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CAPITOLO 5 – PASSO DOPO PASSO
- “Che cazzo, Roberta… potevo andare a scuola da sola…” - disse Gaia, visibilmente imbarazzata, mentre sedeva in auto accanto alla sorella, quest’ultima al posto di guida. - “Non se ne parla. Siamo ancora in zona arancione, non voglio rischiare nulla. E poi avrai tutto il tempo per stare con le tue amiche, niente ti vieta di vederle.” - - “Sì, ma è tutto chiuso con la zona arancione! Uffa, io volevo andare al centro commerciale con loro!” - Roberta sospirò. Poverina, aveva pure lei ragione, erano mesi che non andava a scuola e si vedeva pochissimo con le sue amiche. Bisognava sicuramente resistere in quella situazione, ma era pure normale essere stanchi dopo tutto quel tempo. - “Dai, ora che ci stanno i vaccini torneremo pian piano alla vita di prima, tranquilla. Resti ancora un po’, ti prego.” - - “Va bene…” - Poco dopo le due arrivarono a destinazione, e Roberta fece scendere la sorella - “Comportati bene, mi raccomando!” - - “Tranquilla, lo farò.” - sbuffò l’adolescente, guardando in alto. - “Con te non si può essere mai sicuri di questo.” - - “Ammazza che pesantezza…” - - “Lo dico per te. Ciao, ti voglio bene!” - - “Ciao, anch’io.” - Lasciata Gaia all’entrata della scuola Roberta ritornò a casa. I suoi genitori erano entrambi fuori, per cui prese il computer e si sdraiò sul divano, con l’apparecchio appoggiato sul suo stomaco. Come al solito cercò possibili offerte di lavoro, scartando quelle che le parevano da vera e propria schiavitù o per le quali sapeva di essere completamente incapace o non qualificata. Ne trovò due di suo interesse nella sua provincia e in una limitrofa, inviando dunque ai contatti indicati il suo curriculum. Ovviamente mentre aspettava ancora la risposta delle aziende a cui aveva già inviato il suo cv, che ancora non arrivava. Sapeva che le speranze di ottenere un posto erano poche, ma non voleva darla vinta ai suoi genitori che dicevano che non faceva nulla dalla mattina alla sera. Era stanca di quella situazione, stava diventando veramente insostenibile. A Natale era addirittura scoppiata una discussione accesa tra lei e suo padre, tanto che addirittura le stava per mollare uno schiaffo a una certa, fermato per fortuna da sua madre. Quel tipo… era completamente fuori dal mondo, non capiva che già era difficile trovare lavoro prima del Covid, figurarsi in quel momento storico. Tutto chiuso nel suo mondo ovattato di professore universitario di programmazione, che passava tutto il giorno o davanti a un computer o a uno smartphone oppure all’università. Non aveva il benché minimo interesse al di fuori del suo campo, infatti secondo Roberta era un miracolo che avesse conosciuto sua madre 28 anni prima, quando lui, trentunenne, era in procinto di diventare assistente e lei era una studentessa dell’ultimo anno d’Ingegneria Chimica (unica donna in mezzo a centinaia di uomini lì iscritti). Benché si capisse che era stata l’unica ragazza con cui avesse mai avuto una storia lui millantava di aver avuto numerose esperienze prima di lei. Non c’era nulla di male ad aver avuto una sola fidanzata in tutta la vita, poi divenuta sua moglie tra l’altro, o ad aver perso la verginità tardi, ma il modo in cui cercava di sembrare un maschio alpha agli occhi di tutti, compresa la sua famiglia, per Roberta era veramente patetico. E questo soprattutto quando andava a dire che sua moglie era quella vergine quando si erano conosciuti, cosa per nulla vera. E tali dovevano essere le sue figlie, a meno che non lo facessero con quello che sarebbe poi divenuto loro marito. Roberta si ricordava benissimo le scenate avvenuta quando perse la verginità col suo primo ragazzo a 17 anni. Dopo che sua madre l’aveva scoperta leggendo il suo diario segreto il padre le tenne il broncio per una settimana, dicendo che non l’aveva cresciuta per essere una ragazza che si concedeva al primo che passava, quando stava insieme da ormai un anno col suo fidanzato di allora e l’aveva fatto penare a lungo proprio perché aveva paura della reazione della sua famiglia se fosse venuta a sapere ciò. Alla fine ovviamente per riportare la pace in casa fu costretta a fingere di essersi lasciata col suo ragazzo subito dopo, continuando a vederlo di nascosto in un’altra città per qualche mese, fino a quando lui, più grande di lei di due anni e che aveva appena cominciato l’università, si stancò di quella situazione che gli provocava più stress che piacere, togliendo tra l’altro tempo ai suoi studi e alle sue uscite con gli amici, e concordarono che era il caso di lasciarsi. Per fortuna quando si rifidanzò a 20 anni suo padre le diede meno problemi, anche perché già lavorava e quindi per le sue uscite col fidanzato si pagava lei le spese ogni volta che usciva con lui. Fu una storia molto più normale di quella precedente, durata due anni, che terminò quando si accorsero entrambi che non stavano più insieme per amore o attrazione fisica, ma solo per abitudine. Figurarsi poi quello che sarebbe successo quando Gaia avrebbe trovato il suo primo fidanzato: faceva tanto la forte, quella che non aveva paura di tenere testa ai ragazzi, ma in realtà non aveva ancora trovato nessuno, anche a causa del suo caratterino non certo facile da reggere. Sghignazzò al pensiero. Roberta sapeva benissimo che suo padre cercava di controllare qualsiasi aspetto della sua vita e di quella di sua sorella e sua madre. Quest’ultima comunque riusciva a tenergli testa, sebbene il più delle volte gli desse ragione quando sgridava le figlie, soprattutto perché donna indipendente e con la testa sulle spalle, che aveva un’ottima posizione all’Eni che spesso la faceva restare lontana da casa, suscitando non poche gelosie da parte del marito. La giovane andò a controllare il suo profilo Instagram, dove pubblicava le foto che faceva ovunque andasse. La fotografia era la sua vera passione, che purtroppo i suoi non le avevano mai permesso di coltivare professionalmente, ma che lei continuava a fare da amante di quell’arte. Fotografava di tutto: paesaggi urbani e naturali, eventi, addirittura treni e auto in corsa (che erano la sua specialità, anche utilizzando software per migliorare l’immagine come facevano tutti). Le avevano anche fatto delle offerte economiche per le sue foto, addirittura chiedendole di presenziare a matrimoni, battesimi, comunioni e cresime a pagamento, che purtroppo lei ha sempre rifiutato, sia per il rifiuto della sua famiglia che per le rigide regole che aveva al lavoro che le impedivano di avere secondi impieghi, anche solo saltuari. Come sempre aveva ricevuto qualche like e commento, e quella era una cosa che la faceva stare un pochino meglio. Almeno sapeva di essere buona in qualcosa.
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- “Jacopi, vieni nel mio ufficio. Subito.” - Gabriele alzò la testa. Ruggero si trovava di fronte a lui, e dal tono e dal volto sembrava molto serio. - “Arrivo immediatamente, dottor Marchetti.” - Il giovane si alzò dalla sua sedia e andò a passo spedito, ma deciso, verso l’ufficio del suo capo. Dritto, a testa alta e spalla larghe, come gli aveva sempre insegnato suo padre, ma al quale aveva cominciato a dare ascolto da solo un anno, quando aveva ottenuto il suo primo posto di lavoro dopo la laurea. Mentre passava tra le varie scrivanie sulle quali lavoravano i suoi colleghi questi ultimi si dividevano tra chi lo salutava con un sorriso a trentadue denti, chi si faceva gli affari propri o chi lo guardava con palese invidia. In realtà quello era il sentimento che tutti provavano nei suoi confronti, ma sapevano benissimo che, a differenza di Roberta Torrisi (che per fortuna erano riusciti a costringerla a dare le dimissioni), Gabriele Jacopi era ben voluto dal dottor Marchetti, e che se avessero tentato di fargli un minimo accenno di mobbing il loro capo gliel’avrebbe fatta pagare cara. Per cui alcuni si erano limitati a ignorarlo, altri addirittura avevano provato a farselo amico per ottenere favori in cambio. Tutto questo il diretto interessato lo sapeva, e gli piaceva. Era una sensazione ancor più potente di quella che provava quando guidava i cortei di protesta quando era più piccolo e ingenuo. Lì si trattava di guidare suoi pari, che doveva incitare e che non poteva guidare più di tanto, mentre quelli con cui lavorava pendevano dalle sue labbra e facevano qualsiasi cosa per lui, gli stagisti addirittura gli portavano il caffè fatto alla moka nella sala relax (esattamente come aveva fatto lui agli inizi). E pensare che fino a poco tempo prima credeva in parole vuote: eguaglianza, rispetto, solidarietà… tutte stronzate. Ognuno nel mondo pensava solo a sé stesso, illudendosi di fare del bene per puro altruismo quando il suo era un desiderio egoistico di plasmare la realtà a proprio piacimento. E per quanto riguardava quei pochi veri altruisti, beh, erano dei veri e propri idioti. Gabriele entrò nell’ufficio di Marchetti, che lo invitò a sedersi di fronte a lui. - “Ciao, Jacopi.” - - “Salve, dottor Marchetti.” - - “Allora, tu sai che io ti stimo tanto, più di qualsiasi altro nella mia azienda, che sono tutti come una famiglia per me.” - - “Sì, lo so.” - Non era vero, almeno in parte. Sapeva benissimo che Ruggero disprezzava quasi tutti i suoi dipendenti, ritenendoli pigri ed incapaci, ma che lui avesse stima nei suoi confronti era vera. Era stato così fin dal primo giorno in cui aveva lavorato lì, quando accettava qualsiasi mansione gli venisse richiesta e la svolgeva celermente, cosa che colpì fin da subito il suo datore di lavoro. - “Allora, arrivo dritto al punto: purtroppo temo che il nostro rapporto di collaborazione debba finire qui, Jacopi.” - Gabriele sentì sprofondare dentro un buco nero. Tutto quello che aveva fatto per un anno, rinunciando a quello che era stato, pugnalando alle spalle quella che era stata la sua migliore amica per non solo tenersi il posto, ma anche avere una promozione, era stato inutile. Tutto inutile. - “P… perché, capo?? Ho fatto qualcosa di male?? Non ho lavorato abbastanza??” - - “No, no! Non è questo il motivo! Anzi, Jacopi, tu sei ottimo nel tuo lavoro, a stringere contratti con i clienti! Hai fatto benissimo fino ad adesso, sei bravissimo, pure troppo per questa azienda…” - - “I… in che senso?” - - “Gabriele… ti chiamo per nome perché potresti essere mio figlio… e devo essere sincero, tu sei il figlio che avrei sempre voluto, ma che non ho mai potuto avere…” - La cosa colpì sinceramente il giovane - “L… la ringrazio…” - - “Ascoltami, ormai sono molto vecchio, e in tutta la mia vita non ho mai trovato uno come te: sei forte, ambizioso e pieno di talento. Francamente, portarti qui a mio avviso è stata l’unica cosa veramente buona che abbia mai fatto quella sgualdrina della Torrisi.” - Gabriele per un attimo ripensò alle ultime parole che gli aveva detto Roberta prima che le loro strade si dividessero per sempre: “Tu sei solo un grandissimo ingrato, e un lurido verme. Mi sono sbagliata completamente su di te, pensavo valessi qualcosa, e invece sei solo un misero arrivista, al quale importa solo di sé stesso. Goditi i vantaggi che avrai dall’avermi licenziato, io, che ti ho portato qui.” Si accorse di essere diventato quello che aveva sempre odiato: un viscido opportunista, pronto a pugnalare alle spalle quelli che gli volevano bene. Ma ormai era troppo tardi, non poteva più tornare indietro. Tanto valeva proseguire per quella strada e trarne i benefici. Il suo capo ricominciò a parlargli, ridestandolo dai suoi pensieri - “Quando ti ho preso eri un ragazzino idealista, che credeva in stupidi valori come i diritti delle donne, e adesso guardati: in un solo anno e mezzo sei diventato un giovane rampante, pronto a entrare nel mondo degli affari. E proprio per questo penso che una misera ditta d’imballaggi d’alimenti, per quanto moderna e ben attrezzata, sia troppo piccola per te.” - - “Non capisco dove vuole arrivare, scusi.” - - “Io ho un amico dei tempi dei miei studi in Economia che è all’interno di un’importante azienda milanese che si occupa di comunicazione, e che gestisce diverse di queste celebrità che piacciono tanto su Internet. Cazzate dietro cui si rimbecilliscono i ragazzini, secondo me, ma dove girano soldi, tanti soldi. Sono il futuro, come ben saprà uno della tua età. Cercano qualcuno giovane, che sia sulla loro lunghezza d’onda, che possa fare affari, trovare la gente profittevole da inserire tra i loro ranghi, che sia già affermata o emergente, e penso che tu sia adatto a questo scopo.” - Gabriele si sentì il cuore alla gola. Stava accadendo tutto così in fretta: importante azienda milanese di comunicazione… che gestisce celebrità del Web… tanti soldi… un posto libero… - “Ma io… non so se posso andare a vivere a Milano… io… io qui ho…” - - “Senti, Gabriele… non fare lo stesso errore che ho fatto io! Io sono cresciuto con i valori della famiglia, della comunità… ho sempre creduto che col duro lavoro e la determinazione sarei riuscito a farcela, e invece guardami! Ho 62 anni gestiscono una misera azienda produttrice d’imballaggi alimentari, ho dovuto lottare per tutta la vita col fisco, sindacalisti e donne che solo per il loro privilegio di decidere quando portare in grembo un figlio pretendevano che io le lasciassi a casa e continuassi a dar loro lo stipendio! Ti sembra vita questa?! Tu sei il prototipo perfetto dell’uomo d’affari del domani: hai vissuto nella società nichilista e senza valori dei giovani d’oggi, la conosci meglio di chiunque altro, e hai avuto il coraggio di distaccartene totalmente. Saresti in grado di fare grandi cose, se tu lo volessi.” - - “Lo pensa veramente?” - - “Assolutamente. Per questo secondo me non dovresti rinunciare a un’opportunità simile.” - Lui… destinato a grandi cose… diventare qualcuno d’importante… - “Va bene. Accetto.” - - “Grandioso! Allora chiamerò il mio amico oggi stesso e gli darò le tue credenziali. Fidati, Gabriele, hai un grande futuro davanti a te.” - La loro stretta di mano sancì la fine della prima parte della vita di Gabriele Jacopi. Presto sarebbe iniziata quella più eccitante di tutte, in cui avrebbe dovuto dare il massimo di sé.
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SKYPE
MARCELLO: “Quindi ancora niente sul versante del lavoro?” ROBERTA: “Già…” MARCELLO: *sospira* “Francamente, penso che quando mi laureerò me ne andrò da questo Paese, o quantomeno cercherò lavoro più al Nord in Italia. Non hai pensato pure te all’ipotesi di trasferirti?” ROBERTA: “Sì, ma non mi conviene. Gli affitti costano un occhio della testa, e i miei non mi supporteranno mai finanziariamente. Sempre la solita storia… ‘non hai voluto fare l’università? Arrangiati’!” MARCELLO: “Senza offesa, ma i tuoi genitori sono delle merde. E’ vero che pure mio padre mi ha scoraggiato quando volevo diventare pilota come mio fratello, ma oggettivamente era difficile che facessi strada.” ROBERTA: *ride* “Ho già paura quando ti metti a guidare tu, figurarsi se lo facessi in un’auto da corsa!” MARCELLO: “Beh, in Formula 1 c’è una tradizione di sfasciacarrozze, avrei potuto unirmi a loro!” ROBERTA: “A proposito, come sta tuo fratello?” MARCELLO: “Benissimo. E’ supereccitato, ogni giorno ha qualcosa da fare con il suo team e stanno facendo gli ultimi preparativi per la vettura della prossima stagione.” ROBERTA: “Ne sono felice… almeno qualcuno fa qualcosa…” MARCELLO: “Dai, sono sicuro che le cose miglioreranno. So che la situazione è difficile, ma tieni duro. Pure Katia ha avuto difficoltà a trovare lavoro per un periodo.” ROBERTA: “Lo farò. Grazie per la chiacchierata, Marcello! Ci sentiamo!” MARCELLO: “Quando vuoi! Ciao, Roby!”
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Marcello chiuse Skype, mise la sua solita musica Lo-Fi e ricominciò a lavorare sulla sua tesi di laurea. A marzo avrebbe avuto la sessione, per cui doveva sbrigarsi a finirla, anche se stava pure avanti rispetto alla tabella di marcia. Dopo un’ora di lavoro decise di prendersi una pausa, e andò in cucina a farsi un caffè. Mentre la macchinetta versava nella tazzina la bevanda scura il pensiero gli tornò subito a Roberta. Stava veramente in una brutta situazione, sia familiare che lavorativa, e il futuro non lasciava ben sperare. Cosa poteva fare per lei? Come poteva farla uscire da quella situazione? All’improvviso, mentre sorseggiava il suo caffè, ebbe il lampo di genio. Lui non poteva fare nulla, ma c’era una persona che poteva aiutarlo. Prese immediatamente il cellulare, andando in rubrica. Selezionò il contatto di suo fratello e lo chiamò.
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Hinwil, in quel momento
- “Il sedile è comodo, Vincenzo?” - - “Perfetto, ci sto una meraviglia.” - - “Ottimo, puoi andare.” - Il pilota uscì dall’abitacolo della riproduzione della vettura che avrebbe guidato in quella stagione. La prova del sedile, per quanto stupida potesse sembrare, era invece fondamentale, in quanto un posto di guida confortevole permetteva a chi guidava di dare il massimo in pista. Tutto era calcolato con precisione millimetrica in Alfa Romeo, come del resto ci si aspetta da un team di Formula 1. Nonostante il 2020 fosse stato un anno difficile, con pochi punti conquistati rispetto a quelli precedenti, l’ultima evoluzione del motore Ferrari, ormai in fase di ultimazione, aveva ridato fiducia alla squadra, che sperava di ritornare a lottare quantomeno per la zona punti, invece di aspettare le disgrazie altrui com’era successo nell’ultimo campionato. Vincenzo si sentiva finalmente a casa, dopo il 2017 di stop, una stagione passata in Formula E (dove lottò anche per il titolo) e un bellissimo 2019-2020 coronato dalla vittoria alla 24 Ore di Le Mans e del campionato WEC. Sentiva che la Formula 1 era il suo vero habitat, le monoposto più veloci al mondo. Nulla togliendo alle altre categorie, ci mancherebbe (anzi, gli avevano ridato uno scopo), ma la F1 aveva qualcosa di speciale, di unico. L’Alfa Romeo era l’ambiente giusto per ricominciare da zero, un passo alla volta, sperando che le sue prestazioni gli potessero un giorno aprire le porte dei grandi team. - “Vincenzo, ti squilla il telefono!” - Il giovane si diresse a passo svelto verso il suo smartphone, e vide che lo stava chiamando il fratello. - “Ehi, Marcellino!” - - “Ciao, Vinny. Ti disturbo?” - - “No, sono in pausa. Dimmi.” - - “Ascolta, ti ricordi la mia amica che sta ancora cercando lavoro, Roberta?” - - “Ovvio, perché?” - - “Sta in cattive acque, non trova niente e la famiglia a casa le dà il tormento…” - - “Ah… mi dispiace…” - - “Senti… mi spiace dovertelo chiedere, ma la situazione è proprio grave: non è che in Alfa Romeo ci sarebbe un posto disponibile per lei? Lei è brava nelle mansioni manuali, sa catalogare i materiali e tiene pure la contabilità.” - Il pilota si morse il labbro - “Guarda, abbiamo appena avuto l’ultima tornata di assunzioni, quindi non ci sta nessun, e ti dico NESSUN posto disponibile, mi dispiace…” - - “Merda…” - - “Scusami, fratellino, ma la situazione è questa… l’unica cosa che Lassez sta cercando al momento è un aiuto fotografo che possa affiancare quello attuale.” - - “U… un aiuto fotografo?!” - - “Sì, perché? Per caso Roberta lo sa fare?” - - “Lo fa solo per diletto, ma ti assicuro che è bravissima, molto più di tanti fotografi professionisti! Aspetta che ti passo l’account Instagram dove posta le sue foto.” - - “Fammele vedere.” - Il fratello gli inviò il link, e Vincenzo andò a guardare le foto di Roberta. Rimase colpito: era veramente belle, alcune ritoccate, sì, ma con grande maestria, si vedeva che sapeva usare gli strumenti giusti. Chiunque avrebbe pensato che aveva frequentato una scuola di fotografia, quando in realtà era un’autodidatta. - “Wow… è… davvero brava…” - - “Visto?” - - “Questo cambia tutto. Le farò vedere a Lassez, spero proprio che le dia una possibilità. Non ti prometto niente, ma farò tutto il possibile.” - - “Grazie, Vinny! Grazie!” - - “Ma di cosa. Grazie a te per avermela segnalata. Ti faccio sapere nei prossimi giorni.” - - “Ok, fratellone! Ciao!” - - “Ciao!” -
Edited by Great Saiyaman‚ The Big Dreamer - 15/7/2021, 15:40
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