punti era occupato da piloti senza speranze: addirittura Schumacher era arrivato quarto, precedendo Kubica, nientemeno che Liuzzi, dopodiché le Williams e le Sauber in ordine sparso, con Barrichello che si era messo dietro Kobayashi, Heidfeld e Hulkenberg.
    Trovavo intollerabile il fatto che l'affidabilità della monoposto fosse venuta meno proprio nel momento più importante della mia carriera, ma sapevo di non potere esagerare, era passata appena una quindicina di giorni dal giorno in cui avevo litigato con il team principal e non pensavo che fosse un'idea saggia fare dichiarazioni avventate.
    L'unico con cui potevo prendermela era Sebastian, quindi non appena mi ritrovai da sola con lui decisi di mettere in chiaro quello che pensavo.
    «Oggi hai fatto una gara di merda» decretai. «Avresti potuto pararmi il culo, invece non sei capace di fare neanche quello. Sei proprio degno di questo team di merda!»
    «Grazie per l'incoraggiamento, dolcezza» ribatté Sebastian. «Quello che non capisco è che cosa ti interessi della mia gara. Non penso che tu sognassi che io potessi ereditare la prima posizione quando ti sei ritirata.»
    L'allusione al mio guasto al motore mi fece ribollire il sangue nelle vene.
    «Oggi ho dimostrato di valere di più di te. Eppure qualcosa è andato storto. Sarai stato soddisfatto, immagino.»
    «Per quanto ti possa sembrare strano, non lo ero. Non sono come te. Per me la squadra viene prima di tutto.»
    «Ne dubito. Per te la squadra non viene prima di te stesso.»
    «Allora, se preferisci, per me la squadra viene dopo di me, ma prima degli altri. Credi davvero che sia stato soddisfatto di vederti che ti ritiravi e Fernando che vinceva al posto tuo?»
    «Non lo so e non mi interessa.»
    Gli voltai le spalle e feci per allontanarmi, ma Sebastian mi bloccò afferrandomi per un braccio.
    «Aspetta un attimo, Tina.»
    Mi girai, sospirando.
    «Cosa vuoi ancora?»
    «Voglio che mi dici che cosa ti è successo.»
    «Mi è successo che sta andando tutto di merda, ma mi pare che questo già lo sapessi.»
    «Appunto» confermò Sebastian. «Sta andando tutto di merda, come dici tu, ma non è di questo che parlo. Non sei capace di fare altro che sbattere in faccia a tutti il tuo disprezzo. Che cosa speri di ottenere?»
    «Non voglio ottenere niente» ammisi. «Voglio solo che sappiate fino a che punto vi disprezzo.»
    «Mi ha detto Mark che l'hai insultato addirittura per la sua vita sentimentale.»
    «La cosa ti tocca?»
    «No, ma mi fa dubitare molto del tuo stato mentale. Non penso che ti faccia così tanto bene essere sempre costantemente incazzata con il mondo.»
    «Tu cosa suggerisci?» gli domandai, sprezzante.
    «Di darti una calmata» rispose Sebastian. «Non comportarti sempre come se il mondo dovesse crollarti sotto ai piedi da un momento all'altro.»
    «Il mondo mi crollerà sotto ai piedi da un momento all'altro» gli ricordai. «Non ci sono altre possibilità.»
    «Allora, se deve succedere, che bisogno hai di fare sempre la stronza con tutti?»
    «A quanto pare non sapete fare altro che dire che sono una stronza. Soltanto Jaime mi apprezza, ormai.»
    Sebastian scoppiò a ridere.
    Mi lasciai andare e risi insieme a lui.
    «Povero Jaime, è proprio un bambino ingenuo» commentò Sebastian. «Oppure vede in te qualcosa che non vuoi mostrare.»
    «Non ho niente di positivo da mostrare» obiettai. «Sono solo un'egocentrica con manie di superiorità e il fatto di esserlo non mi dà fastidio neanche un po'.»
    «Dà fastidio agli altri, in compenso.»
    «Quindi lasciami andare.» Mi resi conto solo in quel momento che aveva ancora una mano sul mio braccio. «Oppure devo iniziare a pensare che abbia ragione Jaime e che tra me e te ci sia del tenero a mia insaputa?»
    Sebastian sorrise.
    «Non sono così masochista... e soprattutto ci tengo ai miei genitali.»
    Avvampai.
    «Scusa.»
    «Per cosa.»
    «Per quello che è successo a Marina Bay. Non avrei mai dovuto farlo.»
    «No, non avresti dovuto farlo» confermò Sebastian, con freddezza. «Però sei unica nel tuo genere. Pensavo che, dopo averti restituito il tuo passaporto perduto, mi avresti ringraziato, non che mi avresti aggredito a quel modo.»
    «Non so cosa mi sia preso. Il fatto che tu abbia fatto delle allusioni alla mia vita privata e che sia venuto fuori il mio segreto...»
    «Non è così grave. Siamo passati tutti per una fase della nostra vita in cui non avevamo mai fatto sesso. Probabilmente non ti interessava abbastanza, perché non riesco a credere che una come te non potesse interessare a nessuno.»
    «È un complimento?»
    «In un certo senso. Non fraintendermi, continui ad essere una ragazza impossibile... però non sei poi così male. Magari non farai girare la testa a tutti quando passi, ma mi sembri passabile... anche carina, magari.»
    «Non esagerare, Jaime 2.0» lo ammonii. «Sarò molto più bella in Brasile, inzuppata di champagne.»
    «Questa sì che è una buona considerazione» osservò Sebastian. «Vedrai, a Interlagos andrà meglio per entrambi. Lo metteremo in quel posto a Fernando.»
    «Certo» replicai, «E io lo metterò in quel posto anche a te.»
    «Questo, se permetti, è da vedere.»
    «Ho più punti di te in classifica. Questo significa una cosa sola.»
    «Veramente tutto ciò che so è che tutto può ancora succedere.»
    Vista la sua insistenza, obiettai: «No, non è vero, non può succedere tutto. Ci sono cose che non possono succedere.»
    «Del tipo?»
    «Cose tipo Hulkenberg in pole.»
    Sebastian rise.
    «Povero Hulkenberg, tirato in mezzo senza motivo.»
    Se non altro, avremmo scoperto più avanti, quella mia allusione gli avrebbe portato fortuna.
     
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    No, strizzare a Vettel i genitali non è un gesto carino, Tina. E nemmeno fare insinuazioni sulla vita sentimentale di Webber, oltre a dargli dello scarso al volante solo perché è alla sua prima stagione in Indycar. Non farmi cambiare idea sull'opinione che mi sono fatto di te, ti prego.
     
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    In questa parte Tina è decisamente più simile a quella originale.
    Però sarà una fase passeggera, te lo prometto. ;)
     
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    CITAZIONE (Milly Sunshine @ 8/7/2019, 00:30) 
    In questa parte Tina è decisamente più simile a quella originale.
    Però sarà una fase passeggera, te lo prometto. ;)

    Lo spero.
     
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    In compenso presto arriverà DJ Jaime a combinare casini. ;)
     
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    CITAZIONE (Milly Sunshine @ 8/7/2019, 00:36) 
    In compenso presto arriverà DJ Jaime a combinare casini. ;)

    ANCORA?!
    Non si dà proprio pace quel ragazzo! :aah:
     
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    Naaahhhhh, di veramente grosse non ne ha ancora combinate. Diciamo che deve ancora dare il meglio di sé. :aah:
     
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    CITAZIONE (Milly Sunshine @ 8/7/2019, 00:43) 
    Naaahhhhh, di veramente grosse non ne ha ancora combinate. Diciamo che deve ancora dare il meglio di sé. :aah:

    Insinuare a mezzo mondo di essere stato sedotto e abbandonato da Tina dopo che questa ha rubato il suo fiore e mettere presumibilmente a rischio il suo posto in Red Bull non è qualcosa di grosso? Non oso immaginare cosa combinerà in futuro! :aah: :aah: :aah:
     
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    Per il momento ti do una piccola anticipazione. :lol:
    In finale di capitolo ha un' *ottima* idea, parzialmente ispirata a un fatto che accadeva nell'originale.




    Capitolo 11
    In attesa della fine


    [Sao Paulo, 06.11.2010]
    Quando uno scroscio di pioggia arrivava all'improvviso durante le qualifiche a Interlagos anche ciò che in apparenza era impossibile poteva diventare possibile: Nicolas Hulkenberg, campione di GP2 della stagione 2009, vicino all'essere appiedato dalla Williams, ottenne la pole position, quando la sua squadra ebbe l'intuizione di farlo rientrare ai box per mettere gomme da asciutto verso la fine dell'ultima manche di qualifica.
    Quel povero sprovveduto sembrava felice, quindi toccava a me - che ero piuttosto indispettita per essere stata relegata in seconda posizione da un pilotino uscito dal nulla - riportarlo alla realtà.
    «Se fossi al posto tuo, sarei già corsa in uno sgabuzzino a piangere in vista di domani» gli dissi, con schiettezza. «Non durerai che due secondi contati in testa alla gara e probabilmente dopo un giro sarai già precipitato nel dimenticatoio. Non vedrai mai il podio nemmeno con il binocolo.»
    Hulkenberg mi fissò con aria interdetta. Era probabile che, nella sua situazione, si aspettasse di essere incoraggiato, mentre io avevo fatto esattamente l'opposto.
    «Hai solo questo da dire?» mi domandò, quando parve finalmente consapevole della realtà che gli avevo appena sbattuto in faccia. «Non so, magari vuoi aggiungere che non salirò mai sul podio nemmeno per tutto il resto della mia carriera?»
    «No, non mi permetterei mai di essere così disfattista» replicai. «Però chi può dirlo, magari sarà davvero così e con un po' di fortuna riuscirai almeno ad arrivare quarto, di tanto in tanto.»
    Alle mie spalle, Sebastian si schiarì la voce per attirare la mia attenzione.
    «Hai qualcosa da aggiungere?» gli domandai.
    «Sì» rispose Sebastian, con voce tagliente. «Dovresti smetterla di bullizzare il povero Nico.»
    Gli strizzai un occhio.
    «Perché dovrei? Ci ha portato via la pole e domani dovrà affrontare la nostra vendetta.»
    «Appunto, lascia che ci pensi domani» replicò Sebastian. «Per oggi lascialo in pace.»
    Feci un sospiro e ammisi, seppure controvoglia, che Sebastian aveva ragione. Intanto, dentro di me, facevo il countdown, cercando di capire quanto tempo mancasse, esattamente, al momento in cui mi sarei ritrovata in testa al mio gran premio di casa...
    ...
    ...
    ...
    ...e purtroppo l'indomani scoprii che quel momento era destinato a non arrivare mai. Superai brillantemente la Williams alla partenza, ma Sebastian fu più scattante di noi e andò a prendersi il comando della gara.
    Mi misi a sbraitare alla radio, sostenendo che, essendo io quella che lottava per il titolo, dovesse cedermi il passo quanto prima.
    Venni ignorata.
    Non che, se qualcuno mi avesse presa in considerazione, Sebastian fosse disposto a dimostrarsi collaborativo, questo l'avevo messo in conto, ma a quanto pareva l'obiettivo del team al gran completo era quello di servire il titolo mondiale su un piatto d'argento a Fernando, che in quei primi giri si trovava in quarta posizione alle spalle di Hulkenberg.
    Impiegò qualche giro per superarlo, poi la mia previsione si dimostrò esatta: Nico precipitò nel dimenticatoio tanto in fretta quanto era balzato agli onori delle cronache il giorno prima.
    Rimasi incollata al posteriore di Sebastian senza che mi offrisse occasioni da cogliere al volo fino alla fine della gara.
    Avrei potuto osare di più, ma se proprio dovevamo farci portare via il titolo dalla Ferrari, tanto valeva che succedesse per colpa della squadra e di Sebastian e non per colpa mia.
    Alla fine della gara arrivai sul retro del podio proprio mentre l'ordine d'arrivo passava in sovrimpressione sul monitor: Vettel, Menezes, Alonso, Hamilton, Button, Rosberg, Schumacher, Hulkenberg, Kubica, Kobayashi...
    Jaime non aveva ottenuto punti ancora una volta, dato che era arrivato soltanto undicesimo, ma non appena quel pensiero mi passò per la testa mi dissi subito che non aveva la benché minima importanza.
    Diedi un'occhiata anche alle classifiche: Fernando si era portato a duecentoquarantasei punti, otto in più di me e quindici in più di Sebastian, che si era avvicinato notevolmente e che, in vista di Abu Dhabi, era ancora aritmeticamente in lotta per il titolo. Non solo, sarebbe stato uno scontro a quattro, dal momento che Lewis aveva solo ventiquattro punti in meno di Fernando e la speranza, seppure remota, di diventare campione del mondo. Per Jenson, invece, era già finita: i suoi centonovantanove punti mettevano fine una volta per tutte ai suoi sogni di gloria.
    Tutto sembrava perduto, ma non lo era.
    Dovevamo ripeterci, essere competitivi anche a Yas Marina tanto quanto lo eravamo stati quel fine settimana a Interlagos.
    Immaginai me e Sebastian nelle prime due posizioni, con Fernando dietro di noi oppure in quarta posizione. A quel punto ci sarebbe stata soltanto una conclusione, anche se la Redbull in testa alla gara non fosse stata la mia.
    Se invece Fernando si fosse trovato oltre la quarta posizione... in tal caso, tutto cambiava: solo sette punti separavano me e Sebastian e, a quel punto, avrei avuto un avversario anche sotto al mio stesso tetto.

    ***

    Un avversario sotto lo stesso tetto ce l'avevo anche in senso più materiale. Per qualche ragione, che dopo la gara non riuscivo a ricordare, avevo invitato Sebastian a fermarsi a casa di mia madre in attesa della nostra partenza, la sera seguente, per Abu Dhabi, dove si sarebbe gareggiato nel fine settimana successivo.
    Non avevo pensato, nel momento in cui gli avevo rivolto l'invito, che saremmo stati ancora entrambi in lotta per il titolo, né che il mio compagno di squadra intendesse opporsi all'evidenza, ovvero che, tra me e lui, soltanto io potevo ancora fare qualcosa per vincere.
    Dirgli che ci avevo ripensato era fuori discussione, anche se, in realtà, avrei potuto limitarmi a scoraggiarlo riferendogli di avergli mentito, quando gli avevo assicurato che non ci sarebbe stato nessun altro a parte noi due, dal momento che mia madre doveva recarsi presso una nostra parente e sarebbe partita subito dopo il gran premio, scusa che mi ero inventata al fine di fargli accettare la mia ospitalità senza esitare.
    Non feci nulla di tutto ciò.
    Non tornavo indietro.
    Quella sera condussi Sebastian a casa Menezes e trovammo mia madre ad accoglierci sulla porta.
    Mia madre lo salutò con cordialità.
    «È un piacere rivederti» dichiarò, in un inglese stentato. «Tina mi ha detto soltanto all'ultimo che saresti venuto da noi.»
    Sebastian si voltò di scatto verso di me.
    «Cosa...» Si interruppe di colpo, poi si rivolse a mia madre: «Anche per me è un piacere rivederla, signora Menezes.»
    «Mostro la casa a Sebastian» mi affrettai a intervenire, afferrando per un braccio il mio compagno di squadra, per evitare che la situazione potesse farsi imbarazzante.
    Sebastian mi seguì senza fiatare e soltanto quando fummo lontani da mia madre lo informai: «Ti ho mentito.»
    «Me ne sono accorto» ribatté il mio compagno di squadra. «Tua madre non doveva andare via, vero?»
    «No.»
    «Eppure me l'hai fatto credere.»
    «Ti saresti spaventato, se non te l'avessi fatto credere, e non saresti venuto» obiettai. «Non ti saresti infilato nel covo di due streghe malefiche brasiliane.»
    Sebastian non la prese male, o almeno non lo diede a vedere.
    Per mia fortuna, rideva.
    «Perché l'hai fatto? Volevi farmi conoscere la tua famiglia? E, in tal caso, perché?»
    «No, non volevo farti conoscere la mia famiglia» ammisi. «Avresti potuto parlare con mia madre anche in questi giorni al circuito, se ti avesse rivolto la parola. Purtroppo se la cava male con l'inglese. Credo che, ogni tanto, mi toccherà fare da interprete, stasera e domani. Volevo solo trascorrere un po' di tempo con te, come abbiamo fatto mesi fa a Valencia. Sono successi dei fatti spiacevoli, tra di noi, e volevo farmi perdonare.»
    «Ti ho detto che per me è tutto risolto» ribadì Sebastian, che mi aveva già fatto quello stesso discorso in più di un'occasione. «Ho capito che eri molto delusa da quello che stava succedendo nella tua vita e che hai fatto l'errore di prendertela con la persona sbagliata. Non importa, è tutto a posto.»
    «Perfetto.» Sorrisi. «Allora possiamo andare a bere qualcosa insieme a mia madre e a parlare delle proiezioni per il campionato.»
    «Che palle, Tina, dobbiamo sempre parlare di lavoro?»
    «Almeno facciamo un lavoro interessante. Non sarà poi così male parlarne.»
    Sebastian concordò con me.
    «Okay, va bene, l'importante è che glielo spieghi tu. Almeno sai farti capire.»

    ***

    Mia madre avrebbe potuto tranquillamente leggere su un giornale o su un sito internet quello che stavo per spiegarle, e poteva darsi che l'avesse già fatto, ma non importava.
    Parlando in un mix di portoghese e inglese, sperando che sia lei sia Sebastian potessero capirmi, le riferii: «Quel simpaticone di Fernando, ha la strada spianata. Gli basta vincere o arrivare secondo per diventare campione del mondo. Se io non vinco, potrebbe anche arrivare terzo o quarto o quinto e vincere il titolo lo stesso.»
    «Se arriva quinto ma io vinco la gara» mi corresse Sebastian, «Il mondiale lo vinco io, altro che il nostro amico Fernando!»
    «Se invece arriva sesto, io posso cavarmela anche arrivando seconda. Se arriva settimo o ottavo, invece, posso vincere il mondiale arrivando terza.»
    «A condizione che io non vinca, in entrambi i casi.»
    «Grazie per la precisazione» borbottai, con sarcasmo. «Non ce n'era bisogno.»
    «Sì che ce n'era bisogno» ribatté Sebastian, piuttosto divertito. «Stai facendo credere a tua madre di avere il mondiale in tasca.»
    «Taci, cretino! Se Alonso arriva nono o decimo, io posso vincere il mondiale anche arrivando quarta o quinta, a condizione che tu te ne stia buono e non mi recuperi sette punti.»
    Sebastian puntualizzò: «Se nessuno di voi arriva tra le prime posizioni, qualcuno dovrà pur arrivarci...»
    «Hamilton» scherzai. «Se Alonso non arriva in top-ten, io non arrivo tra i primi sei e tu non arrivi secondo, il mondiale lo vince lui.»
    «Rimane il dubbio su chi occupi le posizioni che vanno dalla seconda alla sesta. Certo, può fare doppietta insieme a Button e se io arrivo terzo sono comunque fuori dai giochi, ma quarto e quinto?»
    «C'è solo l'imbarazzo della scelta.»
    «A me non pare.»
    «Sì, invece, c'è Massa, ci sono le Renault, ci sono le Mercedes...»
    Sebastian sospirò.
    «E va bene, hai ragione tu: o facciamo doppietta, oppure siamo ufficialmente fottuti e Fernando vince il titolo.»
    «Ottima sintesi» si complimentò mia madre. «Cosa dire? Buona fortuna a tutti e due!»

    ***

    «Non capisco perché hai messo Sebastian nella stanza degli ospiti.»
    Feci un sussulto e per poco non mi sfuggì dalle mani il giornale del giorno precedente che stavo sfogliando, in piedi davanti alla finestra.
    «Buongiorno anche a te, mamma. Tanto per curiosità, cosa avrei dovuto fare? Metterlo a dormire su un tappeto nello sgabuzzino delle scope?»
    «Hai venticinque anni, Tina. Sei grande, ormai. Quando tuo fratello e la sua ragazza vengono a trovarmi, lascio che stiano nella stessa stanza.»
    Avvampai.
    Il giornale mi sfuggì e cadde a terra.
    «Guarda, hai capito male...»
    «Che cosa dovrei avere capito male? Tu e Sebastian state insieme. Non lo volete dare a vedere, perché è una situazione un po’ imbarazzante, specie adesso che siete entrambi in lotta per il titolo, ma prima o poi troverete il modo di rendere questa notizia di dominio pubblico.»
    Scossi la testa.
    «No, assolutamente. Te lo ripeto, hai capito male. Io e Sebastian siamo solo amici.»
    «Quel Jaime Algue-qualcosa con cui uscivi in passato sostiene che la realtà sia diversa.»
    Spalancai gli occhi.
    «Che cosa ne sai di Jaime Algue-qualcosa?»
    «Tutti sanno di Jaime Algue-qualcosa. Siete finiti sui giornali, in internet... l’altra settimana, quando sono stata dalla parrucchiera, alcune clienti mi hanno chiesto se tu e “quel bel ragazzo con gli occhi azzurri” siete tornati insieme. Evidentemente gli hai preferito un altro ragazzo con gli occhi azzurri. Se mi è concesso esprimere un parere, comunque, dalle foto che ho visto Jaime mi sembra decisamente più bello di Sebastian... ma forse era troppo giovane per te, quindi hai preso la decisione migliore. E poi Sebastian è più altolocato.»
    «Mamma, per cortesia, smettila!» la supplicai. «Già è imbarazzante scoprire che dalla parrucchiera si fanno pettegolezzi su di me in tua presenza, figuriamoci se ti metti anche a commentare notizie di gossip del tutto immaginarie. Ti ho detto che Sebastian non è il mio ragazzo. È chiaro? Sebastian. Non. È. Il. Mio. Ragazzo. Peraltro non lo era neanche Jaime. Fregatene di quello che ha dichiarato. Se l’è presa perché si è reso conto che non lo ricambiavo e ha allestito quel ridicolo teatrino, giusto perché voleva farmi indispettire e perché sperava che tornassi da lui.»
    «Allora» osservò mia madre, «Se non c’è niente tra te e Sebastian, forse faresti davvero bene a tornare da lui.»
    «Così potresti ribattere ai pettegolezzi dalla parrucchiera, la prossima volta? No, grazie. Magari, se non sai cosa dire, parla dei miei risultati in pista.»
    «Non è possibile» replicò mia madre. «Né la parrucchiera né gran parte delle sue clienti seguono la Formula 1. Tutto ciò che è riuscita a dire una di loro, a tematica automobilismo, è stata che secondo lei Nelson Piquet era un bell’uomo.»
    «Contenta lei... a me pare che il figlio sia molto più sexy di quanto lo fosse il padre a quell’età.»
    «Conosci Nelsinho Piquet?»
    «Nelsinho Piquet non corre più in Formula 1 e sono pochi a sentirne la mancanza» le ricordai. «Non ho avuto molte occasioni di incontrarlo. Comunque, prima che tu ti faccia dei viaggi mentali senza senso, non fa parte del mio harem.»
    «A te piacciono quelli con gli occhi azzurri, dopotutto.»
    «Basta! Se un giorno dovessi trovarmi un ragazzo, ti assicuro che ti informerò. Prima di quel momento, però, gradirei che almeno tu non facessi congetture sulla mia vita sentimentale.»
    Mia madre non fece in tempo a risponderci.
    Sebastian ci raggiunse.
    Era tornato dal bagno, dove si era rasato la barba.
    Lo squadrai un attimo, poi osservai: «Stavi meglio prima.»
    Sebastian sorrise.
    «Ti piacciono i peli?»
    «Mi piacciono sul tuo mento. Ti danno un aspetto più maturo.»
    «Non intendo sembrare maturo» ribatté Sebastian. «Tra sei giorni potrei diventare il campione del mondo più giovane della storia della Formula 1 e non voglio che qualcuno metta in dubbio la mia età.»
    «Rassegnati, non verrà proclamato il campione del mondo più giovane di sempre» replicai. «Ho soltanto sei mesi in meno di Lewis... e Lewis ha vinto il titolo due anni fa.»

    ***

    L’avvicinarsi dello scontro finale non minò la mia sicurezza. In tanti avrebbero potuto pensare che stessi sopravvalutando le mie capacità, ma ero convinta che tutto potesse funzionare. Me l'ero ripetuta almeno mille volte: io, Sebastian e Fernando saremmo stati davanti a tutti, ma Fernando si sarebbe dovuto accontentare del terzo posto, se tutto fosse andato come a Interlagos.
    Fu facile e intuitivo, tuttavia, rendersi conto che c'erano affermazioni che non si potevano fare pubblicamente. Con la stampa dovevo andarci cauta e, per quanto negli ultimi tempi mi fossi lasciata andare forse un po' troppo, dovevo tornare al mio atteggiamento dei vecchi tempi, per intenderci, quelli in cui non avevo paura di affermare che lottavo per conquistare punti e non per ottenere un hat trick.
    Riuscii a cavarmela, rispondendo anche alle domande che avrebbero potuto essere più imbarazzanti.
    «Sei la prima donna a lottare per il campionato, quindi passerai comunque alla storia. Questo pensiero potrebbe essere consolatorio, in vista di una sconfitta?»
    «Non intendo pensare adesso a quello che succederà quando il mondiale verrà assegnato. Per il momento punto a ottenere il miglior risultato possibile qui a Yas Marina.»
    «E dopo?»
    «Dopo verrà il 2011. Non ho ancora deciso esattamente che cosa fare, ma sto valutando diverse ipotesi.»
    «Qualcuno ha insinuato che al posto tuo Mark Webber avrebbe vinto il titolo con qualche gran premio d'anticipo? Che cosa ne pensi?»
    «Penso che l'anno scorso Webber ha ottenuto meno punti del suo compagno di squadra, che è il mio attuale compagno di squadra, mentre io ne ho segnati di più. Va bene che il mondiale non è ancora finito, ma ormai si è capito come vanno le cose. Può darsi che Webber potesse vincere il titolo in anticipo, se fosse stato qui, ma non penso che avesse così tante più possibilità di me.»
    «Pensi che vincerà Alonso, oppure che Vettel o Hamilton potranno approfittare della situazione?»
    «Mi rendo conto di non essere la candidata più probabile, ma non mi dispiacerebbe vedere il nome Menezes incluso nella lista dei possibili vincitori.»
    Me la cavai bene, durante le interviste.
    Riuscii a mettere a tacere tutti i miei potenziali detrattori, quelli che in ogni caso sarebbero accorsi in massa a celebrare il mio trionfo qualora avessi vinto.
    Me la cavai un po’ meno bene quando iniziammo a fare sul serio.
    Non ottenni la prima fila.
    Mi dissi che la colpa non era mia, ma della monoposto, ma la scusa che stavo cercando di rifilare a me stessa non era molto credibile: il mio compagno di squadra sarebbe partito dalla pole position, dopo avere messo in fila Hamilton, Alonso e Button.
    Tutti costoro si erano qualificati davanti a me: mi sarebbe toccato un misero quinto posto, che purtroppo mi allontanava drasticamente dalla possibilità di terminare la stagione davanti a Fernando. Chiunque ne sarebbe stato scoraggiato...
    ...
    ...
    ...
    ...ma io non mi sentivo chiunque. All’indomani mattina avevo già archiviato il disappunto per le qualifiche. C’erano quattro piloti che partivano davanti a me, questo era vero, ma il gran premio di Abu Dhabi, al quale mancava ancora qualche ora, era lungo e poteva succedere qualsiasi cosa.
    Due ore prima della partenza successe il primo evento che avrebbe potuto, a suo modo, condizionare il risultato: incontrai Jaime e gli parlai.
    Per la prima volta dopo mesi e mesi mi parve quasi che si comportasse in modo maturo.
    Mi disse che la sua infatuazione per me era stata infantile e che gli dispiaceva per come erano andate le cose tra di noi, che non avrebbe dovuto andarsene quella notte a Marina Bay, ma che mi comprendeva.
    Poi mi informò che si era scaricata la batteria del suo Blackberry, ma che non aveva portato con sé negli emirati un caricabatterie.
    «Mi presteresti il tuo?» mi supplicò. «Mia madre mi ha pregato di telefonarle dopo la fine della gara e non saprei come fare.»
    «Potresti usare il cellulare di qualcun altro» azzardai.
    «Non risponde a numeri che non conosce. Non puoi proprio prestarmelo?»
    Guardai l’orologio.
    «Sì, si può fare.»
    Non sapevo nemmeno a chi avessi affidato il mio telefono in quel momento, figurarsi se avevo con me il caricabatterie sul circuito. Per fortuna a Yas alloggiavo, come la maggior parte dei piloti, nello splendido hotel a sette stelle affacciato sul tracciato.
    «Tra dieci minuti sarò da te con il caricabatterie.»
    Mi allontanai dal tracciato e mi diressi verso l’albergo così com’ero, in tuta.
    Non ero sola, ritrovai Sebastian al mio fianco, in tuta a sua volta.
    «Dove stai andando?» volle sapere. «Stai fuggendo perché non riesci a sopportare la pressione dell’ultima gara? Fidati, non ne vale la pena.»
    «Smettila di dire cazzate» replicai. «Devo solo andare nella mia stanza a prendere una cosa.»
    «Adesso?»
    «E quando, se non adesso? Non posso certo aspettare che arrivi l’ora di andare sulla griglia di partenza!»
    «Posso venire con te?»
    Mi fermai un attimo e lo guardai negli occhi.
    «Perché dovresti?»
    «Per farti fretta qualora tu dovessi metterci molto tempo» rispose Sebastian, con una certa naturalezza. «È il minimo che posso fare.»
    «Va bene, andiamo, però vedi di farmi davvero fretta e non di farmi perdere tempo, in ogni caso. Se Horner si accorge che siamo spariti nel nulla ci ucciderà.»
    «No, non ci ucciderà» ribatté Sebastian. «Se lo facesse, si sarebbe giocato il mondiale, quindi non credo che gli convenga.»
    Non dissi nulla.
    All’addetto alla reception spiegai velocemente il mio problema.
    Si limitò ad augurarmi buona fortuna.
    Aprii la porta, lasciando la chiave nella toppa, chiedendomi se davvero fossi impazzita all’improvviso, per mettermi a cercare un caricabatterie in un momento come quello.
    Sebastian non fu collaborativo. Mi criticò perché a suo dire non ero abbastanza ordinata e perché avevo lasciato alcuni indumenti alla rinfusa.
    Non lo ascoltai.
    Mi infilai il caricabatterie in tasca e mi diressi verso la porta.
    Non mi ricordavo di averla chiusa, perciò doveva essere stato Sebastian.
    Abbassai la maniglia.
    Non accadde nulla.
    La abbassai di nuovo.
    Anche stavolta, non accadde nulla.
    «Cosa ti succede, Tina?» mi chiese Sebastian. «Non sei in grado di aprire una porta per l’emozione? L’avevo detto che se troppo apprensiva per quello che verrà.»
    «Non è l’emozione» misi in chiaro. «Avevo lasciato la chiave all’esterno e qualcuno ci ha chiusi dentro.»
     
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    «Non è l’emozione» misi in chiaro. «Avevo lasciato la chiave all’esterno e qualcuno ci ha chiusi dentro.»

    "F*CK!"
     
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    Ottimo commento. :lol:
     
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