Dragon Ball - Il prezzo di un desiderio

Reboot Dragon Ball Z

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    SAGA DEI SAIYAN - CAPITOLO 0 - LE ORIGINI DEL MITO

    Molti anni fa… in un punto molto lontano dell’universo dal nostro pianeta esisteva un pianeta, chiamato Vegeta, popolato da una grande razza guerriera… i Saiyan.
    Un popolo feroce, bellicoso, ma estremamente orgoglioso, che valutava la propria libertà come il bene più prezioso di tutti… questo prima dell’arrivo del potentissimo Freezer. Capace d’inginocchiare una razza così fiera sia attraverso la paura della propria sconfinata potenza che, soprattutto, per le tante promesse di gloria e ricchezza, i Saiyan alla fine sono diventati mercenari che accettavano qualsiasi missione per conto suo, senza mai fare domande.
    O meglio, c’erano pochi insofferenti di fronte a quella tirannia, e due di questi erano Vegeta III, terzo Re del pianeta, e il plebeo Bardack, grande guerriero che, in segreto, era riuscito ad arrivare ad avere tra combattimenti e duri allenamenti un livello di potenza di 10.000, vicino a quello del Re.
    Un nobile e l’ultimo della società, che condividevano però la stessa preoccupazione, ovvero che Freezer un giorno potesse distruggere il loro pianeta perché temeva la comparsa di un guerriero leggendario, apparso per l’ultima volta mille anni prima: il Super Saiyan.
    E purtroppo avevano ragione, poiché in quegli ultimi giorni Freezer aveva ordinato a tutti i Saiyan di ritornare sul loro pianeta urgentemente, salvo per un piccolo drappello composto dal principe Vegeta IV, il consigliere reale Nappa, Radish, il figlio primogenito di Bardack, e pochi loro compagni.

    Pianeta Vegeta, Anno 737

    L’attacco era stato un totale fallimento. Il castello di Re Vegeta III, un tempo vanto del glorioso popolo dei Saiyan, non esisteva più, solo le macerie di quello che un tempo era stato. Tutti quelli al suo interno, compreso il sovrano del pianeta scarlatto, erano stati seppelliti dai detriti, e nessuno sembrava muoversi sotto di essi.
    Poi, all’improvviso, una mano uscì fuori, aggrappandosi a quelle rovine. Uscì fuori un uomo dai capelli scompigliati, che indossava un’armatura nera con innesti verdi sopra a una tuta aderente e scarponi dello stesso colore della corazza. Il suo volto era ricoperto di sangue, suo e dei suoi compagni, e respirava a fatica. Si guardò intorno, cercando segni di qualcuno che fosse ancora vivo oltre a lui. Niente.
    Non si perse d’animo, e cominciò a scavare tra i detriti, nella speranza di trovare qualcuno ancora vivo. La battaglia non era ancora finita, c’era tempo per cambiare tutto. E invece trova morti. Morti. Morti, solo morti.
    A quel punto, mosso più dalla disperazione che da altro, trovò nel suo lungo cercare il corpo di un uomo. Capelli castani dritti, barba dello stesso colore, una corazza bianca con un simbolo rosso al lato sinistro del petto e i brandelli di quello che era stato un lungo mantello ancora attaccati ad essa.
    - “M… Maestà…” -
    Gli mise due dita sulla carotide, nella speranza che ci fosse ancora vita in lui. Nulla, nessun battito.
    Cadde preda della rabbia, al punto da tremare, e urlò con tutta l’aria che aveva nei polmoni il nome del responsabile di tutto questo - “FREEZER!” -
    Dopo qualche secondo d’ira e sconforto ritornò lucido, e si girò in direzione della città. Di anch’essa ormai era rimasto ben poco. Probabilmente Gine e Kakaroth erano morti. Sua moglie e suo figlio… forse ce l’avevano fatta. Forse.
    Bardack ebbe una strana sensazione di oppressione. Che fosse… paura per loro? No, assurdo. I Saiyan non formano legami, lui aveva contratto matrimonio con Gine solo perché la trovava attraente e adatta ad allevare i suoi figli. Sposarsi per amore era un lusso che poteva permettersi solo quella parte dell’aristocrazia non legata ad obblighi di potere. Eppure… pensava sempre a sua moglie e ai suoi figli con un senso di oppressione allo stomaco. Non era sicuramente amore, probabilmente era solo spaventato di perdere la sua stirpe, coloro che avrebbero rappresentato la testimonianza della sua esistenza nell’universo. I Saiyan non credevano nell’Aldilà, si consideravano una razza rinnegata dagli Dei a causa del loro amore per la libertà (incredibile, proprio loro che alla fine si erano asserviti a Freezer, rinnegando tutto ciò che erano stati in origine), che alla loro morte non sarebbero andati né in Paradiso né all’Inferno, ma in un luogo freddo e buio, dove l’unico conforto sarebbe stato lottare tra di loro, cercando di trovare uno scopo in un’esistenza ultraterrena altrimenti desolante.
    Guardò su in cielo. La navicella di Freezer si stava avvicinando al pianeta Vegeta, ormai quella era la sua ultima occasione per fermare l’estinzione della sua razza. Spiccò il volo, diretto verso quella che sentiva come la battaglia più importante della sua vita.

    Gine si trascinava letteralmente a stento. Gli assalti dei soldati di Freezer e poi l’esplosione partita dalla sala del trono che aveva letteralmente devastato la città l’avevano lasciata praticamente in fin di vita. Se non avesse ricevuto cure immediatamente sarebbe probabilmente morta di lì a breve per le sue ferite, ma alla donna non importava. Teneva tra le braccia un fagotto contenente un bambino con una lunga coda da scimmia che piangeva senza sosta. Era incredibile come fosse riuscita a difenderlo al punto tale da non lasciare che nessuno gli facesse letteralmente un graffio.
    - “Forse… è questo il vero potere de… dell’amore di una madre…” - pensò la giovane donna mentre faceva appello alle sue sole forze per cercare di portare in salvo suo figlio in una navicella e spedirlo lontano dal pianeta Vegeta.
    Aveva considerato Bardack un pazzo quando le aveva raccontato di come aveva ottenuto i suoi poteri di premonizione del futuro, che aveva visto Freezer distruggere il loro pianeta e poi scontrarsi con loro figlio una volta divenuto adulto. Non si era mai aperto tanto a lei, il loro rapporto si basava soprattutto su reciproca convenienza: lui le dava un sostentamento con il suo stipendio, lei gli faceva da mangiare nei rari periodi in cui tornava a casa ed allevava i loro figli prima che diventassero abbastanza grandi da essere reclutati. Crudele, ma necessario alla sopravvivenza della loro razza, che vedeva tantissimi dei suoi membri morire in battaglia prima che potessero riprodursi e quindi richiedeva a loro, che sopravvivevano, di compensare le perdite.
    Eppure, a differenza di tante madri Saiyan, lei amava i suoi figli, non li considerava una semplice continuazione della loro stirpe. Le dava un gran dolore pensare che Radish fosse mandato in battaglia così piccolo, eppure forse questo lo aveva salvato dalla distruzione imminente del loro mondo. Ora non restava che salvare il piccolo Kakaroth, nato pochi giorni prima.
    Una navetta sembrava intatta, e vi mise dentro il bambino. Impostò le coordinate per un pianeta ai margini dell’universo con un potenziale combattivo dei suoi abitanti estremamente basso, che sarebbe dovuto essere quello sul quale il bambino sarebbe dovuto essere spedito per conquistarlo una volta cresciuto. Lì sarebbe sicuramente riuscito a sopravvivere, pur essendo nato con un livello di potenza infimo.
    Pose Kakaroth all’interno della navetta, settandola per farlo entrare una volta partita in ibernazione fino a destinazione.
    Ormai a Gine mancavano sempre più le forze, ma fece appello a quelle che le restavano per parlare al figlio - “Kakaroth… lo so che… come tutti quelli della nostra razza hai ricevuto un… indottrinamento inconscio alla nascita per essere una macchina assassina, ma… sono certa che dentro di te, nel profondo… ci sia un animo buono… esattamente come tuo fratello. Ovunque tu vada, ti prego… non fare quello che… ti è stato ordinato. Forgia il tuo destino… sii quello che senti di essere… non quello che ti è stato imposto. Rendi onore a… i nostri antenati… prima che fossimo schiacciati da Freezer… sii libero, figlio mio!” -
    La donna, con il suo ultimo grammo di energia, si tolse dal polso un braccialetto di katchin con inciso sopra il suo nome, stringendolo sul suo piccolo braccino. Gine scoppiò a piangere, dicendo tra un singhiozzo e l’altro - “Questo… spero ti porti fortuna… lungo il viaggio. Ricordati, bambino mio: ovunque tu sia… io starò sempre al tuo fianco… ti proteggerò! Ora vai, Kakaroth! Salvati! Non per me… non per la razza Saiyan… ma… per… te stesso!” -
    La capsula si chiuse, e partì verso lo spazio con il bambino che si era già addormentato al suo interno ancor prima di entrare in ibernazione, sparendo in un puntino di luce nel cielo.
    La madre crollò a terra, con le lacrime agli occhi, che non erano più di tristezza, ma di gioia.
    - “Sono stata… un fallimento… come guerriera… ma… almeno… ho salvato… mio figlio…” - e chiuse gli occhi, sorridendo.

    Bardack si trovava di fronte a Freezer. Era arrivato il momento. Avrebbe salvato tutta la sua razza… Gine… Radish… Kakaroth… sì… ce l’avrebbe fatta… se lo sentiva!
    - “IN GUARDIA, FREEZER!” - il Saiyan si lanciò all’assalto del tiranno, sconfiggendo le intere file di scagnozzi che gli si paravano davanti. Poveri stupidi… non potevano assolutamente competere con la forza di Bardack, uno dei Saiyan… la più potente razza dell’Universo! Lui avrebbe salvato sua moglie e i suoi figli… avrebbe vendicato i suoi amici caduti in battaglia… avrebbe salvato il suo popolo!
    Liberatosi di quelle carni da macello, si trovò solo di fronte alla causa di tutti i mali del pianeta Vegeta, l’uomo che si era fregiato del titolo di amico dei Saiyan, ma che li aveva traditi appena ne aveva avuto l’occasione.
    Non c’era più tempo per i rimorsi. Adesso gli restava solo una cosa da fare: vendicarsi.
    - “Eheheheh… perfetto… questo cambierà ogni cosa… il destino del pianeta Vegeta… il mio destino… quello della mia famiglia… ma soprattutto… il tuo… E’ LA TUA FINE, FREEZER!!” - e il guerriero scagliò addosso al tiranno il suo colpo più potente: il Giavellotto della Rivolta.
    Tuttavia, Freezer alzò il dito indice, e ridendo sadicamente creò una gigantesca Supernova che… inghiottì l’attacco dell’avversario come se nulla fosse.
    Bardack era pietrificato di fronte alla superiorità del nemico - “NO! NON CI CREDO!” -
    La gigantesca massa continuò a crescere a dismisura, mentre il suo creatore continuava la sua malefica risata. Arrivata a un certo punto si bloccò, e con il solo movimento del dito Freezer la lanciò addosso al pianeta Vegeta, non curandosi che lungo la sua traiettoria vi fossero molti dei suoi fedeli sudditi.
    Bardack fu colpito in pieno dalla Supernova, e il suo corpo cominciò lentamente a vaporizzarsi. Il dolore era talmente lancinante che neanche lo sentiva. L’unica cosa che riuscì a fare fu pronunciare queste parole - “Nooooo… Kakaroth… figlio… mio…” -
    Ora che lui e Gine non ci sarebbero stati più chi avrebbe provveduto a lui? Chi lo avrebbe protetto dalle grinfie dei Demoni del Freddo? Suo figlio era solo… l’ultimo membro della loro razza…
    Eppure … in quello stesso istante i poteri ricevuti dal Kanassiano che gli avevano permesso di predire il futuro della sua specie gli concessero un’ultima visione: suo figlio, adulto, si trovava di fronte a Freezer. E mentre questi era da solo, Kakaroth aveva dietro di sé un vero e proprio esercito, composto da esemplari di ogni specie esistente nell’Universo. Non sarebbe stato solo… lui… avrebbe trovato degli amici… alleati… gente di cui lui si poteva fidare… esattamente come Bardack con i suoi compagni.
    - “KAKAROOOOOOOTH…” - furono le sue ultime parole prima di sparire per sempre, assieme al pianeta Vegeta.
    Mentre quel mondo scompariva in un fascio di luce sinistra, assieme alla sua popolazione, il tiranno controllò sul suo scouter che il livello di combattimento di tutti gli abitanti stesse scomparendo. Solo quando si azzerò tirò un sospiro di sollievo.
    - “Perfetto. Mi sono liberato di una gran bella seccatura. Anche se non credo a quella favola che si tramandano i Saiyan, meglio essere stati prudenti al riguardo.” -
    Dove un tempo vi era il pianeta Vegeta restava solo polvere spaziale. Un intero popolo sterminato per il capriccio di un dio viziato.

    - “NO! NON E’ POSSIBILE!!” - urlò un Saiyan in armatura, facendo venire un infarto al suo compagno.
    - “CHE SUCCEDE?!” -
    - “U-UNA COMUNICAZIONE DA LORD FREEZER!! DICE CHE… IL PIANETA VEGETA E’ RIMASTO DISTRUTTO DA UN METEORITE, E… E SONO TUTTI MORTI TRANNE NOI CHE ERAVAMO FUORI IN MISSIONE!!” -
    La rivelazione lasciò tutti quanti sotto shock. Non era possibile che il loro pianeta fosse stato distrutto assieme alla loro razza!
    Un terzo Saiyan, molto più alto e grosso degli altri, con baffi e un ciuffo di capelli alla base della testa, lo prese per la collottola della sua battle suit - “Se questo è uno scherzo non è divertente!” -
    - “C-comandante Nappa, lo sai che non ti mentirei mai! Sto dicendo la verità, il pianeta Vegeta non esiste più! Siamo rimasti i soli Saiyan in tutto l’universo…” -
    Nappa lo guardò negli occhi: stava dicendo la verità. Lo lasciò andare, e si sedette a terra, fissando il vuoto. Era tutto vero, la loro civiltà era stata distrutta. E la cosa peggiore era che non era sopravvissuta, a quanto gli risultava, una singola donna Saiyan. Questo significava che quando sarebbero morti anche la loro razza si sarebbe estinta, in quanto nella loro cultura era tabù procreare con altre specie.
    In disparte stavano due bambini uno con lunghi capelli corvini, l’altro, più piccolo di statura ma della stessa età, invece li aveva dello stesso colore, ma dritti all’insù.
    - “No… non è possibile… mamma… papà…” - disse il più alto, pensando ai suoi genitori che erano quasi certamente morti. Era rimasto solo al mondo, soprattutto senza la sua mamma, che gli voleva veramente bene, cosa rara tra le donne Saiyan. A volte lo imbarazzava, soprattutto quando era apprensiva nei suoi confronti, ma da quel momento non ci sarebbe stata più. I suoi abbracci, le sue coccole, i suoi baci, il cibo che gli preparava con tanto amore quando tornava dall’accademia militare o da una missione… non ci sarebbe stato più nulla di tutto questo. Cercò di sembrare forte, ma a stento tratteneva le lacrime.
    Invece l’altro bambino stava mangiando un frutto per niente triste, semmai arrabbiato. La distruzione del suo pianeta e la morte di suo padre significavano solo una cosa per il principe dei Saiyan Vegeta IV - “Maledizione… questo vuol dire che non diventerò mai Re…” -
    - “Ehi, Radish!” - disse uno dei Saiyan adulti, mentre l’altro cercava di consolare Nappa, che ancora era sconvolto dalla notizia - “Ma tu non avevi un fratello?” -
    Il ragazzino mise la sua solita maschera di arroganza, cercando di nascondere il dolore che provava anche per quel fratellino appena nato che non aveva avuto occasione di conoscere, e che forse era già morto - “Sì, ma aveva un potenziale di combattimento estremamente basso, è stato classificato come uno di terza classe. Purtroppo io sono l’unico della mia famiglia ed essere nato con un livello medio, sapete…” -
    - “Pensi dunque che sia morto anche lui?” -
    Il pensiero gli annodò lo stomaco, ma cercò di nascondere il suo disagio - “Come se me ne importasse… comunque, avrebbe dovuto essere spedito a breve su un pianeta con una popolazione dalla scarsissima forza combattiva. Se dovesse morire lì, molto meglio non averlo tra i piedi, ci sarebbe solo d’intralcio.” -
    L’adulto venne tratto in inganno dalla corazza di apparente cinismo di Radish, e pensò come fosse incredibile che già da bambino fosse così menefreghista, anche verso un suo familiare, cosa inconcepibile almeno per un Saiyan di medio rango come lui, dove le famiglie non raramente si formavano per amore, e non per fini riproduttivi come quelle di terza classe o per convenienza politica ed economica come con l’aristocrazia. Freezer aveva veramente rovinato quella generazione, forse l’estinzione della loro razza non sarebbe stata una cosa tanto drammatica. Non poteva di certo sapere che il cuore di Radish, già abilissimo a fingere, stava soffrendo terribilmente all’idea di essere rimasto solo al mondo a cinque anni, per quanto i Saiyan fossero fondamentalmente già indipendenti a quell’età.
    I cinque ultimi esponenti della loro razza guardarono verso il cielo, indecisi sul da farsi. Non avevano più una casa dalla quale tornare, sarebbero stati visti, a volte con pietà e altre con disprezzo, come un vero e proprio rudere della civiltà dei Saiyan. Non avevano più niente che li guidasse, solo un codice d’onore che ormai non serviva più a nulla e la consapevolezza che da quel momento in avanti la loro unica preoccupazione sarebbe stata sopravvivere.

    Son Gohan quel giorno aveva fatto una gran bella raccolta di canne di bambù. Era stato piuttosto massacrante, ma ne era valsa la pena. Si meritava proprio una cenetta con i fiocchi. Chissà cosa avrebbe potuto cucinare… forse una bella bistecca di orso… oppure dei croccanti rospi fritti! Al solo pensiero ebbe l’acquolina in bocca.
    I suoi pensieri culinari furono interrotti da uno strano suono, che ruppe la quiete del ruscello vicino al quale si trovava. L’anziano, mosso da curiosità, cercò la fonte di quella specie di guaito, e frugando tra i cespugli la trovò. Ciò che vide lo lasciò senza parole: a fare quel trambusto era un neonato dai capelli neri a ciuffo di carota che piangeva, chiuso in una sorta di grosso globo metallico!
    - “Oh, povero bambino! Da dove vieni?! Chi ti ha abbandonato qui?!” -
    L’uomo, incuriosito, aprì la capsula e lo trasse via da lì, cominciando a cullarlo per calmarlo. La cosa sembrò funzionare, e a quel punto, osservandolo meglio notò con suo ulteriore stupore un dettaglio particolare: quel bimbo aveva una coda di scimmia!
    Di fronte a quella rivelazione scoppiò a ridere, abituato dalla sua lunga esperienza di vita a tutte le stranezze del mondo, che in quel caso però era unica nel suo genere - “Ohohoh… ma questo piccolino ha una coda! Ahahahahah… non ti posso certo lasciare qui tutto da solo ora, no? Ti va di venire con me?” -
    Il bambino, di risposta, gli mollò un calciò in faccia che gli fece addirittura male, lasciandolo di stucco.
    - “Ehi, ne hai di forza per essere solo un neonato!” - e ridacchiò nuovamente, assieme al suo piccolo interlocutore, che sembrava molto divertito dalla situazione - “Ho deciso: ti adotterò e diventerai mio nipote! Vediamo un po’… che nome posso darti…” -
    L’anziano ci pensò un attimo, e trattandosi di un bimbo con la coda di una scimmia e una forza incredibile non poteva che trovargli nome più azzeccato - “Sì… ti chiamerai Goku, è di tuo gradimento?” -
    A quel punto Gohan notò un altro particolare di quel bambino: portava al polso un braccialetto su cui erano incise delle scritte. Non riusciva a capirne la lingua né l’alfabeto, ma capì che doveva essere estremamente importante per lui, forse era l’unico legame che gli restava con la sua famiglia d’origine.
    Lo riprese in braccio, portandolo con sé verso la sua casa. Quello fu l’inizio della leggenda.

    Pianeta Terra, Anno 750

    Tomohisa Kaname, per la prima volta in vita sua, si stava dimostrando l’uomo tra lui e sua moglie Junko, sfrecciando con la sua macchina per le vie di Mitakihara, devastata dall’esercito del Red Ribbon. Quei maledetti erano venuti da un giorno all’altro, distruggendo tutto ciò che incontravano.
    E questo perché la loro città non si era voluta sottomettere al volere di quei nazisti. Come poteva esserci tanta malvagità al mondo? Dov’erano gli eroi quando servivano?
    Queste domande si faceva l’uomo, mentre cercava di scappare da quel caos assieme alla sua compagna e alla loro figlia di due anni, Madoka, che piangeva spaventata tra le braccia della madre.
    La sua bravura alla guida gli aveva permesso di resistere fino a quel momento, ma non lo salvarono da una bomba, che impattò sul terreno a pochi metri da loro. L’onda d’urto fece sbalzare in aria la vettura, che ricadde pesantemente sulla strada a testa in giù.
    Il conducente rimase stordito per qualche secondo, e riprese conoscenza, assicurandosi per prima cosa delle condizioni di sua moglie e sua figlia.
    - “S-state bene?!” -
    Junko, pur dolorante al collo, gli sorrise, mentre la bambina continuava a urlare dalla paura, anche se sembrava illesa grazie alla madre che le aveva letteralmente fatto da scudo nell’impatto - “Sì … io e Madoka stiamo bene.” -
    Tomohisa ringraziò Kami. Se fosse successo qualcosa a loro… i suoi tesori…
    La famiglia uscì dunque dall’auto, trovandosi però di fronte un battaglione del Red Ribbon armato fino ai denti che puntava addosso a loro delle armi - “Arrendetevi, siete circondati! Consegnatevi a noi, e vi risparmieremo la vita!” -
    Il giovane imprecò: avevano fallito. Alla fine quei bastardi li avevano presi. Si mise le mani dietro la testa, mentre la sua consorte teneva stretta al petto la loro bambina, che continuava a piangere. Uno dei soldati, che evidentemente non gradiva i bimbi, gurdò alla donna - “Ehi, stronza! Fa’ stare zitta quella mocciosa!” -
    Junko replicò - “Ma… è piccola!” -
    - “Non me ne frega niente, puttana! Zittiscila, altriment …” -
    La poveretta cercò di far calmare Madoka, e purtroppo si dimostrò inutile. Il soldato, dai cui occhi traspariva l’uso di sostanze stupefacenti che aumentavano la sua adrenalina sul campo di battaglia, perse definitivamente quel poco di pazienza che ancora lo tratteneva.
    - “ADESSO BASTA!” - e puntò il fucile addosso a loro, pronto a sparare. Tomohisa cercò di liberarsi per salvare sua moglie e sua figlia, ma un altro uomo del Red Ribbon gli diede un calcio nello stomaco che lo fece crollare a terra.
    Mentre sentiva Madoka piangere assieme a sua moglie riusciva solo a dirsi - “Sono inutile… non riesco… non riesco nemmeno a proteggere le cose più preziose della mia vita… Kami… aiutami… KAMI, AIUTAMI!” -
    Improvvisamente, quando tutto sembrava stesse volgendosi per il peggio, avvenne l’incredibile: i soldati furono tutti sbalzati in aria.
    Tomohisa alzò lo sguardo, e poté giurare di vedere una sorta di bastone che distruggeva i veicoli dei nemici.
    - “N… non è possibile…” -
    I membri del Red Ribbon che erano riusciti a rialzarsi cominciarono a scaricare le loro armi addosso al nuovo avversario, che tuttavia riusciva a deviare i loro colpi con la sua strana arma, rispedendoli al mittente.
    L’unico rimasto in piedi, alla fine, era il capo della combriccola, che fissava terrorizzato il salvatore della famiglia Kaname. A quel punto questi ultimi poterono vederlo da vicino, e rimasero sbigottiti: era… era un bambino! Un bambino dai capelli neri a ciuffo di carota, che indossava un kimono arancione con sopra stampato il simbolo della Tartaruga, quello della leggendaria scuola di arti marziali del Maestro Muten. Ma la cosa più incredibile di tutte è che dalla sua schiena spuntava… una… coda di scimmia!
    Il ragazzino osservava l’uomo con rabbia - “Ma ce l’hai un onore?! Attaccare una donna e una bimba indifese… sei un essere spregevole! BASTONE, ALLUNGATI!” - e il suddetto strumento colpì con un fendente micidiale il collo del bersaglio, spezzandoglielo di netto.
    Il bambino rimise l’arma nel fodero, e si girò verso i tre malcapitati - “State bene?!” -
    Tomohisa e Junko fecero solo cenno di sì con la testa, e lui sorrise - “Meno male!” -
    - “Ma tu … chi sei?!” - chiese la donna, esterrefatta. Quel piccoletto non doveva avere molto più di 10 anni, eppure aveva dimostrato di possedere una forza incredibile. Questo le ricordava molto una fiaba cinese che le raccontava sempre sua madre su uno scimmiotto dotato di poteri sovrumani, e che aveva anch’esso un bastone magico. Sembrava quasi ne fosse una sua incarnazione nella realtà.
    - “Io sono Son Goku, ma voi potete chiamarmi Goku!” -
    Il signor Kaname si diresse verso Goku, e lo abbracciò - “Grazie… grazie per aver salvato mia moglie e mia figlia… che tu sia benedetto da Kami, GRAZIE!” -
    Questi, piuttosto imbarazzato, rispose - “V… va bene… ma adesso… basta, la prego…” -
    I due si staccarono, e la prima cosa che notarono fu il fatto che Madoka aveva smesso di piangere, e anzi, sembrava sorridere e tendere le mani in direzione di Goku.
    - “P… pare ti voglia ringraziare…” -
    - “Va bene!” - Junko consegnò la piccola in braccio al ragazzo con la coda, e sembrava proprio attirata dalla stessa, facendolo ridere - “Ah ah… ti piace la mia coda, eh?” -
    La piccola di risposta emise un urletto, poi biascicò delle parole - “Ma… do… ka… Ma… do… ka…” -
    - “Eh? Ti chiami Madoka, vero? Molto piacere, io sono Goku!” -
    La bambina dai capelli rosa di risposta strillò di nuovo, facendo divertire il guerriero - “Ehi, ti va se diventiamo amici, Madoka?” -
    - “Shì… shì!” -
    I due si guardarono negli occhi, e in quel momento le loro anime, candide allo stesso modo, si toccarono, formando un legame che non si sarebbe mai più sciolto.



    Angolo dell’autore

    Dopo anni di attesa la mia storia Dragon Ball Kosei no torna, sotto un altro nome.
    Come quelli che già la lessero molti anni possono vedere, ho inserito molti più dettagli rispetto alla prima versione, in gran parte ispirati dal nuovo materiale rilasciato nel corso degli anni da Akira Toriyama, anche se alcuni retcon ho deciso di non inserirli per restare nello spirito originale del manga.
    Come alcuni di voi già avranno intuito, questa storia sarà un crossover con altre serie (in particolare Puella Magi Madoka Magica, che sarà importante soprattutto nella prima parte), ma con Dragon Ball come “sfondo” principale.
    Spero dunque che risulti di vostro gradimento!
    Al prossimo aggiornamento!
     
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    Mi fa piacere che tu abbia ricominciato a scrivere e a postare questo racconto. Ormai non è più la prima volta che leggo questo dettaglii, ma rimango sempre positivamente colpita dalla coda del protagonista. Mi fa piacere anche che la bambina ne sia positivamente impressionata. *-*

    CITAZIONE
    in un luogo freddo e buio, dove l’unico conforto sarebbe stato lottare tra di loro, cercando di trovare uno scopo in un’esistenza ultraterrena altrimenti desolante.

    È un po' inquietante, ma meno che andare in giro a fare i guardoni. :P
     
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    CITAZIONE (Milly Sunshine @ 18/1/2022, 22:53) 
    Mi fa piacere che tu abbia ricominciato a scrivere e a postare questo racconto. Ormai non è più la prima volta che leggo questo dettaglii, ma rimango sempre positivamente colpita dalla coda del protagonista. Mi fa piacere anche che la bambina ne sia positivamente impressionata. *-*

    CITAZIONE
    in un luogo freddo e buio, dove l’unico conforto sarebbe stato lottare tra di loro, cercando di trovare uno scopo in un’esistenza ultraterrena altrimenti desolante.

    È un po' inquietante, ma meno che andare in giro a fare i guardoni. :P

    Grazie, sono felice che questo prologo ti sia piaciuto! :)
    Diciamo che si tratterà di una delle poche parti molto simili alla prima versione della storia, anche se come hai potuto vedere ho inserito molti più dettagli (in gran parte cose uscite fuori nelle ultime serie e film di Dragon Ball). Per il resto sarà una fanfic molto diversa, sia negli eventi che nell'impostazione (d'altronde sono passati cinque anni dalla prima versione).
    Il dettaglio dell'aldilà dei Saiyan ritenuto un luogo freddo e desolato l'ho ripreso dalla concezione di mondo ultraterreno di molti popoli antichi (Sheol ebraico, Ade greco-romano...), anche se concordo, è decisamente meglio della prospettiva di spiare e minacciare di lanciare caschi addosso ai vivi. XD
     
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    anche se concordo, è decisamente meglio della prospettiva di spiare e minacciare di lanciare caschi addosso ai vivi

    :f:
     
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    I franchise presenti nel racconto sono di proprietà dei loro creatori e delle compagnie che ne detengono i diritti.
    Supportate i prodotti originali.


    SAGA DEI SAIYAN - CAPITOLO 1 - DI NUOVO INSIEME





    - “Oh oh… sono nella merda…” -
    Radish capì che aveva esagerato. Sapeva che conquistare il pianeta Katz sarebbe stato difficile, ma forse ce l’avrebbe potuta fare anche senza dover ricorrere alla sua forma Oozaru. Sarebbe stato decisamente meglio, probabilmente non avrebbe raso al suolo la capitale del pianeta e tutte le città limitrofe. Lord Freezer voleva quel pianeta il più integro possibile, e si era premurato di ribadirlo ai Saiyan. Sì, esatto, a tutti e tre, quindi era colpa di Vegeta e Nappa se era in quel casino! Avrebbero dovuto dargli manforte e invece avevano deciso di rimanere nella loro postazione (Nappa a giocare ai videogiochi, Vegeta a schiacciare un pisolino) rifilandogli tutto il lavoro! L’unica sua consolazione era l’idea che Freezer avrebbe frustato tutti loro per bene, non solo lui.
    - “Per Kaio, Radish. Ti lasciamo solo una notte e guarda che succede…” -
    La voce di Vegeta alle sue spalle lo fece trasalire, e girandosi vide lui e Nappa che lo osservavano contrariati.
    Cercò di giustificarsi, in preda alla paura - “Ehi, non è colpa mia! Dovevamo conquistare questo pianeta insieme, ma tu e Nappa mi avete lasciato solo! Quei tipi avevano un potenziale combattivo di 400 ognuno e dei fucili a base di ki potentissimi! Ho dovuto trasformarmi per sconfiggerli, per fortuna che stanotte c’era la luna piena!” -
    - “E non avresti dovuto farlo, lo sai che quando ti trasformi diventi uno scimmione senza cervello! Non che ci sia tanta differenza rispetto alla tua forma normale, sei stupido anche in quella.” -
    Radish chinò il capo. Era sempre stato così, da quando lui, Vegeta e Nappa erano rimasti gli unici Saiyan in circolazione dopo la morte dei loro compagni rimasti veniva trattato alla stregua di un rifiuto. Come si permettevano, aveva pur sempre un livello di combattimento di 1.500, che lo rendeva degno di essere annoverato tra i guerrieri di medio rango della loro razza! Loro, però, erano molto più forti di lui, quindi l’unica cosa che poteva fare era chinare il capo ed obbedirgli, anche se in teoria restavano suoi pari.
    - “Mi… mi dispiace, Vegeta… prometto che non succederà più…” -
    Nappa, che nel corso degli anni aveva perso i pochi capelli che gli restavano rimanendo calvo, lo prese in giro - “Oooooooh… e riecco Radish il Piagnone!” -
    - “C-come ti permetti, tu…” - si lasciò scappare il figlio di Bardack in un moto d’orgoglio.
    - “Silenzio, verme!” - lo zittì Vegeta, riportandolo all’ordine - “Sii contento che non ti diamo una ripassata piuttosto, perché a quello ci penserà Freezer con tutti noi a ritorno alla base grazie a te!” -
    - “S… scusa…” -
    - “Francamente, Vegeta, essere solo in tre in questa squadra è un bel problema…” - s’intromise Nappa - “Se almeno avessimo un altro guerriero del valore di Radish, per quanto possa essere basso, finiremmo i lavori che ci vengono assegnati molto più in fretta e con meno danni.” -
    - “Sì, Nappa. Guarda, faccio spuntare dal nulla un altro membro sopravvissuto della nostra razza, che ci vorrà…” - rispose sarcasticamente il Principe di quel popolo decaduto.
    - “Perdonami, la mia era solo una proposta. Non la prendere così a male…” -
    All’improvviso Radish si ricordò di una cosa: forse c’era ancora un altro Saiyan oltre a loro nell’universo! Non ne era del tutto sicuro, poteva essere benissimo morto in quegli anni, ma tanto valeva dargli una possibilità. Non pensava a lui da tantissimo tempo, quando aveva deciso di seppellire quel vago ricordo nei meandri della sua mente, e riaffiorava solo in quel momento nel quale rappresentava la sua ancora di salvezza.
    - “R-ragazzi, aspettate! Forse conosco un altro Saiyan sopravvissuto oltre a noi tre!” -
    I due lo fissarono esterrefatti, con Vegeta che gli chiese - “Davvero?? Chi??” -
    - “Mio fratello minore, Kakaroth! Dovrebbe essere stato spedito in un sistema solare ai margini dell’universo poco prima della distruzione del nostro pianeta! Se le cose sono andate bene per lui sicuramente sarà atterrato lì e sarà ancora vivo, il livello di combattimento medio della popolazione del mondo in cui dovrebbe stare è molto basso. Perfino un guerriero di terza classe sarebbe in grado di vivere e crescere in un ambiente simile!” -
    - “Tsk… un guerriero di terza classe… quindi più debole pure di te.” - commentò con disgusto Vegeta - “Tuttavia, abbiamo bisogno di tutto l’aiuto possibile, d’altronde dobbiamo conquistare quel bel pianeta che abbiamo adocchiato qualche mese fa. Se non è totalmente una pappamolla potrebbe risultare utile.” -
    - “C-certo, Vegeta! Fidati, mi assumerò ogni responsabilità per lui!” -
    - “Tu che ne pensi, Nappa?” -
    Il calvo, che aveva assistito alla conversazione in silenzio, disse - “Ogni carne da cannone non è sprecata, soprattutto se ci dovesse evitare un sacco di problemi con quella dannata lucertola di Freezer. Se va bene a te vale anche per me.” -
    - “Perfetto. Allora siamo d’accordo, Radish. Ti concederò di andare a cercare tuo fratello. Ma ti avverto: se tornerai a mani vuote o Kakaroth si dovesse dimostrare completamente inutile pagherai dure conseguenze per averci fatto perdere tempo, capito?” -
    Il capellone deglutì nervosamente: quando Vegeta parlava con quel tono voleva dire che era assolutamente serio. Se avesse fallito nella sua missione l’avrebbe pagata cara, ma d’altronde non aveva alternative. Aveva bisogno di aiuto, se avesse fatto in eterno lo schiavetto di Vegeta e Nappa da solo un giorno avrebbe rischiato grosso, molto grosso. Tanto valeva che qualcun altro condividesse il suo destino, o almeno una parte dei pericoli ai quali era esposto.
    - “V-va bene, Vegeta.” -
    - “Sarà meglio che tu non fallisca. Puoi andare.” -
    Il Saiyan si diresse verso la sua navicella, e una volta entrato in essa impostò le coordinate per il Pianeta K291H4, denominato dai suoi abitanti come Terra.
    Ormai in spazio aperto e vicino al punto in cui sarebbe iniziato il suo letargo Radish ebbe un pensiero nostalgico, riguardante il giorno in cui suo fratello era nato. Si ricordava di come andando a fargli visita dopo la sua nascita suo padre era rimasto quasi disgustato dal fatto che il suo livello di potenza fosse solo 2, cosa che lo etichettava come Saiyan di basso rango.
    E mentre lui se n’era andato senza dire nulla Radish era rimasto a fissare il suo fratellino. Era così piccolo e indifeso, considerato debole dalla sua razza. Lui era stato fortunato ad essere nato con un valore di 11, che lo rendeva idoneo ad essere inserito, anche se per un pelo, nella classe media. Era l’orgoglio di suo padre, e fino a quel momento era felice di ciò. Ma vederlo lasciare con una punta di disprezzo Kakaroth nella nursery, solo perché era un terza classe, lo aveva fatto rimanere di sasso. Si rese conto che per la loro razza non importava chi fossi realmente, il tuo valore era stabilito da un numero alla nascita che ti faceva finire in una determinata fascia della popolazione, indipendentemente dai progressi che tu potessi fare. A cinque anni Radish aveva capito la dura realtà dei Saiyan.
    E al pensiero del suo fratello a lungo perduto entrò in letargo.

    Su un pianeta molto lontano, diversi mesi dopo…

    Freddo… tanto freddo…
    Oblio…
    Solitudine…
    Paura… molta paura…
    - “Un mondo… in cui ci sia… la speranza…” -
    Inganno…
    Malizia…
    Manipolazione…
    - “Sono per caso questi… i principi dell’esistenza?” -
    Coraggio…
    Lealtà…
    Forza d’animo…
    - “Ma tu… chi sei?” -
    Gioia…
    Pace…
    Libertà…
    Amore… puro e semplice amore…
    - “Ma allora sei… sei tu…” -


    DRIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIN

    - “Va bene, va bene, mi sveglio!” - gridò Madoka dando una botta alla sua sveglia. Si stropicciò vigorosamente gli occhi, e sbadigliò, stringendo il suo amato peluche (col quale continuava a dormire a 14 anni) - “Santo cielo… che sogno…” -
    La ragazza scese dal letto, stiracchiandosi mentre si dirigeva dal padre, che era in giardino a cogliere pomodorini.
    - “Buongiorno, Madoka!” - la salutò gioviale l’uomo.
    - “Buongiorno a te, papà!” -
    Lei gli era molto legata, era la persona più dolce che ci potesse essere al mondo. Apparentemente era un casalingo che non faceva praticamente nulla dalla mattina alla sera se non cucinare, pulire e fare la spesa, ma in pochissimi sapevano che Tomohisa Kaname era in realtà l’autore di manga bestseller conosciuto come Taro Yamaguchi. Tantissimi speculavano sulla vera identità dello scrittore che ogni anno dava vita a un nuovo racconto avvincente della sua serie di light novel Monster Globe, piena di pathos e con uno stile straordinario, e quasi tutti convergevano sul fatto che si dovesse trattare di un uomo di mondo, frequentatore di salotti importanti. Nessuno immaginava che fosse un padre di famiglia, che conduceva uno stile di vita assolutamente rilassato, con pochi contatti se non gli amici intimi e il suo editore, che lo chiamava una volta alla settimana per sapere come procedesse il suo lavoro.
    - “La mamma?” -
    - “Sta ancora dormendo. La andresti a svegliare tu, per favore?” -
    - “Certamente!” -
    Nel frattempo, nella sua camera da letto Junko Kaname non riusciva a svegliarsi nemmeno con le bottarelle e gli spintoni del suo figlioletto Tatsuya, una peste energica dalla potenza distruttiva nonostante i suoi appena tre anni che si svegliava già alle sei di mattina, che le strillava letteralmente nelle orecchie - “Dai, Mamma! È tardi! Alzati!” -
    A quel punto entrò Madoka sbattendo la porta, la quale, fiera e risoluta, tirò via le tende e alzò le coperte, esponendo alla madre alla luce del sole.
    - “Aaaaaalzatiiiiiii…” -
    - “IIIIIAAAAAAAAAAARRRRRRGH!!” - gridò la donna, che sembrava un vampiro in preda a spasmi di morte. Dopo essersi divincolata per un po’ si alzò, dirigendosi con la figlia in bagno per prepararsi per la giornata.
    - “Allora, come vanno le cose?” - domandò la donna mentre lei e la quattordicenne si lavavano i denti.
    - “Come al solito, direi. A scuola riesco a stare al passo con le lezioni. E pare che le cose vadano bene alla professoressa Saotome.” -
    - “Ah, sì?” -
    - “Già. Sembra che questo con cui stia ora sia un tipo buono e gentile. Ne parla solo bene, ed è tanto, visto che già dopo una settimana trova difetti in ogni uomo con cui si mette.” -
    - “Ne sono molto felice. Kazuko è una gran rompiscatole, ma è buona. Merita di trovare qualcuno con cui stia bene.” -
    - “Già…” -
    - “A proposito… per quanto riguarda te, ci sono ragazzi che ti fanno la corte?” -
    La ragazza si fermò di colpo mentre si passava il filo interdentale in bocca, quasi ingoiandolo - “Ma… mamma! Cosa stai dicendo, dai!” -
    - “Andiamo, è impossibile che tu non abbia almeno un ammiratore segreto. Sei una ragazza molto carina, del resto.” -
    - “Mamma, non esagerare… chi può andare dietro ad una come me…” - Madoka era ormai rossa come un peperone.
    - “Ti svaluti troppo, figlia mia… cosa ti ho sempre insegnato? Pensa in positivo! Forza, è ora di andare, ci aspetta una giornata dura!” -

    - “Avverto delle strane vibrazioni da un po’ di giorni… sta succedendo qualcosa…” - disse Kyubey mentre passeggiava insieme a Madoka e al suo gruppo in direzione della scuola. Era uno strano animale, completamente bianco e simile a un gatto, ma con una coda da scoiattolo e soprattutto delle lunghissime orecchie che sembravano dotate di vita propria, quasi a fare da vere e proprie braccia. Ma a colpire era il suo viso, completamente inespressivo, anche perché usava la telepatia per comunicare con gli altri, un qualcosa di molto vantaggioso secondo lui, visto che impediva ai curiosi di captare le conversazioni tra lui e i suoi interlocutori. Ed era ottimo, considerato che lui era invisibile agli occhi della maggioranza degli esseri umani, e di certo delle persone che parlavano al vuoto sarebbero state considerate pazze.
    - “Dici? A me sembra tutto uguale…” - rispose una ragazza dai lunghi capelli rossi raccolti in una coda di cavallo che stava mangiando una ciambella al cioccolato - “Sicuro che il tuo radar non abbia dei problemi?” -
    - “Non mi sbaglio mai. C’è sicuramente una minaccia magica in avvicinamento, Kyoko…” -
    - “Una Strega?” - chiese una giovane dai capelli azzurri.
    - “No, Sayaka. È diverso, non so spiegarmelo. La sua energia è… strana…” -
    - “Strana in che senso?” -
    - “Sembra l’energia di diverse Puellae Magi messe insieme.” -
    - “Wow… tu che ne pensi, Mami? Hai mai visto nulla del genere prima d’ora?” -
    La Maga veterana, grattandosi la sua testa dai particolari capelli biondi, rispose - “Niente del genere, da che io ricordi… è veramente strano…” -
    - “Pensi che dovremmo stare in guardia?” - chiese Kyoko, mentre finiva la sua ciambella.
    - “Sì, meglio non rischiare.” -
    Anche Homura era preoccupata: quel mondo in cui si trovava era totalmente diverso da quelli in cui aveva viaggiato fino a quel momento. In quella timeline era finalmente riuscita a riunire tutte per sconfiggere la Notte di Walpurgis, e alla fine ce l’avevano fatta. Purtroppo non aveva potuto impedire a Madoka di stringere il contratto, ed era diventata ancora una volta una Maga. Eppure era riuscita a proteggerla e a salvarla, e ora si trovava in un mondo totalmente a lei estraneo, per quanto in pace.
    Quella linea temporale era così diversa da quelle che aveva visitato fino a quel momento: la cosa che certamente l’aveva lasciata più di stucco era che non solo lì esistessero animali antropomorfi, ma che pure uno di loro fosse il Re della Terra! Per non parlare poi delle macchine volanti, o di oggetti anche di grandi dimensioni (addirittura case) che semplicemente premendo un tasto potevano essere trasformati in capsule da portare comodamente dietro e viceversa. Certo, i mondi in cui era stata erano anch’essi tecnologicamente avanzati, ma questo era… assurdo. Eppure, nonostante tutte queste particolarità, le ragazze erano rimaste più o meno le stesse, compresa Kaname.
    Tuttavia a Homura sembrò che quest’ultima fosse più… risoluta. Lo aveva capito subito, quando sembrava essere l’unica a tenere a bada Sayaka e Kyoko dallo scannarsi a vicenda, ancor meglio di Mami, e di quanto fosse legata a lei. Nelle precedenti timeline Tomoe la vedeva come una novellina, un’allieva fragile e insicura da svezzare, come una figlia, mentre qui sembrava esserci un rapporto quasi paritario tra le due, anche se la bionda restava ovviamente il capo per la sua maggiore esperienza.
    Che strano mondo quello in cui si era trovata: animali che sembrano persone, esseri dotati di poteri straordinari, tecnologia ipersviluppata…
    Al contempo, però, sembrava essere aumentato il problema delle Streghe: più numerose ma in generale meno potenti, spesso capitava loro di lottare anche due-tre giorni di fila. Poco male, non essendo molto forti sconfiggerle era spesso una passeggiata, soprattutto se lo facevano in gruppo. Ciò significava anche una scorta quasi illimitata di Grief Seeds da usare a loro piacimento.
    Tuttavia, sembrava ci fossero contingenze più importanti al momento, come per esempio…
    - “Ascoltate, ragazze…” - sussurrò Sayaka al gruppetto mentre Madoka andava un attimo un bagno - “Come tutte ben sapete, domani è il 3 ottobre, ovvero il compleanno di Madoka. Vi ricordate del nostro piano, vero?” -
    Kyoko e Mami annuirono sorridenti, e lo fece anche Homura. Era la prima timeline in cui erano in pace, la prima in cui festeggiavano il compleanno di Madoka. Akemi, anche se non lo dava a vedere, era totalmente al settimo cielo. Avrebbe fatto qualsiasi cosa perché quella fosse una giornata perfetta.
    - “Allora, vi è tutto chiaro il piano?” -
    - “Sì!” -
    - “Perfetto! Forza, domani sarà la giornata più bella della vita di Madoka!” -



    In effetti, quello che venne fu un giorno bellissimo per Madoka: uscite da scuola e tornate a casa a cambiarsi le ragazze andarono prima a mangiare fuori nel centro di Mitakihara, gustandosi tante belle leccornie fregandosene delle loro rispettive diete (ovvero Madoka, Sayaka e Mami, visto che Homura e soprattutto Kyoko non si curavano tanto del loro peso, non ingrassando mangiando).
    Successivamente il quintetto andò a fare compere in un negozio di vestiti, o meglio tutte comprarono un abito a testa per la festeggiata, ovvero uno dei due regali che ognuna di loro le aveva fatto. Kaname si sentì in imbarazzo vedendo le sue amiche disturbarsi tanto per lei, non si sentiva mai degna dell’affetto che loro le tributavano. E la più gentile tra di loro in assoluto era Homura Akemi, che aveva rotto un po’ la sua solita maschera di ghiaccio, rivolgendole anche qualche fugace sorriso. Per quanto fosse una ragazza misteriosa e timida sentiva che ci fosse un legame nascosto tra di loro (Sayaka scherzava che fossero state anime gemelle in un’altra vita), e la cosa affascinava in un certo senso Madoka.
    A ritorno a casa della ragazza dai capelli rosa, verso le quattro del pomeriggio, le ragazze stavano spettegolando un po’ (soprattutto sulla nuova relazione della professoressa Saotome, che per la prima volta in assoluta era arrivata ad un mese di durata), tutte eccetto ovviamente Akemi, che trovava quelle cose frivole. Madoka era felice: quella era sicuramente la degna conclusione di una giornata perfetta, che non sarebbe potuta andare meglio.
    Fu a quel punto che, entrate nel portone, le sue amiche chiesero se potevano prima di salutarsi entrare un attimo in casa per usare in bagno. Kaname le guardò un attimo confusa, chiedendo come mai non ci fossero andate mentre erano fuori, e risposero all’unisono - “Andare in un bagno pubblico?! Ma sei matta, con tutto lo schifo che c’è in giro oggigiorno tra germi e batteri, per non parlare dei tanti virus che girano?!” -
    Touché.
    Aprì dunque la porta, e vide che la sua casa era completamente buia. Chissà, forse i suoi erano usciti insieme a Tatsuya.
    Ma quando accese la luce fu travolta da un mare di festoni e di trombette squillanti, accompagnati da un urlo - “SORPRESA! TANTI AUGURI, MADOKA!” -
    L’adolescente rimase stupita dal trovarsi di fronte tutti quelli che conosceva: i suoi genitori, il suo fratellino e, incredibilmente, degli amici che non vedeva da tanto tempo.
    - “Non è possibile: Crilin, Bulma, Maestro Muten!” -
    I diretti interessati si avvicinarono a lei, e il bassetto rasato, che indossava un blazer assieme a una camicia e un paio di jeans, le diede un grosso abbraccio - “Ehi, Madoka, ciao! Tanti auguri!” -
    La rosa, piena di gioia, ricambiò l’abbraccio - “Crilin, ciao! Santo cielo, sono passati cinque anni dall’ultima volta che ci siamo visti!” -
    - “Sì, scusa se non ci siamo più fatti vedere. Purtroppo vivere da solo su un’isola con un vecchio pervertito e una tartaruga un po’ ti logora.” - si grattò la testa il giovane.
    - “Ehi, a chi hai dato del vecchio pervertito?! Ricordati che sono il tuo maestro, screanzato!” - si lamentò Muten, che non sopportava un tale affronto da uno dei suoi allievi.
    - “Chi è che ha preso le botte da Bulma e da Junko per averle importunate appena arrivati? Di certo non io!” - ribatté Crilin, piuttosto contrariato dalla brutta figura rimediata al loro arrivo dall’uomo che un tempo rispettava immensamente in tutto e per tutto, e che ormai riteneva ammirabile giusto come maestro di arti marziali.
    Madoka sghignazzò: quel tipo era davvero fantastico. Non era il massimo esteticamente parlando, ma era un grande combattente e una persona dal cuore d’oro. Si chiese come non avesse ancora trovato una fidanzata, anche se il fatto di vivere su un’isola sperduta in mezzo all’oceano di certo non lo aiutava a socializzare con altre persone all’infuori dei suoi coinquilini.
    - “14 anni… è incredibile quanto tu sia cresciuta in fretta, Madoka.” -
    Si girò verso quella che lei riteneva una fonte d’ispirazione assieme a sua madre: la brillante scienziata Bulma Brief, bella ed elegante come sempre, soprattutto in quell’occasione che sfoggiava un abito da sera rosso e una collana altrettanto elegante. Era intelligente e splendida oltre ogni misura, cosa che, purtroppo, Kaname pensava non sarebbe mai stata.
    - “Bulma! E’ incredibile, non sei cambiata di una virgola!” -
    - “Grazie, cara…” - rispose lei vanitosa - “Faccio il possibile per tenermi in forma. Del resto sono la vicepresidentessa della Capsule Corporation, devo presentarmi al meglio in riunione con i soci di mio padre…” -
    - “A proposito, non vedo Yamcha. Ha avuto un contrattempo?” -
    A quel punto sul volto della turchina, prima raggiante, si dipinse uno sguardo perfido e iracondo degno di una strega delle fiabe - “YAMCHA?! QUEL PEZZO DI MERDA BUONO A NULLA?! Non voglio più avere niente a che fare con lui! Non gli ho neanche detto che oggi ci riunivamo! Non si merita la nostra compagnia! Che resti a marcire a casa sua con una delle sue sciacquette!” -
    Madoka restò esterrefatta da quel cambio repentino di umore dell’amica, e a quel punto Muten le chiarì la questione, sussurrandole all’orecchio per non farsi sentire dalla diretta interessata - “Bulma ha trovato un mesetto fa Yamcha a letto con un’altra, non si parlano da allora.” -
    Non si poteva in effetti biasimare la reazione della donna: stavolta il suo (ex) fidanzato l’aveva combinata VERAMENTE grossa. Aveva già fatto il farfallone in passato con altre ragazze, ma non si era mai spinto tanto oltre la soglia della tollerabilità.
    - “A proposito, dov’è Lunch?” - domandò la ragazza all’anziano.
    - “E’ andata a vivere con Tenshinhan cinque anni fa. Da allora non abbiamo avuto più notizie di entrambi e neanche di Jiaozi, probabilmente saranno in giro per il mondo.” -
    A Madoka dispiacque molto che la vecchia combriccola non fosse tutta insieme, ma d’altronde la vita era così. I legami non durano per sempre, soprattutto se si pensa che Tenshinhan e Jiaozi non erano il massimo della socialità, essendo dei veri e propri eremiti.
    Invece chi le mancava davvero era un’altra persona, una persona che avrebbe voluto tanto insieme a lei quel giorno. Non aveva magari ricevuto l’invito? No, impossibile, i suoi genitori si erano sicuramente premurati di contattare tutti.
    Homura notò la tristezza negli occhi dell’amica, e cercò di consolarla, ma non sapeva proprio come fare. Non era abituata ad essere di supporto alle persone, e in quel momento ciò la faceva stare male, soprattutto trattandosi di Madoka. Grande guerriera, ma totalmente incapace come essere umano. Tutti i loop temporali che aveva compiuto l’avevano resa quasi completamente inadatta alla vita sociale, nonostante lei volesse ritrovare uno scopo dopo essere riuscita nella sua missione di salvare la persona a cui teneva di più al mondo.
    - “Accidenti a te, abbiamo fatto tardi come al solito! Che razza di figura faremo?” -
    - “Perdonami, Chichi! Però il rumore di quel ruscello era così rilassante, non mi sono nemmeno accorto di essermi appisolato!” -
    Tutti rimasero ammutoliti, e Crilin disse - “Ma… quella è la voce di…” -
    Madoka corse prima degli altri ad aprire la porta, e quasi svenne: capelli neri, tuta arancione e blu, il suo sorriso radioso… era lui.
    - “Ehi, ma tu sei Madoka! Quanto ti sei fatta grande! Tanti augu…” -
    La rosa saltò letteralmente addosso all’uomo, stringendolo forte. Quasi sul punto di piangere, gli urlò - “G-Goku! Ciao, come stai?!” -
    - “Eh eh, tutto bene, Madoka! Vedo che anche tu sei in forma, ormai sei alta quanto Crilin!” -
    - “Ehi, guarda che io sono qui!” - rispose stizzito quello che era, comunque, il suo migliore amico. Odiava quando qualcuno gli faceva notare la sua bassa statura, soprattutto se rapportata a quella di una ragazzina delle medie!
    - “Ehilà, ragazzi! Mamma mia, non siete cambiati di una virgola in questi cinque anni!” -
    - “E nemmeno tu, figliolo!” - rispose il Maestro Muten, felice di rivedere dopo tanto tempo il più brillante allievo che avesse mai avuto - “Ciao anche a te, Chichi!” -
    - “Salve, Maestro!” - lo salutò la donna che stava accanto a Goku, sua moglie Chichi. Madoka la ammirava tantissimo: forte, risoluta, tutta d’un pezzo e anche bella fisicamente. Era sicuramente la compagna ideale per uno come il più grande guerriero del mondo.
    Fu in quel momento, però, che notò una cosa particolare: Goku aveva in spalla un bambino piccolo che era letteralmente, eccetto che per i capelli lunghi, la sua copia sputata, coda da scimmia compresa, che la osservava incuriosito.
    - “Goku, lui è per caso vostro figlio?” -
    - “Esatto, Madoka! Vedo che hai ancora buon occhio!” -
    Tutti restarono a bocca aperta - “COOOOOSAAAAAAA?!” -
    - “Non mi credete?” - li prese in giro il giovane - “Non vedete che mi assomiglia?” -
    - “E’ davvero carino!” - esclamò Madoka - “Ciao, piccolo? Io sono Madoka, tu come ti chiami?” -
    Il bambino la osservò un po’ intimidito, non essendo abituato a vedere persone così espansive eccetto suo padre, e non proferì parola.
    - “Gohan, rispondile. Bisogna essere gentili con le ragazze, ricordatelo.” - lo rimproverò Chichi, cosa che però non lo smosse, anzi, lo rese ancora più impaurito di prima.
    - “Su, dai! Non ti farà niente, è una mia amica! Coraggio, salutala!” - gli disse dolcemente il padre, che lo poggiò a terra di fronte a lei.
    Il piccolo si prese coraggio e le rispose - “C-ciao… Madoka. Io… mi chiamo Son Gohan.” -
    Sentendo quel nome a Muten venne una gran nostalgia - “Son Gohan! L’avete chiamato come tuo nonno, Goku!” -
    - “Eh, già!” -
    Madoka chiese al bimbo - “Gohan, quanti anni hai?” -
    Questi si mise un attimo a contare con le dita, e ne mostrò quattro - “Ne ho quattro!” -
    - “Ah, allora sei già un bell’ometto! Invece mio fratello Tatsuya ne ha uno meno di te!” -
    - “Goku, Chichi, che ne dite di continuare la conversazione in casa? Abbiamo parecchio da mangiare!” -
    Alle parole di Junko gli occhi del guerriero s’illuminarono - “MANGIARE?! UUUUURCAAAAAA, HO UNA FAME!” -
    L’uomo si fiondò all’istante nell’abitazione, trovando una gigantesca tavola imbandita di ogni sorta di leccornia presente sulla Terra. Era letteralmente al settimo cielo, sembrava essere il suo di compleanno e non quello di Madoka.
    - “Quella roba è tutta per te, Goku! Noi abbiamo un buffet tutto nostro.” -
    - “DAVVERO?! ALLORA ALL’ATTACCO!!” - e cominciò ad ingurgitare cibo come se fosse rimasto a digiuno da un mese.
    Chichi sospirò, sconsolata - “E’ inutile, con tutti gli sforzi che faccio non riesco ad insegnargli le buone maniere a tavola…” -
    - “Il rovescio della medaglia di avere come marito un guerriero straordinario.” - rise la madre di Madoka, mentre vedeva Goku strafogarsi.
    In tutto questo, le Puellae Magi stavano osservando la scena con stupore. Lui era il leggendario Son Goku, che aveva salvato la vita a Madoka da piccola ed erano divenuti da allora grandi amici. Eppure, l’immagine di combattente fiero e indomito che gli era stata presentata da Kaname per tutto quel tempo era completamente l’opposto di quello che stavano vedendo in quel momento. Sembrava un classico padre di famiglia, peraltro infantile.
    - “Ma… non rischia di strozzarsi?” - domandò Mami, stupita da quanto cibo riuscisse a masticare ed ingoiare.
    - “E’ molto peggio di me col cibo, ed è tutto dire…” - commentò Kyoko, anch’ella scioccata.
    - “Forza, torniamo alla nostra festa! Taro Yamaguchi ha fatto di tutto perché fosse perfetta!” - disse Tomohisa, riferendosi ovviamente a se stesso attraverso il suo pseudonimo da scrittore. E tutti seguirono il suo invito.

    Madoka era felice. Ma felice nel senso che lo era veramente. Era il più bel compleanno che avesse mai avuto: la sua famiglia, i suoi amici (compresi quelli che temeva non avrebbe visto mai più), cibo a volontà e musica. Le avevano fatto il miglior regalo che potesse esistere.
    Fu una festa meravigliosa, con lei che riuscì a trascinare addirittura Goku a ballare insieme (e in barba alla sua agilità sovrumana era impacciatissimo), mettendosi poi a fare la stessa cosa con le sue amiche. Ma il clou arrivò quando prima il Maestro Muten, nonostante la sua veneranda età, si mise al centro del salone di casa con tutti attorno a lui a fare delle straordinarie mosse di breakdance, poi Crilin fece la stessa cosa, addirittura con una maestria superiore al suo mentore, che commentò orgoglioso - “Del resto è un mio allievo, non ci si poteva aspettare di meglio!” -
    Effettivamente fu il rasato l’anima della festa, anche se quando si mise a cantare al karaoke ci mancò poco che uccidesse la gatta della famiglia Kaname per l’orrore suscitato dalle sue non-doti canore. E fu anche la spalla su cui pianse Bulma quando, dopo aver bevuto qualche bicchiere di vino di troppo, cominciò seduta sul divano a sfogarsi con lui di tutte le volte in cui Yamcha le aveva mancato di rispetto durante la loro relazione, arrivando al tradimento subito un mese prima e dopo il quale non lo aveva più voluto sentire. Nonostante lo considerasse come un fratello, Crilin ammise che si era comportato da vera carogna con lei. Gli dispiaceva dirlo, ma in tal senso Yamcha aveva dimostrato di essere un buono a nulla tradendola con una sciacquetta qualsiasi.
    Dopo che Bulma si era calmata andò da Goku e Muten, e cominciarono a parlare dei bei vecchi tempi, soprattutto dell’addestramento faticosissimo a cui l’Eremita sottopose lui e il suo migliore amico quando erano bambini.
    Ad un certo punto Crilin volse lo sguardo verso Gohan, che stava giocando con Tatsuya sotto l’occhio vigile di Chichi e Junko.
    - “Allora, Goku… tuo figlio è forte? Hai già cominciato ad allenarlo?” -
    - “Penso possa avere un gran potenziale, se ha ereditato da me la forza, ma…” - e il giovane, per la prima volta nel corso della festa, assunse un’espressione contrariata - “Chichi non vuole che si alleni, altrimenti si arrabbia da morire. Insiste che debba studiare per trovare un lavoro da grande che non sia fare il contadino o il maestro d’arti marziali per i bambini, come se fossero due mestieri poco dignitosi…” -
    - “Perché? Considera allenarsi una perdita di tempo?” -
    - “Esatto. Dice che sarebbe inutile, visto che siamo in pace e che comunque basterei io per sconfiggere Piccolo nel caso dovesse ripresentarsi.” -
    - “Eheh… praticamente è lei il padrone di casa! Eh, Goku?” - lo canzonò Muten, pensando al guerriero più forte della Terra che veniva comandato a bacchetta da sua moglie.
    - “Praticamente sì…” - rispose Goku, grattandosi la testa per l’imbarazzo mentre il suo migliore amico e il suo maestro scoppiavano in una fragorosa risata.
    Nel frattempo, Madoka si era seduta anche lei accanto all’unica persona che evidentemente non si stava divertendo a quella festa.
    - “Mi dispiace che tu non riesca a divertirti, Homura.” -
    La mora, che stava ferma su una sedia a dare ogni tanto un sorso alla sua lattina di Coca-Cola, si girò verso di lei, imbarazzata.
    - “S-scusami, Mado. E’ che… proprio non ce la faccio a…” -
    - “Stai tranquilla. So che hai visto di tutto nella tua carriera come Maga, e posso capire che una situazione di normalità come questa possa spaventarti. Ma sappi una cosa: io ci sarò sempre per te, capito?” -
    Akemi restò stupita dal discorso dell’amica: quella era una Madoka così diversa da tutte le timeline in cui era stata. Fondamentalmente era la stessa ragazza radiosa e che guardava il buono che c’era in ogni persona che aveva conosciuto nelle precedenti linee temporali, ma era anche più fiera, indomita e combattiva. E tutto, presumeva, per la presenza di quel Son Goku. Che tipo incredibile: apparentemente inoffensivo e con la grazia di un elefante, ma di cui tutti parlavano con grandissima stima per le sue doti di combattente. Era veramente un personaggio affascinante in quel mondo veramente strano, che lei non aveva mai visto in precedenza.
    - “T-ti ringrazio, Madoka…” -
    - “E di cosa! Sei mia amica, ricordatelo. Farei qualsiasi cosa per te.” - le rispose sorridendole dolcemente. Homura arrossì lievemente, ricambiando il sorriso.
    All’improvviso le luci si spensero e partì un coro da tutta la sala.

    Tanti auguri a te,
    tanti auguri a te!
    Tanti auguri, Ma-doka,
    tanti auguri a te!

    Quando le luci si riaccesero Madoka vide Goku di fronte a lei che teneva una grandissima torta al cioccolato e limone (larga almeno un metro) con sopra quattordici candeline, come gli anni che compiva.
    Il volto della rosa cominciò ad essere rigato di lacrime di emozione, non riuscendo a trattenerla. Tutti la guardarono confusi, con Junko che chiese con visibile preoccupazione alla figlia - “Madoka… c’è qualcosa che non va?” -
    - “N-niente, mamma… è che… sono felice…” - rispose la ragazza asciugandosi le lacrime - “E che tu, papà, Tatsuya, i miei amici… siete tutti qui, insieme a me… è il più bel regalo che voi mi poteste fare…” -
    Goku le disse con affetto - “Noi ci saremo sempre per te, Madoka. E abbiamo tutti un legame, che resiste anche quando siamo lontani.” -
    - “E’… è proprio vero!” -
    - “Su, coraggio. Esprimi un desiderio e spegni le candeline!” -
    Lei chiuse gli occhi. Volle che quella giornata si potesse ripetersi altre volte. Le bastava questo.
    Trasse un respiro, pronta a spegnere le candeline.
    - “TUTTI A TERRA!” -

    Un enorme boato, Madoka che veniva sbalzata via assieme a tutti quanti, detriti e calcinacci che finivano loro addosso.
    Stordita, cercò di rialzarsi, anche se le girava da morire la testa. Si guardò attorno, e vide che Bulma, Chichi, Gohan e la sua famiglia e non erano stati travolti dall’esplosione, così come le sue amiche.
    Lo stesso non si poteva di Goku, Crilin e del Maestro Muten, che non si trovavano da nessuna parte. All’improvviso vide qualcosa muoversi tra le macerie, e un lamento familiare. Era la voce di Goku. Voleva dire che loro tre erano riusciti a far loro da scudo, salvando coloro che non erano dotati di forza sovrumana da morte certa.
    - “Mamma, dov’è papà?! Ho paura!” - diceva Gohan piangendo, mentre si rifugiava tra le braccia della madre.
    - “Sta’ tranquillo, papà sta bene. Ne sono certa…” - rispose la donna, che teneva stretto il suo bambino e gli accarezzava la testa per calmarlo.



    Fu a quel punto che di fronte a loro comparve una figura. Tutti restarono scioccati nel vedere che essa stava letteralmente galleggiando per aria. Era alta, elegante, con un abito vagamente ottocentesco. A stupire più di tutto il resto, però, era il suo volto, completamente pallido e privo di qualsiasi vitalità, contornato da lunghi capelli corvini.
    La cosa peggiore di tutte, però, era che attorno a lui l’aria da temperata era divenuta gelida, tanto che ad ogni respiro i presenti emettevano uno sbuffo di vapore, quasi come la sola presenza di quell’essere risucchiasse ogni fonte di calore nell’aria circostante.
    - “E… e quello che diavolo è?!” - urlò Bulma, spaventata a morte.
    L’uomo scese dunque a terra, e cominciò a fissare Madoka e le sue amiche mostrando un sorriso sinistro che fece gelare loro il sangue nelle vene - “Oooooh… che bello… sentivo che eravate in tante, ma addirittura vedere CINQUE Puellae Magi insieme nello stesso posto…” -
    Le ragazze rimasero ancora più sconvolte di prima - “M-ma come…” -
    - “Oh, scusate. Che sgarbato, mi sono scordato le buone maniere: mi presento, il mio nome è Dalurac, e sono venuto qui per divorare la vostra anima, gentili fanciulle.” -

    ANGOLO DELL’AUTORE

    Salve a tutti!
    Vi ringrazio per il supporto che mi state dando leggendo e commentando questa storia, e spero di non avervi deluso!
    Quelli che hanno letto la precedente versione saranno sicuramente rimasti sorpresi dalla presenza di un nuovo villain, ovvero Dalurac, ma come vi avevo già detto ci saranno delle importanti differenze rispetto alla storia del 2016, anche se a grandi linee la trama resterà più o meno la stessa che avevo immaginato all’epoca.
    A quanto pare questo nuovo nemico sembra interessato alle nostre care Puellae, anche se le ragioni restano al momento ignote. Comunque sia, non sarà una copia di Cell, tranquilli, sebbene come premessa possano assomigliarsi in realtà sono due personaggi molto differenti tra di loro (come scoprirete nel proseguimento della storia).
    Di nuovo, spero che il capitolo vi sia piaciuto e vi saluto al prossimo!


    PRECISAZIONI

    - la prima parte del capitolo, in cui ci sono Radish, Vegeta e Nappa che discutono sul pianeta devastato dal radicchio riguardo alla scelta reclutare Goku/Kakaroth tra le loro fila, è ripresa dal videogioco Dragon Ball Z: Kakarot, e mi sembrava adatta per spiegare come Radish avesse deciso di cercare all’improvviso il fratello dopo tanti anni (non sapendo nemmeno se fosse ancora vivo) solo per evitare l’ira di Vegeta e Nappa e per avere fondamentalmente qualcuno al quale attribuire i fallimenti delle loro missioni, anche se già qui s’intravede un senso di nostalgia nei suoi confronti;
    - la parte in cui Vegeta e Nappa accettano la proposta di Radish di recuperare Goku perché gli farebbe comodo un aiuto per conquistare un pianeta sul quale hanno le loro mire da tempo è ripresa invece dal manga, dove il figlio primogenito di Bardack dice esattamente questo;
    - la battaglia con Radish nella continuity del manga avviene il 12 ottobre dell’anno 761, mentre il seguente capitolo è ambientato il 3 ottobre, che è ufficialmente il giorno del compleanno di Madoka Kaname, stando a quanto affermato dallo staff di Puella Magi Madoka Magica;
    - dopo che Mitakihara era stata quasi totalmente distrutta dal Red Ribbon la famiglia Kaname era stata ospitata su richiesta di Goku da Muten nella Kame House. Da quel momento sono diventati buoni amici dei Guerrieri Z e sono venuti ad assistere come spettatori al 22esimo e 23esimo Torneo Tenkaichi, avendo nel corso di quegli eventi un ruolo marginale più o meno quanto quello di Lunch;
    - Madoka è diventata Maga nel giugno del 761, e la Notte di Walpurgis è giunta a Mitakihara nel luglio successivo, venendo sconfitta da lei, Homura, Mami, Sayaka e Kyoko. Quindi al momento della storia lei ha stretto il contratto con Kyubey da circa quattro mesi;
    - Tomohisa Kaname che è segretamente uno scrittore di successo (sotto pseudonimo) grazie alle sue light novel è un tributo ad Akira Toriyama, creatore di Dragon Ball. La serie stessa che lui scrive, Monster Globe, è ispirata direttamente a Dragon Ball, ed ovviamente gli spunti da cui trae per essa provengono dalla sua esperienza di vita di spettatore delle varie battaglie di Goku e dei suoi amici;
    - ho voluto dare a Goku una doppia occupazione seppur saltuaria, ovvero contadino (come in Super) e maestro d’arti marziali per bambini, perché mi piaceva l’idea che Chichi lo forzasse almeno a lavorare un po’ per il mantenimento della famiglia, cose poi non difficili per lui;
    - Goku, Crilin e Muten sono riusciti a proteggere tutti gli altri presenti in casa di Madoka dall’esplosione lanciando una Kamehameha combinata, ma non avendola potuta caricare alla massima potenza a causa del pochissimo tempo a disposizione sono stati colti in pieno da essa senza possibilità di ridurre eccessivamente l’impatto, venendo quindi travolti dalle macerie.


    Edited by Great Saiyaman‚ The Big Dreamer - 24/1/2022, 13:37
     
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    Eccomi qua. Devo dire che sono rimasta affascinata dal gatto/ scoiattolo, se simili animali esistessero nella realtà sai quanti video su youtube? :XD:

    Per il resto, non mi aspettavo il plot-twist del finale di capitolo con il nuovo villain, mi ha colta abbastanza di sorpresa.

    CITAZIONE
    - “Mi… mi dispiace, Vegeta… prometto che non succederà più…” -
    Nappa, che nel corso degli anni aveva perso i pochi capelli che gli restavano rimanendo calvo, lo prese in giro - “Oooooooh… e riecco Radish il Piagnone!” -
    - “C-come ti permetti, tu…” - si lasciò scappare il figlio di Bardack in un moto d’orgoglio.

    Questo momento mi ha dato tante "impara a imparare" vibes.

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    gustandosi tante belle leccornie fregandosene delle loro rispettive diete

    Questo invece mi ha fatto pensare a Montoya. :f:
     
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    Grazie mille per il commento, sono felice che la storia ti stia piacendo. <3

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    Eccomi qua. Devo dire che sono rimasta affascinata dal gatto/ scoiattolo, se simili animali esistessero nella realtà sai quanti video su youtube? :XD:

    Nel nostro mondo sì, in quello di Dragon Ball molto meno. Esistono dinosauri e animali antropomorfi, addirittura il Re della Terra è un versione canina del presidente americano Franklin Delano Roosevelt.

    CITAZIONE
    Per il resto, non mi aspettavo il plot-twist del finale di capitolo con il nuovo villain, mi ha colta abbastanza di sorpresa.

    Dalurac è un villain che ho immaginato fin da quando ho elaborato la trama di questo remake. Anche se la sua entrata in scena era molto diversa nella prima bozza di trama che avevo steso è rimasto più o meno lo stesso personaggio.

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    Questo momento mi ha dato tante "impara a imparare" vibes.

    Ora mi sto immaginando Nappa e Radish rispettivamente spagnolo e brasiliano, grazie. :f:

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    Questo invece mi ha fatto pensare a Montoya. :f:

    Davvero? Pensavo che Goku ti facesse quest'effetto. :lol:
     
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