Redbull Angel

La vera storia di Tina Menezes

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    Dalla Wiki-F1GC Scheda di Tina Menezes [X]:
    CITAZIONE
    la prima comparsa di Tina Menezes è stata in "Redbull in love", fan fiction che Milly Sunshine non farà leggere nemmeno in futuro al suo ipotetico marito per paura che le chieda il divorzio.

    CITAZIONE
    Nel 2019 Milly Sunshine ha deciso di scrivere un remake di "Redbull in love" intitolato "Redbull Angel", nel quale Tina è un'ex pilota di Formula 3 la cui carriera si è interrotta per questioni economiche che, dopo essere divenuta tester ufficiale della Bridgestone, ha attirato l'attenzione della Redbull che l'ha ingaggiata al posto di Mark Webber dopo che quest'ultimo ha deciso di passare in Indycar a seguito di una partnership tra Penske e Redbull. Diversamente da RBL, RBA è ambientata tra il 2010 e il 2013 invece che nel solo 2011.

    Dato che un utente di questo forum mi ha convinta a fare questo passo ho deciso di postare il remake di quella storia composta da un'accozzaglia di stereotipi che avevo scritto anni fa.
    Vi prometto che mi sono sforzata di costruire una trama più sensata, anche se ci ho messo in mezzo un po' di fantasy. Non ho eliminato totalmente gli stereotipi da fan fiction: diventare la role model delle autrici di storie con innamoramenti a caso tra l'eroina badass e il pilota Redbull di turno (al quale sia possibilmente già spuntata la barba) con serate romantiche a Montecarlo o a Singapore è sempre il mio obiettivo! ;)

    Buona lettura.
    Accompagnatela con una buona bottiglia di Canberra Milk. :P

    ******




    REDBULL ANGEL

    Capitolo 1
    Angelo caduto


    [Sao Paulo, 28.12.2009]
    Redbull ti mette le ali, diceva lo spot pubblicitario di un energy drink di proprietà di una multinazionale che possedeva due scuderie di Formula 1.
    A me non serviva Redbull per avere un paio d’ali: ero un angelo e ventotto anni prima mi era stata affidata una vita umana, perché la proteggessi.
    A me non serviva Redbull, perché di Formula 1 non ne sapevo nulla, come tipico degli angeli custodi, se non ciò che avevo appreso durante il tempo che avevo trascorso accanto al mio protetto.
    Sorvolavo in volo lo stesso asfalto sul quale la vettura del mio protetto avanzava come una saetta, mentre la seconda manche di qualifica entrava nel vivo. Sapevo che cosa doveva succedere quel giorno e sapevo che avrei dovuto agire in fretta, se volevo avere qualche chance di impedirlo, ma temevo che fosse già troppo tardi: ovunque guardassi, vedevo angeli della morte famelici, che non aspettavano altro che di portarsi via il mio protetto...
    Ogni volta in cui riuscivo, scoccavo occhiate cariche di fuoco a chi si girava nella mia direzione. Qualcuno rideva, sprezzante. Non ce n’era bisogno: ciascun portava acqua al proprio mulino, ma per noi angeli non funzionava come per gli esseri umani. Quelli erano in grado di fare ciascuno il proprio lavoro senza dovere per forza annientarsi a vicenda...
    Ero immersa in quelle riflessioni, quando arrivò il momento di entrare in azione. Vidi il detrito staccarsi da una delle monoposto e continuare la propria corsa impazzita.
    Dovevo fermarlo.
    Dovevo fermarlo prima che sfondasse il casco del mio protetto.
    Sentivo gli angeli della morte sghignazzare alle mie spalle - forse soltanto una mia impressione - ma non mi sarei trattenuta.
    Mi gettai giù.
    Il detrito mi passò attraverso, senza ferirmi.
    Quando realizzai cosa fosse successo, mi sentii mancare. Tutto lasciava pensare che si fosse trattato di un fallimento.
    Mi ritrovai accerchiata dagli angeli della morte.
    «Non avresti dovuto metterti in mezzo» mi disse, in tono piuttosto brusco, uno di loro, quello che sembrava il loro leader. «Non ti hanno mai detto che, quando è giunta l’ora della fine, nemmeno gli angeli custodi possono impedire la fine dei loro protetti?»
    Nonostante la voce minacciosa che si rivolgeva a me, pensai che, tutto sommato, non fosse accaduto nulla di irreparabile: se mi stavo sorbendo quella ramanzina a proposito del fatto che avevo salvato la vita al mio protetto, allora significava che il mio protetto era ancora vivo...
    Cercai di replicare, ma la voce non mi uscì. In più, me ne resi conto soltanto in corso d’opera, non avrei nemmeno saputo che cosa dire.
    In un attimo mi furono addosso. Erano in tanti, non riuscivo nemmeno a quantificarli, e si aggrappavano alle mie ali nere.
    «Ehi, fermatevi!» protestai. «Che cosa state facendo?»
    Qualunque cosa stessero facendo, persi i sensi. Quando mi ripresi, gli angeli della morte non c’erano più, ma a completare l’opera non c’erano più nemmeno le mie ali.
    Una figura candida e spettrale mi fissava. Doveva essere una sorta di angelo supervisore, per intenderci, quello che assegnava a ciascuno il proprio compito e che, in qualunque maniera venisse svolto, aveva sempre qualcosa da ridire - se non altro, almeno in questo, avevamo qualcosa in comune con gli umani.
    «Tina Menezes, sei colpevole di avere intralciato l’opera degli angeli della morte» mi accusò la figura candida e spettrale.
    Mi morsi la lingua appena in tempo. Stavo per chiedere chi accidenti fosse Tina Menezes. A quanto pareva ero io.
    La figura candida e spettrale continuò: «Non hai nulla da dire?»
    E che cosa potevo dire? Stavano dicendo tutto gli altri...
    Cercai di non fare brutta figura, quindi pronunciai la prima frase di senso compiuto che mi venne in mente. Non fu nemmeno tanto a sproposito, dal momento che dichiarai: «Ho cercato di salvare la vita al mio protetto e credo di esserci riuscita.»
    «Che cosa sai del tuo protetto?» mi chiese la figura candida e spettrale in tono da inquisitore.
    «Non ne so niente» ammisi. «So che è un pilota e che, se non mi fossi messa in mezzo, si sarebbe beccato un detrito sulla fronte e probabilmente a quest’ora sarebbe morto.»
    «Hai mai pensato che il suo destino fosse proprio quello di beccarsi un detrito sulla fronte e morire?»
    Era una domanda troppo complicata. C’era il destino, poi c’erano gli angeli della morte... insomma, sembrava che ciascuno potesse fare un po’ quello che gli passava per la testa e che quel privilegio mancasse soltanto alla sottoscritta.
    «No, non ci ho pensato» risposi. «Se ci fossero delle linee guida più precise, da seguire, magari avrei evitato certi errori...»
    «Non fa niente» mi mise a tacere la figura candida e spettrale, «Perché tanto, ormai, hai già mandato tutto a puttane.»
    Ah, quindi era quella la maniera in cui d’abitudine, si esprimevano gli angeli? E questo, peraltro, occupava anche una posizione di spessore. Chissà se anche in questo somigliavamo agli umani. Avrei tanto voluto infilarmi di nascosto in un ufficio postale, durante l’orario di chiusura al pubblico, in quel momento stesso, per sentire con quali termini da scaricatore di porto il direttore parlasse con le signorine che stavano allo sportello...
    Non c’erano uffici postali per me, ma soltanto la mia condanna.
    «Sarai punita per il tuo comportamento scellerato, Tina Menezes.»
    «Oh...»
    Non avevo idea di quale potesse essere la mia punizione. Speravo nulla di troppo complicato, come ad esempio lavare i pavimenti tutti i giorni, o al più pulire i bagni, ma ovviamente, se non era il mio giorno fortunato poco prima, non poteva esserlo diventato da un momento all’altro in corso d’opera.
    «Scenderai sulla Terra, in un corpo umano» mi informò la figura candida e spettrale. «Dovrai avvicinarti al tuo protetto entrando nel suo stesso campo. Dovrai riuscire a farti riconoscere... ma nel frattempo ti sarai dimenticata tutto: non ricorderai di essere stata il suo angelo custode, né nulla. Saprai soltanto di essere una semplice umana e di essere una dei piloti titolari della Redbull. A proposito, già che ci siamo, ti sfido anche a provare a vincere il mondiale.»
    Spalancai gli occhi.
    «Come, prego?»
    La figura candida e spettrale sorrise, sprezzante.
    «Che cosa non ti è chiaro?»
    «Per esempio come divento pilota della Redbull... o magari anche come divento pilota, così, in generale. Non ho la più pallida idea nemmeno di come si gestisca uno skateboard, dato che finora ho sempre usato le ali, figuriamoci una monoposto.»
    «Non sarà complicato, Tina Menezes. È già tutto sistemato. Tra dieci secondi scenderai sulla Terra e ti sveglierai in un corpo umano.»
    Meno dieci.
    Meno nove.
    Meno otto.
    Meno sette.
    Meno sei.
    Meno cinque.
    Meno quattro.
    Meno tre.
    Meno due.
    Meno uno...
    ...
    ...
    ...Maledetta sveglia! Quella suoneria era tremenda. Più che nella mia stanza da letto, sarebbe stata bene in un ospedale, nel reparto rianimazione. Chissà quanta gente in coma irreversibile si sarebbe svegliata grazie a quel suono assordante...
    Mi volle un po’ di tempo per ricordarmi chi fossi esattamente, dove fossi e che giorno fosse. Ero Tina Menezes, mi trovavo a casa di mia madre, era un tranquillo giorno di dicembre e, ovviamente, non ero un angelo caduto mandato sulla Terra nei panni di un pilota di Formula 1, colpevole di avere deviato la molla che aveva colpito il casco di Felipe Massa nelle qualifiche del gran premio d’Ungheria almeno di quel tanto che bastava per far sì che in quel momento il pilota della Ferrari stesse probabilmente facendo boccacce al suo figlio neonato.
    Era tutto perfetto, un finale strappalacrime per un sogno totalmente folle e insensato, tuttavia c’era un piccolo dettaglio che stonava: diversamente dalla mia alter-ego, non solo disponevo di un volante in Formula 1, ma nemmeno di un budget tale per gareggiare occasionalmente nella Formula 3 brasiliana. Anzi, non solo non l’avevo, ma non l’avevo neanche mai avuto. Avevo collaborato, negli ultimi sei anni, con molti costruttori, testando monoposto di varie serie e percorrendo migliaia di chilometri, ma il massimo che mi ero sentito dire era sempre stato “sei veloce tanto quanto i piloti titolari, forse addirittura di più, se tu avessi dei buoni sponsor, il volante sarebbe tuo”. Gli sponsor, ovviamente, non arrivavano mai. Avevo provato ad attirarli vestendomi in modo appariscente e, quando mi ero accorta che non era servito, avevo iniziato a interpretare la parte della ragazza acqua e sapone. Anche questo non aveva funzionato, quindi mi ero accontentata di essere semplicemente Tina Menezes, per intenderci, una ragazza perfettamente in grado di sfoggiare l’abbinamento make-up elaborato, abito da sera e tacchi a spillo, ma ad una condizione, ovvero quella di avere voglia, in un preciso momento storico, di sfoggiare make-up elaborato, abito da sera e tacchi a spillo.
    Ero rassegnata, ovviamente.
    Sapevo che le probabilità di gareggiare in Formula 1 erano molto scarse, se non inesistenti.
    Non me la prendevo con le vecchie glorie che non si decidevano ad appendere il casco al chiodo o che, come un certo sette volte campione del mondo, preferivano invece andare a recuperare il casco rimasto appeso al chiodo per anni e tornare in pista.
    Non me la prendevo nemmeno con quei tanti signori nessuno che passavano nella massima serie provenendo dalla GP2, qualcuno senza nemmeno avere mostrato di avere qualità tali da giustificare il suo passaggio nella classe regina.
    C’era chi aveva talento e chi ne aveva meno.
    C’era chi aveva fortuna e chi ne aveva meno.
    C’erano tanti aspetti da prendere in considerazione e, purtroppo, non mi ero mai trovata al posto giusto nel momento giusto, anche se di recente avevo impressionato molti addetti ai lavori per la mia scintillante performance al volante di una GP2.
    Avevo avuto modo di provare anche una Formula 1, in qualche occasione, ma sempre per uno scopo ben lontano dall’avvicinarmi alla possibilità di avere una chance nelle competizioni. Quando era successo avevo guidato una Honda vecchia di alcuni anni, in qualità di tester della Bridgestone. Il fornitore di pneumatici mi aveva ricompensata non divulgando ufficialmente la mia identità, che trapelò soltanto - secondo quanto mi fu riferito in via ufficiosa molto tempo dopo - a un party al quale non vi erano né persone astemie né persone che fingessero di esserlo.
    Di per sé, un simile pettegolezzo non mi avrebbe cambiato la vita. Per mia fortuna il party si era svolto a casa di Christian Horner.
    Venti minuti dopo essere stata distolta dalla sveglia dal sogno nel quale ero l’angelo custode di Felipe Massa, ricevetti una sua telefonata. Per quanto quel giorno la situazione fosse ancora ben lontana dall’essere delineata, fu il primo passo che mi portò verso il campionato di Formula 1.

    ***

    [Milton Keynes, 04.01.2010]
    Eravamo come tre topolini dall’aria smarrita io e i due ragazzi che mi stavano accanto. Non mi era ben chiaro che cosa stesse per succedere e tutto lasciava ipotizzare che Sebastien Buemi e Jaime Alguersuari ne sapessero tanto quanto me.
    Eravamo stati fatti accomodare da una segretaria nell’ufficio del team principal, che tuttavia tardava ad arrivare.
    Noi, da parte nostra, restavamo in silenzio... o almeno ci stavamo provando, dato che Jaime Alguersuari mi fissò con i suoi occhi azzurro intenso e mi chiese: «Scusa se sono scortese... ma tu chi sei?»
    Mi venne da ridere.
    «In effetti, se non sapessi che corri per la Toro Rosso, ti avrei fatto la stessa domanda.»
    Jaime parve seccato da quella mia esternazione, ma non disse nulla. Avrei fatto meglio a tacere, ma non riuscii a trattenermi.
    «Cos’è successo al tuo pit-stop ad Abu Dhabi?» gli domandai.
    «Me lo chiedo anch’io» ammise Jaime, con naturalezza. «Il team mi ha chiamato, ma i meccanici non erano pronti e mi hanno mandato via.»
    «La prossima volta cerca di non fermarti al box della Redbull» gli suggerii. «O almeno, non farlo quando deve fermarsi anche Vettel. Se trovi i meccanici liberi, magari ti tengono lì per fare quattro chiacchiere. Chissà, magari ti offrono anche un caffè.»
    Sebastien Buemi mi fissava con gli occhi spalancati, ma non fece in tempo a intervenire: il team principal era arrivato.
    «Scusate, ragazzi, ho trovato traffico per strada.»
    Come no... come se non l’avessimo visto in fondo al corridoio, mentre parlava al telefono. La chiamata doveva anche essere stata piuttosto interessante, visto quanto tempo gli aveva portato via.
    «Immagino che vi conosciate già» riprese Horner, «E qualora non sia così, lei è Tina Menezes. Ha un passato ad alto livello nei campionati di kart, ha gareggiato occasionalmente in Formula Ford e in Formula 3 agli albori della propria carriera e, per assenza di sponsor, da alcuni anni ha lavorato come tester e come sviluppatrice per vari costruttori e fornitori di telai, compresa la Dallara. Ha testato vetture di Formula 3 e di GP2, in tempi recenti, ma ultimamente ha fatto il salto di qualità: ha collaborato con la Bridgestone, testando le loro gomme, al volante della Honda di Jenson Button...»
    Christian Horner venne interrotto dalla voce di Alguersuari, che osservava: «Che figata!»
    Buemi gli tirò una gomitata.
    «Taci, coglione. Non vedi che stiamo lavorando?»
    «Ah, sì? A meno che il nostro lavoro non consista nel farci elencare tutti i dettagli del curriculum di questa ragazza, a me non pare.»
    «Se volete cortesemente fare silenzio...» li invitò Horner. «Dunque, Tina, immagino che tu sappia chi sono questi baldi giovani.»
    Annuii.
    «Certo che sì.»
    «Bene, allora possiamo procedere» dichiarò Horner. «La ragione per cui siete qui è che, mantenendo la notizia riservata fintanto che non era ufficiale, come team Redbull abbiamo avviato una collaborazione con Roger Penske, per schierare una Penske sponsorizzata Redbull nel campionato di Indycar che inizierà tra un paio di mesi...»
    Jaime Alguersuari lo interruppe di nuovo: «Indycar? Penske? Non capisco. Cosa c’entriamo noi con la Indycar?»
    «Voi niente» replicò Horner. «Finalmente con Roger Penske abbiamo maturato una decisione a proposito del pilota che fa per noi. Sarà Mark Webber, che è stato talmente entusiasta del primo test a bordo di una Indycar che l’ha commentato testualmente così: “sai, Christian, è l’auto migliore che io abbia mai guidato nella mia vita e sono certo che un giorno riuscirò a convincere perfino Alonso a lasciare la Formula 1 per la Indycar”.»
    Stavolta fui io che non riuscii a trattenermi.
    «Webber in Indycar?! Quindi chi prenderà il suo posto?»
    «Dipende.» Christian Horner si rivolse a Buemi e Alguersuari. «Visto che questo grosso cambiamento arriva così tardi e che non ci sono molte alternative disponibili, potete immaginare che sarà uno di voi due a prendere il posto lasciato libero da Mark.»
    Se Buemi e Alguersuari fossero stati personaggi di fumetti, in quel momento dai loro occhi sarebbero usciti cuori trafitti da delle frecce. Uno dei due, tuttavia, in tempi molto brevi sarebbe stato trafitto alle spalle da una lama molto spessa, a meno che Roger Penske non decidesse di schierare un’ulteriore vettura sponsorizzata Redbull con Sebastian Vettel al volante.
    «Avrete tutti e due una chance» disse Horner, «Ma spetterà a voi giocarvela nel migliore dei modi. Tra gli addetti ai lavori, soltanto in pochi sono rimasti indifferenti di fronte alla velocità pura mostrata da Tina durante i test ai quali ha preso parte. Quello che dovrete fare è confrontarvi con lei. Chi di voi due dimostrerà di essere più veloce di Tina, passerà in Redbull.»
    Sebastien Buemi, che tra i due doveva essere il più pragmatico, volle sapere: «Che cosa succederà se la batteremo entrambi?»
    «Intanto» suggerì Christian Horner, «Mettetevi in testa l’idea che dovrete batterla. Il test sarà tra una settimana, in Bahrein.»
    «Perché proprio in Bahrein?» chiese Jaime.
    «Mhm... magari perché siamo in gennaio e posti come Silverstone sono ricoperti di neve?»
    «Giusto, non ci avevo pensato.»
    «E con il divieto di effettuare test come la mettiamo?» domandò Buemi. «Nessun team protesterà contro di noi?»
    «No, il test si svolgerà su delle Redbull del 2006.»
    «Ma sono vetture molto diverse da quelle attuali...»
    Christian Horner rise.
    «Fatti un po’ di cazzi tuoi, Sebastien.» Si rivolse a me. «Per quanto riguarda te, credi di essere pronta?»
    In effetti fino a quel momento non ci avevo pensato.
    Ero sbarcata in Inghilterra e mi ero diretta a Milton Keynes pensando che mi fosse offerto, nel migliore dei casi, di guidare una vecchia vettura durante qualche esibizione.
    Non mi era chiaro quale dovesse essere il mio ruolo, ma di una cosa ero certa, ovvero che una proposta del genere da parte di una scuderia di Formula 1 non poteva essere rifiutata.
    «Sono pronta» affermai. «Darò filo da torcere a questi due ragazzi, in modo che possano dimostrare di meritarsi un posto alla Redbull.»
    Quando il colloquio terminò, realizzai che le cose stavano andando quasi come nel mio sogno. Certo, non avevo mai avuto le ali e non avevo mai avuto a che fare con l’angelo da me memorizzato come “figura candida e spettrale”, ma nel giro di una settimana avrei appoggiato il fondoschiena su una Formula 1, dopo che Christian Horner aveva commentato in modo molto positivo le mie performance.
    Chissà, con un po’ di fortuna un giorno avrei potuto disputare qualche sessione di prove libere al volante di una Toro Rosso...
    ...
    ...
    ...e con quel pensiero innocente in testa me ne andai, già moralmente pronta per il test che si sarebbe svolto in Bahrein.
    Furono tre giorni intensi e realizzai fin dal primo istante che non li avrei mai dimenticati.
    Diedi il meglio di me stessa, così come fecero anche i piloti titolari della Toro Rosso. Fui spesso più precisa di loro, nella guida, ma non potevo biasimarli: per me guidare una Redbull del 2006 sul circuito del Bahrein era già un risultato eccezionale, mentre quei due si giocavano un posto come pilota titolare nella prima squadra.
    Il test si concluse in parità: nessuno dei due batté il mio giro record, ottenuto nella mattinata nell’ultimo giorno, e la squadra decise di prendersi ulteriore tempo per valutare meglio la situazione e il da farsi. Non avrei voluto essere né al posto di Alguersuari né a quello di Buemi: dovevano sentirsi come sui carboni ardenti e non ero certa che fosse l’ideale.
    Al termine di quei tre giorni pensai che il mio lavoro fosse finito.
    Non lo era, anzi, era appena iniziato.
    Gli sponsor che mi avevano snobbata per anni iniziarono fin dal primo momento a bussare alla mia porta: per la prima volta nella mia carriera, la mia immagine aveva un ritorno commerciale.
    Quando la Redbull prese finalmente la propria decisione, non scelse né Jaime Alguersuari né Sebastien Buemi. Sconvolgendo l’opinione pubblica e migliaia di appassionati, il team annunciò che a sostituire Mark Webber dopo il suo passaggio in Indycar sarebbe stata una tester semisconosciuta della cui esistenza in pochi erano al corrente, fino a quel momento.
    Era come un sogno, solo che era vero: la Redbull aveva scelto me e il fatto che non avessi ancora la Superlicenza non appariva come un ostacolo. Durante i giorni dei test prestagionali avrei percorso abbastanza chilometri per ottenerla.
     
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    Non saprei proprio come descrivere questa FF. E' intrigante: sembra mischiare elementi trash con altri seri, che potrebbero dare vita a un connubio interessante da leggere. Non so proprio come prenderla, se con serietà o leggerezza (o un mix di tutti e due, come molti manga).
    L'unica cosa certa al momento è che m'incuriosisce molto.

    CITAZIONE
    Accompagnatela con una buona bottiglia di Canberra Milk. :P

    Che Webber berrà se dovesse vincere la Indy 500.
     
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    Mi fa piacere che il primo capitolo ti abbia dato un'impressione positiva. :woot:
    Diciamo che la mia comicità tende spesso al trash. Suggerisco di prenderla in entrambi i modi. ;)
     
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    Capitolo 2
    Un debutto notevole


    [Jerez de la Frontera, 28.02.2010]
    Quando l'ultima giornata dell'ultima sessione di test terminò, l'unico pensiero della mia personal trainer Victoria era quello di tornare a Valencia. Come biasimarla? E soprattutto, come esserne dispiaciuta? Se non altro, almeno per una serata, avrei avuto l'illusione di potere respirare senza renderne conto a lei.
    Nella mia stanza, aspettavo.
    Sapevo che, se avessi pazientato un po', qualcuno mi avrebbe contattata.
    A contattarmi fu Felipe, con un SMS dal contenuto abbastanza chiaro.
    "Vieni stasera?"
    Era in programma una tranquilla serata non troppo tranquilla, approfittando del fatto che i test fossero terminati. Non mi sentivo fuori luogo: erano molti i piloti che avevano accettato di partecipare... e poi, se l'invito proveniva da un family man, che a casa aveva una moglie adorabile e un bambino di pochi mesi, c'era da stare sicuri che non sarebbe accaduto nulla di esagerato.
    Risposi con prontezza: "Certo che ci sono."
    Felipe fu chiaro e diretto: "Fatti trovare fuori per le 22.00, passiamo a prenderti io e Rubinho."
    Sorrisi. A quanto pareva ero già uno stimato membro della comunità motoristica brasiliana, se due miei stimati connazionali erano pronti a scortarmi in quello che doveva essere un luogo di perdizione ma non troppo.
    Ovviamente non avevo in programma di uscire la sera, quando ero partita per Jerez, pertanto non avevo nulla di decente da indossare, ma non importava: riuscivo ad avere stile anche indossando una felpa del team, vecchi jeans e un paio di scarpe di tela, non mi mettevo problemi per così poco. Bastavano i capelli ben pettinati e il trucco per lasciar capire che non fossi appena uscita da una monoposto per precipitarmi in un locale.
    Alle 22.00 in punto i miei cavalieri mi vennero incontro. Erano due family man, anche Rubinho aveva dei figli, seppure decisamente più grandi di quello di Felipe, quindi ancora una volta rassicurai me stessa: non sarebbe accaduto nulla di troppo esagerato.
    "E poi sono astemia. Male che vada sarò l'unica ancora in sé e cercherò di schivare gente che mi vomita addosso."
    Nessun pensiero fu più sbagliato.
    A parte me, nessuno era astemio, quindi nemmeno io volevo essere l'unica a non consumare alcolici. Già ero l'unica donna...
    Mentre chiacchieravo con Felipe, Rubinho e Fernando, con i quali ero seduta al tavolo del pub, c'era sempre qualcuno che mi riempiva il bicchiere. La reazione più spontanea era svuotarlo, senza nemmeno interrogarmi troppo sul contenuto.
    Nel frattempo, finché ero ancora in me, cercavo di fare un'analisi acuta e sensata dei test, per quanto fosse possibile analizzare i test senza tirare a indovinare.
    «Così, a intuito, non pare che la Mercedes abbia le stesse performance della Brawn...»
    Rubinho ridacchiò.
    «Non potrei essere più felice di essermene andato. Ho raccolto quello che potevo raccogliere e ho lasciato la patata bollente a Michael.»
    Anche noi ridemmo, tuttavia non potei fare a meno di fargli notare: «Non è detto che tu, sulla tua Williams, sia messo molto bene.»
    «In effetti no» convenne Rubinho, «Ma riuscirò sicuramente a fare più punti di quanti non ne abbia ottenuti Nakajima l'anno scorso.»
    «Povero Kazuki» osservò Felipe. «Non riusciva proprio a farne una giusta, l'anno scorso.»
    «Ho sentito che la Stefan vuole ingaggiarlo» intervenne Fernando. «Pare che non siano riusciti a entrare in Formula 1 comprando la Toyota, ma che possano almeno comprare la USf1.»
    «Per comprare qualcosa» replicai, «Bisogna che quel qualcosa esista. Non mi risulta che l'esistenza della USf1 sia stata appurata. Probabilmente non hanno nemmeno mai progettato una monoposto su carta.»
    «Pare abbiano ingaggiato José Lopez» mi informò Fernando, «E che Alexander Rossi sarà il loro pilota di riserva.»
    «Rossi chi?» chiese Rubinho. «Per caso è un parente di Valentino?»
    «No.»
    «Peccato. Sarebbe stato bello avere due Rossi sulla griglia di partenza di un gran premio, in ogni caso.»
    Quel commento, da parte di Rubinho, mi fece capire che, tutto sommato, l'alcool non faceva tanto bene nemmeno a lui.
    «Che io sappia» gli ricordai, «Valentino corre ancora nel motomondiale.»
    «Sì, ma ci sono dei rumour a proposito del suo passaggio in Formula 1 un giorno sì e un giorno no» insisté Rubinho. «Pare che sia già pronto per la Ferrari...»
    Felipe e Fernando si scambiarono un cenno d'intesa, prima di scoppiare a ridere.
    «Ne dubito fortemente» rispose Fernando, a nome di entrambi. «Non penso proprio che la Ferrari, quando vedrà quanto posso rendere, continuerà a pensare a una trovata commerciale del genere.» Dubitai che si riferisse anche alle performance del suo compagno di squadra Felipe, a quel punto, ma il senso del discorso non cambiava. «In Formula 1 ci vogliono piloti di Formula 1, non piloti di MotoGP.»
    Felipe e Rubinho concordarono con lui a quest'ultimo proposito. Io non dissi niente. Non rientravo esattamente dentro al calderone dei piloti di Formula 1 e non ero certa che tutti, nel mondo, avessero accettato senza problemi il mio ingaggio da parte di una squadra che l'anno precedente era arrivata seconda sia nel mondiale piloti sia nel mondiale costruttori.
    Per fortuna l'alcool riprese a scorrere e tutto fu molto più facile...
    O almeno così pensavo, perché arrivammo ben presto a un punto di non ritorno.
    Fernando, quasi distrattamente, mi domandò: «Come mai hai preso parte ai test con la Redbull anche per quest'ultima sessione? Non era meglio che si alternassero Buemi e Alguersuari, in attesa della loro decisione?»
    Sussultai.
    A quanto pareva, Fernando non lo sapeva.
    «Buemi e Alguersuari rimarranno in Toro Rosso» lo informai. «Sarò io a guidare la Redbull, quest'anno.»
    Fernando fece un sorriso accomodante.
    «Suvvia, non vorrai che ci beviamo davvero questa storia.»
    Spalancai gli occhi.
    «Come, scusa?»
    La verità non era che non lo sapeva, quanto piuttosto che non ci credeva.
    In più continuava a sorridere e la cosa mi dava alquanto fastidio.
    «Non ho niente contro di te, Tina» disse, con calma, «Ma mi sembra molto improbabile che la Redbull abbia preso una simile decisione. Sarà anche un team emergente, ma si tratta comunque di una squadra seria, ormai.»
    Non sapevo come valutare le sue esternazioni. Forse, se considerava la Redbull come un team emergente, non avrei dovuto offendermi per quello che pensava di me.
    «Ovviamente non c'entra niente il fatto che tu sia una donna» mise in chiaro Fernando, «Anche se immagino che sia servito al team per farsi pubblicità. Quello che voglio dire è che non hai gareggiato né in GP2, né in World Series by Renault, né hai mai disputato un campionato intero di Formula 3... come puoi avere l'esperienza sufficiente per gareggiare per la Redbull?»
    Lo guardai dritto negli occhi.
    «Christian Horner pensa che le capacità io le abbia.»
    «Ti sta prendendo in giro. Prima che inizi la stagione, ti ritroverai senza volante. Non è possibile che tu possa debuttare alla Redbull al gran premio del Bahrein. Fosse una squadra senza pretese come la Virgin o la Hispania Racing potrebbe anche avere un senso, ma tu non sei nemmeno pronta per la Toro Rosso. Non...»
    Rubinho lo interruppe, indicandogli Robert che, dall'altra parte del pub, cercava di attirare la sua attenzione con un cenno della mano.
    Fernando ci disse che gli dispiaceva, ma che doveva allontanarsi per andare a delineare con Robert lo svolgimento di un torneo di poker che intendevano organizzare dopo il gran premio del Bahrein.
    Si alzò, come se non avesse appena criticato le mie performance.
    Era una situazione che mi faceva incazzare e la ragione principale per cui mi faceva incazzare era che, sulla carta, chiunque avrebbe potuto dare ragione a Fernando: ero davvero venuta fuori dal nulla e, se non fosse stata una situazione di necessità e di urgenza, non mi sarei mai ritrovata al volante di una Redbull. Già di per sé ritenevo io stessa molto strana tutta quella faccenda: capivo la situazione, ma nell'improbabile sarebbe stato meno improbabile promuovere uno dei due piloti della Toro Rosso e mettere me al suo posto.
    Circolavano strani pettegolezzi sul mio conto. C'era chi sosteneva che Mark Webber non sarebbe stato in grado di adattarsi alle vetture di Indycar e che sarebbe tornato indietro, chi preferiva pensare che Brendon Hartley mi sarebbe succeduto non appena fossero state risolte problematiche burocratiche non meglio definite, mentre altri ipotizzavano che David Coulthard fosse sul punto di tornare in Formula 1 e che la Redbull mi avesse messa al volante nell'attesa del momento più opportuno per annunciare il suo comeback.
    Il fatto di avere un contratto gara per gara avvalorava tutte quelle ipotesi, anche se l'ultima mi sembrava molto improbabile, e questo bastò per farmi realizzare che Fernando poteva avere ragione.
    Sebbene mi girasse già la testa, ricominciai a bere.
    Non fu una saggia decisione. Mezz'ora più tardi Felipe fu costretto a portarmi fuori dal locale per prendere un po' d'aria.
    Cercò di rincuorarmi parlandomi del suo passato e di quante volte si fosse sentito messo in discussione.
    Fu una pessima idea, quella di conversare tanto amabilmente, perché ad un tratto mi ritrovai con le mie labbra premute sulle sue e la certezza di essere stata io a prendere un'iniziativa che avrei fatto meglio a evitare.
    Quando gli infilai la lingua tra le labbra, Felipe si tirò indietro.
    Indietreggiai anch'io e realizzai quello che avevo appena fatto.
    «Sai» gli confidai, «Non avevo mai baciato nessuno prima d'ora.»
    Felipe spalancò gli occhi.
    «Tu...»
    «Sì, non avevo mai baciato nessuno» ribadii. «So che sarebbe stato più normale dare il mio primo bacio molto prima, ma non c'era nessuno che mi piacesse davvero e...»
    Mi interruppi.
    Cosa stavo facendo?!
    Cosa.
    Stavo.
    Facendo?!
    Non solo avevo appena baciato un padre di famiglia, ma mi ero anche giustificata per non avere baciato nessuno prima di lui e gli stavo dicendo, essenzialmente, che mi piaceva?!
    Dovevo essere decisamente fuori di testa, in quel momento, ma potevo ancora tentare di salvare la situazione.
    «Questo non significa che tu mi piaccia... beh, sì, come amico, ma non in quel senso... Voglio dire... scusa, non avrei dovuto farlo. Non so cosa mi abbia preso. Sai, sono innamorata di Jaime, ma non penso che mi prenderà mai in considerazione. Ha degli occhi bellissimi. Mi sentivo così sola e...»
    «Va bene, va bene» mi interruppe Felipe. «Dimentichiamoci di quello che è successo. È meglio per tutti, per me, per te, per mia moglie, per Jaime...»
    «Non credo che a Jaime interessi» obiettai.
    In realtà non interessava nemmeno a me quale fosse l'eventuale parere di Jaime, perché non aveva alcun ruolo in quella faccenda e non doveva averne uno.
    Non provavo niente per lui. Avevo scambiato qualche parola con il giovane spagnolo, in alcune occasioni, ma niente di più. Mi ero inventata quell'infatuazione soltanto perché Felipe si convincesse che non ero innamorata di lui.
    Proprio come aveva suggerito, fingemmo che niente fosse accaduto.
    «Cosa ne pensi del mio ingaggio da parte della Redbull?» gli chiesi. «Sei convinto anche tu che abbiano fatto un errore?»
    «Nessuno ha detto che abbiano fatto un errore» puntualizzò Felipe. «Penso che, se ti hanno ingaggiata, abbiano delle idee piuttosto precise a proposito delle tue potenzialità. Immaginano senz'altro che tu possa essere una buona seconda guida.»
    Per un attimo pensai di obiettare che non ero affatto una seconda guida, ma non me la sentii. Dopotutto il mio compagno di squadra aveva vinto dei gran premi e l'anno precedente si era classificato in seconda posizione nel mondiale, mentre io tutto ciò che avevo fatto era stato testare prototipi Dallara e guidare una Honda di diversi anni prima per valutare alcune mescole di gomme. Fernando aveva ragione: non avevo una vera e propria esperienza di gara, quindi non potevo mettermi a fare proclami che non stavano né in cielo né in terra, almeno per il momento. Chissà, forse un giorno la situazione sarebbe cambiata, ma spettava a me farla cambiare.
    «Spero di non deludere le loro aspettative» dichiarai. «Si aspettano molto da me e io voglio essere in linea con le aspettative. Se è vero che la Mercedes non è veloce tanto quanto la Brawn dell'anno scorso, finiremo per giocarci il mondiale e io voglio dare il mio contributo.»
    Felipe annuì.
    «Certo. È quello che spero di fare anch'io per la mia squadra.»
    Realizzai con orrore quanta verità ci fosse in quelle parole.
    Felipe non aveva appena affermato di essere pronto per lottare per il mondiale. Aveva lasciato intendere di essere pronto perché fosse il suo compagno di squadra a lottare per il mondiale.
    Aveva vinto undici gran premi. Era stato vicino a vincere un mondiale, nel 2008. Se il suo ruolo era quello, quale poteva essere il mio?
    Tutto tornava ad andare avanti e indietro sul mio potenziale, tutto mi faceva dubitare delle mie performance.
    Mi lasciai andare e chiesi a Felipe: «Secondo te David tornerà al volante e verrò messa a piedi prima ancora di fare in tempo ad accorgermene?»
    «No, David è troppo vecchio per queste cose.»
    «David ha due anni in meno di Michael.»
    «Sì, ma Michael è un caso a parte. Vedrai che nessuno ti caccerà via a calci. Chissà che tu non riesca anche a impressionare in positivo, non appena arriveremo in Bahrein.»

    ***

    [Sahkir, 11.03.2010]
    Il mondiale, che alla fine di febbraio sembrava ancora così lontano, stava iniziando senza che avessi nemmeno fatto in tempo ad accorgermene.
    Era già giovedì e, sebbene i motori non fossero ancora stati accesi, si faceva già un gran parlare, in tutto il mondo, dell'evento ormai imminente.
    Proprio come nel 2006, il campionato non sarebbe iniziato in Australia, bensì in Bahrein, anche se su un layout modificato rispetto a quello che era stato utilizzato tra il 2004 e il 2009.
    Ovviamente la presenza di una rookie che sembrava essere uscita dal nulla e che si apprestava a debuttare in un top team era un argomento che difficilmente poteva passare inosservato, ma fortunatamente ero in buona compagnia: Michael Schumacher rientrava in Formula 1 dopo tre anni di assenza, Fernando Alonso passava finalmente in Ferrari dopo anni di attesa, Felipe Massa rientrava dopo il suo infortunio dell'estate precedente... grazie al cielo non si parlava solo di me, anche se, in ogni caso, era molto probabile trovare qualcuno che mi fermasse, quando mi spostavo per il paddock.
    Molte reti televisive mi desideravano, perché mi venissero poste dai loro dipendenti domande dal contenuto non sempre molto sensato. Anche questo, per fortuna, non accadeva solo a me.
    «Dopo i test, finalmente, ti appresti a debuttare.»
    «Pare proprio di sì.»
    «Coulthard non è tornato al volante, come sostenevano alcune voci di mercato. Pensi che tornerà?»
    «Mhm... non saprei, perché non lo chiedi a lui? Dopotutto lavorate per la stessa rete.»
    «Giusta osservazione. Puoi fare un pronostico sul tuo risultato per questo tuo primo gran premio?»
    «Spero di arrivare a punti.»
    «Solo?»
    «No, in realtà punto a ottenere pole, vittoria, giro veloce e a vincere il mondiale in luglio, ma dubito che accada. La conseguenza è che mi venga molto più facile limitarmi a sperare di arrivare a punti.»
    «Quelli li otterrai sicuramente.»
    «Ci sono poche cose sicure nella vita e nel motorsport. Il fatto di arrivare a punti, qualunque cosa accada, non è una di queste.»
    Era bello riuscire a mettere a tacere la stampa senza bisogno di essere scortese. Non avevo parlato in tono particolarmente sarcastico, mi ero limitata ad osservare quale fosse la mia situazione.
    Nel tardo pomeriggio, aggiunsi qualche dettaglio.
    «Qual è il tuo obiettivo, Tina?»
    «Il mio obiettivo è, adesso, fare il conto alla rovescia per domani. Non vedo l'ora di mettermi al volante, così almeno mi chiederete di commentare quello che ho fatto e non quello che pianifico di fare.»
    Per fortuna il giovedì terminò, per lasciare il posto al venerdì.
    Scendemmo in pista per la prima sessione di prove libere. Il miglior crono fu fatto registrare da Sutil al volante di una Force India.
    Lo invidiai. Ero certa che nessuno gli avrebbe chiesto se puntasse alla vittoria del mondiale. C'erano dei vantaggi, dopotutto, nell'essere piloti della Force India, anche se in quel momento non me ne venivano in mente altri.
    Ci pensai, di tanto in tanto, nell'attesa della sessione successiva e, ancora una volta, mi ritrovai a non avere risposte.
    La sessione pomeridiana rimescolò le carte ancora una volta. Le Mercedes andarono forte, tanto che qualcuno insinuò che un certo pluricampione del mondo, di lì a pochi mesi, avrebbe vinto un ottavo titolo. Qualcuno fece notare che era andato più lento di Rosberg, ma uno dei vantaggi dell'essere Schumacher era quello di potersene fregare di ciò che dicevano gli altri.
    Gli eventi del venerdì fecero passare in secondo piano la mia presenza. I tempi sui quali avevo girato erano decisamente rispettabili, ma al momento non avevamo indizi a proposito di quale sarebbe stata la nostra posizione sulla griglia di partenza.
    L'unico indizio in mio possesso era il modo in cui mi fissava Jaime Alguersuari quando mi vedeva, ma fui costretta ad attendere il sabato mattina affinché entrasse in azione.
    Lo vidi venire verso di me e non sembrava animato da buone intenzioni.
    Ero certa che mi avrebbe sbattuto in faccia il suo disprezzo e non mi sbagliavo più di tanto.
    «Allora, pluricampionessa mondiale, come ti senti adesso che non hai fatto sfaceli e che il mondo ti ignora?»
    Volevo replicare che non avevo tempo da perdere per ascoltare le critiche di un ragazzino al quale doveva ancora spuntare la barba, ma non lo feci.
    Gli ricordai: «Diversamente da te, sono riuscita a farmi ingaggiare dalla Redbull, quindi penso che tu sia l'ultimo che può permettersi di criticare. Inoltre non mi sembra che i miei tempi nelle prove libere siano stati così negativi.»
    «Vedremo oggi cosa farai» ribatté Jaime. «Sai benissimo di non meritare il tuo volante. Vedrai che alla fine Vettel sarà più veloce di te.»
    «Fintanto che non avrò un gap imbarazzante, non mi preoccupa l'idea di arrivare dietro al mio compagno di squadra» puntualizzai. «Capita a tanti piloti, ma rimangono pur sempre piloti dalle prestazioni rispettabili.»
    «Non c'è niente di rispettabile nel modo in cui sei arrivata in Formula 1. Ti hanno scelta solo per questioni di marketing e per i tuoi sponsor.»
    Scossi la testa.
    «No, guarda, ti sbagli, finché non sono salita a bordo di una Redbull non ne avevo proprio, di sponsor.»
    «Quindi dovrei credere alla favoletta che una tester uscita dal cappello di un prestigiatore possa arrivare in un top team senza avere mai ottenuto risultati degni di nota?»
    «I risultati degni di nota li ho ottenuti, anche se non in modo tradizionale. Se avessi avuto i soldi per gareggiare l'avrei fatto. Non li avevo, quindi invece di stare a piagnucolare come fanno altri a proposito di quanto il mondo sia ingiusto e ti tarpi le ali, mi sono costruita un altro tipo di carriera, sempre nel motorsport. È stata una scelta che ha pagato. Non ci sarebbe così tanta gente convinta che io sia veloce, se non lo fossi.»
    Mi resi conto che Jaime non stava nemmeno ascoltando la mia spiegazione: era chiaro che non gli interessava.
    Ne approfittai per allontanarmi, già guardando avanti, verso la terza sessione, quella che sarebbe iniziata di lì a quaranta minuti.
    Il più veloce fu Alonso, il che convinse migliaia di ferraristi, nel mondo, che non ci sarebbe stata storia per nessuno e che il loro idolo avrebbe dominato il mondiale senza lasciare scampo a nessun altro.
    Incontrai Jaime un'altra volta, ma riuscii a evitarlo.
    Il modo in cui metteva in discussione il mio valore mi disturbava più di quanto desiderassi. Non avrei avuto problemi se avesse affermato a chiare lettere che sentiva di meritarsi il mio volante più di quanto me lo meritassi io. Avrebbe potuto farlo basandosi su dei fatti concreti e centinaia di persone, se non migliaia, gli avrebbero dato ragione. Ciò che non mi andava giù era che sminuisse il mio percorso, come se avessi scelto io di dovere passare anni a testare monoposto sulle quali non avevo abbastanza soldi per gareggiare.
    Quando iniziò la sessione di qualifica ero ancora indignata per il suo deplorevole comportamento. Decisa più che mai a dimostrare che le mie doti velocistiche non fossero frutto della fantasia di Christian Horner, spinsi al massimo anche quando non dovevo.
    Lo stesso Horner mi avrebbe accolta urlandomi che ero un'irresponsabile e che se avessi continuato così avrei finito per fondere il motore.
    Probabilmente si chiedeva anche lui come fossi riuscita a fare quello che avevo fatto. Non lo sapevo nemmeno io, era senz'altro la classica fortuna del principiante.
    Fui la prima ad esserne sorpresa, quando scoprii di avere ottenuto la pole position. Se fossi stata la protagonista di un racconto stereotipato, avrei senz'altro potuto dominare agevolmente la gara.
    Purtroppo non ero la protagonista di un racconto stereotipato: il giorno dopo non ebbi altrettanta fortuna e Fernando Alonso salutò il mondo dall'alto della cima di un podio sul quale non ero nemmeno presente.
     
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    Tina sa decisamente come cacciarsi nei guai con gli uomini, prima si ubriaca (non totalmente per colpa sua, certo) e poi bacia Felipe, confessandogli di essere innamorata di lui, e per giustificarsi s'inventa di essere innamorata di Jaime e ammette di non aver mai avuto nessun contatto con un ragazzo. Classica ricetta per un disastro sentimentale: ce l'abbiamo!
    La ragazza inoltre deve affrontare un bel po' di problemi anche in pista, purtroppo. Di ciò non mi stupisco, era prevedibile che cadesse vittima del sessismo e di chi l'avrebbe considerata immeritevole del suo volante solo perché fino a quel momento non aveva ottenuto risultati degni di nota (come se essere un campione nelle Formule minori ti renda automaticamente tale anche in F1).
    Il mio rosik-radar segnala alti livelli d'invidia in Alguersuari. Si consiglia una cura a base di Malox.
     
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    Il casino con Felipe è ispirato a quello che succedeva in RBL nel primo capitolo mi pare...

    Per quanto riguarda le critiche, in questa versione ho voluto renderle un minimo più contestualizzate dato che nella versione precedente di fatto non si sapeva minimamente cosa avesse fatto Tina prima del debutto in F1.

    Su Jaime rosicone... ci hai decisamente visto giusto.
    Ma cambierà idea, per fortuna. O per SFORTUNA... :woot:
     
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    Capitolo 3
    In attesa del podio


    [Sepang, 04.04.2010]
    Erano passate poche settimane da quando era iniziata la stagione, ma c'era già un grosso cambiamento: non ero più la ragazza venuta dal nulla che portava via il volante a Jaime Alguersuari. Certo, Jaime avrebbe obiettato che il mio sedile sarebbe stato più adatto sotto al suo fondoschiena che sotto al mio, ma tutta la schiera dei suoi sostenitori si era ridotta in modo notevole.
    Essere una donna aveva sia i suoi lati positivi sia i suoi lati negativi: così come c'era chi aveva pregiudizi nei miei confronti, c'era anche chi, proprio perché ero donna, non si accaniva su di me a proposito di altre questioni. Per esempio, quella mattina stavo registrando un'intervista che sarebbe stata trasmessa nel pre-gara dalla televisione italiana, ed ero certa che l'essere una "novità" potesse giocare a mio favore. Gli italiani tifavano tutti, o quasi, per la Ferrari. Detestavano chiunque guidasse per un altro top-team. A peggiorare la situazione, appartenevo a un top-team che secondo i più tradizionalisti non aveva senso di esistere. In più parlavo italiano, quindi non esistevano barriere linguistiche.
    L'intervista fu piuttosto originale: si parlò di come avessi vissuto il passaggio dal mio ruolo di tester a quello che ero finita per occupare, prima ancora di venire ai miei risultati.
    Infine parlammo anche dei risultati.
    «Ha fatto molta impressione la tua pole position all'esordio» dichiarò Stella Bruno, e non aveva tutti i torti. «Puoi spiegare ai nostri telespettatori che cos'è successo?»
    Sorrisi.
    «Non lo so che cosa sia successo. Mi sono lasciata andare e ho messo a segno il miglior giro della mia vita.»
    «C'è stato chi ha scritto, anche sui giornali, che la pole ti è stata assegnata "d'ufficio" per questioni commerciali. Come rispondi a queste critiche?»
    Quella era una domanda che non mi aspettavo.
    Non avevo letto molti giornali, negli ultimi tempi, e quando mi era capitato non avevo mai visto simili teorie del complotto.
    Osservai: «Non credo che vengano assegnate pole position per questioni commerciali, a meno che il cronometro non sia dotato di una mente pensante e che non sia appassionato di marketing. Se così fosse mi preoccuperei molto, ma solo ed esclusivamente per il cronometro.» Feci una mezza risata. «E poi non capisco perché, per questioni commerciali, avrei dovuto ottenere una pole position...»
    «Per far parlare del campionato, così si è detto.»
    Annuii.
    «Certo, ma perché la pole? Non assegna punti, dopotutto. Nel mio caso tutto ciò che mi ha lasciato è stata una profonda delusione.»
    «Vuoi spiegarci che cos'è successo in Australia?»
    Risi un'altra volta.
    «Se proprio devo...»

    ***

    Sono davanti a tutti.
    È la prima volta che sono qui e sono davanti a tutti.
    Non so se esserne soddisfatta o se avere un po' di paura.
    Poi le luci rosse si accendono, una dopo l'altra, e non ho più niente da temere.
    Una luce.
    Due luci.
    Tre luci.
    Quattro luci.
    Cinque luci.
    Per una frazione di secondo immagino Murray Walker che esclama "go, go, go in Bahrein!", ma Murray Walker è andato in pensione ormai da anni.
    Dimentico tutto, tranne il semaforo che ho davanti.
    Quando le luci si spengono, scatto dritta come un fulmine, involandomi verso quello che credo sia un giorno carico di successo.
    Alla radio il mio ingegnere mi comunica che Alonso è secondo dietro di me.
    Ha già superato Massa alla prima curva, in linea con le aspettative.
    Passiamo più di trenta giri così, l'uno dietro l'altro, come separati da tutto il resto dello schieramento.
    La mia posizione è stabile.
    Le due Ferrari sono dietro di me...
    Poi, all'improvviso, tutto inizia ad andare a rotoli.

    ***

    «Non era il mio giorno fortunato, a quanto pare» dichiarai. «Ero in testa al mio gran premio d'esordio e sembrava che non ci fossero problemi... invece i problemi sono venuti fuori e, quando il cambio ha iniziato a dare segni di malfunzionamento, ho iniziato a temere che le mie speranze di vittoria fossero appena svanite.»
    Stella mi guardò negli occhi.
    «E infatti è andata proprio così.»
    «Grazie per avermelo ricordato» scherzai. «Comunque, facendola semplice, è andata proprio così. Un attimo prima ero in testa e pensavo di essere intoccabile, un attimo dopo la realtà mi è crollata addosso. Le Ferrari mi hanno superata una dopo l'altra e, a completare l'opera, ho dovuto lasciar passare anche Hamilton, più avanti, rinunciando anche alla terza posizione.»
    «Però sei arrivata quarta.»
    «Questo sì, ma non ho la più pallida idea di quale sia il sapore del waard anche se, devo essere sincera, l'ho chiesto a Lewis una volta che l'ho incontrato e mi ha detto che non mi sono persa niente.»
    «In ogni caso il tuo quarto posto è stato un risultato che ha colpito in positivo l'opinione pubblica» mi ricordò Stella. «Hai concluso la gara davanti alle Mercedes, che sono essenzialmente le Brawn GP...»
    «Non sono sicura che Rosberg e Schumacher siano convinti di guidare esattamente delle Brawn GP, ma mai dire mai...»
    «Poi sei arrivata anche davanti al campione del mondo in carica e al tuo compagno di squadra...»
    «Giusto, ho fatto più bella figura di Button» osservai. «Non solo di Button, in realtà, dato che abbiamo appena finito di parlare di Schumacher che è arrivato al traguardo dietro al suo compagno di squadra, ma non fa niente. Per Jenson arrivare settimo non deve essere stato proprio un risultato positivo...»
    «Che cos'ha detto il tuo compagno di squadra del tuo risultato?» mi chiese Stella, a bruciapelo. «Dopotutto lui si è dovuto accontentare di un misero ottavo posto.»
    «Ha avuto dei problemi» chiarii. «In ogni caso Sebastian aveva un notevole margine nei confronti dei piloti che lo seguivano.» Cercai di fare mente locale, realizzando che si trattava di Liuzzi e Barrichello, gli ultimi due piloti della top-ten, quindi preferii non menzionarli in maniera esplicita. «Se devo essere sincera, quel primo weekend non è andato proprio nel migliore dei modi, per noi. Potevamo fare di più... ma quantomeno è andata pur sempre meglio in Bahrein che in Australia!»
    «In Australia, invece, Button è riuscito a dimostrare di essere un pilota competitivo.»
    Mi trattenni a stento dal mettermi a scuotere la testa e mi limitai a precisare: «Button porta un numero 1 sul musetto della sua monoposto, ha già dimostrato di essere un pilota competitivo.»
    «Qualcuno dice di no.»
    «Non si può ascoltare sempre tutto quello che dicono tutti. In ogni caso, sono contenta per lui. Purtroppo non posso dire altrettanto della mia gara.»

    ***

    Parto dalla prima fila, sulla pista umida.
    Stavolta non sono in pole, sono sulla seconda casella della griglia di partenza, accanto al mio compagno di squadra.
    Le luci rosse si accendono una per una e, quando si accendono, Sebastian parte mentre io sono ancora sulla mia casella della griglia di partenza.
    Quando vedo una sagoma rossa passarmi accanto capisco di avere perso una posizione, nei confronti di Felipe oppure di Fernando.
    Si tratta di Felipe, dato che Fernando è rimasto coinvolto in un contatto, dietro di noi e, diversamente dal suo compagno di squadra, per me non è più un problema.
    Devono esserci dei detriti sparsi per la pista, dal momento che entra la safety car.
    La vettura di sicurezza mi garantisce qualche minuto di tregua, ma quando esce di scena mi ritrovo Kubica negli scarichi.
    Cerca di superarmi, ma mantengo la posizione.
    Le cose sembrano destinate ad andare bene, dato che di lì a poco Massa commette un errore e mi riprendo il secondo posto.
    Non solo: inizio anche ad avvicinarmi al leader e potrei toccare il cielo con un dito, se non fosse che siamo appena all'inizio...
    La situazione peggiora quando iniziamo a rientrare per passare alle gomme da asciutto.
    Sono ancora seconda, ma metto le ruote sull'erba e Felipe, ovviamente, non rimane lì dietro a guardare.
    Non sono più in zona podio virtuale, ormai: quando si parte con pista bagnata e la pista si asciuga è una lotteria e, senza capire come, mi ritrovo davanti più vetture di quante ne vorrei.
    Attendo con ansia che accada qualcosa di positivo, ma non succede.

    ***

    «Vettel si è ritirato a causa di un guasto ai freni» osservò Stella Bruno. «Ha dichiarato, in seguito, che avrebbe potuto vincere la gara, senza quel problema. Credi che sia così?»
    Sospirai.
    «Considerando che era decisamente più avanti di me e che ho fiducia nelle vetture che guidiamo, direi proprio di sì.»
    «Invece tu?»
    «Invece io mi sono messa nei casini da sola fin dal via» ammisi, «E mi sono ritrovava nei casini fino alla fine.»
    «Cos'è successo con Alonso e Hamilton?»
    «È successo che ormai Button, Kubica e Massa erano stabilmente i primi tre e non c'era più verso di schiodarli da lì, quindi l'obiettivo era il quarto posto. Avrei potuto superarli entrambi, al penultimo giro, invece è andata a finire che ho speronato Hamilton. Alonso ha mantenuto il quarto posto, mentre io e Hamilton siamo stati superati da Rosberg. O meglio, io sono stata superata anche da Liuzzi e Barrichello e sono arrivata nona.» Feci un radioso sorriso. «Però ho guadagnato un punto in più rispetto al pilota più vincente della storia del motorsport, posso dire di essere una donna soddisfatta. Lewis, invece, non era soddisfatto per niente, anche se ci ha rimesso molto meno di me. Mi ha intimato di non tentare mai più di metterlo fuori gioco.»
    «E tu cos'hai risposto?»
    «Che è il mio obiettivo.»
    «E il tuo obiettivo per oggi, invece, qual è?»
    Continuo a sorridere.
    «Vista la mia posizione di partenza... secondo te?»

    ***

    Che qualifica folle!
    Ogni volta che piove, la pioggia finisce per inzuppare i neuroni a qualcuno.
    Non so cosa sia accaduto sia in Ferrari sia in McLaren, ma i piloti hanno guardato le ultime due sessioni alla TV, mentre sono passati alla seconda manche addirittura Kovalainen e Trulli che, con tutto il rispetto, guidano una Lotus (una Proton che si fa chiamare Lotus per avere più stile) e una Virgin.
    Scendo dalla mia vettura, sentendomi leggera come un palloncino.
    Non so come sia accaduto, esattamente, ma ho appena fatto un giro che valeva la pole.
    Ho messo in fila dietro di me Rosberg, Vettel, Sutil e Hulkenberg...
    Capisco già che avere ottenuto la pole position proprio qui sia una fregatura, ma me ne frego di quello che verrà scritto in tutte le salse da tutti i giornali di questo mondo e ripetuto dentro ad ogni bar.
    "Tina Menezes ha fatto la pole solo perché non aveva avversari."
    Non ho certo suggerito io ai miei avversari di mandare in vacca la loro qualifica fin dal primo momento in cui sono scesi in pista, ma non è un concetto che possa essere compreso tanto facilmente, dall'esterno...

    ***

    Subito dopo l'intervista con Stella Bruno mi resi conto che certi concetti non erano facilmente comprensibili nemmeno a chi seguiva le competizioni dall'interno e, anzi, oltre a seguirle vi prendeva anche parte.
    Non impazzivo dal desiderio di ritrovarmi a tu per tu con Jaime, ma a quanto pareva il destino ci aveva messi l'uno di fronte all'altra.
    «Jaime carissimo, che piacere vederti» lo accolgo, con sarcasmo. «Come mai, tra tutte le persone alle quali potevi stare tra i coglioni, ti sei appena messo a girare intorno a me?»
    «Come sei simpatica» ribatté Jaime. «Sei come avere un peperoncino piccante infilato su per il culo.»
    «Allora, per quanto mi riguarda, puoi anche andartene a infilarti un peperoncino piccante su per il culo.»
    «No, grazie» rispose Jaime. «Sono venuto qui apposta per farti i complimenti e te li farò. Sei stata fantastica, ieri. Hai ottenuto una pole position improbabile. Se non ti avessero fatto mettere le gomme da asciutto al momento più opportuno, probabilmente non saresti stata neanche in seconda o in terza fila.»
    «Può darsi» ammisi, «Ma non vedo perché tu debba indignarti.»
    «Perché vieni utilizzata come veicolo promozionale. È stato deciso a tavolino che dovevi partire davanti a tutti e, magicamente, ti sei ritrovata a partire davanti a tutti... tutti chi, poi?»
    «Mhm... magari quelli che mi stavano esattamene dietro.»
    «Entro i primi cinque ci sono piloti come Rosberg, Sutil e Hulkenberg. Chi cazzo sono? Io non li ho mai sentiti nominare.»
    «Puoi stare tranquillo» lo rassicurai. «Non ti sei perso niente, perché immagino che anche loro non abbiano mai sentito nominare te.»
    «In ogni caso, partire in mezzo a gente come quella dice molto sul tuo valore. Dovresti tornartene a casa a giocare con le Barbie.»
    «Non ce n'è bisogno. Preferisco condividere la prima fila con una Barbie, fintanto che sono davanti. Ora scusami, ma devo andare. Buona fortuna per la gara.»
    Senza dargli il tempo di replicare, gli voltai le spalle e mi allontanai.
    Fu comunque troppo tardi.
    «Rassegnati, Tina, non vincerai mai questa gara» mi urlò dietro Jaime. «Dimostrerai una volta per tutte di non valere nulla, come hai già dimostrato la volta scorsa, quando hai distrutto la tua gara e quella di Hamilton!»
    Fui tentata di voltarmi e di ricordargli che, quantomeno, io ero arrivata a lottare con uno che aveva già vinto un mondiale, mentre lui non sapeva fare altro che criticare le performance altrui, ma lasciai perdere. Jaime aveva a malapena vent'anni, non potevo sprecare tempo a discutere con un bambino convinto che, se non fossi riuscita a tradurre la mia pole position in una vittoria, la mia carriera sarebbe finita in quel preciso istante...
    ...
    ...
    ...
    ...
    ...e infatti la mia carriera non finì, anche se, quando si spensero i semafori, finii per perdere la leadership.
    Non pensavo di dovermi guardare da chi avevo esattamente dietro, ma il mio compagno di squadra mi smentì.
    Tempo una curva e Sebastian era in testa alla gara, mentre io mi limitavo a inseguire.
    Rimasi dietro di lui, senza avere la possibilità di fare nulla, per metà gara, poi giunse il momento dei pitstop.
    Non giocò a mio favore: una ruota non volle saperne di imbullonarsi in tempi ragionevoli e, per quanto persi soltanto due secondi e mezzo, le mie possibilità di giocarmela per la vittoria giunsero definitivamente alla fine.
    Mi accontentai.
    Terminai la gara in seconda posizione, con cinque secondi di distacco da Vettel.
    Rosberg terminò la gara in terza posizione, mentre Sutil scivolò al quinto posto dietro a Hamilton, risalito dalle retrovie.
    Dopo di loro vennero Massa, Button, il mio caro amico Jaime e, a chiudere la zona punti, Hulkenberg, che purtroppo aveva perso parecchie posizioni rispetto a quella di partenza. Mi sarebbe piaciuto se fosse riuscito ad arrivare almeno davanti al caro collega della Toro Rosso e magari se quest'ultimo fosse rimasto fuori dalla top-ten, ma non si poteva avere tutto dalla vita: stavo portando la vettura al parc fermé e, per la prima volta nella mia carriera, stavo per salire sul podio di un gran premio di Formula 1. Non era andata proprio come al sabato, ma per il momento potevo riuscire ad accontentarmi.
    Salii sul podio insieme a due ragazzi felicissimi di entrare nella storia come i primi due ad essere saliti sul podio con una ragazza. Erano al settimo cielo, ma non potevano immaginare come mi sentissi io, anche se avevo i capelli impregnati di sudore, nascosti nella migliore maniera possibile sotto al cappellino, che purtroppo durante gli inni nazionali fui costretta a togliermi.
    Non ci avevo pensato. In tal caso, avrei provato a darmi una sistemata.
    Dopo la consegna dei trofei, mi chinai per raccogliere la mia bottiglia di champagne, senza fare caso a quello che succedeva dietro di me.
    Mi tirai su con una bottiglia infilata dentro la tuta e mi misi a urlare.
    «Non ci provare, Sebastian, altrimenti ti nascondo tutti i rasoi e non potrai più rasarti la barba!»
    Il mio compagno di squadra non appariva affatto spaventato dalla mia minaccia, anzi, chiamò Nico in suo soccorso, che subito mi sommerse a sua volta di champagne.
    Mi arresi.
    Lasciai che mi "maltrattassero" come preferivano: era il prezzo da pagare su quello che per Jaime sarebbe sempre rimasto un luogo mistico che esisteva solo nella sua immaginazione.
    Mi vendicai afferrando Nico per i capelli e ribaltandogli a sua volta lo champagne dentro la tuta, mentre Sebastian ne aveva già approfittato per fuggire a gambe levate.
    Poi andammo a prepararci per la conferenza stampa.
    Dato che le nostre tute erano macchiate, il regolamento prevedeva che ce le cambiassimo per rendere più visibili gli sponsor e che lo facessimo tutti nella stessa stanza.
    «Perfetto» borbottai. «Non ho vinto il gran premio, ma vinco di sicuro il premio di Miss Maglietta Bagnata.»
    Sapevo, infatti, che sotto la tuta ero fradicia di champagne e che ciò avrebbe lasciato poco spazio all'immaginazione.
    Per fortuna ero in compagnia di due gentlemen, che si girarono senza problemi.
    Quando Sebastian si girò, tuttavia, mi riservò un commento poco carino.
    «Sai, Tina, forse dovrei girarmi adesso, perché immagino che tu sia più bella con la tuta che senza.»
    Gli lanciai un'occhiataccia, ma non potei fare a meno di sorridere.
    Per fortuna Nico venne in mio soccorso, rimproverando Sebastian per il suo comportamento volgare. Mi prestò addirittura un pettine, che teneva nel taschino della tuta, per sistemarmi come meglio potevo i capelli impregnati non più solo di sudore, ma anche di champagne.
    Quando fui pronta li seguii in conferenza stampa: non vedevo l'ora di infilarmi sotto la doccia, ma non potevo negare di essere una donna felice.
     
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    Sono felice che Tina stia cogliendo buoni risultati, nonostante i tanti problemi da cui è afflitta.
    Il DJ si sta rodendo il fegato sempre di più, per la sua salute spero che si calmi un attimo.
    Comunque epico il cameo della Stellona! :woot:
     
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    Eh sì a Tina le cose stanno andando abbastanza bene adesso, nonostante tutto.

    Il DJ è abbastanza inquietante come personaggio, lo ammetto. Non preoccuparti, diventerà ancora più inquietante.

    Stellona farà anche altre apparizioni in futuro. <3
     
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    Capitolo 4
    Risultati e cambiamenti


    [Barcellona, 09.05.2010]
    Si stava facendo tardi: sarebbe stato molto bello essere nel mio letto a sognare di essere un angelo caduto, invece la realtà era diversa e non potevo lamentarmi di dove fossi in quel momento. Erano passati poco più di quattro mesi dal giorno in cui la mia vita era andata incontro a una svolta e, quasi senza capacitarmi di come fosse accaduto, mi trovavo seduta insieme ai due piloti della Ferrari, a discutere di quello che era accaduto quel pomeriggio in pista, nel corso del gran premio di Spagna.
    Era noioso, a pensarci bene.
    Gareggiare era il nostro lavoro e, di solito, durante le uscite tra colleghi non si parla di lavoro...
    Ciò nonostante i fatti avvenuti sul circuito erano l'argomento portante già da un po' e non mi sembrava neanche che Felipe e Fernando fossero così tanto disinteressati alla mia visione degli eventi.
    Anch'io, se mi ci mettevo di impegno, riuscivo a trovare tutto profondamente interessante: l'alternativa era alzare gli occhi e accettare un'amara realtà, ovvero che Jaime Alguersuari era seduto nel tavolo accanto al nostro e che non faceva altro che fissarmi.
    L'avrei ignorato, se non fosse stato lo stesso Fernando a farmi notare: «Il piccolo toro che beve ancora la Redbull con il biberon ti sta contemplando con la bava alla bocca.»
    Felipe rise.
    «Bravo Giacomino.»
    Spalancai gli occhi.
    «Come?»
    Felipe continuò a ridere.
    «Niente, lascia perdere.»
    «Possiamo fare cambio posto?» domandai a Fernando. «Almeno a quel punto gli volterò le spalle.»
    «Invece secondo me dovresti andare a scambiare quattro chiacchiere con lui» suggerì Fernando. «Non è bello lasciarlo lì completamente da solo.»
    «Infatti a quest'ora non dovrebbe essere qui» puntualizzai. «I ragazzini andavano a letto alle dieci di sera, ai miei tempi.»
    Entrambi i piloti della Ferrari risero.
    «Non ti ho detto che devi essere necessariamente gentile con lui» mi ricordò Fernando. «Potresti anche andare da lui e fargli notare che è ora di andare a dormire con il ciuccio in bocca.»
    Mi alzai in piedi.
    Fernando mi aveva dato una bellissima idea, ma non ebbi il coraggio di metterla in pratica.
    Mi limitai a sedermi di fronte a Jaime, a guardarlo negli occhi e a chiedergli: «Hai mai avuto paura, ultimamente, che ti capitasse lo stesso problema che a Buemi?»
    Jaime spalancò gli occhi.
    «Di cosa parli?»
    «Di quello che gli è successo il mese scorso, al venerdì, in Cina.»
    Jaime non doveva essere molto impressionato dal fatto che entrambe le ruote anteriori si fossero staccate all'improvviso dalla monoposto del suo compagno di squadra, o almeno dava segno di non esserlo in questo momento.
    «Sei venuta da me per parlare di Buemi e della sua auto?»
    «È l'unico argomento che mi piacerebbe approfondire con te.»
    «Non quello che è successo a te, in Cina, invece?»
    Alzai le spalle, con indifferenza.
    «Cos'è successo a me in Cina?»
    «Hai ammesso per la prima volta di non essere così eccezionale.»
    «Veramente non ho mai detto di essere eccezionale prima, né di non esserlo dopo.»
    «Non hai usato queste precise parole, ma mi sembra che tu ti sia accorta che non sempre è una passeggiata.»
    Lo guardai storto.
    «Chi ha mai pensato che fosse una passeggiata?»

    ***

    Sono sulla griglia di partenza.
    Mi sono qualificata in seconda posizione, ieri, ma significa poco e niente.
    In Malesia mi sono fatta fregare come un pollo, per quanto la gara sia andata molto bene.
    Non so cosa succederà oggi.
    Da un lato potrebbe bastarmi limitarmi a seguire il mio compagno di squadra, dall'altro non sono sicura che tutto possa andare nella giusta maniera.
    Sta iniziando a scendere qualche goccia di pioggia.
    Scende qualche goccia di pioggia e avrei preferito di gran lunga che ci fosse il sole.
    No, non mi spingo così in là: un cielo nuvoloso, forse, sarebbe stato l'ideale, niente luce troppo intensa, niente asfalto scivoloso... però purtroppo non ho la possibilità di scegliere con quali condizioni meteo gareggiare.
    "Per fortuna non può fare nulla in proposito nemmeno Ecclestone."
    Ha menzionato la pioggia artificiale, in passato. No, grazie, basta e avanza quella naturale, come quella di oggi.
    Le luci rosse si accendono, una dopo l'altra.
    Poi si spengono.
    In quel momento stesso mi rendo conto di una sagoma rossa davanti a me e a Sebastian.
    Immagino che sia Fernando: partiva quarto.
    Deve essere stato molto fulmineo, quando i semafori si sono spenti. Oppure l'alternativa è che fosse già partito, al momento del segnale di partenza.
    La seconda opzione è quella giusta, infatti Fernando viene penalizzato per jump-start dopo appena qualche giro.
    La situazione torna alla normalità, ma è questione di pochi giri: quando inizia a piovere più forte, sia io sia il mio compagno di squadra veniamo chiamati ai box per montare le intermedie.
    Le cose non vanno come devono andare.
    Per qualche motivo adesso a lottare per la prima posizione ci sono Rosberg e Button, che sono ancora sulle slick.
    In un primo momento andavamo più forte di loro, ma subito dopo ci ritroviamo in mezzo al caos, con ben poche speranze di vedere una svolta positiva.
    Poi, mentre Button è in prima posizione, entra la safety car.

    ***

    Jaime mi accusò, in tono sprezzante: «Dopo il tuo primo podio a Sepang, ti sei comportata come se fossi una stella nascente del motorsport.»
    «Sono una stella nascente del motorsport» replicai, «Mentre tu ti sei comportato da coglione anche a Shanghai. Sbaglio o sei riuscito ad avere un incidente con una delle vetture dei nuovi team?»
    «E con ciò?»
    «È stata scomodata la safety car a causa dei tuoi casini.»
    Jaime mi strizzò un occhio.
    «Sbaglio o, dietro la safety car, ti sei ritrovata dietro a Jenson, che ha alzato uno spruzzo d'acqua frenando all'improvviso, e tu sei finita fuori strada perdendo diverse posizioni? Tutto sommato è stata una buona azione, far entrare quella safety car, dato che è servita a riportarti con i piedi per terra. Immagino che anche il tuo amico Felipe sia tornato con i piedi per terra: quando sono andati ai box, Fernando l'ha superato lungo la pit-lane, dimostrando chi è che comanda.»
    «Se vuoi sapere come la pensi Felipe in proposito» gli suggerii, «Potresti chiedere direttamente a lui.» Glielo indicai. «Come vedi, è qui a tre passi. Non mi offendo se scambi qualche parola anche con lui.»
    Jaime sorrise.
    «Senza offesa, preferisco parlare con te.»

    ***

    La gara si avvia verso la fine.
    Button è in testa, nessuno sembra poterlo insidiare. Anche Hamilton, risalito fino alla seconda posizione, si accoda dietro al compagno di squadra.
    Rosberg va a prendersi il gradino più basso del podio mentre Mr Jump Start si accontenta di arrivare quarto. Segue Kubica in quinta posizione, poi il mio compagno di squadra, giunto sesto.
    Quando arriva il momento della bandiera a scacchi sono ancora ben lontana da Petrov, che così va a cogliere il settimo posto, diventando il primo pilota russo a conquistare punti in Formula 1.
    Arrivo ottava.
    Dietro di me ci sono due piloti illustri come Massa e Schumacher, ma non è consolatorio.
    Attendo la fine della conferenza stampa dei primi tre classificati.
    Intendo andare a parlare con Button di quello che è successo e a fargli notare che la mia gara è stata rovinata da lui.

    ***

    «A proposito del gran premio della Cina» mi chiese Jaime, «è vero che hai avuto la sfrontatezza di andare a lamentarti con il campione del mondo in carica per avere alzato quello schizzo d'acqua?»
    Doveva sembrargli qualcosa di molto divertente, mentre per me non lo era affatto.
    «Sì, io e Jenson abbiamo parlato di quello che è successo. Mi ha detto di non ritenersi affatto colpevole di quello che ha definito un mio errore, ma che gli dispiaceva che io fossi finita fuori pista e che ci avessi rimesso così tanto. Mi ha detto che gli sarebbe piaciuto se sul podio ci fossi stata io, piuttosto che il suo compagno di squadra, e che si augurava che le cose andassero mi meglio stavolta.»
    «E tu?»
    «Non ho insistito. È stato piuttosto gentile, dopotutto.»
    «Immagino che l'abbia fatto per provarci con te.»
    «Non credo. Di solito gli piacciono ragazze decisamente più belle di me.»
    «Sei bella anche tu.»
    Spalancai gli occhi.
    «Come hai detto?»
    «Ho detto che sei bella.»
    «Incredibile ma vero, Jaime Alguersuari mi ha fatto un complimento» esclamo, con sarcasmo. «Non mi ha detto che, tutto sommato, ha un senso che io stia dove sono, ma mi ha detto almeno che sono bella. Grazie mille.»
    «Non essere sempre così acida, Tina» mi pregò Jaime. «È vero, mi sono comportato male nei tuoi confronti e devo ammettere che non capivo che cosa ci trovasse la Redbull in te, ma ultimamente mi sto rendendo conto che mi sbagliavo. Certo, non sono ancora convinto al cento per cento che tu meritassi quel volante più di me, ma sei sulla buona strada per farmi cambiare idea. In più sei anche bella e simpatica.»
    «Parlo anche perfettamente l'inglese, lo spagnolo e l'italiano oltre alla mia lingua natale» lo informai. «So ballare la salsa, il merengue e la bachata, faccio buone fotografie, ogni tanto ho cucinato qualche torta... come vedi ho molte altre qualità. Però ti devo confessare che non so stirare.»
    Jaime fece un sorriso piuttosto radioso e continuò a contemplarmi con i suoi occhioni azzurro brillante.
    «Sei semplicemente perfetta, Tina. Mi dispiace per come sono andate le cose tra di noi, in questi mesi. Mi piacerebbe cancellare tutto e ricominciare da zero.»
    «Altro che Button» realizzai. «Sei tu che ci stai provando con me.»
    «Purtroppo non sono un buon partito come lui, non essendo ancora diventato campione del mondo, ma chissà, un giorno potrebbe succedere anche a me, magari quando saremo compagni di squadra in Redbull.»
    Non mi era chiaro che fine avrebbe dovuto fare Sebastian nei suoi piani, ma in quel momento non mi importava.
    «Questo è stato un ottimo weekend per me» spiegai a Jaime. «Qualunque cosa tu ti sia messo in testa, non ti permetterò di rovinarmelo.»
    «Lo so, sei stata fantastica questo fine settimana» rispose Jaime, in apparenza sincero. «Sono certo che, se fossi riuscita ad essere un po' più veloce in qualifica, saresti riuscita a vincere tu.»

    ***

    Potevo puntare alla pole position, ma mi sono qualificata seconda, dietro al mio compagno di squadra. Sono una rookie, quindi non mi posso nemmeno lamentare.
    Mi sistemo il cappellino sulla testa, mentre mi appresto a dirigermi alla conferenza stampa insieme a Sebastian e a Lewis, che si è qualificato terzo.
    Li sento parlare del fatto che, per la prima volta nella stagione, un certo sette volte campione del mondo abbia battuto il suo compagno di squadra.
    «Era ora» commenta Sebastian.
    «Già» conferma Lewis. «Sono contento per lui. Però il fatto che non sia più performante come una volta è un bene per tutti noi.»
    Ridono entrambi, quindi penso di metterli in guardia: «Credo che vi convenga fare attenzione, perché prima o poi potrebbe riservarvi delle sorprese.»
    «Non lo metto in dubbio» replica Lewis, «Ma ci penseremo quando verrà il momento. Adesso ne approfittiamo per accumulare vantaggio nei suoi confronti, in modo da premunirci per il futuro.»
    «In effetti non mi sembra una cattiva idea» ammetto. «Fate bene a cercare di approfittarne.»
    «Fate?» obietta Lewis. «Perché parli solo per noi?»
    «Perché Tina è una principante» interviene Sebastian, «E non si sente al nostro livello. Come darle torto...»
    Gli scocco un'occhiataccia, ma vedo che sorride.
    «Attento a quello che dici» gli intimo, in tono semi-serio.
    Anche Lewis fa un mega-sorriso.
    «Sareste un'ottima coppia, insieme» osserva, in modo del tutto decontestualizzato. «Perché non vi fidanzate?»
    «E tu perché non ti fai un po' di fatti tuoi?» ribatte Sebastian. «Solo perché sono in squadra insieme a una ragazza, dobbiamo per forza fidanzarci?»
    «Dal momento che non ti sei mai fidanzato con Webber, suppongo che ti piacciano le donne...»
    «Anche tu non ti sei mai fidanzato con qualcuno dei tuoi compagni di squadra. Anche tu potresti essere un perfetto pretendente per Tina.»
    Scoppio a ridere.
    «Voi due siete fuori di testa. Non sono la protagonista di un racconto stereotipato che arriva in Formula 1 dal nulla e che fa innamorare tutti i piloti di lei!»
    «Vero, a te interessa solo Jaime, me l'ha riferito Felipe» osserva Lewis. «Secondo me dovresti lasciarlo perdere. Si è comportato da stronzo nei tuoi confronti più di una volta. Capisco che possa invidiare la tua posizione, ma ha detto delle cose piuttosto sgradevoli.»
    «Grazie, prenderò in considerazione il tuo suggerimento» rispondo, senza spiegargli che la mia infatuazione per Jaime è pura invenzione. «Allo stesso modo prenderò in considerazione l'idea di tirare due schiaffi a Felipe, non appena mi capiterà a tiro, così magari la prossima volta ci pensa due volte prima di riferire i fatti miei a chiunque.»
    «Li ha riferiti a me, non a chiunque» puntualizza Lewis.
    Sebastian obietta: «Veramente c'ero anch'io quando l'ha detto.»
    Mi prendo la testa tra le mani.
    «Ragazzi, non avete niente di meglio da fare, piuttosto che parlare di me? Non so, magari delle performance brillati che Mark Webber sta ottenendo in Indycar.»
    «Non ha ancora vinto nemmeno una gara» replica Sebastian. «Deve darsi da fare, se vuole diventare argomento delle nostre conversazioni.»
    «Però non sta andando male» ribadisco.
    «No, per niente. Ciò non toglie che parlare di te sia decisamente più interessante.»
    «Ti è così difficile accettare l'idea che io sia donna?»
    «No, non lo è. Se tu non ti fossi dichiarata innamorata di Jaime Alguersuari, nessuno parlerebbe così tanto della tua vita privata. In molti pensano che tu possa permetterti di meglio, se proprio vuoi puntare a un collega. Voglio dire, Jaime è ancora un ragazzino...»
    Per fortuna si sta facendo tardi.
    «Andiamo, se no la conferenza stampa inizia senza di noi.»
    «Non è possibile che inizi senza di noi.»
    «Se restiamo qui, vedrai che metteranno dei robot che parleranno al posto nostro.»

    ***

    Di fronte a un'affermazione così sicura da parte di Jaime, non potei fare altro che scuotere la testa.
    «No, guarda, la gara non è andata poi così bene da farmi pensare che avrei potuto vincerla. Nel primo stint ero seconda dietro a Sebastian, ma non facevo altro che allontanarmi da lui gradualmente. Poi al pitstop c'è stato quel problema che mi è costato la posizione nei confronto di Hamilton... e a completare l'opera, in seguito mi sono ritrovata davanti anche Alonso.»
    «Però sei pur sempre arrivata terza» replicò Jaime. «Sei riuscita a cavartela un'altra volta.»
    «Sì e no» risposi. «Se Lewis non si fosse ritirato per un incidente dovuto a una foratura quando la gara era quasi finita, non sarei stata su quel podio. Non mi posso lamentare, questo no, anzi, sono molto soddisfatta di avere avuto finalmente una gara che, a parte qualche piccolo problema, è filata liscia quasi sempre, dall'inizio alla fine, e di essere arrivata a podio, anche se a quasi un minuto di distacco dal vincitore.»
    «Tutti avevano distacchi elevati, da quello che ho visto. Dietro di te doveva esserci l'abisso.»
    «C'erano Michael, Jenson e Felipe staccati di quidici o venti secondi. Poi c'erano Sutil e Kubica più indietro e, dal nono in poi, erano tutti doppiati. A proposito, sbaglio o il nono eri tu?»
    «Sbagli, era Barrichello. Io sono arrivato decimo. Però ho portato a casa almeno un punto, quindi non mi lamento. Proprio per questo penso che, per coronare il fine settimana, dovresti venire a fare un giro fuori insieme a me.»
    Ridacchiai.
    «Sapevo che saresti tornato a insistere su questo punto.»
    «Non ridere. Dovresti essere contenta che sia difficile resistere al tuo fascino.»
    Prima che potessi trovare qualcosa di intelligente da dire, Jaime si allungò oltre il tavolo e mi ritrovai la sua bocca sulla mia.
    Avrei voluto tirarmi indietro, ma non lo feci. C'era Felipe, seduto nel tavolo a fianco. Se mi avesse vista baciare Jaime, si sarebbe finalmente convinto che lo vedevo solo come un amico e sarei stata certa di non suscitare in lui alcuna preoccupazione.
    Non appena io e Jaime ci staccammo l'uno dall'altra, andai a comunicare a Felipe e a Fernando le mie intenzioni per il resto della serata.
    «Vi saluto. Vado a fare un giro.»
    Fernando sembrava piuttosto divertito.
    «Insieme a Jaime?»
    «Sì.»
    «Allora vedi che ho fatto bene a dirti di andare a parlare con lui?»
    «Ti ringrazio» affermai, prima di rivolgermi a Felipe. «Come vedi, anch'io sto finalmente iniziando a coronare i miei sogni.»
    Felipe non parve molto soddisfatto.
    «Ti sei dimenticata di tutto quello che ha fatto di recente?»
    «Lo so, ha criticato in modo molto esagerato sia le mie performance sia il fatto che io sia pilota titolare della Redbull» ammisi, «Ma non tutto inizia sempre nel verso giusto. Non preoccuparti, saprò tenerlo sotto controllo. È solo un ragazzino, dopotutto.»
    «Ecco, appunto, è un ragazzino» mi ricordò Felipe. «Sei proprio sicura che l'età, per te, non sia un problema? Jaime ha appena vent'anni. Forse dovresti puntare a uno della tua età e...»
    Gli feci segno di tacere.
    «Ci vediamo tra una decina di giorni a Monaco, ragazzi. È stato un piacere.»
    Uscii dal locale insieme a Jaime, sperando che il resto della serata non fosse un dispiacere.
    Riuscii a cavarmela.
    L'interesse che mostrava nei miei confronti mi sembrava un po' esagerato, oltre che nato totalmente dal nulla, ma non mi preoccupavo. Da parte sua poteva non esserci coinvolgimento emotivo, ma quello che era certo era che di sicuro non c'era da parte mia.
    Avrei gradito maggiormente non essere vista dal mio compagno di squadra - che a quanto pareva aveva il dono di potere comparire a caso nei momenti meno opportuni - mentre camminavo mano nella mano insieme a Jaime, ma a tutto c'era rimedio, ne ero certa...
     
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    Avendo letto la versione originale, mi fa un po' strano vedere Ferni e Tina (quasi) amici. Suppongo che il loro rapporto sia così perché al momento lui non la vede come una minaccia nella lotta al titolo.
    Comunque che belli i tempi in cui Lewis non si era ancora lasciato andare alla tamarraggine. :cry: Chissà cosa penserebbe Tina vedendolo ridotto com'è adesso...
    Per quanto riguarda Jaime... ho un bruttissimo presentimento (cit.).
     
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    In effetti qui Tina e Fernando vanno un po' più d'accordo che nella versione originale, almeno per il momento.

    Lewis non tamarro è difficile da immaginare al giorno d'oggi. Però lo preferisco con i capelli, una via di mezzo sarebbe stata l'ideale.

    Jaime ne combinerà di tutti i colori...
     
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    Capitolo 5
    La svolta


    [Montecarlo, 19.05.2010]
    Per dieci lunghi giorni non ebbi modo di parlare con nessuno di quanto accaduto con Jaime, nemmeno con lo stesso Jaime.
    L'avevo pregato di non contattarmi, nei giorni che sarebbero seguiti, perché non potevo prendermi il lusso di avere una vita privata, e Jaime aveva eseguito alla lettera la mia richiesta. Sapevo, tuttavia, che non sarebbe bastato per mettere una pietra sopra ai fatti di Barcellona.
    In più io e Jaime non eravamo i soli a sapere... e ovviamente aspettarmi che Sebastian badasse agli affari suoi era troppo.
    Per tutta la giornata di mercoledì apparve totalmente disinteressato a quello che facevo fuori dai circuiti, né mi degnò di uno sguardo... o per meglio dire, per quasi tutta la giornata di mercoledì.
    Quando scese la sera, mentre entrambi ci apprestavamo a lasciare il circuito, ne approfittò per prendermi da parte e intromettersi in faccende che non lo riguardavano.
    «Cosa succede tra te e il tuo baby cavaliere?»
    Mi costò molto scoccargli un'occhiataccia, dato che avrei preferito ridere per come aveva appena definito Jaime.
    «Il e il mio "baby cavaliere" siamo andati a fare un giro insieme, l'altra volta, la sera dopo la gara.»
    «Tenendovi per mano.»
    «Tenendoci per mano.»
    «Mi rendo conto che il tuo baby cavaliere sia ancora un bambino, in confronto a te, ma immagino che tu non lo tenessi per mano perché ti eri calata nella parte di sua madre...»
    Stavolta mi lasciai sfuggire un sorriso.
    «Hai un modo molto pittoresco di vedere le cose. Ti ricordi che un anno fa, di questo periodo, eri il pilota più giovane presente sulla griglia di partenza?»
    «Certo che me lo ricordo» rispose Sebastian. «Tu, però, ti ricorderai che non c'erano avvenenti fanciulle che potessero tenermi per mano.»
    «Grazie per avermi definita avvenente fanciulla.»
    «Non c'è di che. So che non sono fatti miei, ma...»
    Lo interruppi: «Ecco, esatto. Qualunque cosa tu stia per dire, non sono fatti tuoi.»
    «Non sono fatti miei» confermò Sebastian, «E lo faccio in modo totalmente disinteressato, ma ti suggerirei di andarci cauta.»
    «Perché, il mio baby cavaliere è segretamente un serial killer?»
    «No, piuttosto perché il tuo baby cavaliere te ne dice dietro di tutti i colori.»
    «Non solo dietro» puntualizzai. «I rapporti tra me e Jaime non erano esattamente idilliaci, fino a qualche tempo fa, ma adesso le cose sono cambiate. Ha capito di avere esagerato, criticandomi sia come pilota sia come persona, e adesso è tutto a posto.»
    «Sarà anche tutto a posto per te» obiettò Sebastian, «Ma non sono del tutto sicuro che anche lui la pensi allo stesso modo.»
    «Stai insinuando che stia ancora parlando male di me dietro le mie spalle?»
    «Non lo sto insinuando. Ne sono sicuro. In più mi è giunta voce che avesse scommesso con il suo compagno di squadra che sarebbe riuscito a fare colpo su di te.»
    Spalancai gli occhi.
    «Ha scommesso con Buemi che...»
    Sebastian annuì.
    «Proprio così. Sei contenta del tuo baby cavaliere?»
    Alzai le spalle, con indifferenza.
    «Chissà, magari anch'io ho scommesso con qualcuno che sarei riuscita a fare colpo su di lui. Mentre tu ti preoccupi per me, potrei avere vinto una scommessa.»
    «Non mi sembri il tipo di persona che scommette su queste cose» replicò Sebastian. «Non mi dai l'idea di essere una che gioca con i sentimenti delle persone.»
    Sospirai.
    «Non ti pare di esagerare un po'?»
    «No.»
    «Vieni a parlare di sentimenti, quando ci hai semplicemente visti andare a fare un giro insieme, tenendoci per mano. Hai mai pensato che potrei limonare con qualcuno o tenerlo per mano anche se non provassi nulla di particolare nei suoi confronti? E che la cosa potrebbe essere reciproca?»
    «Di solito, in quei casi, si tende a passare subito al sodo, non a limitarsi a passeggiare...»
    «Disse colui che fingeva di non essere uno sbarbatello con poca esperienza.»
    Sebastian ignorò il mio commento.
    «Qualche tempo fa hai riferito a Felipe di essere innamorata di Jaime. Il fatto che non provi niente per lui non è credibile.»
    «In questo momento avrei una gran voglia di prenderti per le palle e di darti una bella strizzata» misi in chiaro, «Ma siccome sono una persona comprensiva non lo farò, riservandomi di farlo qualora tu riferissi a Felipe o a qualcun altro quello che ti ho detto. Non sono innamorata di Jaime. Ho semplicemente fatto una cazzata con Felipe, che si era messo in testa che mi fossi presa una cotta per lui. Considerando che è felicemente sposato e che ha un figlio, non doveva esserne molto felice.»
    Sebastian mi strizzò un occhio.
    «Per caso hai baciato anche lui?»
    Avvampai.
    «Certo che no... come ti viene in mente?»
    «Non saprei in che altro modo potrebbe essersi messo in testa qualcosa di così assurdo.»
    «Non ha importanza» tagliai corto. «Quello che conta è che dovevo inventarmi al volo che mi piacesse qualcun altro e mi è venuto da pensare agli occhi azzurri di Jaime. L'ho considerato un candidato credibile, anche se ha cinque anni meno di me.»
    «Inizio a capire. Non capisco perché tu abbia baciato Jaime...»
    «Non lo capisco nemmeno io. Avrei fatto meglio a non farlo e, soprattutto, avrei fatto meglio a non farmi vedere da te mentre andavo in giro insieme a lui. Però ormai è successo. Possiamo cortesemente dimenticarcene e pensare a quello che ci aspetta questo weekend? Non sarà un fine settimana facile. Fernando mi ha già promesso che ci romperà il culo.»
    Sebastian mi corresse: «Fernando ti ha promesso che cercherà di romperci il culo. Non è detto che ci riesca.»
    Sebastian aveva ragione, non c'erano garanzie che il pilota della Ferrari avesse la strada spianata, nonostante tutte le sue buone intenzioni...
    ...
    ...
    ...e infatti le sue intenzioni lo portarono soltanto a spalmarsi su un muro, tre giorni più tardi.
    Uscito di pista nella sessione di prove libere del sabato mattina, si ritrovò a non potere disputare le qualifiche.
    Uscì di scena senza nemmeno potere effettuare un solo tentativo, insieme ai piloti dei "nuovi team", sui quali si polemizzava perché sarebbero stati lenti e avrebbero intralciato.
    Da parte mia, feci una buona qualifica, anche se non eccezionale.
    Avrei potuto puntare alla pole position, invece fui costretta ad accontentarmi della seconda fila, dalla quale sarei partita al fianco di Felipe, davanti alle McLaren e alle Mercedes che ci seguivano in ordine sparso.
    Il mio compagno di squadra fu autore della pole, affiancato da un outsider, Kubica sulla Renault.
    Mi consolai con il mio pensiero fisso: ero una rookie, quindi non potevo permettermi di essere troppo critica nei confronti di me stessa. L'essere stata una tester di grande successo non significava che fossi nelle condizioni di battere piloti che avevano un'esperienza maggiore della mia.
    Ero immersa in quelle riflessioni, quando Jaime venne a raggiungermi.
    Ero riuscita a evitarlo fino a quel momento e, se fossi stata un po' più veloce, avrei potuto continuare su quel trend, ma non era il mio giorno fortunato.
    «Sei stata fantastica» mi disse.
    «Neanche tanto» replicai. «Potevo fare meglio di un terzo posto.»
    «Presto succederà» mi rassicurò Jaime. «Magari domani sera andremo a festeggiare insieme. Mi sei mancata in questi giorni.»
    «Oh...»
    Avrei voluto essere più espressiva, ma mi uscì soltanto un monosillabo senza significato.
    Jaime si sentì autorizzato a continuare.
    «Spero che tu ti sia schiarita le idee, in questo tempo. Spero di esserti mancato un po' anch'io.»
    Fui salvata da Robert Kubica.
    «Dobbiamo andare.»
    «Ecco, appunto, devo andare» fu la scusa che utilizzai per allontanarmi da Jaime.

    ***

    Jaime mi fissa.
    Lo fa con insistenza, ma non mi infastidisce.
    «È stata una bella serata» dichiara. «Sono felice di quello che è successo.»
    Mi pare che stia un po' esagerando. Ci sono stati solo un bacio e una passeggiata.
    «Non dispiace nemmeno a me» replico, «Ma temo che tu possa avere frainteso.»
    «Difficile. Non abbiamo parlato molto.»
    «A volte anche le azioni possono portare a dei fraintendimenti. Ho lasciato che mi baciassi e non mi sono pentita di quello che è successo, ma preferirei che non vi dessimo troppo peso. È stato solo un bacio, dopotutto. Abbiamo obiettivi molto più importanti su cui focalizzarci.»
    «Mi stai dicendo, di fatto, che adesso ho un obiettivo in più.»
    «Ovvero?»
    «Ovvero tartassarti finché non cambierai idea.»
    Jaime mi fissa con un mezzo sorriso, non so se parli sul serio oppure no.
    «Non ci provare» lo ammonisco. «Sono una persona impegnata. Non posso permettermi di perdere tempo. La mia carriera è più importante di tutto il resto, per me. Ti prego di non assillarti.»
    «Ehi, stai tranquilla, non ne ho intenzione» mi rassicura Jaime. «Non ti chiamerò, se non vuoi... tanto prima o poi dovremo rivederci, no?»

    ***

    Venne la domenica.
    Venne una Williams che rimaneva priva dell'ala anteriore.
    Hulkenberg andò a sbattere sotto al tunnel, facendo entrare la safety car.
    Solo in quel momento ebbi il tempo di pensare a quello che era appena accaduto: ero davanti alla sagoma gialla partita dalla prima fila. Mi trovavo in seconda posizione alle spalle del mio compagno di squadra.
    Passarono diversi giri.
    Nelle retrovie, Fernando stava lentamente recuperando posizioni, dopo essere partito ultimo.
    Rientrammo quasi tutti ai box molto presto, per non ritrovarci dietro di lui, che si era fermato in regime di safety car e che stava ancora continuando la sua rimonta.
    Rientrammo ai box e ne uscimmo, diversamente da Jenson, che fu messo out da un problema al motore.
    Tutto fu tranquillo per un po', poi Rubinho ruppe una sospensione.
    Con l'unica delle Williams ancora presente in pista a sua volta fuori dai giochi, entrò per la seconda volta la vettura di sicurezza.
    Lo presi come un segnale positivo.
    Sebastian ne aveva approfittato, nei giri che erano preceduti, per incrementare il proprio vantaggio nei miei confronti. Il fatto che i distacchi venissero azzerati era di conforto, anche se non mi spingevo a pensare che potesse stravolgere il senso della mia gara.
    Al restart rimasi incollata al retrotreno del mio compagno di squadra.
    Non mi ero né avvicinata né allontanata, quando pochi giri dopo tornò in pista la safety car.
    «Cosa succede?» chiesi alla radio.
    «Un tombino fuori sede» rispose il mio ingegnere di gara.
    Quell'intoppo venne ben presto risolto fino al settantesimo giro, quando ne mancavano ormai solo otto al finale.
    «Cos'è capitato adesso?» domandai, al nuovo ingresso della safety car.
    Non era successo niente di che, scoprii.
    «Una Lotus è ferma.»
    Era quella di Kovalainen, che si era ritirato per un guasto.
    Ancora una volta i distacchi furono cancellati e mi accodai a Sebastian, che aveva messo soltanto qualche secondo tra di noi nei giri precedenti.
    Al restart lo vidi bloccare le ruote.
    Lo sfilai.
    Mi ritrovai in testa alla gara, rischiando tuttavia pochi metri più tardi di travolgere due doppiati.
    Erano Trulli e Chandhok, rispettivamente sulla Lotus team Malaysia e sulla Hispania Racing. Trulli aveva tentato di superare Chandhok, ma il sorpasso non era andato a buon fine.
    Doveva essere il mio giorno fortunato, dal momento che riuscii a evitare i rottami lasciati dalle vetture incidentate.
    La safety car fece ancora una volta il proprio ingresso trionfale.
    Mentre mi mettevo in coda alla vettura di sicurezza realizzai per la prima volta che cosa stesse per succedere.
    La gara era agli sgoccioli.
    I giri ancora da percorrere sarebbero bastati a malapena per ripulire la pista.
    Tutto ciò che mi restava da fare era attendere pazientemente dietro la safety car.
    C'era solo un possibile intoppo, ormai, come mi ricordò il mio ingegnere alla radio:
    «La safety car tornerà ai box durante l'ultimo giro. Attenta a chi hai dietro.»
    «La gara non finirà dietro la safety car?»
    «No.»
    Pochi metri separavano la safety car line dalla linea del traguardo.
    Se volevo vincere quel gran premio, il più storico e ricco di fascino di tutto il mondiale, dovevo tenere dietro tutti fino all'ultimo secondo.
    Nessuno tentò di mettersi tra me e il mio obiettivo. Sebastian e Robert attesero pazientemente di tagliare il traguardo in seconda e terza posizione.
    Seguivano Felipe e Lewis.
    Quando Michael superò Fernando proprio sulla linea del traguardo scoprimmo che, in realtà, nessuno sapeva come funzionasse la safety car line. Ne venne fuori una gran polemica, perché a quanto pareva quella manovra non era consentita, all'ultimo giro. Per quella ragione Fernando ottenne nuovamente la sesta posizione quando Michael venne squalificato.
    Rosberg, Sutil, Liuzzi e Buemi guadagnarono tutti qualche punto in più, risalendo a quel modo dalla settima alla decima posizione.
    Da parte mia, ovviamente, non feci caso alle polemiche.
    Ero attesa sul podio...
    ...
    ...
    ...
    ...e a Montecarlo il podio non esisteva, come luogo fisico. La premiazione veniva quasi "improvvisata" davanti ai reali del Principato. Arrivata al parc fermé non ebbi nemmeno il tempo di respirare. Mi sfilai il casco e l'hans, mi infilai il mio cappellino in testa e mi rassegnai all'idea di dovere attendere ancora prima di passarmi tra i capelli il pettine che avevo iniziato a tenere sempre nel taschino della tuta.
    Durante la conferenza stampa, più tardi, non si parlò d'altro che del fatto che fossi stata la prima donna a vincere un gran premio di Formula 1.
    Altre ragazze, al posto mio, si sarebbero offese per l'enfasi che veniva data al fatto. A me non importava niente. Non gareggiavo né per dimostrare alle altre donne che potevano farcela, né per dimostrare di essere uguale agli uomini. Gareggiavo perché avevo sempre avuto quella passione e perché, finalmente, ne avevo avuto la possibilità.
    Parlai di ciò che quella vittoria significava per me come persona.
    La dedicai alla squadra, che aveva creduto in me anche quando nessuno pensava che fossi capace abbastanza per potere affrontare una stagione di Formula 1.
    La dedicai a mia madre, che mi aveva sempre supportata come meglio aveva potuto.
    La dedicai a mio fratello Christian, che mi faceva da manager, anche se preferiva rimanere dietro le quinte invece che apparire agli occhi del resto del mondo.
    La dedicai anche a mio padre, che molti anni prima era stato pilota. A volte mi chiedevo se potesse vedermi, anche se avevo imparato a non pensare tanto a lui.
    Dovevo avere incuriosito Sebastian, dal momento che, quando lasciammo la sala stampa, mi chiese qualcosa in proposito.
    «Non avevi mai parlato di tuo padre, prima d'ora.»
    «Non pensavo che ne avrei parlato nemmeno oggi, ma non me la sono sentita di non citarlo.»
    «È da molto tempo che non c'è più?»
    «Da quando ero bambina... e prima non è che ci fosse nel vero senso della parola. Lui e mia madre si erano già lasciati, quando mia madre scoprì di essere incinta. In un primo momento pensò che fosse meglio che io e il mio gemello, Christian, crescessimo solo con lei.»
    «E tuo padre non lo venne a scoprire?»
    «Gareggiava fuori dal Brasile. Non incontrò più mia madre per un bel po' di tempo. Quando successe, avvenne molto dopo la nostra nascita. Invece di dirgli che eravamo nati in luglio del 1985, gli fece credere che fossimo nati in ottobre dello stesso anno, in modo che non pensasse che fossimo figli suoi. Gli disse di essersi sposata, nel frattempo. Riuscì a mentirgli in proposito per anni.»
    Sebastian rimase in silenzio a lungo, poi osservò: «Non doveva avere una buona opinione di lui, se si sforzò di tenerlo lontano da te e da tuo fratello.»
    «In realtà non è proprio così» obiettai. «Vedi, mio padre aveva una carriera ben avviata. Era sempre lontano. Non so se mia madre avesse ragione o no, ma pensava che non dirgli niente fosse la soluzione migliore per tutti noi.»
    «Tuo padre scoprì la verità, alla fine, mi è sembrato di capire. Cosa successe a quel punto?»
    Abbassai lo sguardo.
    «Te lo racconto un'altra volta, okay?»
    «Lo prendo per un mai. Scusa se sono stato invadente.»
    «Non preoccuparti. Non che ci sia molto da raccontare, in realtà.» Mi contraddissi da sola, lasciandomi andare. «Sapeva che sia a me sia a Christian piacevano i kart. Qualcosa di lui ce l'avevamo nel sangue. Si impegnò, rimanendo nell'ombra, come voleva mia madre, per trovarci degli sponsor. Io e mio fratello iniziammo a gareggiare. Qualche sponsor rimase con noi anche dopo la sua morte. Fu sufficiente per illuderci di potere sfondare.»
    «Tuo fratello gareggia ancora?» mi chiese Sebastian, a quel punto.
    «No. Alcuni anni fa ha avuto un infortunio piuttosto pesante, che ha messo fine alla sua carriera. Da allora si occupa di me... e ora andiamo, Horner ha detto che voleva vederci subito dopo la fine della conferenza stampa. Probabilmente dovrà farmi la predica perché ti ho superato senza chiedere il permesso alla squadra.»
    Sebastian ridacchiò.
    «Pensi che ti avrebbero dato il permesso?»
    «Non ne ho idea» risposi, sincera. «Io, da parte mia, ho preferito non chiederlo.»
    «Magari ti vuole appiedare per questo.»
    Sussultai.
    «Dici sul serio?»
    «No, perché?»
    «Perché ho un contratto gara per gara.»
    «Quindi temi che voglia parlare del tuo contratto?»
    «Non ci avevo pensato... ma adesso inizia a venirmi qualche dubbio.»
    Mi bastò vedere Horner per smettere di preoccuparmi.
    Era bagnato fradicio, in mutande, avvolto in un'enorme bandiera con il logo della Redbull. Era appena venuto fuori dalla piscina e la ragione per cui ne era uscito doveva essere la bottiglia di champagne che teneva in mano.
    Urlò qualcosa di incomprensibile.
    «Come hai detto?» gli domandai, avvicinandomi, seguita da Sebastian, al bordo della piscina.
    Fu un errore madornale.
    Christian Horner spinse Sebastian in acqua e, prima di fare in tempo a sfuggirli, mi accorsi che intendeva fare la stessa cosa con me.
    «No, no, nohhhhh!» lo supplicai.
    Mi spinse.
    Precipitai in piscina, in tuta.
    Il contatto con l'acqua mi mandò nel panico. Conoscevo Horner da mesi, ma in quei mesi non avevo mai pensato che informarlo che non sapevo nuotare avesse qualche rilevanza.
    Cercai invano qualcosa a cui aggrapparmi.
    Non c'era.
    Mi domandai se qualcuno fosse lucido abbastanza da capire se avevo bisogno d'aiuto, mentre precipitavo sempre più giù.

    ***

    Faceva caldo, ma stavo tremando.
    Come sottofondo, c'erano le imprecazioni di Sebastian.
    Non avevo mai pensato di potere sentire un pilota di ventidue anni mentre faceva la predica al proprio capo, ma c'era da dire che non mi ero mai immaginata che un giorno il mio capo mi avrebbe buttata in acqua a tradimento, rischiando di farmi affogare.
    Se non altro Horner, che nel frattempo aveva indossato qualcosa che lo rendesse più presentabile, fu così gentile da venire a chiedermi scusa.
    Mi promise anche che, per l'anno successivo, mi avrebbe procurato un salvagente enorme a forma di toro.
    «Non so nemmeno dove sarò il prossimo anno» obiettai. «Magari il salvagente ti servirà per Buemi o Alguersuari, in caso uno dei due non sappia nuotare.»
    «A proposito» replicò Christian, «Avresti dovuto dirmelo.»
    Alzai gli occhi al cielo.
    «Non ci ho mai pensato.»
    «Nemmeno io ho mai pensato che tu non sapessi nuotare. Adesso siamo pari.»
    Mi sforzai di sorridere.
    «Sono io quella che per poco non è annegata.»
    «Non esagerare» obiettò Christian. «Non appena sei finita giù, Sebastian ti ha tirata su. È andato tutto bene.»
    «Non certo per merito tuo» borbottò Sebastian, dietro di lui. Poi mi si avvicinò e mi cinse le spalle con un braccio. «Come stai?»
    «Meglio, grazie.»
    «Mi devi un favore» scherzò Sebastian. «La prossima volta in cui sarai davanti a me, ricordati che devi farmi passare.»
    «Contaci» risposi, seria. «Per te questo e altro.»
    Solo una settimana dopo mi sarei smentita, senza pentirmene affatto.
     
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    Sono felicissimo per Tina, che finalmente conquista la sua prima vittoria, e proprio a Monaco (come nella prima versione). Peccato solo che grazie a Horner stava rischiando di rimanere affogata, e meno male che Vettel in versione erede di Superman (che non a caso guidava una Red Bull nel lontano 2006) è accorso a salvarla. In una trash ficcyna sarebbe bastato questo per convincerla a giacere con lui, ma qui siamo in una storia decisamente più normale, per fortuna.
    Solo un piccolo appunto: MSC a Monaco non è stato squalificato, ma ha subito una penalità di 20 secondi che lo ha spinto fuori dalla zona punti.
     
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    Se quel Superman che guidava la Redbull nel 2006 avesse salvato una ragazza che affogava, probabilmente sarebbe stato capace di farsela dare al volo, lì sul posto! :woot:

    Sono d'accordo sul fatto che questa sia una storia più normale. E anche Tina Menezes nella sua anormalità penso che sia una persona più normale, per intenderci, una che se avesse voluto s*opare con il suo compagno di squadra probabilmente ci avrebbe provato con lui in modo esplicito senza aspettare che lui la salvasse da un annegamento. :lol:

    Hai ragione su MSC, ricordo di averci pensato mentre scrivevo questo passaggio, perché non ricordavo al cento per cento... va beh, siamo in un AU, può passare. :aah:

    PS. Tina che vince a Monaco è un must. *-*
     
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